(Il)legittimità della procedibilità d’ufficio del delitto di lesioni stradali

E’ illegittimo il d.lgs. n. 36/2018, nella parte in cui ha escluso la procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis, comma 1, c.p

In tal senso, ha sollevato questione di legittimità costituzionale la V sezione penale del Tribunale di Milano, con ordinanza del 24 maggio 2019. Il caso. Un conducente di un’autovettura veniva tratto a giudizio per il reato di cui all’art. 590- bis , comma 1, c.p., perché, giunto a un incrocio, per colpa consistita nella violazione dell’art. 145 c.d.s., omettendo di dare la precedenza, entrava in collisione con un motoveicolo causando la caduta a terra del passeggero che riportava lesioni gravi, con prognosi di 50 giorni. L’ordinanza del Tribunale. Il giudice monocratico, su richiesta del difensore dell’imputato, cui si associava il P.M., ha sollevato questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 10/4/2018 n. 36, nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590- bis , comma 1, c.p., per contrasto con l’art. 76 Cost La questione. Sul tema avevamo già offerto un commento cfr. Sull’esclusione delle lesioni stradali dai reati procedibili a querela un eccesso di delega in minus? , in il penalista.it del 3/4/2019 , ma il Tribunale di Milano offre l’occasione di tornare sopra a un argomento tanto delicato. Come si ricorderà, il d.lgs. n. 36/2018, recante Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati, ha attuato quella parte della delega contenuta nell’art. 1, commi 16 lett. a e b e 17, l. n. 103/2017. I principi della delega. I principi e criteri direttivi fissati dalla delega prevedevano la trasformazione della procedibilità a querela - c.d. de-procedibilità” - per quei reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a 4 anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui all’art. 610 violenza privata e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale. Erano, inoltre, previste alcune eccezioni - con il conseguente mantenimento della procedibilità d’ufficio - nel caso della ricorrenza di una delle seguenti condizioni 1 la persona offesa sia incapace per età o per infermità 2 ricorrano circostanze aggravanti a effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’art. 339 c.p. 3 nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità. L’intento della riforma. La riforma persegue l’obiettivo di costituire un punto di equilibrio fra due opposte esigenze - da un lato, evitare che si determinino meccanismi repressivi automatici in ordine a fatti che non rivestono particolare gravità - dall'altro, quello di far emergere e valorizzare l'interesse privato alla punizione del colpevole in un ambito di penalità connotato dall'offesa a beni strettamente individuali. Dalla combinazione di queste esigenze si vuole anche perseguire l’ulteriore risultato di non ingolfare il sistema con procedimenti penali non giustificati da un’effettiva esigenza repressiva, stante l’assenza della manifestata volontà di persecuzione della persona offesa. L'intervento proposto va ricollegato anche all’introduzione dell’art. 162- ter c.p., da parte della stessa l. n. 103/2017, che prevede una nuova causa di estinzione del reato per condotte riparatorie, applicabile ai soli reati procedibili a querela remissibile. Il decreto interviene su alcune fattispecie criminose, procedibili d’ufficio, rendendole procedibili a querela artt. 612 comma 2 615 comma 2 617-ter comma 1 617- sexies , comma 1 619 comma 1 620 640 640- ter 646 c.p. . Un intervento a portata limitata. Sebbene le finalità fossero totalmente condivisibili, il contenuto sostanziale dell’intervento risulta assai circoscritto. Specie in relazione all’esigenza deflattiva”, il novum in punto di procedibilità ha riguardato - salvo i reati di minaccia, truffa e appropriazione indebita - principalmente reati di scarso rilievo statistico. Se si guarda ai contenuti della delega il novero dei reati che avrebbero potuto essere resi procedibili a querela era molto più esteso. Il legislatore delegato, invece, ha sfruttato solo in parte la delega. Il mancato inserimento dell’art. 590-bis c.p Nonostante, da più parti, la delega fosse stata letta come tesa a modificare la procedibilità delle ipotesi di lesioni stradali di cui all’art. 590- bis , comma 1 ma anche dei commi 4, 5 e 6 , il legislatore delegato ha ritenuto di non procedere in tal senso. La reductio ad legitimitatem del testo legislativo risulta allora necessaria. Infatti, la sussistenza di un dubbio di costituzionalità sull’increscioso accidente è innegabile, tanto che numerosi processi in tutta la Repubblica sono stati rinviati, dopo l’entrata in vigore della l. n. 103/2017 e fino all’adozione del d.lgs. n. 36/2018, in attesa della de-quotazione processuale del delitto de quo . E’ per questo che è stata sollevata questione di legittimità relativa all’ammissibilità del teorema prospettato dal legislatore delegato a dispetto di quello previsto dal delegante con l’auspicio che la Consulta, pronta a sviluppare una riflessione ampia e organica, ponga un punto fermo al problema. Sulla rilevanza della questione. La questione di legittimità costituzionale appare rilevante sussistendo un nesso di pregiudizialità necessaria tra il giudizio a quo e il giudizio di legittimità costituzionale. E invero, nel vigente quadro normativo, il Tribunale sarebbe costretto a celebrare il processo e a verificare in dibattimento la sussistenza della fattispecie delittuosa, che potrebbe comportare la condanna dell'imputato, nonostante l’assenza della volontà di persecuzione da parte della persona offesa, che non ha inteso nemmeno costituirsi parte civile. Tuttavia, in caso di declaratoria di illegittimità del d.lgs. n. 36/2018, si assisterebbe alla restituzione delle ipotesi di lesioni stradali di cui all’art. 590- bis , comma 1, c.p. nell’alveo della procedibilità a querela - in quanto punite, come previsto nella delega, con pena detentiva non superiore nel massimo a 4 anni - con conseguente pronuncia di non doversi procedere. Ne consegue che la questione della costituzionalità della norma possiede un’incidenza attuale nel procedimento a quo, perché ha ad oggetto una norma che ha consentito di instaurare d’ufficio il giudizio nei confronti dell'imputato. Sulla non manifesta infondatezza. Il requisito della non manifesta infondatezza della questione si ravvisa nell'effettiva e concreta consistenza della questione di legittimità che si esprime nei seguenti termini. La parziale attuazione della delega da parte dell’esecutivo, risulta in grado di integrare quello che è stato definito dalla Consulta come eccesso di delega in minus ” infatti, sebbene debba essere riconosciuta una certa discrezionalità di attuazione spettante al potere delegato, allorché siano fissate analitici e dettagliati e perciò vincolanti principi e criteri direttivi che riguardino il contenuto della disciplina, tale discrezionalità deve essere ridotta ed esercitata riempiendo tutti gli spazi dell’estensione sistematica offerta dalla legge delega, al fine di realizzare quelle esigenze, finalità e interessi considerati dal delegante. Nella relazione tecnica al decreto 36/2018 si legge che il legislatore delegato ha ritenuto di equiparare la malattia nel corpo o nella mente” derivante dalle lesioni stradali a quello stato di incapacità” previsto dalla delega come ostativo alla trasformazione. L’assunto non è condivisibile il delegante, infatti, intendeva evidentemente riferirsi alle condizioni di incapacità della vittima preesistenti al sinistro. Non vi è infatti, immediata e ineludibile correlazione tra l’essere vittima di un incidente e versare in uno stato di incapacità, stante il fatto che, nell’ id quod plerumque accidit , le lesioni da incidente stradale non compromettono la capacità di autodeterminazione della vittima in tal senso si esprime anche il parere del 6/12/2017 della Commissione Giustizia, sullo schema di decreto legislativo . Peraltro, se così fosse, anche il delitto di lesioni stradali lievi, di cui all’art. 590 c.p., procedibile a querela, dovrebbe diventare d’ufficio, in quanto anch’esso connotato dall’evento di pur limitata incapacità”. Per tali casi è previsto l’obbligo di R.C.A., al fine di contemperare le esigenze risarcitorie delle vittime e il diritto di non subire un pregiudizio penale a chi abbia involontariamente cagionato l’indicente. In realtà, nella relazione illustrativa si legge che per il reato de quo non si è ritenuto di introdurre la procedibilità a querela trattandosi [] di fattispecie criminose [] oggetto di recente intervento normativo, e connotate comunque da una certa gravità posto che l’evento lesivo risulta conseguenza della violazione di una regola di cautelare di condotta posta a presidio della sicurezza della circolazione stradale . Anche in relazione a tale osservazione, resta da rilevare che il più recente art. 590- sexies c.p. concernente le lesioni personali in ambito sanitario, rinvia in toto all’art. 590 c.p., che resta procedibile a querela. Ne deriva che il citato esercizio incompleto e solo parziale della delega legislativa, comporta una palese violazione dell’art. 76 della Costituzione - che rappresenta i parametri che reggono i rapporti fra delegante e delegato - per aver determinato uno stravolgimento in contrasto con le diverse indicazioni e con l’organicità del sistema risultante dai principi e fini della legge di delegazione, tale da pregiudicare il complesso della nuova disciplina. In conclusione, si rileva che sulla de-procedibilità delle lesioni stradali è fissata, per il prossimo 25 settembre, Camera di Consiglio del Giudice delle leggi, su analoga, ma precedente, questione sollevata dal Tribunale di La Spezia, con ordinanza dell’8 ottobre 2018. Non ci resta che attendere.

Tribunale di Milano, sez. V Penale, ordinanza 24 maggio 2019 Giudice Zamagni Il Tribunale ritiene di sollevare questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela per i delitti previsti all'art. 590 bis, co. 1, c.p., poiché tale omissione si pone in contrasto con i principi sanciti all'art. 76 della Costituzione. Si ritiene che la mancata previsione della procedibilità a querela per i delitti di cui al primo comma dell'art. 590 bis c.p. violi quanto disposto dall'art. 1, co. 16, lett. a della legge delega del 27 giugno 2017, n. 303, che assegnava al Governo, entro il termine di un anno dalla sua entrata in vigore, il compito di adottare decreti legislativi con cui prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui all'articolo 610 del codice penale, e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilità d'ufficio qualora ricorra una delle seguenti condizioni 1 la persona offesa sia incapace per età o per infermità 2 ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell'articolo 339 del codice penale 3 nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità”. In ordine alla rilevanza della questione. Nei confronti dell'imputato è stato emesso decreto di citazione diretta a giudizio di fronte al giudice del dibattimento del Tribunale di Milano per il reato supra indicato. All'udienza del 13 marzo 2019 il difensore dell'imputato ha chiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale, riservandosi il deposito di memoria. Il PM si è riservato di esprimere parere. La difesa ha depositato memoria in data 1.4.2019 e, successivamente, con ulteriore atto in data 7.5.2019 copia della gazzetta ufficiale 5/2019 da cui risulta questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale di La Spezia. All'odierna udienza il PM si è associato alla richiesta della difesa. Le parti hanno prestato il consenso all'acquisizione al fascicolo del dibattimento degli atti di indagine. Da tali atti emerge che il sinistro, a seguito del quale la persona offesa riportava lesioni personali, era stato determinato dalla condotta, certamente colposa, dell'imputato che in violazione dell'art. 145 D.Lgs. 285/1992 omettendo di dare la precedenza al motociclo sul quale viaggiava quale trasportata la persona offesa, enti-ava in collisione con lo stesso causando la caduta a terra della persona offesa che ha riportato lesioni giudicate guaribili in giorni 50 SC per politrauma con fratture facciali multiple e contusione polmonare. Frattura chiusa di altre ossa della faccia contusione del polmone sema menzione di ferita aperta nel torace . Emerge infatti dal rapporto di incidente stradale e dalle sommarie informazioni dei testimoni oculari che l'imputato, nel l'immettersi con la propria autovettura dalla via Dandolo in Corso di Porta Vittoria, non rispettava il segnale di dare la precedenza e andava a impattare con il motoveicolo Honda SW T400, targato omissis che stava transitando, facendolo rovinare a terra e provocando, a seguito dell'urto, le lesioni personali sopra indicate a omissis passeggera del motoveicolo. Dalla ricostruzione operata dai vigili intervenuti nonché dalle sommarie informazioni testimoniale emerge con certezza la sussistenza del reato, attribuibile alla condotta colposa dell'imputato. Attesa la prognosi certificata in atti le lesioni riportate dalla persona offesa devono qualificarsi come lesioni gravi, ex art. 583, co. 1, n. 1 c.p. Il fatto è dunque riconducibile sotto la previsione di cui al primo comma dell'art. 590 bis c.p. Detta disposizione punisce con la reclusione da tre mesi a un anno chiunque cagioni ad altri una lesione personale grave con violazione delle norme sulla circolazione stradale. Nel caso della verificazione di lesioni gravissime a seguito di incidente stradale la pena prevista è da uno a tre anni di reclusione. Tale reato è procedibile d'ufficio, e, pur in assenza di querela, sulla base dell'istruttoria esperita i cui esiti sono confluiti, a seguito del consenso delle parti, nel fascicolo per il dibattimento, il processo non potrebbe che concludersi con una sentenza di condanna nei confronti dell'imputato. Va tuttavia osservato che il delitto in esame rientra nel novero dei reati per i quali il legislatore delegante aveva richiesto che si prevedesse il regime di procedibilità a querela. Se il legislatore delegato avesse dato attuazione alla delega, il presente processo dovrebbe definirsi con una pronuncia di non doversi procedere per difetto di querela. Come emerge dal verbale di udienza del 13 marzo 2019 e dalla allegata mail inviata via PEC dal difensore della persona offesa omissis non ha sporto querela nei confronti del omissis e che la stessa non ha inteso costituirsi parte civile nel procedimento, preferendo la persona offesa limitare le proprie pretese risarcitone esclusivamente nell'ambito del procedimento civile che verrà eventualmente proposto nei confronti delle assicurazioni . Alla luce di tutto quanto sopra esposto pare evidente la rilevanza della questione. In ordine alla non manifesta infondatezza della questione. Questo Tribunale ritiene che la questione sia non manifestamente infondata, non essendo possibile dare alla normativa alcuna interpretazione che sia compatibile con i principi costituzionali in materia di esercizio della funzione legislativa delegata in capo al Governo. La corretta attuazione da parte del Governo dei principi e dei criteri stabiliti in legge delega da parte del legislatore delegante costituisce un imprescindibile strumento di garanzia del principio della riserva di legge sancito, in materia penale, dall'art. 25, secondo comma, Cost. L'esercizio del potere legislativo da parte del Governo deve infatti costituire attuazione di quanto disposto in sede di delega, che costituisce strumento di orientamento e di indirizzo dell'attività legislativa delegata. Ciò, per contro, non implica l'assenza di un coefficiente di discrezionalità in capo al legislatore delegato, che può essere più o meno ampio in relazione al grado di specificità dei criteri fissati in legge delega. L'attività del legislatore delegato, tuttavia, deve inserirsi, in modo coerente, nel complessivo quadro normativo, rispettando la ratio della legge delega cfr. ex multis sentenze n. 127 del 2017 n. 250 e n. 59 del 2016, n. 146 e n. 98 del 2015, n. 119 del 2013 . La giurisprudenza costituzionale chiarisce che il contenuto della delega legislativa, e dei suoi principi e criteri direttivi, deve essere identificato accertando il complessivo contesto normativo e le finalità che la ispirano sent. n. 276 del 2000 , così da verificare se la norma delegata sia ad esse rispondente cfr. sentenze n. 261 del 1992 e n. 41 del 1993 . Deve quindi procedersi ad individuare i principi e criteri direttivi della legge delega del 2017, n. 103. Con riferimento al decreto legislativo n. 38/2018, pare doversi rilevare uno iato tra le previsioni della legge delega e quelle del decreto legislativo di attuazione, in quanto la chiara volontà legislativa era quella di provvedere alla più ampia estensione sistematica del regime di procedibilità a querela, fermi i limiti espressamente enunciati all'art. 1, co. 16 della legge delega. La legge n. 103 del 2017 ha infatti introdotto nel codice penale l'art. 162 ter, la nuova causa di estinzione del reato per condotte riparatone, in forza della quale, nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dovrà dichiarare l'estinzione del reato, sentite le parti e la persona offesa, qualora l'imputato abbia riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato mediante risarcimento e restituzioni e ove abbia eliminato, se possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Al co. 16, lett. a dell'art. 1, poi, la legge assegnava il compito al Governo di adottare decreti legislativi con cui prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di violenza privata e per i reati contro il patrimonio. Parimenti, era fatta salva la procedibilità d'ufficio al ricorrere di una delle seguenti condizioni 1 l'incapacità della persona offesa per età o per infermità 2 il ricorrere di circostanze aggravanti ad effetto speciale o delle circostanze indicate all'art. 339 c.p. 3 il ricorrere di un danno di rilevante gravità per la persona offesa nei reati contro il patrimonio. A fronte di ciò, pare evidente che la delega andava nel senso di allargare il novero delle fattispecie incriminatrici procedibili a querela in modo tale da consentire il più ampio impiego del novello meccanismo estintivo, dando la massima espansione della rilevanza delle condotte riparatorie a fini deflattivi e esprimendo il più grande favore verso i meccanismi conciliativi. Il legislatore delegato ha per converso optato per una scelta minimale, esercitando in maniera frazionata la funzione normativa, che però si è risolta in un potente ridimensionamento della materia oggetto di delega. Questi infatti, come si è visto, ha omesso di prevedere la procedibilità a querela dei delitti di cui all'art. 590 bis, co. 1, c.p., senza alcuna distinzione in ordine alle condizioni della persona offesa, ciò nonostante si tratti di fattispecie di reato autonoma, in assenza cioè di aggravanti ad effetto speciale come invece le ulteriori ipotesi previste dalla medesima norma, e la cui pena rientra nei limiti di cui alla delega. Tale mancata previsione ha costituito oggetto di una precisa scelta da parte del Governo, come emerge dalla Relazione illustrativa al decreto legislativo n. 36 del 10 aprile 2018. Il legislatore delegato, come si evince a pagina 7 della Relazione illustrativa, ha infatti giustificato il mantenimento del regime di procedibilità d'ufficio con la necessità di preservare, nelle fattispecie criminose di cui all'articolo 590 bis, primo, quarto, quinto e sesto comma, la posizione della persona offesa in condizioni di incapacità. A parere del legislatore delegato, quindi, anche nell’ipotesi di cui al primo comma dell'art. 590 bis c.p., la persona offesa, avendo subito una lesione, verserebbe per ciò stesso in una situazione di invalidazione temporanea e dunque di infermità. Tale assunto non può in alcun modo essere condiviso. Deve infatti ritenersi che il legislatore delegante, nell’indicare le condizioni di incapacità per età o per infermità della persona offesa come ostative alla trasformazione del regime di procedibilità da quello officiale a quello a querela, intendesse riferirsi, ragionevolmente, a tutti quei casi in cui le condizioni di incapacità della vittima preesistano rispetto al comportamento criminoso. Depone in tal senso anche il parere della Seconda Commissione sullo Schema di decreto legislativo recante disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati. A parere di questo Tribunale non è possibile parificare le situazioni di soggetti che già prima della commissione del reato si trovavano in uno stato di incapacità per minore età o infermità e quella di soggetti vittime di sinistri stradali che hanno riportato lesioni gl'avi o gravissime a seguito dell'incidente medesimo. Non vi è, infatti, immediata e ineludibile correlazione tra l'essere vittima di incidente e versare in uno stato di incapacità per infermità, in quanto nella normalità le lesioni riportate a seguito di un impatto tra o con veicoli in nulla compromettono la capacità di autodeterminazione consapevole della vittima. La diversa gravità e il minore allarme sociale che desta l'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 590 bis, a differenza delle ulteriori ipotesi aggravate previste dalla norma, avrebbe dovuto condurre il legislatore delegato a ricomprendere tale fattispecie nel novero dei reati procedibili a querela, come evidenziato peraltro nel parere del 6 dicembre 2017 della II Commissione sullo schema di decreto legislativo. Si tratta infatti di quei casi di incidenti stradali che possono ordinariamente prodursi nella quotidiana circolazione stradale, che si qualificano per un profilo di colpa generica, di violazioni lievi delle norme sulla circolazione stradale e che sono prive di quel peculiare disvalore che caratterizza le condotte di guida più azzardate e pericolose per gli utenti della strada. Per tali casi è previsto l'obbligo di assicurazione per la responsabilità civile derivante da circolazione stradale, al fine di contemperare le esigenze risarcitone delle vittime e il diritto di non subire un pregiudizio penale o patrimoniale di chi ha involontariamente cagionato l'incidente medesimo. Il Tribunale osserva che i casi concretamente sussumibili sotto il primo comma dell'art. 590 bis c.p. costituiscono dunque ipotesi in cui l'interesse del privato è quello a ottenere una spedita definizione del procedimento e a conseguire il dovuto ristoro per le conseguenze dannose subite. Subordinare le esigenze risarcitone della vittima alla celebrazione del procedimento penale non frustra soltanto gli interessi della persona offesa ma si risolve altresì in un irragionevole dispendio di risorse processuali. In conclusione, pare che la persistenza del regime di procedibilità d'ufficio anche per l'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 590 bis c.p., ove la vittima non versi in condizioni di incapacità, si ponga in contrasto con i principi ispiratori della legge delega, vanificando le esigenze deflative e di immediato ristoro del bene leso che costituiscono i criteri ispiratori dell'introduzione dell'art. 162 ter c.p., configgendo peraltro con i principi che hanno costituito il fondamento dei più recenti interventi legislativi, quali ad esempio la sospensione del procedimento con messa alla prova, il proscioglimento per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p., e la procedura estintiva delle contravvenzioni ambientali ex art. 318 bis Testo Unico Ambiente, istituti tutti volti a deflazionare i carichi giudiziari e a raggiungere gli obiettivi di composizione extraprocessuale dei conflitti. In forza di tutto quanto sopra esposto, si ritiene che il decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, si ponga in violazione dei principi espressi dall'art. 1, co. 16, lett. a, della legge 27 giugno 2017, n. 103, nella parte in cui omette di prevedere la procedibilità a querela anche per il fatto di cui all'art. 590 bis co. 1, c.p. commesso ai danni di persone che non rientrino nelle categorie di cui all'art. 1 comma 16 lettera a , in quanto in contrasto con l'art. 16 della Costituzione. P.Q.M. Visto l'art. 23. legge 11 marzo 1953, n. 87 Ritenuta la rilevanza nel presente giudizio e la non manifesta infondatezza, solleva questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, perché in violazione dell'art. 76 Costituzione, in quanto in contrasto con quanto stabilito all'art. 1, co. 16, L. n. 103 del 27 giugno 2017, omette di prevedere la procedibilità a querela per i delitti di cui all'art. 590 bis co. 1 c.p., commesso ai danni di persone che non rientrino nelle categorie di cui all'art. 1 comma 16 lettera a . Sospende il procedimento a carico di omissis e dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.