Carcere duro: quando è legittima la decisione di non inoltrare la corrispondenza?

In tema di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale ex art. 41-bis ord. pen., la decisione di non inoltro, per essere legittima, deve essere motivata sulla base di elementi concreti e idonei a far dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 32452/19 depositata il 19 luglio. Il caso. Il detenuto, sottoposto al visto di controllo per tre mesi sulla corrispondenza in arrivo e in partenza ed al divieto della stessa con altri detenuti sottoposti al medesimo regime di cui all’art. 41- bis ord. pen., ricorre contro il provvedimento di rigetto del reclamo da lui proposto ex art. 18- ter ord. pen In particolare, il ricorrente, nella sua tesi difensiva, rappresenta quanto affermato dalla Corte Costituzione sul diritto alla libertà e alla segretezza della corrispondenza, quale nucleo essenziale dei valori della personalità, e sulla necessità che qualsiasi tipo di limitazione della stessa deve essere espressamente previsto dalla legge e non può avvenire se non in presenza di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante, con atto motivato dall’autorità giudiziaria. Limitazioni e controlli sì, ma motivati. Nell’esaminare il ricorso, la Cassazione rileva anzitutto che l’art. 18- ter ord. pen. prevede che il magistrato di sorveglianza, qualora ritenga che la corrispondenza non debba essere consegnata o inoltrata al destinatario, può disporre che venga trattenuta, informando immediatamente di tale decisione il detenuto. La norma, continua la Corte, non individua espressamente i casi in cui può essere disposto il trattenimento della corrispondenza ma appare evidente che debba sussistere una situazione di pericolo concreto diretta a minare l’ordine e la sicurezza pubblica, quali presupposti per l’adozione del visto di censura. E, tale verifica, precisano gli Ermellini, non può prescindere da un obbligo di motivazione da parte del magistrato di sorveglianza. Le parole della Cassazione. Nel caso di specie, sembra che la motivazione si sia risolta in una aprioristica esclusione della possibilità di inviare corrispondenza ancorata alle esigenze di prevenzione astratte proprie del regime di detenzione speciale , e che sia stata fondata su ragioni normative avulse dal caso concreto . Pertanto, nell’accogliere il ricorso ed annullare il provvedimento impugnato, la Cassazione afferma il principio di diritto secondo cui, in tema di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale ex art. 41-bis ord. pen., la decisione di non inoltro, per essere legittima, deve essere motivata, sia pur sinteticamente e tenendo conto del bilanciamento tra ragioni ostensibili e rilievi non consentiti poiché confliggenti con esigenze investigative, sulla base di elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 febbraio – 19 luglio 2019, n. 32452 Presidente Catena – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, datato 3.10.2018, il Tribunale di Sorveglianza di Torino, in seguito ad annullamento con rinvio da parte della Prima Sezione Penale della Corte di cassazione con sentenza n. 29069 del 13/6/2018, decidendo in sede di reclamo ex art. 18 ter ord. pen. sull’istanza proposta da F.G. , detenuto presso la casa circondariale di in regime di cui all’art. 41 bis ord. pen., ha rigettato il reclamo. Il detenuto risulta sottoposto - con decreto del Magistrato di Sorveglianza di datato 27.1.2017 oggetto del suddetto reclamo - al visto di controllo per mesi tre sulla corrispondenza epistolare, telegrafica e telefonica, in arrivo e in partenza, ed al divieto di corrispondenza, epistolare e telegrafica, in arrivo e in partenza, con altri detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis ord. pen., con esclusione dei rapporti epistolari e telegrafici con i congiunti. 2. Avverso il provvedimento in esame propone ricorso per cassazione il detenuto, tramite il suo difensore, avv. Picco, deducendo un unico motivo con il quale lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 18 ter ord. pen. e dell’art. 15 Cost., nonché mancanza di motivazione. Il ricorrente rappresenta che il diritto alla libertà e segretezza della corrispondenza attiene al nucleo essenziale dei valori della personalità - secondo l’insegnamento della giurisprudenza costituzionale - sicché la sua limitazione deve essere espressamente prevista dalla legge e non può avvenire che in presenza di un interesse pubblico primario a sua volta costituzionalmente rilevante, con atto motivato dell’autorità giudiziaria. La difesa ricorda, altresì, che molte volte la Corte EDU ha condannato l’Italia per il mancato rispetto della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, avuto riguardo all’art. 18 ord. pen. ed al tema del diritto alla libertà e segretezza della corrispondenza, per l’eccessiva discrezionalità lasciata all’autorità pubblica nel disporre i controlli e i limiti della corrispondenza dei detenuti. Poste tali premesse, il ricorso rappresenta che nel caso di specie il provvedimento impugnato omette qualunque riferimento alla concreta posizione del ricorrente, limitandosi la motivazione ad enunciare principi generali ed astratti, così come aveva fatto anche il decreto del magistrato di sorveglianza. Non si evince, pertanto, quali siano i motivi di ordine e sicurezza tali da giustificare in relazione a F. una così forte compromissione di diritti costituzionalmente garantiti, né può ritenersi legittimo un provvedimento come quello di specie genericamente fondato sulla gravità dei reati commessi o la pericolosità sociale ovvero pericoli generici che il detenuto si presti a far da tramite alla corrispondenza di altri detenuti. Difetta, pertanto, qualsiasi riferimento alla specificità della situazione del condannato. 3. Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha chiesto con requisitoria scritta l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Ritenuto in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La Prima Sezione Penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 29069 del 13.6.2018, ha annullato con rinvio la prima ordinanza di inammissibilità emessa, per genericità dei motivi di impugnazione, in sede di reclamo, dal Tribunale di Sorveglianza di Torino in data 28.2.2017, poiché ha ravvisato, nella riproposizione di questioni di diritto anche di legittimità costituzionale già sottoposte al primo giudice, una inevitabile conseguenza del fatto che le doglianze attenessero esclusivamente a motivi di diritto, essendo incontroversi i profili fattuali della vicenda. Dunque, a giudizio della Prima Sezione di questa Corte Suprema, il Tribunale di Sorveglianza doveva esprimersi nel merito dell’istanza proposta da F. avverso il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di del 27.1.2017 con cui gli si applicava il visto di controllo della corrispondenza per mesi tre ed il divieto di corrispondenza con altri detenuti sottoposti allo speciale regime detentivo di cui all’art. 41 bis ord. pen. L. 26 luglio 1975, n. 354, e successive modifiche . Chiamato a tale compito dai giudici di legittimità, tuttavia il Tribunale di Sorveglianza di Torino sembra avervi solo formalmente dato corso, proponendo, invece, una motivazione che si limita ad inquadrare la materia dal punto di vista normativo, in particolare evidenziando, in fine, la peculiare disciplina prevista per i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis ord. pen., in relazione ai quali - si afferma - vigono le disposizioni di cui al comma 2 quater lett. a ed f della citata norma, che andrebbero lette nel prisma della ratio complessiva dello speciale regime carcerario, e cioè in un’ottica di prevenzione e con la finalizzazione di evitare qualsiasi contatto tra soggetti appartenenti ad associazioni criminali di stampo mafioso o con finalità di terrorismo od eversione, anche sacrificando alcuni diritti mediante alcune loro limitazioni. L’art. 41 bis ord. pen., comma 2 quater, citate lett. a ed f , in sintesi, avrebbero come obiettivo non solo quello di impedire i contatti fisici, ma di precludere qualsiasi tipo di contatto fra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, sicché contrasterebbe con tale ratio consentire ai detenuti speciali di mafia o terrorismo, ristretti in diversi penitenziari, di scambiarsi corrispondenza. Sulla base di tale ricostruzione, il Tribunale di Sorveglianza, in sede rescissoria, rigetta il reclamo di F. , ritenendo, con motivazione di ordine generale e senza proporre nessun riferimento individualizzante alla specifica posizione del ricorrente, che il rischio serio che messaggi criptici o in codice possano sfuggire anche agli esaminatori più attenti sia di tale elevato livello nei riguardi dei detenuti sottoposti al regime speciale previsto dall’art. 41 bis ord. pen., da aver determinato il legislatore ad evitarlo in via preventiva ed anticipata, impedendo tout court lo scambio di corrispondenza fra detenuti tutti sottoposti a tale regime, con valutazione dell’amministrazione penitenziaria. 2.1. Il ragionamento interpretativo proposto dal Tribunale di Sorveglianza di Torino è illegittimo. La legislazione vigente ed in particolare gli artt. 18 ter e 41 bis ord. pen. non possono essere interpretati nel senso di consentire che diritti primari di rango costituzionale, attinenti alla sfera privata e personalissima dell’individuo finiscano per essere - sia pure per limitatissime categorie di soggetti detenuti appartenenti ad associazioni mafiose o terroristico/sovversive - sostanzialmente elisi o eliminati in via preventiva, generale ed astratta, in ragione della mera appartenenza ad una determinata tipologia di indagati o condannati ed attraverso provvedimenti dell’amministrazione penitenziaria sui quali l’autorità giudiziaria eserciti un controllo di legittimità che, privo di motivazione concreta e specifica, si riduce a vuoto simulacro di richiami normativi. Si violerebbe senza dubbio il criterio ermeneutico di rango primario che impone al giudice, anzitutto, la ricerca di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme che applica nelle fattispecie a lui sottoposte, poiché una lettura della disposizione di cui all’art. 41-bis ord. pen. quale quella adottata nel provvedimento impugnato ne determinerebbe la potenziale esposizione a dubbi di legittimità costituzionale, in relazione alla violazione dell’art. 15 Cost., ma anche dell’art. 111 Cost In particolare, l’art. 41 bis, comma 2. ord. pen. stabilisce che quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica , il Ministro della giustizia possa disporre, nei confronti di detenuti o internati per gravi reati in materia di terrorismo o di criminalità organizzata, la sospensione, in tutto o in parte, delle regole del trattamento che possano porsi in contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza, al fine di impedire i collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva . Quanto alle comunicazioni con l’esterno ed alla possibilità di tenere corrispondenza epistolare, il comma 2 quater, lett. e prevede la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità Europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia . Tale disposizione, peraltro, nulla stabilisce in relazione alla disciplina del trattenimento, ovvero dell’operazione successiva all’esercizio del controllo sui contenuti della corrispondenza, consistente nel mancato inoltro della stessa al destinatario trattenimento al quale, conseguentemente, si applica la disciplina generale dettata dall’art. 18 ter ord. pen. e art. 38 Reg. esec. ord. pen. cfr. Sez. 1, n. 48365 del 21/11/2012, Di Trapani, Rv. 253978, secondo cui la libertà di corrispondenza dei detenuti in regime speciale può essere limitata, in virtù di quanto stabilito dall’art. 15 Cost., solo con un provvedimento dell’autorità giudiziaria, specificamente motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti indicati dalla L. n. 354 del 1975, art. 18 ter, commi da 1 a 4, come modificato dalla L. n. 95 del 2004 . L’art. 18 ter, dedicato alle limitazioni e controlli della corrispondenza , stabilisce, al comma 5, che il magistrato di sorveglianza competente nei confronti dei condannati, degli internati e degli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado qualora ritenga che la corrispondenza o la stampa non debba essere consegnata o inoltrata al destinatario, dispone che la stessa sia trattenuta e che, in tale evenienza, il detenuto e l’internato debbano essere immediatamente informati. Apparentemente la norma non individua espressamente i casi in cui può essere disposto il trattenimento, ma, stante il suo stretto collegamento funzionale con il visto di censura, sembra evidente che detto trattenimento possa essere disposto qualora, dall’esame dei contenuti della corrispondenza, l’autorità giudiziaria ritenga che sussista una situazione di pericolo concreto per quelle esigenze di ordine e di sicurezza pubblica che costituiscono i presupposti per l’adozione del visto di censura. Tale verifica, demandata in sede di necessario controllo giurisdizionale, al magistrato di sorveglianza, non può prescindere da un obbligo di motivazione, sia pur sintetico e calibrato sulle eventuali esigenze investigative e di segretezza per possibili indagini ulteriori in corso sui contenuti della corrispondenza. Invero, come non ha mancato di sottolineare un condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità in casi analoghi di detenuti sottoposti a regime penitenziario ai sensi del citato art. 41 bis, là dove il giudice di merito ometta di riferire e dar conto dei presupposti di fatto del caso concreto, non è dato controllare la correttezza del percorso logico-giuridico della valutazione contenuta nel provvedimento. L’obbligo di motivazione, peraltro, come già accennato, può essere soddisfatto anche garantendo la doverosa esigenza di riservatezza della materia spesso legata ad indagini in corso , attraverso un’indicazione per quanto possibile sintetica delle doglianze difensive e delle verifiche sui punti in questione compiuti dal giudice di sorveglianza. In tal senso si sono espresse - Sez. 1, n. 17799 del 27/3/2008, Lioce, Rv. 239850 secondo cui è illegittimo il provvedimento con cui il Tribunale di sorveglianza rigetti il reclamo del detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41 bis ord. pen., che lamenti il trattenimento di una pubblicazione indirizzatagli, allorché esso sia motivato con il richiamo a un generico pericolo per l’ordine e la sicurezza dell’istituto, senza l’indicazione di alcun elemento di fatto dal quale poter desumere, sia pure in forma sintetica, l’esistenza dell’asserito pregiudizio conf. Sez. 1, n. 4889 del 11/1/2007, Lioce e n. 41553 del 31/10/2007, Lioce, non massimate - Sez. 1, n. 16744 del 14/3/2013, Di Trapani, Rv. 257013, secondo cui la motivazione, pur potendosi esplicare in forma sintetica, deve comunque dare conto in modo comprensibile del pensiero del giudice e non può svuotarsi fino ad una assoluta genericità dei contenuti sicché, è illegittima la decisione del Tribunale di Sorveglianza che rigetta il reclamo proposto avverso il provvedimento con cui era stato disposto il trattenimento della corrispondenza, ritenuta di contenuto criptico, di detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41 bis ord. pen., limitandosi a ribadire il carattere criptico della missiva e senza fare alcun riferimento concreto a parole, frasi e segni grafici della lettera nei quali l’affermata criticità si sarebbe rivelata - Sez. 1, n. 48365 del 21/11/2012, Di Trapani, Rv. 253978, che ribadisce la necessità di una motivazione reale e riferita al caso concreto pur se sintetica, cfr. Sez. 1, n. 3713 del 4/12/2008, dep. 2009, Lioce, Rv. 242525 , poiché la libertà di corrispondenza dei detenuti in regime speciale può essere limitata, in virtù di quanto stabilito dall’art. 15 Cost., solo con un provvedimento dell’autorità giudiziaria, specificamente motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti indicati dalla L. n. 354 del 1975, art. 18 ter, commi da 1 a 4, come modificato dalla L. n. 95 del 2004. Nella specie, la Corte ha ritenuto meramente apparente la motivazione dell’ordinanza del tribunale di Sorveglianza che, senza far riferimento ad esigenze di indagine o a pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblici, aveva disposto il trattenimento di una corrispondenza sul presupposto della cripticità del linguaggio utilizzato e della presenza in essa di disegni dal significato indecifrabile vedi anche Sez. 1, n. 43522 del 20/6/2014, Gionta, Rv. 260692 . Non ignora il Collegio che una differente opzione interpretativa ha dettato sul tema un percorso interpretativo che sembra diverso ed ammette quasi la possibilità di una motivazione dell’autorità giudiziaria sul trattenimento della corrispondenza priva della indicazione di ragioni specifiche legate al caso concreto cfr. Sez. 1, n. 38632 del 23/9/2010, Bosti, Rv. 248676 . Tuttavia, la fattispecie che, dalla lettura della motivazione, si comprende essere stata decisa dalla Corte di legittimità - una ipotesi in cui esigenze investigative presenti e rilevate impedivano di rivelare specificamente nel provvedimento giurisdizionale le frasi di contenuto criptico od ambiguo - non consente di ritenerla paradigmatica rispetto all’ipotesi sottoposta al Collegio nel presente procedimento. Anzi, anche questa pronuncia non smentisce la necessità di una motivazione effettiva, quale che sia e magari contemperi i diversi beni costituzionali in gioco, attraverso la giusta proporzione tra ragioni ostensibili e rilievi non consentiti poiché confliggenti con esigenze investigative. Anche più recentemente, quando la Corte di cassazione ha ritenuto legittimo il diniego di inoltro della corrispondenza lo ha fatto, in relazione a detenuti sottoposti al regime speciale di cui all’art. 41 bis ord. pen., valutando elementi concreti posti in risalto nella stessa motivazione del provvedimento della magistratura di sorveglianza. Così, Sez. 1, n. 51187 del 17/5/2018, F. , Rv. 274479 sentenza emessa in relazione a ricorso proposto dall’odierno ricorrente ha chiarito che, in tema di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale, la decisione di non inoltro può essere legittimamente motivata sulla base di elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo nella fattispecie la Corte di cassazione ha ritenuto immune da censure l’impugnata ordinanza di conferma di un provvedimento di trattenimento di una missiva indirizzata dal detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41 bis ord. pen., ad un ministro di culto, che riportava il versetto evangelico Ma Gesù rispose seguimi, lascia che i morti seppelliscano i morti con commento Spero che il discorso sia chiaro tra noi , in ragione della cripticità del linguaggio utilizzato e del pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica derivante dalla strumentalizzazione di detto versetto al fine di comunicare informazioni di illecito contenuto al clan di appartenenza. La pronuncia è conforme ad altra sentenza - Sez. 1, n. 9869 del 12/2/2014, Virga, Rv. 259472 - con cui egualmente si è evidenziata la necessità, ai fini della legittimità del diniego di inoltro di corrispondenza, che esso poggi sulla evidenziazione di elementi concreti. I principi da ultimo richiamati sono condivisi e ribaditi dal Collegio, nell’ipotesi sottoposta al suo esame. 3. Nel caso del provvedimento impugnato dal ricorrente F. , l’apparato motivazionale dell’impugnata ordinanza si caratterizza per una insufficiente esplicazione argomentativa del contenuto decisorio effettuato nel merito del reclamo proposto dal sopra indicato detenuto, odierno ricorrente, e per la totale assenza di riferimenti concreti ovvero di un qualsiasi tentativo di bilanciamento delle esigenze motivazionali, affidate, invece, come detto, solo ad una elencazione di ragioni normative avulse dal caso concreto e aprioristicamente interpretate. In via generale, la motivazione dei provvedimenti giudiziari non può contrarsi fino al punto di coincidere con la mera affermazione della decisione assunta, pena la caduta nel vizio logico della tautologia che, nel caso di specie, coincide con il richiamo apodittico alle ragioni di diritto declinate solo in astratto e già esposte, senza che sia stato proposto un qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta, tranne che nella esposizione delle ragioni difensive illustrate nel reclamo e specificamente indicate nella parte iniziale della motivazione del Tribunale di Sorveglianza di Torino. A tali ragioni difensive, tuttavia, non si dà alcuna specifica risposta eppure si tratta di quattro deduzioni affatto generiche, che vanno dalla arbitrarietà della esecuzione del decreto del magistrato di sorveglianza di che ha deciso il visto di controllo alla delegabilità del controllo al Direttore del carcere , ritenendo evidentemente sufficiente far leva sulla tesi della volontà legislativa di impedire del tutto, in via preventiva, ai detenuti in regime speciale, lo scambio di corrispondenza tra loro e di ritenere la cripticità in sé delle loro epistole o di quelle a loro indirizzate un rischio da eliminarsi tout court, mediante provvedimenti che dispongono visti di controllo a prescindere da verifiche in concreto. Tale motivazione è erronea e si traduce in una argomentazione meramente apparente, mancando la necessaria applicazione alla fattispecie concreta dei principi in astratto enunciati. Deve essere, conclusivamente enunciato il seguente principio di diritto In tema di controllo sulla corrispondenza del detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale ex art. 41 bis ord. pen., la decisione di non inoltro, per essere legittima, deve essere motivata, sia pur sinteticamente e tenendo conto del bilanciamento tra ragioni ostensibili e rilievi non consentiti poiché confliggenti con esigenze investigative, sulla base di elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo. Tale motivazione non può risolversi in una aprioristica esclusione della possibilità di inviare corrispondenza ancorata alle esigenze di prevenzione astratte proprie del regime di detenzione speciale e strutturarsi in una elencazione di ragioni normative avulse dal caso concreto. 4. Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Torino impugnata, che si atterrà, nel nuovo esame, ai principi di necessaria indicazione di ragioni concrete, sia pur sinteticamente e, se del caso, prudentemente esposte, di adozione del provvedimento, nonché di necessaria risposta alle ragioni di impugnazione erroneamente non considerate per le ragioni poc’anzi indicate. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Torino per nuovo esame.