Rilevanza penale dell’uso di una patente “apparentemente” emessa all’estero

Ai fini dell’integrazione del reato di uso di atto falso art. 489 c.p. è necessario che l’agente non abbia concorso nella falsità o che non si tratti di concorso non punibile.

Così si è espressa la Suprema Corte con la sentenza n. 38081/19, depositata il 13 settembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Milano confermava la decisione di prime cure che aveva condannato l’imputato per il reato di falsità materiale per aver fornito una patente di guida apparentemente emessa dalle autorità serbe, apponendovi la propria fotografia e generalità. L’imputato ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di legittimità dolendosi, con un unico motivo di ricorso, del fatto che i giudici di merito abbiano ritenuto che la falsificazione sia avvenuta in Italia in assenza di alcun riscontro, tenuto conto che trattasi di cittadino di nazionalità serva in possesso di patente apparentemente rilasciata da autorità di quel Paese . Sussistenza del reato. Ripercorrendo la vicenda, la Corte ritiene fondato il ricorso. Ed infatti la pronuncia impugnata si rivela priva di adeguata motivazione in riferimento alle circostanze di fatto che hanno condotto i giudici di merito ad affermare che il ricorrente avesse falsificato la patente. Se infatti è logico ipotizzare che la persona effigiata nella fotografia apposta sul documento sia il beneficiario della falsificazione e che a lui possa conseguentemente farsi risalire la falsificazione stessa o l’invito all’alterazione , non può essere dedotta da tale premessa alcuna certezza probatoria circa la penale responsabilità del soggetto in assenza di adeguata cognizione giudiziale. Il comportamento di contraffazione deve dunque risultare acclarato con modalità giudiziali tranquillizzanti . Ricorda inoltre il collegio che, ai fini dell’integrazione del reato di uso di atto falso art. 489 c.p. è necessario che l’agente non abbia concorso nella falsità o che non si tratti di concorso non punibile. Il reato in parola si realizza infatti con l’uso che subentra ad una già perfezionata ed esaurita condotta falsificatrice, quale momento essenziale che presuppone l’azione di alterazione proveniente da una diversa persona. Inoltre, laddove la falsificazione documentale sia avvenuta all’estero, la contraffazione deve ritenersi ivi realizzata, mentre il successivo uso del documento è post factum indifferente al perfezionamento della fattispecie che potrà invece rilevare ai sensi dell’art. 489 c.p In conclusione, la motivazione fornita dalla sentenza impugnata si rivela dunque insufficiente con conseguente accoglimento del ricorso e annullamento della pronuncia con rinvio alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 aprile – 13 settembre 2019, n. 38081 Presidente Sabeone – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23 febbraio 2018 la Corte di Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale di Monza che aveva riconosciuto S.J. colpevole del reato di falsità materiale per avere formato una patente di guida apparentemente emessa dalle autorità serbe apponendovi la propria fotografia e le proprie generalità, condannandolo alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con la sospensione condizionale. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, con il ministero del difensore, il quale ne ha chiesto l’annullamento svolgendo un solo motivo con cui deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione con riferimento all’art. 125 c.p.p., e artt. 477 e 482 c.p., poiché la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che la falsificazione sia avvenuta in Italia, in assenza di alcun riscontro fattuale e logico, tenuto conto che trattasi di cittadino di nazionalità serba in possesso di patente apparentemente rilasciata da autorità di quel Paese. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al giudice di merito competente. 2. Come premesso, il ricorrente, fermato dalla polizia locale per un controllo in relazione all’autovettura da lui condotta, avente targa francese, esibiva una patente risultata interamente contraffatta all’esito dell’immediato controllo presso l’Ufficio falsi documentali della Polizia. La Corte di Appello di Milano replicando al motivo di appello dell’imputato, lo ha condannato per il contestato reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p., per la contraffazione del documento, ritenendo che essa era potuta avvenire in Italia considerando che il ricorrente era stato identificato sulla base dei rilievi dattiloscopici, donde la deduzione della sua non occasionale presenza sul territorio italiano. In questo giudizio, il ricorrente deduce, invece, che non vi è prova del concorso dell’imputato nella falsificazione, poiché non è stato dimostrato il suo radicamento sul territorio italiano, sicché la patente potrebbe essere stata formata all’estero, residuando a suo carico il solo reato di cui all’art. 489 c.p 3. La valutazione della Corte di appello - pur fondata astrattamente su consolidati principi di diritto affermati da questa Corte di legittimità in ordine al rapporto tra le fattispecie di cui agli artt. 477 – 482, da un lato e all’art. 489 c.p., dall’altro - non è tuttavia supportata da adeguata motivazione in ordine alle circostanze di fatto che hanno condotto i giudici di merito ad affermare che il ricorrente fosse autore, o concorrente nel reato, della falsificazione della patente, ciò desumendo, in modo solo presuntivo, come correttamente annotato dal difensore del ricorrente, dalla circostanza che lo S. fosse stato già in precedenza segnalato come presente sul territorio italiano. Pur se è logico ipotizzare che la persona effigiata nella fotografia apposta sul documento sia il beneficiario della falsificazione e che a lui possa conseguentemente farsi risalire la falsificazione stessa o l’invito all’alterazione, l’assunto non consente, tuttavia, alcuna certezza probatoria nè può condurre alla affermazione di penale responsabilità in assenza di una cognizione giudiziale del comportamento, anche concorsuale, quale discendente da un accertamento giudiziale avente il crisma della serietà. Pertanto, si impone che il comportamento di contraffazione risulti acclarato con modalità giudiziali tranquillizzanti, che, come premesso, non possono essere ricondotte, come ha fatto la Corte di Appello, alla mera circostanza che il ricorrente fosse transitato in altra occasione su territorio italiano, trattandosi di cittadino di nazionalità serba, alla quale era apparentemente riconducibile anche la patente da lui esibita. La motivazione esposta dalla Corte di merito è dunque inidonea a fondare l’affermazione secondo cui il ricorrente sarebbe l’autore della falsificazione e che questa sia avvenuta in Italia, sicché si impone il rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano affinché illustri le ragioni per le quali si è ritenuto integrato, da parte del ricorrente, in ragione della condotta descritta in atti, il reato di contraffazione, e, in ipotesi, se residui a suo carico il diverso delitto di cui all’art. 489 c.p., atteso che l’unica illegalità sicuramente commessa in Italia è, appunto, l’uso della patente falsa, secondo le coordinate ermeneutiche delineate dalla giurisprudenza di questa Corte. 4. Invero, è stato affermato che, ai fini dell’integrazione del reato di uso di atto falso art. 489 c.p. , è necessario che l’agente non abbia concorso nella falsità o che non si tratti di concorso punibile Sez. 5 n. 40650 del 08/11/2006, Rv. 236306 Sez. 5 n. 42907 del 08/072014, Rv. 260680 Sez. 5 n. 41666 del 17/07/2014, Rv. 26211 ne deriva che sussiste il reato in questione quando la falsità non è punibile perché commessa all’estero, in difetto della condizione di procedibilità rappresentata dalla richiesta del Ministro della Giustizia ex art. 10 c.p. e l’agente abbia fatto uso dell’atto falso nello Stato Sez. 5 n. 43341 del 18/10/2005, Rv. 233080 . Secondo orientamento condiviso dalla giurisprudenza e dalla dottrina l’azione di alterazione /contraffazione penalmente rilevante ai sensi degli artt. 476, 477 e 478 c.p., conosce una consumazione istantanea e un immediato perfezionamento. L’eventuale utilizzo - ancorché normalmente rappresenti il fine perseguito dall’autore - non è che un posterius penalmente indifferente, e, pertanto, la condotta falsificatrice, penalmente più grave, assorbe in sé l’uso del documento falsificato. Diversamente, l’art. 489 c.p., si consuma nell’uso che subentra a una già perfezionata ed esaurita condotta falsificatrice, ma che, quale momento essenziale, presuppone che l’azione alternatrice provenga da persona diversa dal falsificatore. Il soggetto attivo di tale fattispecie non può, cioè, identificarsi nell’autore materiale nè nel suo concorrente morale, poiché, se quest’ultimo faccia uso dell’atto falso, risponderà necessariamente del reato di cui agli artt. 476, 477 e 478, e non di quello descritto nell’art. 489 c.p. Sez. 5 n. 43341 del 18/10/2005, Rv. 233080 . Le condotte di falsificazione contraffazione o alterazione e di uso di uso dei documenti falsificati sono considerate in realtà dal legislatore come manifestazioni di un’unica progressione criminosa, punibile a unico titolo di reato. Sicché, se è vero che l’ulteriore sviluppo dell’azione criminosa, nel caso di immissione in circolazione dei falsi da parte dello stesso autore della falsificazione, è penalmente irrilevante, tuttavia, ciò vale solo quando la falsificazione risulti punibile Sez. 5 n. 7940 del 14/02/2007, Rv. 235701 . In linea con tali argomenti, deve ritenersi che se la falsificazione documentale ebbe luogo all’estero, la contraffazione deve considerarsi definitivamente ivi realizzata, e di essa risponderà il suo autore e l’eventuale concorrente, mentre l’uso successivo del documento è post factum indifferente al perfezionamento della fattispecie, che, tuttavia, potrà integrare il delitto di cui all’art. 489 c.p., o perché l’agente non abbia concorso nell’editio falsi o quando, per tale fatto, non sia punibile, come, appunto, nel caso di falso commesso all’estero per cui non sia intervenuta la richiesta ex art. 10 c.p., e l’agente ne abbia fatto uso nello Stato. 5. Giova altresì ricordare che non sussiste difetto di correlazione tra la sentenza e l’accusa contestata nel caso in cui l’imputato al quale sia tata originariamente mossa l’accusa di falsificazione materiale del documento venga, invece, condannato per l’uso dell’atto falso, poiché l’art. 489 c.p., prevede una condotta, quella di uso, che delle condotte di falsificazione costituisce una progressione criminosa, essendo punibile autonomamente, per quanto si è detto, solo se commessa da chi non abbia partecipato alla falsificazione o comunque perché la falsificazione non sia punibile, ciò in quanto l’uso rimane comunque contestato in fatto, quale elemento concreto della vicenda criminosa Sez. 5, n. 41666 del 16/0/2014 sez. 5 n. 4681/2017, non massimata . 6. Alla luce del delineato perimetro ermeneutico, nel caso in scrutinio, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano che chiarirà le ragioni per le quali ritiene integrato, da parte del ricorrente, il reato di contraffazione, e perché affermi che detta contraffazione sia avvenuta in territorio italiano. Spiegherà, altresì, se, in ipotesi, residui a carico del ricorrente, il diverso delitto di cui all’art. 489 c.p., sicuramente commesso in Italia. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano.