L’onere di accertarsi della veridicità della notizia: Wikipedia non ci salverà

In tema di diffamazione su quotidiani – cartacei oppure online – per poter invocare la scriminante del diritto di cronaca o di critica è necessario che l’autore dello scritto abbia compiuto tutti gli opportuni accertamenti sulla veridicità della notizia che intende pubblicare. A tal riguardo, la ricerca compiuta su motori di ricerca o enciclopedie online del genere Wikipedia non garantisce la reale completezza informativa, necessaria per poter invocare la predetta scriminante.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, con la sentenza n. 38896 depositata il 20 settembre 2019. aspetta che lo cerco su Internet Nell’era del Web avremo sentito – e pronunciato – mille volte una frase del genere poi la mano corre veloce allo smartphone, per far partire la ricerca dell’informazione che, ottenuta, sarà presa per verità rivelata. Quanti di noi – chi scrive ne potrebbe essere senza dubbio il vessillifero – in preda ad un attacco di ipocondria hanno saputo resistere alla tentazione di cercare su Internet la causa di un qualsiasi sintomo fastidioso? Mossa sbagliata anche un banale starnuto, puntualmente, viene descritto come una delle possibili cause di malattie inguaribili e l’effetto della ricerca, al posto di diluire l’angoscia, vi farà venir voglia di mettere mano al testamento. La verità è che il Web, per natura e consistenza, sfugge a qualsiasi ipotizzabile controllo sui contenuti che ci offre, e la selezione tocca tutta all’utente con pessimo neologismo talvolta definito internauta” . Nel caso che ci occupa, un politico viene condannato in primo e secondo grado per diffamazione ai danni di un esponente dell’estrema destra gli avrebbe attribuito, nientemeno, che un ruolo nella tristemente nota strage di Bologna. A nulla vale l’invocazione delle scriminanti, anche putative, del diritto di critica e di cronaca giornalistica, fondate sull’adempimento del dovere di verifica della attendibilità della notizia compiuto attraverso ricerche informatiche. Il ricorso per cassazione, deciso con la sentenza che commentiamo, non ha migliore sorte. Critica e cronaca scriminano la diffamazione, ma la notizia deve essere vera. La linea del rigore, condivisibilissimo dati gli effetti devastanti che la propalazione di una notizia falsa può provocare alla reputazione di chiunque, viene ribadita con poche ma ben chiare argomentazioni. Si osserva che le notizie riportate erano tra l‘altro incomplete, e il loro accostamento ha prodotto l’effetto suggestivo di far passare un messaggio il coinvolgimento in un crimine efferato del tutto erroneo e lontano dalla realtà oggettiva. Quindi, per poter invocare la scriminante del diritto di cronaca, occorre in prima battuta che il fatto storico che si intende esporre sia vero e che contenga tutti i dettagli necessari ad essere esattamente compreso dal lettore. L’omissione di un pezzo” della descrizione di un evento, infatti, può generare sgradevoli distorsioni della realtà oggettiva. Stesso discorso dicasi per la scriminante della critica politica vero è che, per la sua intrinseca causticità, chi critica può legittimamente alzare i toni del proprio registro espositivo, ma il fatto che anima la critica stessa non può che essere vero, altrimenti la prima diventa semplicemente un’occasione per insultare il prossimo, attribuendogli fatti non veri per pretestuosamente criticarli. La ricerca delle fonti. L’ultimo aspetto, forse il più spinoso per l’autore di qualsiasi scritto destinato alla pubblicazione, è quello della validazione della veridicità del fatto che si intende narrare, cioè della ricerca delle fonti a cui appoggiarsi per rendere notizia di un determinato accadimento. La Cassazione ritiene di irrigidirsi nel delicato settore della cronaca giudiziaria la semplice ricerca su Internet o su Wikipedia – nota enciclopedia online – non basta, perché in entrambi i casi si tratta di fonti che non assicurano quel livello di completezza ed attendibilità che ogni notizia giornalistica deve immancabilmente possedere.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 aprile – 20 settembre 2019, n. 38896 Presidente Vessichelli – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, datato 10.5.2018, la Corte d’Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, ha confermato la sentenza emessa il 11.10.2016 dal Tribunale di Bolzano con la quale L.R. , esponente del partito omissis , è stato condannato alla pena di 1.400 Euro di multa, concedendogli il beneficio della sospensione, ed al risarcimento del danno alla parte civile da liquidarsi in sede civile in relazione al reato di diffamazione ai sensi dell’art. 595 c.p., commi 2 e 3, commesso nei confronti di F.R. mediante la pubblicazione di uno scritto online dal titolo, tradotto, omissis sulla pagina web omissis , in cui alla persona offesa veniva attribuito, nell’ambito della sua appartenenza a gruppi di ideologia neofascista e ricostruendo le sue vicende giudiziarie, un collegamento con la strage alla stazione di Bologna in cui morirono 85 persone e vi furono più di 200 feriti. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, tramite il proprio difensore, avv. Nicola Canestrini, deducendo un motivo di ordine preliminare, legato all’impugnazione dell’ordinanza di ammissione della costituzione di parte civile, e due motivi di merito. 2.1. Quanto all’eccezione sulla costituzione di parte civile, già proposta in appello, si deduce vizio di manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 78, 102 e 122 c.p.p La costituzione di parte civile è avvenuta all’udienza del 5.4.2016, in assenza della persona offesa, tramite sostituto processuale al quale non era stata conferita espressa procura speciale per il deposito dell’atto di costituzione, contraddicendo le affermazioni delle Sezioni Unite che, con la pronuncia n. 12213 del 2018, hanno chiarito come il sostituto processuale del difensore al quale il danneggiato abbia rilasciato soltanto procura speciale al fine di esercitare l’azione civile nel processo penale non ha la facoltà di costituirsi parte civile, salvo che detta facoltà sia stata espressamente conferita nella procura o che il danneggiato sia presente all’udienza di costituzione. La procura speciale in atti contempla solo la facoltà di nominare sostituti nella rappresentanza e nella difesa e comunque compiere ogni atto utile ma non consente espressamente al difensore di nominare sostituti processuali per il deposito dell’atto di costituzione di parte civile, come avvenuto nel caso di specie. 2.2. Un primo motivo di ricorso avverso le ragioni di merito della sentenza deduce manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge in riferimento alla interpretazione delle scriminanti del diritto di critica e del diritto di cronaca, ricostruendo la giurisprudenza di legittimità e della Corte Europea dei diritti dell’uomo in materia. L’analisi porta il difensore a concludere nel senso che la motivazione impugnata abbia applicato alla fattispecie i parametri di giudizio del diritto di cronaca piuttosto che quelli del diritto di critica, soprattutto in relazione al presupposto della verità dei fatti, valutato in modo ancor più rigoroso di quanto richiesto nell’esercizio del diritto di cronaca, per la parziale incompletezza della notizia che ha messo in relazione F.R. con l’attentato alla stazione di Bologna, omettendo di precisare che è stato escluso qualsiasi suo coinvolgimento nella vicenda. La motivazione non spiega perché aver messo in relazione F.R. con la strage alla stazione di Bologna equivarrebbe a dire che lo stesso è stato coinvolto e condannato per tale delitto. Dal contenuto complessivo dello scritto pubblicato online si comprende, invece, che quando l’imputato ha voluto riferire espressamente dell’imputazione del F. per qualche delitto lo ha fatto, mentre l’aver messo in relazione la parte offesa con la strage di Bologna risponde alla logica del diritto di critica ed è frutto di una opinione legittima dell’autore, e non oggetto di un fatto di cronaca, sottoposto alla regola stringente della verità e della sua completezza su tale aspetto egualmente la motivazione della sentenza impugnata è carente. 2.3. Il secondo motivo di ricorso nel merito deduce manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione nonché violazione di legge in relazione alla sussistenza della scriminante del diritto di critica o di cronaca putativa. L’imputato non è un giornalista sicché a lui non si applicano gli standard di accuratezza nel verificare i fatti alla base delle affermazioni proposte nè le regole di deontologia professionale tipiche del giornalismo. La Corte d’Appello ha ritenuto erroneamente responsabile di diffamazione il ricorrente, nonostante la sua qualità di comune cittadino, per la condotta omissiva di non aver chiarito che la relazione tra la persona offesa e la strage di Bologna era stata definitivamente risolta nel senso dell’esclusione di qualsiasi coinvolgimento di quest’ultima nella grave vicenda delittuosa, valutando apoditticamente insufficiente che l’imputato si fosse documentato svolgendo ricerche su internet, mediante motori di ricerca noti e la fonte Wikipedia. 3. In data 30 marzo 2019 la parte civile ha depositato memoria difensiva con cui risponde alle eccezioni dell’imputato. Sulla costituzione di parte civile si sottolinea che essa è avvenuta secondo le formalità previste dall’art. 78 c.p.p., comma 1, n. 2, fuori dell’udienza dibattimentale, con atto notificato sia all’imputato che al pm a mezzo di raccomandata con ricevute di consegna agli atti del fascicolo processuale e che si allegano anche alla memoria difensiva. In udienza, quindi, è stato depositato solo materialmente un atto già perfetto e completo alla cui consegna è certamente autorizzabile il sostituto processuale non munito di procura speciale. Nel merito, si argomenta che l’imputato avrebbe violato, nell’esercizio del diritto di critica, il presupposto necessario della verità dl fatto, mediante il collegamento della persona offesa alla strage di Bologna. Il dovere di verificare le notizie prima di pubblicarle, poi, spetta a chiunque intenda pubblicare qualcosa a prescindere dalla professione di giornalista esercitata o meno. Inoltre, l’imputato è un esponente politico di livello di un partito sudtirolese ed ha anche ricoperto in passato cariche pubbliche sicché era avveduto del dovere di verifica di determinate notizie a rischio diffamazione , tanto più che ha attribuito alla persona offesa anche di essere ispiratore nel delitto di strage, oltre che il collegamento generico ascritto in imputazione ad essa. La memoria cita, tra l’altro, la sentenza n. 42020 del 2012 di questa Sezione della Corte di cassazione in cui è stata riconosciuta nei confronti di alcuni giornalisti la responsabilità per il reato di diffamazione in relazione al medesimo collegamento operato dall’imputato tra la persona offesa e la strage di Bologna. Considerato in diritto 1. Il ricorso è nel complesso infondato e deve essere, pertanto, rigettato. 2. Quanto alla preliminare questione inerente alla costituzione di parte civile, il motivo prospetta una situazione di fatto che non corrisponde alla realtà processuale, come del resto - già era stato messo in luce dalla sentenza impugnata, con la cui motivazione il ricorrente non si confronta, riproponendo la medesima eccezione già sollevata nell’atto di impugnazione di merito ed incorrendo, per ciò solo, in un evidente difetto di ammissibilità per aspecificità e genericità del ricorso. Invero, dal controllo degli atti svolto dal Collegio e consentito in ragione della natura processuale del vizio dedotto, risulta che l’atto di costituzione di parte civile è stato notificato a mezzo posta sia al pubblico ministero che all’imputato, confermandosi in tal modo la ricostruzione della Corte d’Appello, che aveva sottolineato come detta costituzione fosse avvenuta fuori udienza secondo il procedimento consentito dalle disposizioni del codice di rito art. 78 c.p.p., commi 1 e 2 e nel rispetto della regola del conferimento di procura speciale al difensore nominato. In udienza, pertanto, si è esercitata solo la facoltà, riconosciuta e conferita con la procura speciale già formalizzata, di depositare materialmente l’atto di costituzione, già autonomamente avvenuto e perfezionatosi fuori udienza con la notifica alle altre parti processuali. Deve evidenziarsi che le Sezioni Unite di recente sono intervenute a far chiarezza circa le modalità legittime di attuare la procedura di costituzione di parte civile in giudizio. Sez. U, n. 12213 del 21/12/2017, dep. 2018, Zucchi, Rv. 272169, infatti, ha chiarito che il sostituto processuale del difensore al quale il danneggiato abbia rilasciato procura speciale al fine di esercitare l’azione civile nel processo penale non ha la facoltà di costituirsi parte civile, salvo che detta facoltà sia stata espressamente conferita nella procura ovvero che la costituzione in udienza avvenga in presenza del danneggiato, situazione questa che consente di ritenere la costituzione come avvenuta personalmente. A giudizio delle Sezioni Unite, affinché il potere di sostituzione sia legittimamente conferito, appare necessario e sufficiente che il danneggiato preveda una tale possibilità in capo al difensore-procuratore speciale all’interno della procura di cui agli artt. 76 e 122 c.p.p. necessario , perché solo tale ambito formale garantisce che al sostituto venga delegato il diritto sostanziale di cui il mandante è titolare, e sufficiente perché non può pretendersi, all’estremo opposto, che il danneggiato conferisca una ulteriore apposita procura speciale direttamente in capo al sostituto. Nel caso di specie, la procura speciale è stata conferita sia con effetti di legitimatio ad causam che di legitimatio ad processum e già in un fase precedente all’udienza di prima trattazione, mentre lo stesso ricorrente ammette che tra i contenuti della suddetta procura speciale vi sia anche la facoltà di nominare sostituti nella rappresentanza e nella difesa e comunque compiere ogni atto utile . Risulta, pertanto, illogico e pretestuoso ritenere che, tra le prerogative riconnesse alla nomina di sostituti nella rappresentanza e nella difesa, nonché al compimento di ogni atto utile, non debba ricomprendersi il deposito - meramente ricognitivo nel caso di specie, in virtù della costituzione perfezionatasi fuori udienza - dell’atto di costituzione di parte civile. Il motivo di ricorso proposto, pertanto, si rivela inammissibile anche in quanto manifestamente infondato. 2. La prima delle eccezioni difensive riferite al merito della vicenda ascritta all’imputato è infondata. La parte civile è stata più volte coinvolta in processi per diffamazione, giunti sino al giudizio di questa Corte di legittimità e nei quali si è riconosciuto come, nei suoi riguardi, si fosse travalicato il limite consentito del diritto di cronaca o di critica in riferimento alla notizia del suo coinvolgimento nelle indagini sul drammatico attentato alla stazione ferroviaria di Bologna noto come Strage di Bologna , a seguito del quale molte decine di persone sono state uccise e centinaia ferite. Nelle pronunce conseguenti a tali processi, la Corte di cassazione ha più volte ritenuto che l’accostamento tra F.R. , fondatore di OMISSIS , e la strage di Bologna - nelle molteplici forme in cui era stato realizzato in concreto - fosse diffamatorio, nonostante la appartenenza di costui alla cd. destra eversiva e la condanna per associazione sovversiva riportata, tuttavia, in un ambito diverso da quello riferibile al terribile delitto oramai entrato nella storia del Paese cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 25561 del 23/6/2008, Bonugli, non massimata Sez. 5, n. 31610 del 29/7/2008, Pepi, non massimata Sez. 5, n. 11897 del 26/3/2010, F. , Rv. 246355, in motivazione Sez. 5, n. 42020 del 8/5/2012, Bevere, Rv. 254169 . Ripercorrendo tali pronunce si ricava una linea interpretativa senza dubbio valida anche per risolvere il ricorso oggi sottoposto all’attenzione del Collegio. Deve, infatti, convenirsi con le sentenze richiamate su un punto-chiave della loro ricostruzione storico-giuridica costituisce condotta diffamatoria descrivere la figura di F. - sia pur stato egli un terrorista appartenente alla destra eversiva, come accertato con sentenza passata in giudicato con la quale la Corte d’Appello di Roma lo ha condannato per il reato di associazione sovversiva - ponendola in relazione con un episodio delittuoso di eccezionale gravità e ferocia quale è stato la strage di Bologna, rispetto al quale egli è risultato del tutto estraneo sul piano storico ed investigativo non essendo stato il ricorrente neppure mai imputato per quel gravissimo delitto, mentre si dà atto, nella pronuncia oggi impugnata, che egli è stato addirittura parte civile costituita nel processo per la strage di Bologna, ottenendo risarcimento del danno, in ragione della sua estraneità ai fatti . E dunque, come è stato efficacemente sottolineato dalla sentenza n. 31610 del 2008, deve essere ritenuta lesiva della reputazione della persona offesa l’attribuzione di una notizia complessivamente non vera poiché formata da un dato rispondente alla realtà-quello della condanna di F. per il reato di associazione sovversiva in ambito territoriale diverso - e da un accostamento suggestivo a fatto non vero, e cioè il suo coinvolgimento nella strage di Bologna, innegabilmente evincibile dal contesto unitario dell’articolo pubblicato sul sito web giornalistico dal ricorrente, anche in considerazione del fatto che si è omesso di precisare - come sarebbe stato doveroso - l’epilogo della vicenda e l’esclusione di un qualsiasi suo effettivo collegamento con quel terribile reato. Seguendo la logica comune, infatti, il lettore medio è portato a ricavare dall’accostamento incompleto dei due dati - uno dei quali gravemente omissivo - una notizia nuova e diversa da quella della mera condanna della parte offesa per associazione sovversiva e cioè la notizia di un coinvolgimento del diffamato nell’efferato reato di strage, a ragione indicato da molti come uno degli eventi più cruenti e drammatici della storia repubblicana, senza che rilevi come nell’articolo non siano specificati i dettagli di detto coinvolgimento. Deve rammentarsi, infatti, che - secondo uno dei più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità in tema di diffamazione, che il Collegio intende ribadire - ai fini dell’applicazione dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica, è necessario che l’articolista, nel selezionare fatti accaduti nel tempo reputati rilevanti per illustrare la personalità dei soggetti criticati, non manipoli le notizie o non le rappresenti in forma incompleta, in maniera tale che, per quanto il risultato complessivo contenga un nucleo di verità, l’operazione stravolga il fatto nella sua rappresentazione Sez. 5, n. 57005 del 27/9/2018, Padellaro, Rv. 274625 . Ciò vale a maggior ragione anche in relazione al diritto di cronaca. E difatti, l’esercizio del diritto di cronaca non può ritenersi fedele al requisito della veridicità dei fatti qualora la ricostruzione degli avvenimenti avvenga in modo da travisare la consecuzione degli stessi, omettendo il riferimento di fatti rilevanti nella proposizione delle notizie e, per contro, proponendone taluni in una luce artificiosamente emblematica, al di là della loro obiettiva rilevanza, in modo da tentare di indirizzare il giudizio del lettore Sez. 5, n. 15176 del 15/3/2002, Di Giovacchino, Rv. 221864 . Nè vale a eliminare la valenza diffamatoria dei contenuti dell’articolo la finalità di critica politica dello scritto, funzionale - secondo la prospettazione difensiva - a stigmatizzare da parte del ricorrente, noto esponente del partito OMISSIS , l’avvento organizzato di una compagine politica considerata di estrema destra OMISSIS nella città altoatesina di XXXXXX. È evidente, infatti, che la pubblicazione ha avuto una doppia valenza nei suoi contenuti e, sebbene la finalità ultima dell’articolista potesse essere anche quella della critica politica già rappresentata, tuttavia una quota importante dello scritto è stata dedicata a ricostruire la figura storico-criminale di F.R. e, dunque, evidentemente improntata alla cronaca giudiziaria. In ogni caso, il diritto di critica politica non eliderebbe la valenza diffamatoria dello scritto, non essendo tale diritto estensibile nel suo valore scriminante sino al punto da rendere irrilevante la suggestiva attribuzione di un collegamento tra il diffamato ed un delitto di strage così violento e drammatico nell’immaginario storico collettivo, sia pur fondata su omissioni ed equivoci narrativi. 3. Anche la seconda ragione difensiva che accede al merito della configurabilità del reato in capo al ricorrente si presenta priva di pregio. La Corte d’Appello, ai fini della sussistenza della invocata scriminante putativa del diritto di critica o di cronaca, ha correttamente valutato come insufficientemente assolto dal ricorrente l’onere di verifica delle fonti dalle quali ha tratto la notizia diffamatoria. Invero, nonostante l’opinione manifestata nel motivo di ricorso, secondo cui costituirebbe condotta idonea all’adempimento di detto onere svolgere, in ordine ai contenuti dei propri articoli giornalistici, accertamenti via internet, mediante noti motori di ricerca e utilizzando dati di conoscenza provenienti dalla enciclopedia web probabilmente più diffusa al mondo quale è Wikipedia, tale tesi non può invece essere condivisa, soprattutto in una materia così delicata quale la cronaca giudiziaria e in un contesto di evidente e notoria incertezza di accertamenti delle responsabilità quale è quello che ha caratterizzato le vicende della strage di Bologna. Inoltre, la gravità delle condotte attribuite o ricollegate al soggetto diffamato individua la cifra anche del connesso onere di verifica delle fonti dalle quali si trae la notizia diffamatoria è chiaro, pertanto, che se si organizza un racconto giornalistico in maniera tale da accettare il rischio che un determinato soggetto possa essere messo in relazione con un episodio delittuoso gravissimo e quasi senza pari nel panorama criminale del Paese, tanto più l’articolista narrante deve innalzare il livello delle verifiche di verità di quanto espone, non potendosi limitare a citare di essersi documentato via internet in qualsiasi modo là dove ometta, invece, una porzione determinante della vicenda quale è la totale esclusione - già come ipotesi investigativa - del coinvolgimento di tale soggetto in quel reato. Le fonti citate dal ricorrente, infatti, non garantiscono la reale completezza informativa alla base di una eventuale operatività della scriminante putativa dell’esercizio del diritto di cronaca o di critica giornalistica. Deve essere affermato, pertanto, il seguente principio di diritto in tema di diffamazione a mezzo stampa o di pubblicazioni di tono giornalistico on line, al fine di configurare la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca o critica, non costituisce condotta di per sé idonea all’adempimento del richiesto onere di svolgere, in ordine ai contenuti dei propri articoli giornalistici, i dovuti accertamenti sulla veridicità dei fatti e l’attendibilità delle fonti informarsi soltanto via internet, mediante noti motori di ricerca e utilizzando dati di conoscenza provenienti dalla enciclopedia web Wikipedia, poiché tali strumenti non garantiscono tout court la reale completezza informativa funzionale alla operatività della scriminante putativa dell’esercizio del diritto di cronaca o di critica giornalistica. Sulla base della natura della notizia e delle circostanze del caso concreto, dunque, l’articolista dovrà, se del caso, integrare altrimenti i propri accertamenti su fonti e contenuti dello scritto. 3.1. Neppure rileva l’osservazione difensiva riferita alla circostanza che l’articolista non sia un giornalista vero e proprio, sicché a lui non potrebbero essere riferiti gli standard di accuratezza nel verificare le fonti e la completezza dei fatti riportati, tipici di chi svolge tale lavoro in via professionistica. L’impegno nel controllare il fatto narrato, infatti, deve essere preteso nei confronti di chiunque intenda pubblicare una notizia nelle forme di diffusività idonee eventualmente a configurare il reato di diffamazione a mezzo stampa anche via web , senza che sia possibile prevedere un onere di diligenza attenuato nella verifica delle fonti o dei contenuti dello scritto per il privato che svolga attività più o meno continuativa di articolista, rispetto al giornalista di professione. Chi intenda comunque pubblicare una notizia non certa, infatti, accetta il rischio che essa non corrisponda al vero e che l’antigiuridicità della condotta diffamatoria rimanga senza giustificazione, ponendosi dinanzi a lui in tal caso solo l’alternativa di non pubblicare affatto la notizia cfr. Sez. 5, n. 3132 del 8/11/2018, dep. 2019, Lippera, Rv. 275259 Sez. 5, n. 13708 del 17/12/2010, dep. 2011, Giurovich, Rv. 250203 Sez. 5, n. 15986 del 4/3/2005, Rv 232131 Sez. 5, n. 31957 del 22/6/2001 . Anche sotto il richiamato profilo, pertanto, il ricorso deve essere rigettato. 4. In relazione agli esiti del ricorso, devono essere liquidate alla parte civile costituita e presente in udienza le spese sostenute nel giudizio, che si ritiene congruo determinare nella misura di Euro 1800 oltre accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile liquidate in Euro 1800 oltre accessori di legge.