Per la revoca della sospensione condizionale della pena da quando decorre il termine biennale o quinquennale?

Tale termine previsto dall’art. 163, comma 1, c.p., anche nell’ipotesi di cui all’art. 168, comma 1, dello stesso codice, va calcolato a partire dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con cui è stato concesso il beneficio stesso.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 38035/19, depositata il 13 settembre. Il GIP revocava i benefici della sospensione condizionale della pena concessi all’imputato con due sentenze divenute irrevocabili. Avverso tale decisione il difensore del condannato propone ricorso per cassazione in particolar modo denunciando erronea applicazione dell’art. 168 c.p., per non esser stata applicata correttamente la causa di revoca individuata in una sentenza del GUP del Tribunale relativa a fatti commessi oltre 10 anni dopo i fatti commessi e definiti con apposita sentenza del Tribunale. Revoca della sospensione condizionale della pena. Sul punto occorre ribadire che, per la revoca della sospensione condizionale della pena, il termine di 5 o di 2 anni previsto dall’art. 163, comma 1, c.p., anche nell’ipotesi di cui all’art. 168, comma 1, c.p., va calcolato a partire dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con cui è stato concesso il beneficio. Dunque, nel caso in esame, è corretta la constatazione del giudice dell’esecuzione per cui il beneficio alla sentenza in oggetto è revocato dalla commissione di un delitto nei 5 anni dall’irrevocabilità, in quanto le cause di revoca secondo il diritto operano avendo come punti di riferimento da un lato l’irrevocabilità della sentenza che ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena e dall’altro la commissione di un nuovo reato nei 5 anni dalla data di definitività di quella sentenza. Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 marzo – 13 settembre 2019, n. 38035 Presidente Mazzei – Relatore Liuni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza dell’11/7/2018, il GIP del Tribunale di Padova - in funzione di giudice dell’esecuzione - ha revocato i benefici della sospensione condizionale della pena concessi a M.A. con le sentenze 22/5/2008 e 6/2/2015 del Tribunale di Savona, irrevocabili rispettivamente il 2/7/2008 e il 6/5/2015. Inoltre ha rigettato l’istanza avanzata dal M. di applicazione della continuazione tra i reati di cui alla sentenza 6/2/2015 e quella 1/3/2016, a causa della distanza temporale di ben due anni tra la commissione di detti reati. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, avv. Andrea Micozzi, indicando tre motivi di impugnazione. 2.1. Violazione di norme processuali rilevanti, con riguardo alla genericità della richiesta di revoca dei benefici ex art. 163 c.p. presentata dal Pubblico ministero, che ha impedito al M. un’adeguata difesa tecnica, con violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c . 2.2. Erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 168 c.p., per non essere stata correttamente applicata la causa di revoca individuata nella sentenza n. 577/17 del 20/10/2017 del GUP del Tribunale di Padova, relativa a fatti commessi il OMISSIS , quindi oltre 10 anni dopo i fatti commessi il OMISSIS definiti con la sentenza del Tribunale di Savona del 22/5/2008 n. 1 del casellario . 2.3. Erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 81 c.p. e correlato vizio di motivazione, completamente omessa sul punto. Denuncia il ricorrente che il giudice dell’esecuzione abbia completamente omesso di considerare la richiesta del condannato di applicazione della continuazione tra i reati giudicati con la sentenza del Tribunale di Savona del 1/3/2016 e quelli giudicati con la sentenza del medesimo Tribunale del 6/2/2015, di cui assume la piena riconducibilità ad una unica progettazione criminosa. La motivazione del giudice dell’esecuzione, riferita al mero rilievo della distanza temporale biennale tra i reati di cui alle citate sentenze, non aveva considerato che in un caso il M. era stato condannato per un furto e nell’altro per la ricettazione di beni provento di altro furto, e che l’istante nel periodo 2013 - 2016 aveva commesso piccoli furti senza soluzione di continuità. Pertanto, si è integrata una violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 81 c.p., a causa dell’omessa considerazione delle indicate circostanze concrete, e della pretermissione dei presupposti che sostanziano l’istituto della continuazione, quali l’omogeneità delle violazioni, le modalità della condotta e le ragioni di sostentamento che aveva necessitato il M. a ricorrere ai furti. Considerato in diritto 1. il ricorso è infondato. 1.1 Il primo motivo riguarda la dedotta genericità della richiesta di revoca dei benefici da parte del Pubblico ministero per non essere chiaro a quale di essi si riferisse la richiesta, così violandosi il diritto di difesa del condannato in sede esecutiva. Secondo il ricorrente, dal verbale dell’udienza camerale - allegato al ricorso - si evidenzia che il Pubblico ministero aveva avanzato una generica richiesta di revoca del beneficio al singolare con precisazione che tale richiesta era riferita alla sentenza di cui al n. 3 del casellario . A fronte di ciò, la difesa aveva insistito per il rinvio per genericità della richiesta , opponendosi in ogni caso. Tale opposizione doveva intendersi riferita sia alla revoca del beneficio di cui alla sentenza n. 1 del casellario , già affermata nell’incipit della dichiarazione, che alla sentenza n. 3, a seguito della specificazione del PM. 1.2 Nessuna delle doglianze coglie nel segno. Innanzitutto si rileva che la richiesta scritta del PM in data 29/5/2018 allegata al ricorso riporta gli esatti termini dell’incidente di esecuzione revocare i benefici della sospensione condizionale della pena concessa per entrambe le condanne, per effetto del reato commesso il OMISSIS e punito con la condanna in esecuzione , cioè quella di cui alla sentenza n. 577/17 del 20/10/2017 del GUP del Tribunale di Padova, definitiva il 29/3/2018, relativa a fatti commessi il OMISSIS , indicata nella richiesta di incidente di esecuzione. Le condanne in questione non possono che essere quelle alle quali accede il beneficio ex art. 163 c.p., individuabili in quelle di cui ai punti 1 e 3 del certificato penale, e ciò risultava evidente anche alla difesa del M. , che infatti nell’udienza camerale si opponeva puntualmente, come risulta dal relativo verbale. Pertanto, non si apprezza alcuna violazione del diritto di difesa, tant’è vero che la revoca veniva contrastata da un canto opponendosi alla revoca del beneficio in relazione alla sentenza di cui al n. 1 del casellario, e dall’altro invocando l’applicazione della continuazione fra le sentenze n. 3 e 4 del casellario, e comunque opponendosi alla revoca del beneficio di cui alla sentenza n. 3. 2. Con la seconda doglianza si lamenta l’erronea applicazione della causa di revoca di diritto prevista dall’art. 168 c.p., comma 1, n. 1. Afferma il ricorrente che nella richiesta di revoca del beneficio il Pubblico ministero aveva indicato quale fattore revocante - ai sensi dell’art. 168 c.p., n. 1 - l’intervenuta sentenza n. 577/17 del 20/10/2017 del GUP del Tribunale di Padova, relativa a fatti commessi il OMISSIS , quindi oltre 10 anni dopo i fatti commessi il OMISSIS definiti con la sentenza del Tribunale di Savona del 22/5/2008 n. 1 del casellario . Ne conseguirebbe che l’ordinanza impugnata avrebbe disposto la revoca della sospensione condizionale concessa in quest’ultima sentenza in violazione dell’art. 168 c.p In punto di diritto, deve preliminarmente rilevarsi che ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, il termine quinquennale o biennale previsto dall’art. 163 c.p., comma 1, anche nel caso previsto dall’art. 168 c.p., comma 1, va computato a partire dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio Sez. 4, n. 23192 del 10/05/2016, Seraglia, Rv. 267095 n. 45716 dell’11/11/2008, Rv. 242036, in motivazione Sez. 1, n. 605 del 03/12/2004 - dep. 2005, Rv. 230542 . Pertanto, giuridicamente corretta è la constatazione del giudice dell’esecuzione per cui il beneficio di cui alla sentenza sub 1 è revocato dalla commissione di un delitto nei 5 anni dall’irrevocabilità, così come quello della sentenza sub 3, in quanto le cause di revoca de iure operano avendo come punti di riferimento, da un capo, l’irrevocabilità della sentenza che ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, dall’altro la commissione di un nuovo delitto nel quinquennio dalla data di definitività di quella sentenza. In applicazione di tale regola, e considerando che trattasi di revoca di diritto, si specifica che la sentenza n. 577/17 del 20/10/2017 del GUP del Tribunale di Padova riguarda fatti commessi il OMISSIS , dunque entro 5 anni dalla data di irrevocabilità della sentenza del 6/2/2015 del Tribunale di Savona, definitiva il 6/5/2015. A sua volta, il reato giudicato con sentenza dell’1/3/2016 del Tribunale di Savona, riguardante una ricettazione accertata il 20/1/2013, costituisce il fattore revocante del beneficio conseguito dal M. con la sentenza del 22/5/2008 del Tribunale di Savona, definitiva il 2/7/2008, situandosi quel reato nel quinquennio dalla irrevocabilità di quest’ultima sentenza. 3. L’ultimo motivo di ricorso è inammissibile per genericità. Invero, la motivazione con la quale è stato negato il riconoscimento della continuazione in executivis si impernia sull’eccessiva frattura temporale tra le accertate violazioni. La critica che le si rivolge nel ricorso è basata su fattori di nessun rilievo giuridico in materia, quali la situazione familiare del M. nel periodo di riferimento e il suo stato di disoccupazione, nonché si ripropone il criterio della distanza cronologica tra i reati a conferma della meritevolezza del riconoscimento della continuazione. In sostanza, il ricorrente non offre adeguati elementi di conforto alla tesi della sussistenza dell’unicità del disegno criminoso, con particolare riguardo all’elemento psicologico della preventiva deliberazione unitaria dei reati, sia pure di massima. Si rammenta, infatti, che l’onere di allegazione delle circostanze costitutive dell’invocata continuazione incombe sull’interessato, il quale deve quanto meno prospettare gli specifici elementi da cui desumere che i reati erano parti di un unico progetto originario, il che costituisce il proprium dell’istituto di cui all’art. 81 c.p Nel caso specifico, gli elementi valorizzati dalla difesa conducono all’opposto risultato di ravvisare nella ripetizione dei piccoli furti senza soluzione di continuità un sistema di vita improntato al ricorso estemporaneo al delitto come forma di sostentamento, anziché un reato unitario ispirato da una ben individuata progettazione. Deve escludersi che una tale programmazione possa essere desunta sulla base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui sono maturati, ovvero ancora della spinta a delinquere, tanto più se genericamente economica, non potendo confondersi il fine specifico, cioè il movente/scopo che individua una programmazione e deliberazione unitaria, con la tendenza stabilmente operante in un soggetto a risolvere i propri problemi esistenziali commettendo reati. 4. In conclusione il ricorso deve essere respinto, con le conseguenze di legge in ordine all’imputazione delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.