Niente sospensione dei termini per la redazione e il deposito delle sentenze nel periodo feriale

Respinto il ricorso tardivo dell’imputato che contestava l’affermazione del Giudice in base alla quale il termine per il deposito della sentenza decorre anche durante il periodo feriale, poiché i termini soggetti a tale sospensione sono solo quelli finalizzati al compimento di atti del procedimento.

Così si esprime la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 39399/19, depositata il 26 settembre. Il fatto. La Corte d’Appello di Milano dichiarava inammissibile perché tardivo l’appello proposto dall’imputato contro la sentenza emessa dal Tribunale di Milano, avente ad oggetto la condanna dello stesso per il delitto di danneggiamento aggravato. Avverso tale decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione, deducendo l’erronea applicazione dell’art. 585 c.p.p. in riferimento al combinato disposto degli artt. 544 c.p.p. e 1, l. n. 742/1969 denominata Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale” . Termini sospesi nel periodo feriale? Il ricorrente denuncia il fatto che il Giudice di seconde cure abbia ritenuto erroneamente che il termine per il deposito della sentenza decorra anche nel corso del periodo feriale previsto dalla l. n. 742/1969 art. 1 , non considerando che, a seguito della novella intervenuta sul tema, anche il termine ex art. 544 c.p.p. rimane sospeso durante tale periodo, come quello previsto per impugnare. La Suprema Corte dichiara manifestamente infondata la suddetta doglianza, richiamando l’orientamento di legittimità secondo il quale i termini per la redazione e il deposito della sentenza non rimangono sospesi nel periodo feriale, anche dopo le modifiche apportate dal d.l. n. 132/2014, il quale ha ridotto il periodo annuale di ferie dei magistrati da 45 a 30 giorni. Gli Ermellini evidenziano, infatti, che i termini processuali soggetti alla sospensione feriale, di cui all’art. 1 della legge n. 742 del 1969, sono soltanto quelli che incombono alle parti per il compimento di atti del procedimento , esulando dagli stessi i termini relativi al deposito dei provvedimenti giudiziari. Avendo la Corte d’Appello fatto buon uso dei suddetti principi, gli Ermellini confermano la tardività dell’appello proposto dal ricorrente e dichiarano inammissibile il ricorso. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio e della somma di euro 2000 in favore della Cassa delle Ammende.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 – 26 settembre 2019, n. 39399 Presidente Rago – Relatore De Santis Ritenuto in fatto 1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Milano dichiarava inammissibile in quanto tardivo l’appello proposto nell’interesse di C.A. avverso la sentenza del Tribunale di Milano in data 11/7/2018 che, in esito a giudizio abbreviato, aveva riconosciuto l’imputato colpevole del delitto di danneggiamento aggravato, condannandolo alla pena di anni uno di reclusione. I giudici d’appello osservavano che l’atto di gravame era stato depositato in data 21/12/2018, oltre il termine di giorni 45, decorrenti dallo spirare dei novanta giorni riservati per il deposito della motivazione della decisione resa all’udienza dell’11/7/2018. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione l’Avv. Paolo Antonio Muzzi, quale sostituto processuale dell’Avv. Niccolò Vecchioni, difensore di fiducia del C. , deducendo l’erronea applicazione della legge penale per inosservanza dell’art. 585 c.p.p. con riferimento al combinato disposto dell’art. 544 e L. n. 742 del 1969, art. 1. La difesa deduce che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che il termine per il deposito della sentenza decorra anche durante il periodo feriale stabilito dalla L. n. 742 del 1969, art. 1, come modificato dalla L. n. 162 del 2014, senza considerare che - a seguito della novella intervenuta in materia - anche il termine di cui all’art. 544 c.p.p. resta sospeso durante il periodo feriale al pari di quello necessario per impugnare. Diversamente opinando si verificherebbe un’ingiusta disparità di trattamento nella scansione temporale delle attività processuali delle parti, con aggravio del carico di lavoro incombente sulla magistratura. Considerato in diritto 3. Osserva il Collegio che le doglianze difensive sono manifestamente infondate alla luce dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità, ribadito dal massimo consesso nomofilattico, secondo cui i termini per la redazione ed il deposito della sentenza non sono soggetti a sospensione nel periodo feriale, anche dopo le modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, che all’art. 16 ha ridotto il periodo annuale di ferie dei magistrati da 45 a 30 giorni Sez. U, n. 42361 del 20/07/2017, D’Arcangelo, Rv. 270586 Sez. 5, n. 18328 del 24/02/2017, Clivio, Rv. 269619 Sez. 4, n. 15753 del 05/03/2015, Basile, Rv.263144 . La cennata decisione, nel solco già tracciato dalle Sez. U. Giacomini del 1996, ha precisato che i termini processuali soggetti alla sospensione feriale, di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1 della, sono soltanto quelli che incombono alle parti per il compimento di atti del procedimento, richiamando al riguardo anche l’adesiva interpretazione di Sez. U Civ., n. 7527 del 26/02/2013 ed escludendo che la novella legislativa del 2014 offra spunti per il riconoscimento della necessaria interdipendenza tecnica tra il tema delle ferie dei magistrati e quello della durata della sospensione dei termini processuali e per la conseguente inclusione tra i termini processuali soggetti alla sospensione di quello relativo al deposito dei provvedimenti giudiziari. Di detti principi la Corte territoriale ha fatto esatto governo, concludendo per la tardività dell’appello interposto dalla difesa solo in data 21/12/18, nonostante la sentenza emessa in data 11/7/2018 fosse stata regolarmente depositata nel termine riservato di giorni novanta e il termine per l’impugnazione decorresse dal 10 ottobre seguente. 4.Alla declaratoria di inammissibilità consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo in ragione dei profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.