Va subito eccepito il vizio di notifica dell’udienza camerale per il riesame della misura cautelare

I vizi di notifica attinenti a generici avvisi non possono essere assimilati al caso dell’omessa citazione dell’imputato, che avrebbe condotto ad una nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell’art. 179 c.p.p Si tratta solo di nullità a regime intermedio ex art. 178, comma 1, lett. c , c.p.p

Così la Cassazione, seconda sez. penale, n. 37614/2019, depositata. l’11 settembre. L’errore di notifica. Gli uffici giudiziari avevano notificato all’avvocato in proprio – e non nella qualifica di domiciliatario del sottoposto a misura - l’avviso ai sensi dell’art. 324, comma 6, c.p.p. di fissazione dell’udienza camerale per il riesame del provvedimento di convalida di un sequestro probatorio di armi e munizioni. L’errore è certamente rubricato quale nullità, incerta è la natura del vizio che ha afflitto l’udienza di riesame e la possibilità del sottoposto a misura di parteciparvi. Il difensore di questi – pur non avendo declamato il vizio nell’udienza camerale e quindi nella prima occasione successiva utile – rileva per la prima volta il vizio presso i giudici di legittimità, chiedendo la caducazione della misura e di ogni relato effetto ai sensi dell’art. 185 c.p.p. La Cassazione propende per la soluzione meno rigorista si tratta solo di una nullità di regime intermedio ed il difensore era restato colpevolmente al tempo inerte. Avrebbe dovuto eccepire la nullità in udienza. La soluzione rigettata si tratta di nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell’art. 179 c.p.p Parte della giurisprudenza ha rubricato il vizio in esame quale nullità assoluta, insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. L’omessa notifica non potrebbe nemmeno essere sostituita da un atto dagli effetti equipollenti quale, ad esempio – in caso di misure cautelari personali – la notifica dell’atto di traduzione del sottoposto a misura sottoscritto dal Presidente dal Tribunale. La soluzione accolta l’omesso avviso dell’udienza camerale ex art. 324 c.p.p. non può equivalere ad omessa citazione dell’imputato ex art. 179 c.p.p Altra giurisprudenza deduce che l’udienza camerale per il riesame della misura cautelare reale ex art. 324 cit. non può in alcun modo essere assimilata – ad esempio - all’udienza preliminare il cui vizio di notifica della citazione risulta certamente insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del processo ai sensi dell’art. 179 c.p.p. L’udienza preliminare assolve l’importante funzione di rendere edotto il sottoposto dell’accusa a suo carico e costituisce anche uno snodo processuale per eventuali richieste di prova o di riti alternativi. Quanto vale per l’udienza preliminare non può essere esteso in altri casi, anche per l’operare dei principi di tassatività delle nullità ex art. 177 c.p.p Dunque si tratta solo di nullità di ordine generale a regime intermedio ex art. 178 c.p.p. L’udienza camerale per il riesame della misura cautelare ex art. 324 c.p.p., invece, accede ad una tempistica e ad un sequela procedimentale più celeri e meno garantiti, per cui non s’avrebbe ragione di dover tutelare in pari modo il sottoposto a misura erroneamente raggiunto da notifica va dunque esclusa una lettura estensiva dell’art. 179 c.p.p. Sussistono anche conforti sistematici. Ad esempio le discipline dettate dagli artt. 148, comma 5, e 151, comma 3, c.p.p., assimilano a notifica gli avvisi dati dal Giudice e dal Pubblico Ministero agli interessati in udienza purché regolarmente trascritti nei verbali. Si tratta di previsioni che ammettono una minore formalità - solo per i generici avvisi - delle procedure di notifica.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 luglio – 11 settembre 2019, n. 37614 Presidente Rago – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 24/04/2019, il Tribunale di Grosseto respingeva la richiesta di riesame del provvedimento di sequestro presentata nell’interesse di S.C. in data 15/04/2019 e riguardante i decreti di convalida di sequestro probatorio emessi in data 04/04/2019 dal Procuratore della Repubblica di Grosseto con riferimento ai verbali di sequestro della polizia giudiziaria in data omissis sequestri aventi ad oggetto armi e munizioni in relazione a violazioni di diverse disposizioni in materia di armi nonché timbri ufficiali, documenti di identità e passaporti in relazione a contestazioni di falso e di ricettazione. 2. Avverso detta ordinanza, nell’interesse di S.C. , viene proposto ricorso per cassazione per chiederne l’annullamento. Lamenta il ricorrente - violazione di legge per errata applicazione del combinato disposto dell’art. 309 c.p.p., comma 8 e art. 324 c.p.p. omessa notifica all’indagato dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale nullità radicale dell’ordinanza perdita di efficacia dei decreti di sequestro primo motivo - violazione di legge per errata applicazione dell’art. 253 c.p.p. mancanza di motivazione difetto assoluto, carenza ed illogicità manifesta della motivazione motivazione apparente nullità dei decreti di convalida per omessa motivazione secondo motivo . 2.1. In relazione al primo motivo, si eccepisce la mancata notifica all’indagato dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale, atteso che la notifica, effettuata a mezzo pec, è stata fatta a favore del difensore, solo in proprio e non come domiciliatario del suo assistito, come confermato dal biglietto di cancelleria e dalla ricevuta telematica generata dal sistema. 2.2. In relazione al secondo motivo, si evidenzia come nei due decreti di convalida dei sequestri, risulti la sola apposizione del timbro di visto del pubblico ministero in calce ai relativi verbali, il tutto in violazione degli insegnamenti della Suprema Corte Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018 che ha ritenuto la necessità di una specifica motivazione sulla finalità perseguita sull’accertamento dei fatti. Nei provvedimenti in parola, non si rinviene 1 la fattispecie concreta individuata attraverso gli indici di luogo, tempo e azione, con l’indicazione della norma di legge violata 2 le ragioni che permettono di identificare il bene come corpo di reato o cosa pertinente al reato 3 la concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo reale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Con riferimento al primo motivo, va evidenziato come effettivamente risulti dagli atti biglietto di cancelleria e ricevuta telematica generata dal sistema che la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza telematica sia stata spedita al difensore avv. Simone Costanzo in proprio e non anche nella sua qualità di domiciliatario dell’indagato assistito. 2.1. Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, in tema di notificazione al difensore mediante invio dell’atto tramite posta elettronica certificata c.d. pec , l’invio di un’unica copia dell’atto da notificare non dà luogo ad alcuna irregolarità, qualora risulti che l’atto viene consegnato al difensore sia in proprio, sia nella qualità di domiciliatario dell’interessato cfr., Sez. 1, n. 12309 del 29/01/2018, Viggiani, Rv. 272313 nello stesso senso, Sez. 2, n. 8887 del 17/01/2019, Sabattini, n. m. Sez. 3, n. 43626 del 21/06/2018, Duraj, n. m. Sez. 4 n. 48275 del 26/09/2017, Ajouli ed altro, n. m. . L’incompletezza della notifica rende necessario l’esame della natura della nullità che ha afflitto l’udienza di riesame, considerato che, ove la stessa fosse qualificata come assoluta ed insanabile, potrebbe ritenersi validamente dedotta, mentre, se reputata come nullità di ordine generale a regime intermedio la stessa sarebbe sanata, in quanto non tempestivamente dedotta, dal momento che il vizio non è stato rilevato in sede di udienza avanti al Tribunale del riesame 23/04/2019 da parte dei difensori presenti avv.ti Simone Costanzo e Marta Isaura Floris ma eccepito solo con il presente ricorso per cassazione. La giurisprudenza di questa Suprema Corte, con riferimento alla natura del vizio collegato alla mancanza dell’avviso per l’indagato della data della udienza di riesame ed al tipo di nullità che da esso origina, registra posizioni discordanti. 2.1.1. Secondo un primo orientamento, infatti, si è affermato che l’omesso avviso della data fissata per l’udienza di riesame, costituendo palese violazione del diritto dell’indagato di partecipazione al procedimento, è sanzionato con la nullità assoluta, insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, prevista dall’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c e art. 179 c.p.p., comma 1, per il caso di omessa citazione dell’imputato. Tale nullità non determina, tuttavia, la perdita di efficacia della misura cautelare, che ha luogo nella sola ipotesi di decisione non intervenuta nel termine perentorio di dieci giorni dalla ricezione degli atti da parte del giudice del riesame Sez. 1, n. 2020 del 28/03/1996, Di Giovanni, Rv. 204536 fattispecie relativa a riesame di misura cautelare reale . In senso analogo si è affermato che nel procedimento di riesame delle misure cautelari personali l’omessa notificazione dell’avviso della data d’udienza camerale determina una nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell’art. 179 c.p.p., comma 1, non potendo tale omissione ritenersi sanata da una notifica per equipollente, costituita, nel caso in esame, dal provvedimento di traduzione disposto dal Presidente del Tribunale, in considerazione dello stato di detenzione dell’indagato Sez. 2, n. 47841 del 05/11/2003, D’Ascia, Rv. 227737 fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che dalla tassatività delle forme di conoscenza dell’inizio del procedimento discende l’effettività legale del diritto dell’interessato a disporre del tempo per preparare la difesa, del correlato termine minimo di comparizione e della effettività legale dei termini per impugnare il provvedimento che priva o limita la libertà personale dell’indagato . 2.1.2. Secondo altro orientamento, invece, nel caso di riesame di un provvedimento che dispone una misura cautelare personale, l’omesso avviso all’indagato della data fissata per l’udienza in camera di consiglio è causa di una nullità che, in quanto non definita assoluta dall’art. 127 c.p.p., comma 5, e non attinente ad un’potesi in cui è obbligatoria la presenza del difensore, soggiace alla disciplina di cui agli artt. 180, 181 e 182 c.p.p. ne consegue che la omessa eccezione da parte del difensore della detta nullità di fronte al tribunale del riesame, produce la non deducibilità dell’eccezione stessa innanzi alla Cassazione cfr., Sez. 2, n. 3694 del 15/12/2015, dep. 2016, Spinella, Rv. 265785 Sez. 1, n. 1930 del 30/04/1993, Rapisarda, Rv. 194249 . 2.2. Fermo quanto precede, ritiene il Collegio di dover aderire alla tesi secondo la quale l’omesso avviso della udienza di riesame all’indagato integri un’ipotesi di nullità di ordine generale a regime intermedio e non una nullità assoluta ex art. 179 c.p.p. cfr., Sez. 2, n. 16781 del 08/04/2015, Ragaglia, Rv. 263762 . Si rileva in questa pronuncia come il regime delle nullità delineato dal codice vigente, si sia fortemente ispirato ai criteri introdotti per la prima volta nel nostro sistema processuale dalla L. 8 agosto 1977, n. 534, la quale, al fine di razionalizzare l’assetto della deducibilità e rilevabilità delle nullità, in stretta aderenza al differenziato livello di gravità dei vizi degli atti processuali, aveva inserito -- novellando, con l’art. 6, l’art. 185 codice abrogato - accanto alle tradizionali figure delle nullità relative ed assolute, una categoria residuale di nullità, variamente definite come a regime intermedio , o assolute affievolite , o relativamente assolute . Quanto precede nell’ovvio intendimento di precludere il malvezzo di dedurre nullità con portata demolitoria dell’intero processo, soltanto al suo epilogo, generando effetti di regressione del processo, con intuibili riverberi sul piano della dispersione della attività processuale e rischi di prescrizione. Dunque, nel disegno del legislatore - rimasto per questo aspetto inalterato anche nel nuovo codice - la categoria delle nullità assolute doveva restare confinata ai vizi più radicali , vale a dire quelli in presenza dei quali era lo stesso fondamento del processo a risultare minato e, come tale, da rimuovere comunque, anche ex officio, ed a prescindere da qualsiasi meccanismo di sanatoria o acquiescenza. La rassegna dei vizi che inducono la nullità assoluta è, d’altra parte, eloquente nei suoi tratti definitori. A norma dell’art. 179, infatti, sono insanabili e sono e, dunque, devono, essere rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento locuzione, questa, che evoca il carattere perdurante del vizio e come tale idoneo a compromettere la validità di qualsiasi ulteriore attività processuale le sole nullità previste dall’art. 178, comma 1, lett. a - vale a dire le nullità che derivano dal mancato rispetto delle disposizioni concernenti le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario - quelle che derivano dalla inosservanza delle disposizioni concernenti la iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio della azione penale, ed infine quelle derivanti dalla omessa citazione dell’imputato o dalla assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza. Tutte le altre nullità, riguardanti l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato rientrano nelle nullità di ordine generale, a norma dell’art. 178, comma 1, lett. c , per le quali si applica il regime delineato dall’art. 180, la disciplina delle deducibilità di cui all’art. 182 e la sanatoria di cui all’art. 184. Il regime della tassatività che delimita la materia delle nullità, a norma dell’art. 177 codice di rito, parrebbe quindi, già a tutta prima, precludere letture ampliative del concetto di citazione dell’imputato che valgano ad attrarre nell’alveo della nullità assoluta anche la ben diversa ipotesi dell’omesso avviso della udienza di riesame, giacché, più che di interpretazione estensiva, si tratterebbe, nella specie, di una applicazione analogica dell’art. 179 c.p.p. che la già segnalata tassatività ed eccezionalità del regime delle nullità assolute sembrerebbe precludere . E, la stessa pronuncia, dopo aver affermato che risulta indubbio che l’eventuale comparizione dell’indagato alla udienza di riesame anche in assenza del relativo avviso renderebbe applicabile il regime della sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p., finisce con l’evidenziare come detto rilievo sarebbe di per sé sufficiente a rendere la relativa posizione diversa da quella dell’indagato che non abbia ricevuto la citazione, giacché in tal caso nessuna sanatoria sarebbe applicabile l’art. 184 si applica, infatti, nel caso di nullità e non di mancanza della citazione , evocando a tal fine l’insegnamento delle Sezioni Unite sent. n. 119 del 27/10/2004, Palumbo secondo cui è bene muovere dalla lettera dell’art. 179 c.p.p., comma 1 e art. 184 c.p.p., comma 1, relativi il primo ai casi di nullità insanabile della citazione e il secondo alle sanatorie. Secondo l’art. 179, comma 1, sono insanabili le nullità derivanti dalla omessa citazione dell’imputato , mentre l’art. 184, comma 1, stabilisce che la nullità di una citazione o di un avviso ovvero delle relative comunicazioni e notificazioni è sanata se la parte interessata è comparsa o ha rinunciato a comparire . Vi è un’apparente contraddizione tra le due disposizioni una infatti stabilisce l’insanabilità della nullità e la seconda, che segue numericamente con un brevissimo intervallo, prevede una sanatoria, ma la contraddizione viene meno se si considera che la prima disposizione si riferisce solo alle nullità derivanti dalla omessa citazione e la seconda alle nullità in generale, sicché è possibile interpretare le due disposizioni nel senso che la prima prevede delle nullità insanabili anche nel caso di comparizione o di rinuncia a comparire, mentre la seconda introduce una sanatoria per tutte le altre nullità della citazione o della notificazione, cioè per le nullità ravvisabili in tutti i casi in cui la citazione non è stata omessa . 2.3. A rafforzare siffatte conclusioni si pone il confronto degli effetti dell’omissione in parola in altri snodi processuali, quale l’udienza preliminare. A tal fine si ricorda come in questo caso l’avviso debba essere notificato all’imputato unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero la quale racchiude l’imputazione art. 417 c.p.p. ed indica i mezzi di prova esso rappresenta dunque l’aspetto sostanziale e contenutistico di una citazione, essendo finalizzato a consentire la partecipazione della parte personalmente all’udienza con la possibilità di esplicare la propria difesa, anche nella forma diretta, in ordine agli addebiti a suo carico formulati la necessità della suddetta contestuale notifica, fornisce spiegazione della circostanza che tra i requisiti essenziali dell’avviso non compaia, come per il decreto che dispone il giudizio art. 429 c.p.p. , l’enunciazione del fatto e segnala sul punto l’effettiva equivalenza dei due atti il ragionamento vale anche per l’ulteriore requisito, pur non essenziale, della indicazione dei mezzi di prova. Ne consegue che, se le accennate caratteristiche della vocatio alla udienza preliminare, con i connessi importanti poteri processuali riservati alle scelte dell’imputato, paiono indubbiamente comportare l’applicazione del concetto della citazione dell’imputato agli effetti di quanto stabilito dall’art. 179 c.p.p., altrettanto non sembra potersi affermare con riferimento all’avviso della udienza di riesame, mancando, per essa, i connotati che paiono tipizzare nel sistema il concetto stesso di citazione atto che evoca una chiamata in causa che ha struttura e funzioni diverse dal semplice avviso, che può caratterizzare le diverse articolazioni di udienze. D’altra parte, non pare neppure senza significato la circostanza che il procedimento di riesame promani da una richiesta dell’indagato, il quale è ben consapevole delle cadenze assai accelerate del procedimento e che rendono, a parere di questo Collegio, l’avviso della udienza di riesame non comparabile con la funzione della citazione, e che, per ciò stesso, non possono determinare - ove l’avviso sia in concreto mancato - l’insorgenza del più radicale ed insanabile fra i vizi degli atti processuali. Per altro verso, vale infine la pena segnalare come soltanto per gli avvisi - e non certo per la citazione - sia previsto, come ordinaria forma di notificazione, l’istituto dell’avviso de praesenti a norma dell’art. 148 c.p.p., comma 5 e, per il pubblico ministero, dell’art. 151 c.p.p., comma 3 a denotare, ancora una volta, la non comparabilità fra gli istituti e la conseguente inapplicabilità, al caso di specie, dell’ipotesi di nullità assoluta per omessa citazione dell’imputato. Da qui l’infondatezza del primo motivo di ricorso. 3. Medesime conclusioni si devono trarre con riferimento al secondo motivo. 3.1. A tal fine, evidenzia il Collegio come, secondo l’ormai definito orientamento della giurisprudenza di legittimità Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli e altri, Rv. 273548 , il decreto di sequestro probatorio, così come il decreto di convalida, anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti, dovendosi tener presente al riguardo l’insegnamento del Supremo consesso che ha espressamente affermato che solo valorizzando l’onere motivazionale è possibile tenere sotto controllo l’intervento penale quanto al rapporto con le libertà fondamentali ed i beni costituzionalmente protetti quali la proprietà e la libera iniziativa economica privata, riconosciuti dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 Primo protocollo addizionale alla Convenzione Edu, come interpretato dalla Corte Edu in tale ottica, la motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all’accertamento penale diventa, allora, requisito indispensabile affinché il decreto di sequestro, per sua vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga appunto nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità . 3.2. La medesima giurisprudenza, nell’immediato solco delle Sezioni Unite, ha riconosciuto come l’onere motivazionale del decreto di sequestro probatorio del pubblico ministero ovvero della convalida del sequestro effettuato dalla polizia giudiziaria possa essere assolto anche tramite l’utilizzo di un modulo prestampato, ma detto modulo deve risultare in ogni caso, in concreto, idoneo ad esprimere le ragioni essenziali e le finalità dell’apposizione del vincolo reale come richiesto dall’art. 253 c.p.p. Sez. 3, n. 7160 del 07/11/2018, dep. 2019, Dalton, Rv. 275007, in fattispecie relativa ad un decreto di sequestro disposto utilizzando un modulo prestampato e a caselle , da cui era evincibile tanto l’ipotesi di reato per la quale si procedeva, quanto l’oggetto del sequestro nonché le specifiche finalità probatorie dello stesso di tal che, nel medesimo senso, si è affermato Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, Macis, Rv. 274781 che l’obbligo motivazionale che deve sorreggere, a pena di nullità, il decreto di sequestro probatorio deve necessariamente chiarire a la ragione per cui i beni possono considerarsi corpo del reato ovvero cose ad esso pertinenti b la concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo reale, con motivazione che deve modularsi in relazione al fatto di reato ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato nonché alla natura del bene che si intende sequestrare. 3.3. Fermo quanto precede, a parere del Collegio, nella fattispecie, l’obbligo motivazionale richiesto - indicati i reati in contestazione - risulta essere stato sufficientemente assolto, avendo il pubblico ministero fatto riferimento all’esigenza di svolgere attività di approfondimento investigativo finalizzata ad accertare origine e provenienza di quanto in sequestro. 4. Alla pronuncia consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.