Sorella malata a casa, niente permesso per il detenuto

Decisiva la constatazione che l’uomo ha usufruito del beneficio per ben tre volte durante il 2018. Pur a fronte della patologia della donna, impossibilita a muoversi in autonomia e ad andare a trovare il fratello in carcere, va respinta l’ulteriore richiesta di permesso per farle visita.

Meritevole di tutela il rapporto tra fratello, costretto dietro le sbarre, e sorella, affetta da problemi psichici e impossibilitata ad andare a trovarlo in carcere. Ciò legittima la concessione di un permesso ad hoc per il detenuto per recarsi a casa della congiunta. Ma se la richiesta avanzata dall’uomo diviene abituale, allora è corretta una risposta negativa Cassazione, sentenza n. 39608/19, sez. I Penale, depositata oggi . Richiesta. Nessuna obiezione possibile, umanamente, sulla domanda presentata dal detenuto, che vuole vedersi riconosciuto un permesso di necessità per recarsi a casa della sorella, persona affetta da problemi psichici, nonché impossibilitata a viaggiare in autonomia e, comunque, ad entrare in carcere per fargli visita. Eppure, prima il magistrato di sorveglianza e poi il Tribunale di sorveglianza respingono la richiesta, osservando che manca il requisito della eccezionalità, avendo il detenuto già goduto di analoghi permessi di necessità in tre occasioni nell’anno 2018 . Questa visione viene contestata dall’avvocato del detenuto. Il legale innanzitutto pone in evidenza la natura cronica, non reversibile e ingravescente della patologia che ha colpito la sorella del suo cliente, patologia che in passato era già stata ritenuta tale da giustificare la misura invocata cioè la concessione del permesso. Allo stesso tempo, il legale contesta soprattutto la visione che l’avere usufruito di tre permessi in un anno possa impedire una ulteriore richiesta del detenuto a questo proposito, vengono ritenute non rilevanti le precedenti fruizioni del beneficio , e viene osservato che l’eccezionalità della concessione va intesa nel senso di ‘gravità’ e non di ‘non usualità’ . Carattere del permesso di necessità. La prospettiva tracciata dall’avvocato non convince però i Giudici della Cassazione, che invece mostrano di ritenere corretta la decisione del Tribunale di sorveglianza, confermando perciò il no” all’ipotesi di un ulteriore permesso in favore del detenuto per far visita alla sorella malata. Per i Magistrati del ‘Palazzaccio’, difatti, punto fermo per la concessione del permesso di necessità è il suo carattere isolato, se non propriamente unico e non rinnovabile . Invece, il superamento di tale presupposto snaturerebbe significato e funzione dell’istituto, assegnandogli ordinaria valenza ordinamentale e di reinserimento sociale che esso non può avere. Di conseguenza, in questa vicenda, pur a fronte dei problemi di salute della sorella, va negato il permesso al fratello detenuto, anche perché esso è beneficio inidoneo a fronteggiare evenienze dal carattere stabile e ripetitivo .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 luglio – 26 settembre 2019, n. 39608 Presidente Magi – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Venezia confermava la decisione del Magistrato di sorveglianza di Padova, che aveva negato al detenuto Ug. De Lu. il permesso di necessità richiesto per recarsi a casa della sorella, siccome persona affetta da problemi psichici, nonché impossibilitata a viaggiare in autonomia e, comunque, ad entrare in un carcere. Secondo il Tribunale, mancherebbe prova attuale di impossibilità siffatte, da un lato e, dall'altro, mancherebbe il requisito di eccezionalità, avendo De Lu. già goduto di analoghi permessi di necessità in tre occasioni nel corso dell'anno 2018. 2. De Lu., con il ministero del suo difensore di fiducia, ricorre per cassazione, denunciando mancanza di motivazione ed enunciando, a sostegno, tre motivi. Nel primo motivo si deduce che il riferimento, contenuto nell'ordinanza impugnata, all'inesistenza di un accertamento clinico aggiornato sarebbe in contraddizione con la natura cronica, non reversibile e ingravescente, della patologia del familiare, in passato ritenuta tale da giustificare la misura invocata. Le precedenti fruizioni del beneficio, si argomenta nel secondo motivo, non escluderebbero il presupposto di legge, da individuarsi ex art. 30 Ord. pen. -nell'eccezionalità della concessione, a sua volta da intendere nel senso di gravità e non usualità . Una diversa interpretazione, si osserva conclusivamente nel terzo motivo, confliggerebbe con il principio di umanità della pena e con la sua finalità rieducativa. Considerato in diritto 1. Il permesso di necessità, disciplinato dall'art. 30 Ord. pen., è istituto alla cui conformazione concorrono come da questa Corte più volte rimarcato Sez. 1, n. 15953 del 27/11/2015, dep. 2016, Vitale, Rv. 267210-01 Sez. 1, n. 46035 del 21/10/2014, Di Costanzo, Rv. 261274-01 i tre requisiti dell'eccezionalità della concessione, della particolare gravità dell'evento giustificativo e della correlazione dello stesso con la vita familiare. Trattasi di beneficio non ordinario, non avente cioè natura trattamentale, né diretto in sé a garantire il mantenimento delle relazioni affettive del detenuto, quanto rispondente a finalità di umanizzazione della pena a fronte di accadimenti peculiari, tendenzialmente irripetibili, aventi la loro genesi in relazioni di tipo familiare e idonei ad incidere nella vicenda umana del detenuto stesso Sez. 1, n. 57813 del 04/10/2017, Graviano, Rv. 272400-01 . 2. La giurisprudenza di legittimità ha espresso indirizzi tali da preservare attentamente la fisionomia dell'istituto, di cui ha sempre rimarcato il carattere puntuale e, specularmente, l'inidoneità a fronteggiare evenienze dal carattere stabile o ripetitivo. 2.1. In questa prospettiva, si è giunti, di recente Sez. 1, n. 17593 del 12/03/2019, Ribisi, Rv. 275250-01 , a considerare estranee all'applicazione dell'art. 30 Ord. pen. fattispecie, in cui rilevavano malattie di familiari, ancorché gravi e progressive, aventi natura cronica, o cronicizzata tale condizione patologica, connotata da protrazione indefinita nel tempo, è stata ritenuta non conciliabile con il carattere straordinario della misura. Senonché, il rigore di una tale impostazione merita di essere temperato, in funzione di una più lata tutela del principio di umanità della pena, in sintonia con i principi espressi dall'art 27, terzo comma, Cost. In questo senso si registrano recenti decisioni di questa Corte, dall'odierno Collegio condivise. Sez. 1, n. 56195 del 16/11/2018, Arena, Rv. 274655-01, ha, in particolare, accolto nella nozione di eccezionalità di cui all'art. 30 Ord. pen. anche la strutturazione progressiva di una condizione che, all'esito di un periodo sensibilmente lungo, si faccia apprezzare in termini di particolare gravità per la vita familiare del detenuto, come, nella specie, è stata considerata l'assenza di visite di un familiare, da tempo protrattasi, a causa di oggettive difficoltà del medesimo di raggiungere il luogo di detenzione. Nella stessa ottica, Sez. 1, n. 36329 del 27/11/2015, dep. 2016, Lo. -in ricorso citata ha acconsentito al rilascio di un permesso di necessità, funzionale alla visita di uno stretto congiunto affetto da grave disabilità psichica. 2.2. Punto fermo non può non rimanere, tuttavia, il carattere isolato -se non propriamente unico e non rinnovabile della concessione, ribadito e rispettato dalle decisioni testé menzionate. Il superamento di tale presupposto snaturerebbe significato e funzione dell'istituto, assegnandogli ordinaria valenza ordinamentale, e di reinserimento sociale, al cui soddisfacimento sono viceversa destinate, in relazione agli sviluppi del trattamento, le normali misure premiali. 3. I motivi secondo e terzo del ricorso sono infondati, alla luce dell'esegesi da essi difforme risultante dalle considerazioni che precedono. L'ordinanza impugnata a tale esegesi si è invece rettamente attenuta, li ove nella specie ha giudicato la reiterazione ulteriore del beneficio, sul medesimo presupposto fattuale, incompatibile con la disciplina positiva di cui all'art. 30 Ord. pen. e con la ratio ad essa sottesa. Assorbito il primo motivo, il ricorso resta per l'effetto respinto. A tale esito segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente a\ pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.