«Sono un ragazzo di Cicciotto...»: basta la presentazione per rendere più grave l’estorsione

Confermata la condanna per un uomo che ha provato a taglieggiare un imprenditore. Riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso, poiché la frase di presentazione ha fatto riferimento alla persona di un noto capoclan camorristico.

Sono un ragazzo di Cicciotto . Basta questa frase per rendere più grave, e caratterizzato dal metodo mafioso, il tentativo di obbligare un imprenditore a pagare il pizzo. Decisiva la constatazione che ‘Cicciotto’ è il nominativo con cui viene identificato abitualmente il noto capo di un clan camorristico Cassazione, sentenza n. 37570/19, sez. II Penale, depositata oggi . Frase. Scenario della vicenda è la provincia di Napoli. Lì un uomo prova ad estorcere soldi ad un imprenditore. Ad accompagnare la sua richiesta – imperativa – di denaro anche una frase sibillina Sono un ragazzo di Cicciotto . Chi è questo ‘Cicciotto’? Molto semplicemente è, spiegano i Giudici, il nominativo con cui viene identificato il noto capoclan Francesco Bidognetti . Chiaro, quindi, l’obiettivo dell’uomo sotto processo di dare più forza alla propria pretesa estorsiva. Ricostruito l’episodio, conclusosi con l’arresto dell’uomo che ha provato a ‘taglieggiare’ l’imprenditore, scatta per lui l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso . Per i Giudici, prima in Tribunale e poi in Appello, gli elementi probatori a disposizione sono sufficienti per una condanna. Portavoce. Identica posizione assume ora anche la Cassazione. Inutile il ricorso proposto dall’avvocato dell’uomo sotto processo. Il legale ha sostenuto nel contesto del ‘Palazzaccio’ che il suo cliente non ha posto in essere una condotta oggettivamente idonea ad esercitare sulla vittima una particolare coazione psicologica, non essendo il riferimento ai ragazzi di Cicciotto” idoneo a creare situazioni di panico, ansia o paura nella persona offesa . Questa visione alternativa non convince affatto i magistrati, i quali ritengono invece corretta la valutazione compiuta in Appello, laddove si è osservato che l’imputato aveva operato accreditandosi quale portavoce di un famigerato gruppo organizzato, nonché affermando di avere ricevuto mandato da ‘Cicciotto è mezzanotte’, personaggio ben individuato ed effettivamente esponente dei locali gruppi camorristici, e facendo inoltre riferimento ad allusioni e schemi operativi riconducibili a notorie modalità mafiose . In sostanza, la condotta in esame era stata effettuata secondo canoni propri delle consorterie mafiose, spedendo – fondatamente, peraltro – il nome del sodalizio della cui connotazione criminosa la vittima si mostra a conoscenza, acquisendo poi contezza anche dello spessore del personaggio indicato come mandante , cioè il capoclan Cicciotto. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che in questo caso la condotta mafiosa, oltre ad essere obiettivamente idonea a coartare la volontà del soggetto passivo, sia espressione di capacità persuasiva in ragione del vincolo dell’associazione mafiosa, e sia pertanto idonea a determinare una condizione d’assoggettamento e di omertà . Ciò perché si è appurato che l’uomo sotto processo ha posto in essere ripetuti atti di intimidazione, presentandosi quale ragazzo di Cicciotto”, e accompagnando tale presentazione con il riferimento a ‘contribuzioni’ da parte degli imprenditori della zona attraverso attività estorsive .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 luglio – 11 settembre 2019, n. 37570 Presidente Rago – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con sentenza del 7 luglio 2016 la Corte d'appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa il 3 febbraio 2016 dal G.I.P. del Tribunale della stessa città, con cui DI FR. MI. è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di tentata estorsione aggravata. Avverso la sentenza d'appello il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi 1 erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 7 L. 203/1991, non essendo stata posta in essere una condotta oggettivamente idonea ad esercitare sulle vittime del reato la particolare coazione psicologica evocata dalla norma menzionata, non essendo il riferimento ai ragazzi di dedotto idoneo a creare situazioni di panico, ansia o paura della persona offesa 2 vizi della motivazione, non essendo state spiegate le ragioni della ritenuta sussistenza del delitto di tentata estorsione. All'odierna udienza pubblica è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all'esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, perché presentato per motivi privi di specificità. Con il primo motivo il ricorrente ha reiterato la stessa doglianza già disattesa dalla Corte territoriale con argomentazioni immuni da vizi. Il Collegio d'appello, infatti, ha affermato che l'imputato aveva operato accreditandosi quale portavoce di un famigerato gruppo organizzato nonché affermando di avere ricevuto mandato da dedotto è mezzanotte , personaggio ben individuato ed effettivamente esponente dei locali gruppi camorristici, e facendo inoltre riferimento ad allusioni e schemi operativi riconducibili a notorie modalità mafiose . Secondo la Corte distrettuale, dunque, la condotta era stata attuata secondo canoni propri delle consorterie mafiose, spendendo - peraltro fondatamente - il nome del sodalizio della cui connotazione criminosa la vittima si mostra a conoscenza, acquisendo poi contezza anche dello spessore del personaggio indicato quale mandante . Così argomentando, la Corte di merito si è uniformata ai principi espressi dal giudice della legittimità, secondo cui, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 7 legge n. 203 del 1991 ora art. 416 bis.1 c.p. , è necessario l'effettivo ricorso, nell'occasione delictuosa contestata, al metodo mafioso, il quale deve essersi concretizzato in un comportamento oggettivamente idoneo ad esercitare sulle vittime del reato la particolare coartazione psicologica evocata dalla norma menzionata cfr., Sez. 6, n. 28017 del 6/5/2011, Rv. 250541 Sez. 2, n. 45321 del 14/10/2015, Rv. 264900 . La medesima giurisprudenza di legittimità riconosce, altresì, che l'aggravante anzidetta ricorre nel delitto di estorsione se in esso si riscontra che la condotta minacciosa, oltre ad essere obiettivamente idonea a coartare la volontà del soggetto passivo, sia espressione di capacità persuasiva in ragione del vincolo dell'associazione mafiosa e sia, pertanto, idonea a determinare una condizione d'assoggettamento e d'omertà Sez. 2, n. 10467 del 10.2.2016, Rv 266654 Sez. 5, n. 28442 del 17/04/2009, Rv. 244333 . Invero, l'elemento caratterizzante dell'art. 7 D.L n. 152/1991 non necessariamente deve essere diverso e più specifico rispetto alla minaccia integrante l'elemento costitutivo del reato di cui all'art. 629 cod. pen., essendo invece rilevante l'indagine volta a verificare se la condotta minacciosa, ascritta all'imputato, oltre ad essere obiettivamente idonea a coartare la volontà del soggetto passivo del reato, sia o meno espressione di capacità persuasiva promanante dall'evocazione della forza del vincolo associativo. Ad integrare tale elemento, non occorre pertanto un quid ulteriore e diverso, essendo sufficiente la verifica che la capacità persuasiva si riconnetta a determinate modalità della stessa condotta o alla qualità dell'agente. 1.2 Anche il secondo motivo è privo di specificità. La Corte distrettuale ha motivato sull'affermazione di responsabilità, richiamando la non contestata ricostruzione della vicenda, operata dal primo giudice, e dando risposta alle deduzioni difensive concernenti esclusivamente l'asserita inidoneità degli atti a configurare il delitto contestato. A tal riguardo il Collegio d'appello ha ritenuto che, contrariamente a quanto dedotto dall'appellante, l'attività estorsiva, posta in essere, fosse idonea a raggiungere il risultato che l'imputato si era prefisso. Quest'ultimo, infatti, aveva posto in essere ripetuti atti di intimidazione, presentandosi quale ragazzo di dedotto , nominativo con cui viene identificato il noto capoclan Bidognetti Francesco, e accompagnando tale presentazione con il rituale riferimento a contribuzioni da parte degli imprenditori della zona attraverso attività estorsive. Al cospetto della motivazione resa dalla Corte d'appello, priva di vizi di manifesta illogicità, come tale, insuscettibile di essere sottoposta al controllo di legittimità, le deduzioni difensive solo apparentemente si prestano a criticare la sentenza di secondo grado, limitandosi, invece, a riproporre le stesse censure sollevate in precedenza e motivatamente disattese, così omettendo di assolvere alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso Sez. 6, n. 20377 dell'11/3/2009, Rv. 243838 . 2. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186 e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa - della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende.