Condotta ostruzionistica finalizzata a bloccare i lavori edili: è violenza privata

Definitiva la condanna per un uomo che ha prima piazzato la propria vettura sul confine, così da impedire la realizzazione di un cordolo, e poi ha buttato giù il manufatto ancora incompleto.

I pessimi rapporti di vicinato trovano sfogo in un vero e proprio sfregio bloccare i lavori edili in corso sul confine e finalizzati alla realizzazione di un cordolo. Il raptus, concretizzatosi prima utilizzando un’automobile e poi buttando giù letteralmente il manufatto, vale una condanna per violenza privata” Cassazione, sentenza n. 33213/2019, Sezione Quinta Penale, depositata oggi . Bloccare. Scenario dell’assurda vicenda è la provincia di Marsala. Lì si verifica il fattaccio un uomo prima prende la propria vettura e la piazza lungo il confine interessato dall’edificazione di un cordolo col chiaro obiettivo di impedirne il completamento , e poi decide anche di distruggere con le proprie mani il manufatto in corso d’esecuzione . Il quadro probatorio, definito nei dettagli, è sufficiente, non solo per i giudici di merito ma anche per quelli di Cassazione, per arrivare a una pronuncia di condanna. Legittimo per i magistrati catalogare come violenza privata la condotta ostruzionistica tenuta dall’uomo sotto processo e consistita nel bloccare i lavori portati avanti dal vicino di casa. Decisivo il richiamo al principio secondo cui il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente la persona offesa della libertà di determinazione e di azione .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 maggio – 23 luglio 2019, numero 33213 Presidente Miccoli – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16 marzo 2018, la Corte d'appello di Palermo ha confermato la decisione del Tribunale di Marsala del 28 aprile 2015, che aveva affermato la penale responsabilità di Vi. Al. in ordine al reato di violenza privata in danno di Sa. Ba., in riferimento all'interruzione di lavori edili. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, con atto a firma del difensore, Avv. Sa. Ch., articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge in ordine alla rilevanza della condotta ex art. 610 cod. penumero , in assenza degli elementi costitutivi del reato. Condiderato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Le doglianze del ricorrente - che si limita, in termini del tutto assertivi, a rivendicare una mera dissuasione verbale - sono connotate da aspecificità in quanto omettono la critica della sentenza impugnata, con il cui tessuto motivazionale il ricorrente rinuncia a confrontarsi. 1.1. Secondo il consolidato orientamento di legittimità, autorevolmente espresso dalla sentenza delle Sezioni Unite numero 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823, e recepito dalla nuova formulazione degli artt. 581 e 591 cod. proc. penumero , i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato Sez. 5, numero 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568 , in quanto le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l'atto di impugnazione risiedono nel fatto che quest'ultimo non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato Sez. 2, numero 11951 del 29/01/2014, Rv. 259425 . 1.2. Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha dato conto della condotta ostruzionistica dell'imputato, realizzata non solo mediante interposizione della propria autovettura lungo il confine interessato dall'edificazione di un cordolo, impedendone il completamento, ma anche del danneggiamento del manufatto in corso d'esecuzione, come risultante dal convergente compendio probatorio, affermandone la penale rilevanza in linea con l'orientamento di legittimità secondo cui il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione V. Sez. 5, numero 1913 del 16/10/2017 - dep. 2018, Andriulo, Rv. 272322 Sez. 5, numero 10498 del 16/01/2018, Sarchi, Rv. 272666 . Ed a siffatta, argomentata, esplicitazione il ricorrente ha contrapposto la mera reiterazione dell'originaria doglianza, già dichiarata inammissibile dalla corte territoriale. Il ricorso è, pertanto, inammissibile. 2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. penumero la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma, che si stima equo determinare in Euro. 3000, in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.