Evento culturale per la risocializzazione di chi è dietro le sbarre, ma il detenuto non può partecipare

Illegittimo, secondo i Giudici, il provvedimento con cui è stato concesso all’uomo un permesso di necessità, così da consentirgli di uscire dall’istituto di pena e di recarsi, accompagnato da agenti in borghese, alla mostra. Apprezzabile l’obiettivo, ma il permesso va riconosciuto solo per situazioni legate alla vita familiare.

Niente ‘libera uscita’ per l’uomo che, costretto in carcere, vuole prendere parte a un evento culturale. Irrilevante, per i Giudici, il fatto che la manifestazione sia parte di un progetto di inclusione rivolto proprio ai detenuti Cassazione, sentenza n. 38220, sez. I Penale, depositata oggi Permesso. Riflettori puntati sul provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza ha accordato a un detenuto il permesso di partecipare a un evento culturale , autorizzando l’uscita dall’istituto in orario da concordare con la direzione del carcere, fino al termine della manifestazione e imponendo l’accompagnamento da parte degli agenti di polizia penitenziaria, possibilmente in borghese . A contestare tale misura è la Procura, che vede rigettato dal Tribunale di sorveglianza il reclamo proposto e decide, di conseguenza, di portare la questione in Cassazione. Per la Procura è evidente che l’interpretazione data dal Tribunale del permesso di necessità esorbita dal tenore della norma, la quale consente, in via del tutto eccezionale, al detenuto di usufruire di permessi soltanto nel caso di pericolo di vita di un familiare o di un convivente, nonché nel caso di eventi familiari di particolare gravità , mentre la partecipazione a una mostra d’arte contemporanea non può ritenersi compresa nelle suddette tassative ipotesi . Finalità. L’obiezione proposta dalla Procura viene ritenuta fondata dalla Cassazione. Censurata, di conseguenza, la visione del Tribunale di sorveglianza, visione centrata sul fatto che la mostra a cui il detenuto aveva chiesto di partecipare era stata organizzata con opere realizzate da detenuti nell’ambito di un evento collettivo inerente a un progetto di inclusione sociale degli autori di reato . Per confermare la ‘libera uscita’ era stato osservato che il permesso si collocava nell’ambito di un progetto di inclusione regionale che prevedeva l’attività all’esterno anche per detenuti che non potevano ancora fruire di permessi premio e che tuttavia erano stati valutati come meritevoli di partecipare ad eventi esterni con caratteristiche coerenti con le finalità rieducative e risocializzanti della pena, così da consentire l’incontro fra i condannati e i cittadini . E ragionando in questa ottica il Tribunale di sorveglianza ha anche evidenziato che si trattava di attività sollecitate e favorite dalla stessa amministrazione penitenziaria, la quale si faceva carico delle spese, sicché essa non afferiva a una richiesta singolarmente proposta dal detenuto, situazione in relazione a cui si era diffusa la prassi di interpretare la norma sui permessi individuando la necessità con la finalità trattamentale da raggiungere, ferme le esigenze di sicurezza garantite dalla scorta . Per i Giudici della Cassazione, però, è evidente sì la finalità, certamente commendevole, del perseguimento della concreta espansione della sfera rieducativa e della compiuta risocializzazione del condannato detenuto ma ciò non rende comunque legittimo il riconoscimento del cosiddetto ‘permesso di necessità’ che, viene sottolineato, va connesso a tre requisiti , ossia l’eccezionalità della concessione, la particolare gravità dell’evento giustificativo, la correlazione con la vita familiare . In sostanza, l’ambito di riferimento è esclusivamente quello familiare , e di conseguenza è illegittimo il permesso riconosciuto all’uomo in carcere per farlo partecipare, anche con la sua presenza al di fuori dell’istituto di pena, all’iniziativa culturale costituente parte del percorso trattamentale per alcuni detenuti . Piuttosto, osservano in chiusura i Giudici, l’amministrazione penitenziaria può perseguire il dichiarato fine di risocializzazione dei detenuti con altri strumenti previsti dall’ordinamento .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 1 aprile – 16 settembre 2019, n. 38220 Presidente Tardio – Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe, resa in data 8 - 9 maggio 2018, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato il reclamo proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano avverso il provvedimento reso in data 23 gennaio 2018 con cui il Magistrato di sorveglianza di Milano ha accordato a Ni. Am., detenuto nella Casa di reclusione di Bollate il permesso di partecipare all'evento culturale Arti in - Arte out il giorno 27 gennaio 2018, autorizzando l'uscita dall'Istituto in orario da concordare con la Direzione del carcere, fino al termine della manifestazione, imponendo l'accompagnamento del detenuto da parte degli Agenti di Polizia penitenziaria, possibilmente in borghese. 2. Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano chiedendone l'annullamento e adducendo un solo motivo con cui lamenta violazione dell'art. 30-bis della legge n. 354 del 1975. L'Autorità ricorrente evidenzia che l'interpretazione data dal Tribunale del permesso di necessità esorbita dal tenore della norma, la quale in via del tutto eccezionale consente al detenuto di usufruire di permessi soltanto nel caso di pericolo di vita di un familiare o di un convivente nonché nel caso di eventi familiari di particolare gravità, mentre la partecipazione a una mostra di arte contemporanea non può ritenersi ricompresa nelle suddette, tassative ipotesi. 3. Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, in primo luogo reputando la carenza di interesse del ricorrente, non bastando quello all'astratta osservanza della legge, in secondo luogo ritenendo nel merito conforme all'interpretazione della norma come avvenuta attraverso l'elaborazione giurisprudenziale. Considerato in diritto 1. Il ricorso appare fondato e merita, pertanto, di essere accolto negli specifici sensi che seguono. 2. Giova premettere ad ogni fine che il Tribunale di sorveglianza -richiamata l'analisi compiuta dal Magistrato di sorveglianza circa la ricorrenza delle condizioni stabilite dall'art. 30 Ord. pen. per la concessione del permesso in questa fattispecie ed esaminate le questioni proposte dall'Autorità requirente, secondo cui la manifestazione a cui Am. aveva chiesto di recarsi esulava dalla materia relativa all'ambito familiare e non presentava profili di gravità - ha osservato che la mostra a cui Am. aveva chiesto di partecipare era stata organizzata con opere realizzate da detenuti nell'ambito di un evento collettivo inerente a un progetto di inclusione sociale degli autori di reato, promosso dall'Unità organizzativa di Trattamento della Casa di reclusione, e ne ha desunto la considerazione che, in tal senso, il permesso si collocava nell'ambito di un progetto di inclusione regionale che prevedeva l'attività all'esterno anche per detenuti che non potevano ancora fruire di permessi premio ex art. 30-ter Ord. pen. e che, tuttavia, erano stati valutati come meritevoli di partecipare ad eventi esterni con caratteristiche coerenti con le finalità rieducative e risocializzanti della pena, così da consentire l'incontro fra i condannati in espiazione e i cittadini. Su questo preciso piano il Tribunale ha evidenziato che si trattava di attività sollecitate e favorite dalla stessa Amministrazione penitenziaria, la quale si faceva carico delle spese, sicché essa non afferiva a una richiesta singolarmente proposta dal detenuto, situazione in relazione a cui si era diffusa la prassi di interpretare la norma sui permessi individuando la necessità con la finalità trattamentale da raggiungere, ferme le esigenze di sicurezza garantite dalla scorta. In tal senso il Tribunale ha ritenuto doversi rigettare il reclamo, peraltro dando atto che al provvedimento non poteva darsi esecuzione, in quanto l'evento relativo alla mostra era ormai decorso. 3. Posto ciò, va in primo luogo ritenuto che non sussista la carenza di interesse a proporre l'impugnazione ai sensi dell'art. 568 cod. proc. pen. segnalata dall'Autorità requirente, in quanto - in specifica correlazione alla prospettiva privilegiata dal Tribunale di sorveglianza, che ha inquadrato la concessione del permesso reputandone dimostrati i presupposti con preciso riferimento alla situazione giuridica costituita dall'ambito del progetto di inclusione regionale che prevedeva l'attività all'esterno anche per detenuti, con eventi collettivi inerenti a tale progetto promossi dall'Unità organizzativa di Trattamento della Casa di reclusione situazione prospettata come perdurante -l'ordinanza impugnata ha affrontato il corrispondente nodo ermeneutico, rispetto al quale ha svolto le considerazioni sopra richiamate all'espresso fine di legittimare la stessa quale base per il permesso di necessità di cui all'art. 30 Ord. pen., dando al quesito la risposta affermativa risposta rispetto a cui permane l'interesse del pubblico ministero a impugnare, per tutti gli sviluppi che dalla stessa direttamente dipendono. 4. Trascorrendo alla corrispondente verifica, il Collegio ritiene che l'utilizzazione del permesso di necessità per la finalità, certamente commendevole, del perseguimento della concreta espansione della sfera rieducativa e della compiuta risocializzazione del condannato detenuto incontri tuttavia decisivi ostacoli, derivanti dalla struttura stessa dell'istituto di cui all'art. 30 Ord. pen., che convincono dell'eccedenza della sua applicazione nel caso di specie, in relazione al perimetro fissato dalla lettera e dallo spirito della norma. L'art. 30 cit. dispone, al primo comma, che, nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l'infermo e, al secondo comma, stabilisce che analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità. Questa disciplina è interpretata nel senso, condiviso e ribadito dal Collegio, che - assodata la chiara situazione specificamente descritta dal primo comma -allo scopo della concessione del permesso di necessità previsto dal secondo comma della norma devono sussistere i tre requisiti dell'eccezionalità della concessione, della particolare gravità dell'evento giustificativo e della correlazione dello stesso con la vita familiare, per modo che il relativo accertamento va compiuto tenendo conto dell'idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto Sez. 1, n. 15953 del 27/11/2015, dep. 2016, Vitale, Rv. 267210 . Il secondo comma dell'art. 30 cit., quindi, prevede la possibilità eccezionale di concedere ai detenuti e agli internati il permesso di uscire dal carcere, con le necessarie cautele esecutive, per eventi familiari di particolare gravità, analogamente a quanto stabilito dal primo comma della medesima norma per il caso estremo di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente del soggetto interessato. L'elaborazione ermeneutica della norma ha evidenziato che i requisiti della particolare gravità dell'evento giustificativo e della sua correlazione con la vita familiare sono indispensabili per la concessione del permesso e che, inoltre, vanno verificati con riguardo alla capacità dell'evento stesso - inteso nella sua accezione di fatto storico specifico e ben individuato - di incidere in modo significativo nella vicenda umana del detenuto, senza che, tuttavia debba trattarsi necessariamente di un evento luttuoso o drammatico. Quel che si ritiene assuma determinante importanza è la sua natura di evento non ordinario e del tutto al di fuori della quotidianità, sia per il suo intrinseco rilievo fattuale, sia per la sua incidenza nella vita del detenuto, sempre in relazione alla sua sfera familiare, e conseguentemente nell'esperienza umana della detenzione carceraria. In tal senso, si è ritenuta - in coerenza con la funzione rieducativa della pena e con le esigenze di rango costituzionale di umanizzazione della stessa ex art. 27 Cost. , si grado molto rilevante, se non decisivo, l'incidenza che assumono il contatto coi familiari e il ruolo della famiglia nel contesto interpretativo dei requisiti - sopra individuati - caratterizzanti l'evento legittima te la concessione del permesso di necessità Sez. 1, n. 48284 del 26/05/2017, Perrone, n. m. Sez. 1 n. 52820 dell'11/10/2016, Zhu, n. m. . E' vero che, nell'ambito delle esigenze così enucleate, ossia quelle relative ad eventi familiari di particolare gravità, il permesso di necessità viene talvolta inquadrato come un beneficio di eccezionale applicazione rispondente a finalità di umanizzazione della pena, e non invece come un istituto di natura trattamentale, in guisa da farsi discendere, nella chiave costituita da una nozione molto circoscritta dell'evento rilevante a tal fine, il corollario secondo cui questo tipo di permesso va concesso esclusivamente al verificarsi di situazioni di particolare gravità ridondanti nella sfera personale e familiare del detenuto, non anche in funzione dell'esigenza di attenuare l'isolamento del medesimo attraverso il mantenimento delle relazioni familiari e sociali Sez. 1, n. 57813 del 04/10/2017, Graviano, Rv. 272400 , laddove, in altra occasione, seguendosi un concetto più ampio dell'evento rilevante, si è ritenuto che, ai fini della concessione del permesso di necessità, è sussumibile nella nozione della particolare gravità di cui all'art. 30 Ord. pen. anche l'evento afferente alla strutturazione progressiva di una condizione che, all'esito di un periodo sensibilmente lungo, si faccia apprezzare in termini di particolare gravità per la vita familiare del detenuto Sez. 1, n. 56195 del 16/11/2018, Arena, Rv. 274655Aquale, in applicazione di questo principio, ha ritenuto legittima la concessione del permesso di necessità fondata sull'assenza di visite dei familiari protrattasi per più di un biennio a causa di oggettive difficoltà dei medesimi di raggiungere il luogo in cui il congiunto era ristretto . Quel che è certo, tuttavia, che pure l'una e l'altra delle inflessioni ermeneutiche da ultimo richiamate non dubitano - in piena armonia con il preciso disposto normativo - che il perimetro entro cui l'evento deve inscriversi per l'applicazione dell'istituto sia esclusivamente quello familiare. 5. Esito ineludibile dell'inquadramento così richiamato è che l'impiego del permesso di necessità per consentire al detenuto nella specie Ni. Am. non titolare dei requisiti per l'ottenimento di altro beneficio in qualche misura adeguato a farlo partecipare, anche con la sua presenza al di fui dell'istituto di pena, all'iniziativa culturale costituente parte del percorso trattamentale di una serie di condannati detenuti ha integrato opzione provvedimentale da parte del Magistrato di sorveglianza resa con atto del 23 - 24 gennaio 2018 , confermata dal Tribunale di sorveglianza, obiettivamente esulante dall'ambito di applicazione dell'art. 30 Ord. pen. La carenza assoluta del riferimento a un evento familiare di particolare gravità determina la chiara collocazione della situazione presa in considerazione dei giudici di sorveglianza al di fuori della sfera oggetto della disciplina di cui all'art. 30 cit. Né giova al provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza, confermato da quello qui direttamente impugnato, il richiamo all'analogia legis. Al di là di ogni altra considerazione, all'individuazione della eadem ratio si oppone la natura, espressamente riferita a situazioni di particolare gravità inerenti alla sfera familiare e, quindi, privata del detenuto, in relazione a cui si richiede la valutazione giudiziale per della concessione di permesso somministrato eccezionalmente in contemplazione della gravità delle esigenze da tutelare natura del tutto differente rispetto a quella che caratterizza l'obiettivo la partecipazione a una mostra all'esterno nell'ambito di un progetto rieducativo di più vasto momento per il quale l'Amministrazione penitenziaria e non in via primaria il detenuto , per fini edificanti ma di carattere prettamente trattamentale, ha chiesto e ottenuto il permesso di necessità di cui si tratta. Né la rilevata carenza può essere surrogata dalla prassi a cui si è richiamato il Tribunale, prassi che avrebbe richiesto, pur sempre, al fine di essere positivamente considerata, il riscontro del suo fondamento su una base normativa idonea e congruente. Diviene conseguente concludere che - ferma la possibilità che l'Amministrazione persegua il dichiarato fine di risocializzazione con gli altri strumenti previsti dall'ordinamento - l'ordinanza impugnata va annullata e, con essa, va annullato il provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza, confermato dalla prima l'accertata estraneità della situazione dedotta all'ambito applicativo dell'art. 30 cit. impone che l'annullamento avvenga senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e l'ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Milano in data 23/01/2018.