Giudizio di rinvio in sede cautelare: precisazioni sul dies a quo per la decisione

I 10 giorni, previsti quale termine perentorio, per la decisione del Tribunale del riesame sul rinvio della Corte di Cassazione, così come disposto ai sensi dell’art. 311, comma 5-bis, c.p.p., decorrono dal momento in cui il giudice del rinvio è posto nella condizione di poter rivalutare compiutamente tutto il materiale già sottoposto al giudice che aveva emesso il provvedimento annullato, oltre eventuali emergenze successive alla sentenza rescindente.

Il caso. Con ordinanza del GIP, veniva applicata all’indagato la misura degli arresti domiciliari per più fattispecie delittuose. Avverso la richiesta di riesame, il Tribunale provvedeva con un rigetto, poi cassato dalla Corte di legittimità che, in parziale accoglimento per uno dei capi di imputazione, rinviava nuovamente al Tribunale territoriale per nuova valutazione. Il Tribunale, nondimeno, confermava il provvedimento applicativo originario anche con riguardo al capo annullato. Veniva, pertanto, proposto ricorso per cassazione, avverso la nuova ordinanza del Tribunale del riesame, deducendo, in via principale, violazione dell’art. 311, comma 5- bis , c.p.p., avendo deciso, in sede di rinvio, oltre il termine di dieci giorni previsto dalla norma di rito, e, dunque, oltre i dieci giorni dalla trasmissione degli atti da parte della Corte di Cassazione al Tribunale e, in via subordinata, rappresentando che il fascicolo fosse stato in effetti completamente trasmesso al decidente che, quindi, era in condizioni di decidere compiutamente. Afferma, infatti, il ricorrente, sulla scorta della nota sentenza Battaglia Cass. n. 23707/2018 che, il termine di dieci giorni entro cui, ai sensi dell’art. 311, comma 5- bis , c.p.p., il giudice del rinvio ha l’obbligo di decidere, decorre dalla data in cui il fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente, perviene alla cancelleria della sezione del Tribunale competente per il riesame”. La norma di riferimento. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato il ricorso. Ebbene, la disposizione richiamata, e cioè l’art. 311, comma 5- bis , c.p.p., introdotta dalla l. n. 47/2015, dispone che Se è stata annullata con rinvio, su ricorso dell'imputato, un'ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell'articolo 309, comma 9, il giudice decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e l'ordinanza è depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione. Se la decisione ovvero il deposito dell'ordinanza non intervengono entro i termini prescritti, l'ordinanza che ha disposto la misura coercitiva perde efficacia”. Orientamento condiviso dalla Corte. Precisa la Corte come, in verità, però, sussista un orientamento contrario e maggioritario, al quale, peraltro, aderisce e per il quale, invece, ai fini dell’individuazione della decorrenza del termine indicato dall’art. 311, comma 5- bis , c.p.p., entro il quale il giudice del rinvio deve decidere, non è sufficiente la mera ricezione della sentenza rescindente, ma occorre anche la ricezione degli atti presentati a norma dell’art. 291, comma 1, c.p.p., nonché di tutti gli elementi eventualmente sopravvenuti in favore della persona sottoposta alle indagini” Cass. n. 27093/2017 Cass. n. 15695/2016 . D’altronde, la richiesta di atti, da parte del Tribunale del riesame, all’autorità procedente, a seguito della ricezione del fascicolo da parte della Corte di Cassazione non è assolutamente superflua, anzi, è necessaria, attesa la parzialità degli atti alla stessa pervenuti nel giudizio di impugnazione. Circostanza questa che non rende possibile, al giudice del rinvio, un esame completo, così come garantito al primo giudice pertanto, tale giudicante deve avere la disponibilità di tutti gli atti già valutati al momento della decisione impugnata, oltre quelli ultronei, successivi a tale giudizio che, nelle more, possono essere stati acquisiti dall’autorità procedente. Decorrenza del termine. I dieci giorni dalla ricezione degli atti” a disposizione del giudice di rinvio per la decisione, non possono che decorrere dal momento in cui quel giudice è messo nelle condizioni di rivalutare compiutamente il materiale probatorio su cui si era fondata la decisione annullata oltre alle sopravvenienze eventualmente derivanti dal prosieguo dell’attività investigativa o da produzioni difensive . Poiché, dunque, non tutti gli atti vengono trasmessi al giudice di legittimità ai sensi dell’art. 100 disp. att. c.p.p. , è verosimile che, al giudice del rinvio, al momento della trasmissione del fascicolo da parte della Corte, non pervenga tutto il materiale necessario per decidere, ma solo quella piccola parte precedentemente trasmessa. Applicazione al giudizio di rinvio delle norme di cui all’art. 309, comma 5 c.p.p Oltre ciò, ammesso anche che il Tribunale trattenga una copia di tutti gli atti trasmessi dalla Procura, resta comunque il fatto che, non sussistendo alcun obbligo giuridico sul punto dovendo rimandarli indietro a seguito del giudizio di legittimità , l’iter procedimentale, in sede di rinvio, debba ricominciare da quanto disposto dal comma 5 dell’art. 309 c.p.p Ed infatti, afferma la Corte, che, in mancanza di deroghe o, comunque, di interventi legislativi che abbiano regolato le precise scansioni procedimentali del giudizio di rinvio prima della decisione, la norma richiamata va certamente applicata, anche al fine di consentire una corretta ripartenza” dell’iter procedimentale, posta a tutela, evidentemente, del ricorrente. E, dunque, una volta ritrasmessi gli atti dalla Corte, il Presidente cura che ne sia dato avviso all’autorità procedente, che, a sua volta, è tenuta a inviare tempestivamente entro 5 giorni dalla richiesta quanto inviato in sede di prima decisione e tutto quanto, eventualmente, sopravvenuto. Pertanto, il dies a quo per la decorrenza del termine di dieci giorni, individuato dalla norma, è quello in cui il Tribunale riceve nuovamente” gli atti originari e tutte le eventuali sopravvenienze.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 giugno – 16 luglio 2019, n. 31281 Presidente Verga – Relatore Pazienza Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 19/04/2018, il G.i.p. del Tribunale di Caltanissetta applicava a M.A.C. la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione ai reati di cui all’art. 416 c.p. capo A , art. 615-ter c.p. capo D , artt. 319-321 c.p. capi F, N, P, Q . Adito con richiesta di riesame ex art. 309 c.p.p., il Tribunale di Caltanissetta confermava il titolo cautelare, con provvedimento del 07/06/2018 quest’ultimo, peraltro, veniva annullato - in parziale accoglimento del ricorso per cassazione proposto dal M. - dalla Sesta Sezione di questa Suprema Corte, limitatamente al capo A della rubrica, con rinvio al Tribunale di Caltanissetta per nuovo esame sent. n. 9837 del 21/11/2018, dep. 2019 . In sede di rinvio, il Tribunale nisseno, con ordinanza in data 28/03/2019, ha confermato il provvedimento applicativo della misura cautelare anche quanto al reato associativo di cui al capo A . 2. Ricorre nuovamente per cassazione il M. , a mezzo dei propri difensori, deducendo 2.1. Violazione dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, e art. 606 c.p.p., lett. b e c , per avere il Tribunale deciso in sede di rinvio oltre dieci giorni dopo la ricezione degli atti da parte della Corte di cassazione. Si censura la violazione del principio di diritto espresso dalla Prima Sezione della Suprema Corte sent. n. 23707 del 2018 , in conformità a quanto statuito dalle Sezioni Unite, a proposito dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis ma con riferimento al termine per il deposito dell’ordinanza , in ordine al divieto di interpretazione analogica o estensiva delle norme poste a tutela della libertà personale. Il ricorrente censura altresì le considerazioni svolte dal Collegio nisseno in ordine alla possibilità di una incompleta trasmissione del fascicolo non ricorrente nella specie , evidenziando che la giurisprudenza richiamata dal Tribunale concerneva la diversa fattispecie di trasmissione via PEC della sola sentenza rescindente. 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria per il reato associativo. Il ricorrente censura il provvedimento del Tribunale che non aveva tenuto conto delle indicazioni contenute nella sentenza rescindente quanto alla possibilità di effettiva configurazione di un reato associativo in presenza di un progetto politico in sé privo di connotazioni criminogene, e alla conseguente necessità di individuare comportamenti effettivamente utili per la ricostruzione di una fattispecie associativa, laddove invece si era in presenza di condotte autonome di soggetti che non avevano consapevolezza di quelle poste in essere dagli altri. Si richiama altresì quanto già dedotto nel precedente ricorso sia in ordine all’insussistenza di un comune programma criminoso, di un’organizzazione strutturalmente funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nonché di uno stabile collegamento tra i soggetti, sia alle incongruenze rilevate sul piano cronologico-temporale tra la data delle contestazioni associative e quella della commissione dei singoli reati-fine ascritti . Considerato in diritto 1. Il ricorso è nel complesso infondato e deve essere rigettato. 2. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, avendo il Tribunale di Caltanissetta emesso l’ordinanza di conferma della misura, in sede di rinvio, solo in data 28/03/2019, ovvero oltre il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti da parte della Corte di Cassazione, avvenuta il 15/03/2019. 2.1. A sostegno del proprio assunto, il ricorrente richiama anzitutto un precedente giurisprudenziale di questa Suprema Corte, ai sensi del quale nell’ipotesi in cui la Cassazione annulli per un nuovo esame l’ordinanza che ha disposto o confermato una misura coercitiva, il termine di dieci giorni, entro cui, ai sensi dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, il giudice del rinvio ha l’obbligo di decidere, decorre dalla data in cui il fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente, perviene alla cancelleria della sezione del tribunale competente per il riesame Sez. 1, n. 23707 del 29/01/2018, Battaglia, Rv. 273114 . Nel motivo di ricorso, vengono riportati i tratti essenziali del percorso motivazionale tracciato dalla pronuncia in questione, che possono qui essere così sintetizzati a la natura sequenziale del giudizio di rinvio conseguente all’annullamento impone di ritenere che gli atti cui fa riferimento l’art. 311 c.p.p., comma 5-bis debbano appunto essere individuati in quelli trasmessi dalla Suprema Corte, all’esito del giudizio rescindente b deve escludersi la possibilità di una nuova richiesta degli atti all’autorità procedente ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 5, applicabile solo quando vi è stata una richiesta di riesame e quindi in una situazione procedimentale del tutto diversa c il tribunale investito del giudizio di rinvio è già in possesso degli atti necessari alla trattazione essendosi pronunziato con la decisione soggetta a ricorso , dovendo esclusivamente ricevere dalla cancelleria di questa Corte ciò che era stato trasmesso unitamente al ricorso di regola non tutti gli atti , in una con la copia della sentenza rescindente. Eventuali sopravvenienze conoscitive potranno, se del caso, essere depositate in sede di udienza ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 9 cfr. Sez. 1, n. 23797 del 2018, cit., pag. 4 della motivazione . 2.2. Sempre al fine di sostenere la fondatezza del motivo proposto, il ricorrente richiama poi una decisione delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte, che, affrontando la diversa questione del termine per il deposito dell’ordinanza emessa dal giudice di rinvio, ha affermato che il tribunale del riesame deve depositare il provvedimento nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, a pena di perdita di efficacia della misura, e non nel più lungo termine, comunque non eccedente il quarantacinquesimo giorno, previsto dall’art. 309 c.p.p., comma 10 Sez. U, n. 47970 del 20/07/2017, Rezmuves, Rv. 270953 . Il ricorrente valorizza tale pronuncia nella parte in cui ha evidenziato il carattere perentorio dei termini, e il divieto di interpretazione analogica o estensiva delle norme poste a tutela della libertà personale cfr. pag. 5 del ricorso . 3. Il principio espresso dalla sentenza della Prima Sezione richiamata dal ricorrente si pone in contrasto con altre decisioni, precedenti e successive ad essa, emanate da questa Suprema Corte. 3.1. Vengono anzitutto in rilievo le pronunce, emesse prima della sentenza Battaglia, con le quali è stato affermato il principio per cui in tema di impugnazioni avverso provvedimenti applicativi di misure cautelari personali, ai fini della decorrenza del termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti entro il quale, ai sensi dell’art. 311 c.p.p., comma 5 bis, il giudice del rinvio è tenuto a decidere, nel caso sia stata annullata con rinvio, su ricorso dell’imputato, un’ordinanza che ha disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 9, non è sufficiente la mera ricezione della sentenza rescindente, ma occorre anche la ricezione degli atti presentati a norma dell’art. 291 c.p.p., comma 1, nonché di tutti gli elementi eventualmente sopravvenuti in favore della persona sottoposta alle indagini Sez. 6, n. 27093 del 01/03/2017, Speranza, Rv. 270410. Nello stesso senso, cfr. Sez. 2, n. 15695 del 08/01/2016, Lombardo . Nell’affermare il principio, entrambe le decisioni citate hanno concordemente ritenuto che, per l’individuazione del termine di dieci giorni per la decisione, deve aversi riguardo alla data di trasmissione degli atti al tribunale da parte dell’autorità procedente. Nella medesima prospettiva, è stato ulteriormente precisato Sez. 2, n. 32084 de 15/06/2017, Arena che la richiesta di atti da parte del tribunale, a seguito della ricezione del fascicolo dalla Suprema Corte, non può ritenersi superflua, essendo ben possibile che, nelle more, l’autorità giudiziaria procedente abbia acquisito ulteriori atti, anche favorevoli all’indagato, di cui deve essere disposta obbligatoriamente la nuova trasmissione al giudice del riesame, a pena di perdita di efficacia della misura. 3.2. Altre più recenti decisioni, allo stato non massimate, hanno consapevolmente preso le distanze dalla sentenza Battaglia della Prima Sezione. In particolare, Sez. 2, n. 15622 del 19/12/2018, dep. 2019, Clarà, ha ritenuto ineludibile che il riferimento alla ricezione degli atti implichi la necessità che alla trasmissione corrisponda una effettività della decisione sulla base - per lo meno - degli stessi atti di cui il tribunale aveva la disponibilità al momento della decisione impugnata . Disponibilità che peraltro non è garantita dalla restituzione degli atti da parte del giudice di legittimità, sia perché a quest’ultimo devono essere trasmessi, ai sensi dell’art. 100 disp. att. c.p.p., solo gli atti necessari a decidere sull’impugnazione , sia per la natura incidentale del giudizio di riesame, in relazione al quale non è previsto che gli atti non trasmessi in cassazione rimangano in cancelleria durante il giudizio rescindente. In tale prospettiva, la sentenza Clarà ha evidenziato la piena compatibilità, con il novellato giudizio di rinvio, del meccanismo di trasmissione degli atti previsto dall’art. 309 c.p.p., comma 5, essendovi ormai un perfetto parallelismo tra il procedimento ordinario e quello di rinvio, accomunati dal termine perentorio di dieci giorni per la decisione e di trenta giorni per il deposito dell’ordinanza quest’ultimo prorogabile fino a quarantacinque solo nel procedimento ordinario cfr. Sez. U, n. 47970 del 2017, cit. . Conseguentemente, il Collegio ha ritenuto applicabile al procedimento di rinvio - in via analogica - le disposizioni dettate in tema di trasmissione degli atti dall’art. 309 c.p.p. sussistendo una piena compatibilità tra la rigida procedimentalizzazione connessa alla presenza di termini perentori prevista dall’art. 309 c.p.p., mancando una effettiva regolamentazione della riassunzione del procedimento, essendo comune al disposto sia dell’art. 309 c.p.p. che nell’art. 311 c.p.p. il riferimento alla ricezione degli atti ed essendo le scansioni procedimentali connesse a tale ricezione regolamentata solo nel contesto dell’art. 309 c.p.p., è a tale norma che deve farsi riferimento per individuare oneri e facoltà imposti al presidente della sezione per il riesame delle misure coercitive e alle parti. Infatti, proprio il disposto dell’art. 309 c.p.p., comma 5 impone il rispetto di termini perentori procedimentalizzando e sottraendo a incertezze interpretative la fase della ricezione . Nella medesima prospettiva, da ultimo, cfr. Sez. 2, n. 21716 del 08/03/2019, Giglio, la quale ha tra l’altro ribadito sia la necessità che il dies a quo da cui far decorrere il termine per la decisione sia individuato nel momento in cui il giudice del rinvio ha a disposizione tutti gli atti che, al momento della pronuncia rescindente della Corte di cassazione, possono essere diversi da quelli su cui lo stesso tribunale ha emesso l’ordinanza poi annullata , sia l’osservazione per cui, al momento della restituzione degli atti da parte della Suprema Corte, il tribunale non ha immediatamente a disposizione tutti gli atti a suo tempo inviati per la decisione sulla richiesta di riesame. 4. Questo Collegio ritiene di condividere il secondo indirizzo interpretativo, largamente maggioritario, e di ribadire - con le precisazioni di cui ai paragrafi seguenti - i principi espressi dalle pronunce poc’anzi richiamate. È peraltro opportuno evidenziare, sin d’ora, che il richiamo del ricorrente ai principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza Rezmuves cfr. supra, § 2.2. non appare conferente. E ciò non solo e non tanto perché viene qui in rilievo una questione oggettivamente del tutto diversa da quella presa in esame dal Supremo Consesso, quanto soprattutto perché non si tratta di accedere o meno ad interpretazioni estensive o analogiche di una disposizione limitativa della libertà personale quale appunto quella relativa alla possibilità di prorogare fino a quarantacinque giorni, anche nel giudizio di rinvio, il termine di trenta giorni fissato dal novellato art. 309 c.p.p., comma 10 per il deposito dell’ordinanza . Il quesito interpretativo posto dal primo motivo di ricorso presenta, in realtà, connotazioni del tutto differenti. Si tratta infatti di chiarire la reale portata applicativa, individuandone l’esatta collocazione nel procedimento, di una disposizione introdotta non già per limitare ulteriormente la libertà personale, ma - al contrario - al fine specifico di accelerare i tempi della decisione sulla richiesta di riesame anche in sede di rinvio, assicurando così il rispetto del minimo sacrificio necessario della libertà personale finalità che il legislatore del 2015 ha ritenuto di perseguire - tutt’altro che irragionevolmente - anche nell’ipotesi in cui l’indagato, pur avendo fondatamente censurato l’ordinanza emessa in sede di riesame, ottenendone l’annullamento, rimane sottoposto alla misura cautelare in attesa del giudizio di rinvio è stato così superato il precedente assetto, sancito da una risalente decisione delle Sezioni Unite, che escludeva l’applicabilità al giudizio di rinvio del termine perentorio di dieci giorni previsto dall’art. 309 c.p.p., comma 9 cfr. Sez. U, n. 5 de 17/04/1996, D’Avino, Rv. 204463 . Si tratta in particolare, come già più volte accennato, di interpretare correttamente la locuzione entro dieci giorni dalla ricezione degli atti , entro la quale deve intervenire la decisione a pena di inefficacia della misura cautelare, introdotta anche per il giudizio di rinvio all’art. 311 c.p.p., comma 5-bis. È peraltro evidente che, nel percorso ermeneutico volto alla esatta individuazione del predetto dies a quo, occorre tenere adeguatamente conto non solo della struttura e delle finalità del giudizio di rinvio, ma anche delle implicazioni sistematiche derivanti, sull’assetto del procedimento di riesame che si svolge all’esito della pronuncia rescindente, dalle modifiche introdotte dalla L. n. 47 del 2015. 5. È opportuno prendere le mosse dai principi, del tutto consolidati, che questa Suprema Corte ha elaborato in tema di giudizio di rinvio, secondo i quali, nell’ipotesi - ricorrente nel caso di specie - di annullamento per vizio di motivazione relativo al quadro indiziario, è legittima l’ordinanza del giudice del rinvio che, dopo avere colmato le lacune evidenziate nella sentenza rescindente, pervenga ad una decisione analoga a quella precedentemente annullata sulla base di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità, nonché integrando e completando quelle già svolte anche sulla base di elementi successivamente emersi o acquisiti Sez. 6, n. 8902 del 24/01/2018, Vitellaro . Anche in ambito cautelare, pertanto, trova applicazione il pacifico insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice del rinvio è chiamato a compiere un nuovo completo esame del materiale probatorio con i medesimi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le sole limitazioni previste dalla legge consistenti nel non ripetere il percorso logico già censurato, spettandogli il compito esclusivo di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova Sez. 3, n. 34794 del 19/05/2017, F., Rv. 271345 . Del resto, anche nelle ipotesi di annullamento per violazione di legge tra le quali deve annoverarsi anche quella conseguente al difetto di autonoma valutazione cfr. Sez. 3, n. 2257 del 18/10/2016, dep. 2017, Burani, Rv. 268800 , il giudice del rinvio deve ritenersi vincolato unicamente ai principi ed alle questioni di diritto decise con la sentenza di annullamento, con esclusione di ogni altra restrizione derivabile da eventuali passaggi di natura argomentativa contenuti nella motivazione della sentenza di legittimità, soprattutto ove riferibile a questioni di mero fatto attinenti il giudizio di merito Sez. 4, n. 41388 del 24/09/2013, Di Gregorio, Rv. 256893 . I principi qui richiamati evidenziano l’assoluta necessità che l’odierna questione venga affrontata congiuntamente a quella della tempestiva ricostituzione , nel fascicolo da esaminare in sede di rinvio, del compendio probatorio che a suo tempo ovvero al momento della decisione annullata era stato messo a disposizione del giudice del riesame. In tale ricerca di una ricostruzione sistematica delle disposizioni applicabili, è necessario altresì tener conto del fatto che il legislatore del 2015 è intervenuto unicamente sul segmento conclusivo del procedimento di rinvio introducendo termini perentori per la decisione e per il successivo deposito della motivazione , senza fornire alcuna indicazione circa le scansioni procedimentali che precedono la decisione. L’indagine sul significato da attribuire alla locuzione introdotta all’art. 311 c.p.p., comma 5-bis non può in alcun modo perdere di vista l’esigenza sistematica di cui si è detto i dieci giorni dalla ricezione degli atti , a disposizione del giudice di rinvio per la decisione, non possono che decorrere dal momento in cui quel giudice è posto nelle condizioni - quanto meno - di rivalutare compiutamente il materiale su cui si era fondata la decisione annullata dalla Suprema Corte oltre che, ovviamente, le eventuali sopravvenienze derivanti dal prosieguo dell’attività investigativa o da produzioni difensive . 6. In tale ottica ricostruttiva, la soluzione offerta dalla Prima Sezione con la sentenza Battaglia, secondo cui i dieci giorni decorrono dal momento in cui il tribunale riceve gli atti dalla Corte di cassazione, non può sicuramente dirsi soddisfacente. 6.1. È la stessa sentenza Battaglia, come già accennato, a ricordare cfr. supra, § 2.1 che di regola non tutti gli atti vengono trasmessi al giudice di legittimità, in vista della decisione sul ricorso per cassazione si tratta di un rilievo certamente fondato, che peraltro non ha un fondamento meramente empirico, trovando un riscontro inequivoco nel dato normativo. In altri termini, è il codice di rito ad evidenziare, con assoluta chiarezza, che la trasmissione solo parziale degli atti al giudice di legittimità costituisce evenienza non solo possibile, ma anzi per così dire fisiologica . Mentre infatti l’art. 309 c.p.p., comma 5 dispone che, dopo la presentazione della richiesta di riesame, l’autorità procedente trasmetta al tribunale gli atti presentati a norma dell’art. 291 c.p.p., comma 1 - ovvero gli atti posti a fondamento della richiesta di misura cautelare - nonché tutti gli atti sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini , in caso di ricorso per cassazione la cancelleria del tribunale sarà tenuta a trasmettere, secondo la regola generale posta dall’art. 100 disp. att. c.p.p., gli atti necessari per decidere sull’impugnazione . In buona sostanza, quel che di regola avviene è che la Corte di Cassazione riceve dal tribunale del riesame e ritrasmetterà a quest’ultimo, dopo la decisione sul ricorso solo una parte degli atti sottoposti alla valutazione del giudice emittente il provvedimento impugnato. È ben possibile, ovviamente, che - soprattutto negli incidenti cautelari relativi a processi di minore complessità - il tribunale trasmetta alla Suprema Corte l’intero fascicolo altrettanto ovvio, peraltro, è che questa non è la regola , e che l’individuazione della decorrenza di un termine perentorio, quale quello previsto per la decisione la cui inosservanza comporta tra l’altro dirompenti conseguenze sulla possibilità di rinnovazione del titolo cautelare, preclusa salvo che vi siano eccezionali esigenze cautelari cfr. art. 311 c.p.p., comma 5-bis, ultima parte non può essere determinata caso per caso , sulla base del grado di completezza degli atti ricevuti dalla Suprema Corte, e da questa ritrasmessi al tribunale. 6.2. Come già accennato, la sentenza della Prima Sezione risolve il problema della completezza del fascicolo, da porre a disposizione del giudice di rinvio, osservando che il tribunale è già in possesso degli atti necessari alla trattazione essendosi pronunziato con la decisione soggetta a ricorso cfr. supra, § 2.1 . L’assunto non può peraltro essere condiviso, non solo perché - come già sottolineato dalle pronunce aderenti al contrario indirizzo cfr. supra, § 3.2 - nessuna disposizione prevede un obbligo per la cancelleria del riesame di trattenere il materiale non trasmesso fino alla decisione della Suprema Corte, ma anche perché trattasi di soluzione non in linea con la natura squisitamente incidentale del giudizio di riesame che implica la restituzione degli all’autorità procedente, all’esito del procedimento , e ben poco praticabile sul piano strettamente operativo non sembra potersi realisticamente immaginare che la cancelleria di un tribunale, chiamato a valutare le impugnazioni sulla libertà personale di un intero distretto, possa essere onerata della contemporanea custodia di tutti gli atti ricevuti dalle varie autorità procedenti e non trasmessi in cassazione, fino alla definizione del giudizio di legittimità . 6.3. L’interpretazione dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis sostenuta dal ricorrente, volta a far decorrere i dieci giorni per la decisione dal momento in cui il tribunale riceve gli atti ritrasmessi dalla Corte di Cassazione, non può essere accolta anche per le insostenibili criticità da essa derivanti sulla concreta funzionalità del procedimento di riesame. Va anzitutto evidenziato che, aderendo a tale interpretazione, il termine di dieci giorni a disposizione del giudice del rinvio decorrerebbe - del tutto irragionevolmente - da un momento in cui quel giudice, di regola cfr. supra, § 6.1 , non è ancora in possesso del fascicolo originariamente trasmesso ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 5, e non è quindi ovviamente in grado di procedere alla rivalutazione del compendio probatorio, nel senso già chiarito cfr. supra, § 5 . Altrettanto irragionevole appare poi la conclusione per cui il Presidente, pur di evitare la perdita di efficacia della misura correlata allo spirare del termine, sia comunque tenuto a fissare l’udienza camerale al buio , ovvero in mancanza di un fascicolo correttamente ricostituito. Nè sembra possibile - in assoluta assenza di disposizioni regolatrici - poter procedere ad una ricostituzione progressiva degli atti durante il decorso del termine, non solo perché i dieci giorni costituiscono - si ripete - uno spatium deliberandi a disposizione del giudice che postula la piena disponibilità del fascicolo , ma anche perché occorre assicurare il pieno ed effettivo esercizio dei diritti difensivi individuati dall’art. 309 c.p.p., comma 8 nei tre giorni liberi che intercorrono tra la notifica dell’avviso e l’udienza camerale, i difensori hanno la facoltà di esaminare ed eventualmente estrarre copia degli atti, che fino al giorno dell’udienza restano depositati in cancelleria . 7. Le considerazioni fin qui svolte impongono di ritenere che, all’esito dell’annullamento con rinvio e della conseguente ritrasmissione degli atti al tribunale, il procedimento di riesame debba necessariamente ripartire dalle scansioni delineate dall’art. 309 c.p.p., comma 5 al momento della ritrasmissione degli atti da parte della Suprema Corte, il Presidente cura che sia dato immediato avviso all’autorità procedente, tenuta ad una tempestiva nuova trasmissione di quanto a suo tempo già inviato, nonché delle eventuali sopravvenienze favorevoli salva ovviamente la possibilità per il P.M., ove lo ritenga, di produrre anche gli esiti di indagine sfavorevoli alla difesa, eventualmente acquisiti medio tempore . Conseguentemente, il dies a quo per la decorrenza del termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti , di cui all’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, deve essere individuato nel momento in cui il tribunale riceve nuovamente gli atti dall’autorità procedente fermo restando che, nell’ipotesi non fisiologica in cui il tribunale abbia trattenuto gli atti durante il giudizio di legittimità, l’autorità procedente potrà limitarsi a trasmettere le sopravvenienze, ovvero - in mancanza di queste ultime - a richiamare gli estremi del precedente invio. Solo in questo modo, infatti, si assicura il contemperamento - ed anzi il pieno soddisfacimento - sia delle esigenze di celerità sottese all’introduzione del termine perentorio per la decisione cfr. sul punto infra, § 7.2. , sia delle esigenze di ordine logico-sistematico correlate all’impossibilità di far decorrere il predetto termine senza che il giudice di rinvio sia posto in condizione di rivalutare compiutamente il compendio probatorio a suo tempo sottoposto al tribunale cfr. supra, § 5 . 7.1. Al riguardo, deve ritenersi non condivisibile il rilievo, contenuto nella sentenza Battaglia, secondo cui la possibilità di una nuova trasmissione degli atti ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 5 dovrebbe essere esclusa, trattandosi di disposizione applicabile unicamente dopo la presentazione di una richiesta di riesame cfr. supra, § 2.1 . Da un lato, infatti, non può che ribadirsi quanto già criticamente osservato in ordine al fatto che l’interpretazione che qui si contesta non risulta corredata da una concreta ed effettiva soluzione alternativa, quanto al problema della ricostituzione del fascicolo per il giudizio di rinvio e delle modalità con cui provvedervi, in vista della fissazione della nuova udienza camerale dinanzi al tribunale cfr. supra, § 6 . D’altro lato, va evidenziato che la nuova trasmissione degli atti, ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 5, non trova alcun tipo di ostacolo nella lettera della legge la disposizione si limita infatti a prevedere che il presidente cura che sia dato immediato avviso all’autorità procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette . In definitiva, se è vero che gli adempimenti indicati nel comma 5 trovano normalmente applicazione in conseguenza della presentazione di una richiesta di riesame, è anche vero che nella totale assenza di interventi legislativi sulle scansioni procedimentali del giudizio di rinvio precedenti la fase decisoria, e di soluzioni alternative praticabili - nulla vieta che la disposizione possa essere applicata anche per garantire una corretta ripartenza del procedimento di riesame in sede di rinvio, dopo la restituzione degli atti da parte della Corte di Cassazione. A tali conclusioni, tra l’altro, sembra potersi pervenire senza necessità di far ricorso ad un’interpretazione analogica, ma sulla sola base di considerazioni di ordine sistematico per effetto della novella del 2015, che ha introdotto il termine perentorio per la decisione in sede di rinvio senza minimamente occuparsi delle fasi precedenti la decisione medesima, si deve ormai certamente escludere che queste ultime possano essere regolate secondo lo schema generale dettato dall’art. 127 avviso alle parti notificato almeno dieci giorni prima dell’udienza, possibilità di depositare memorie fino a cinque giorni prima, ecc. . Si intende dire che l’introduzione di quel termine ha avuto l’effetto di ricollocare il procedimento di riesame in sede di rinvio all’interno della sua sede naturale , quanto alla disciplina applicabile non solo quella volta a costituire il contraddittorio e a regolare le produzioni di parte, ma anche - ed anzi prima ancora - quella finalizzata all’acquisizione, in tempi certi e celeri, del materiale a suo tempo posto a disposizione del tribunale, in vista della sua rivalutazione da parte del giudice di rinvio e di una decisione che - proprio come nel riesame ordinario - deve intervenire entro dieci giorni dalla ricezione degli atti , a pena della perdita di efficacia della misura. 7.2. A tale ultimo proposito, non sembra ultroneo ribadire che la soluzione interpretativa qui accolta appare l’unica in grado di rispettare la volontà acceleratoria che ha animato il legislatore del 2015 il pieno parallelismo Sez. 2, n. 15622 del 2019, cit. tra il procedimento ordinario e quello di rinvio, realizzato con l’inserimento anche in quest’ultimo dei termini perentori per la decisione e per il deposito dell’ordinanza, risulterebbe irrimediabilmente frustrato se la decorrenza del termine per la decisione fosse lasciata alla discrezionalità se non all’arbitrio del giudice ad quem, anziché essere rigidamente ancorata alle stringenti cadenze imposte dall’art. 309 c.p.p., comma 5. Sul punto, è appena il caso di ricordare che per le ragioni evidenziate sin da epoca risalente dalla Consulta sent. n. 232 del 1998 e da questa Suprema Corte Sez. 3, n. 3045 del 17/11/1998, dep. 1999, Liccardo, Rv. 212204 - la sanzione di inefficacia per la mancata trasmissione degli atti entro il quinto giorno opera non solo qualora l’autorità procedente non si sia attivata dopo aver ricevuto l’avviso, ma anche nell’ipotesi in cui il presidente del tribunale non abbia curato che la predetta autorità fosse immediatamente avvisata. D’altra parte, nessun ostacolo sembra potersi rinvenire all’applicazione della predetta causa di inefficacia in caso di omessa tempestiva trasmissione, perché, come già più volte ricordato, l’inserimento dei termini perentori per la decisione ed il deposito, non accompagnato da alcun tipo di intervento quanto alla fasi procedimentali che precedono la decisione stessa, impone di ritenere che tutte le norme che regolano il procedimento di riesame, non derogate dalla novella, debbano trovare integrale e diretta applicazione anche nel giudizio di rinvio la stessa sentenza Battaglia individua nell’art. 309 c.p.p., comma 9 lo strumento processuale per la produzione delle sopravvenienze, così come nessun dubbio può porsi in ordine all’operatività delle disposizioni di cui al comma 8 in tema di instaurazione del contraddittorio avviso alle parti almeno tre giorni liberi prima dell’udienza camerale , essendo ormai certamente impraticabile il ricorso alle disposizioni generali di cui all’art. 127, comma 1. 8. Così ricostruito il quadro normativo applicabile, la dedotta violazione dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis risulta insussistente. Dagli atti trasmessi emerge infatti che in data 15/03/2019, ovvero nella stessa data in cui sono pervenuti gli atti ritrasmessi dalla Suprema Corte, il personale di cancelleria del Tribunale di Caltanissetta ha provveduto, come disposto dal Presidente , a richiedere al P.M. e al G.i.p. in sede gli atti in originale o in copia cfr. l’avviso all’autorità giudiziaria procedente allegato agli atti che in data 18/03/2019 e dunque nei cinque giorni dalla richiesta , il Tribunale ha ricevuto dall’Ufficio Gip/Gup gli atti meglio indicati nella relativa nota che in data 28/03/2019 e dunque entro dieci giorni dalla ricezione il Collegio nisseno, all’esito dell’udienza camerale svoltasi in pari data, ha emesso la decisione sulla richiesta di riesame. È appena il caso di precisare che, ai fini specifici che qui interessano, nessun rilievo può attribuirsi al fatto che nel caso concreto la cancelleria del tribunale, dando avviso all’autorità procedente della ritrasmissione del fascicolo da parte della Corte di Cassazione, abbia richiesto all’autorità procedente l’immediata trasmissione di ulteriori e successivi atti si cui si fonda il procedimento oggetto del riesame . Invero, una siffatta formulazione può far ritenere che la Corte di Cassazione avesse a suo tempo ricevuto l’intero incarto processuale, e lo abbia altrettanto integralmente ritrasmesso dopo la pronuncia rescindente ovvero che il tribunale abbia conservato il fascicolo nella parte non inviata alla Suprema Corte. Si tratta peraltro di evenienze che - come si è cercato di dimostrare cfr. supra, § 6 - non costituiscono la regola , e che pertanto non possono in alcun modo porre in discussione la necessità di una nuova richiesta ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 5 nella specie, l’aggettivo ulteriori ben può riferirsi agli atti diversi da quelli ritrasmessi dalla Suprema Corte, ed il termine successivi alle sopravvenienze , nè, tanto meno, incidere sull’esigenza - tanto ovvia quanto imprescindibile - di individuare con certezza, e definitivamente, il giorno da cui far decorrere il termine perentorio per la decisione, evitando così di rimettere tale delicatissima operazione interpretativa ad un’indagine caso per caso , correlata al grado di completezza del fascicolo processuale restituito dal giudice di legittimità. 9. Inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, è invece il motivo concernente la sussistenza della gravità indiziaria per il reato associativo ascritto al M. . Come chiarito nel contraddittorio delle parti in apertura di udienza, l’odierno ricorrente è stato condannato in data 10/05/2019, dal G.u.p. del Tribunale di Caltanissetta, anche per il predetto reato cfr. il dispositivo di sentenza acquisito dall’Ufficio giudiziario nisseno, ed allegato agli atti . Trova conseguentemente applicazione il consolidato insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui in tema di provvedimenti de libertate, la decisione cautelare non può porsi in contrasto con il contenuto della sentenza, pur non irrevocabile, emessa in ordine ai medesimi fatti nei confronti dello stesso soggetto, stante la relazione di strumentalità esistente tra il procedimento incidentale e quello principale pertanto la sopravvenienza di una sentenza di condanna fa venir meno l’interesse dell’indagato alla procedura di riesame - anche in sede di rinvio a seguito di annullamento disposto dalla Corte di cassazione - con riferimento al profilo concernente la verifica dell’originaria sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, salvo che risultino dedotti elementi di prova nuovi, suscettibili di dare ingresso ad una possibile diversa lettura degli indizi al momento dell’adozione della misura cautelare Sez. 1, n. 55459 del 15/06/2017, Gagliardi, Rv. 272398. In senso analogo, tra le altre, cfr. Sez. 2, n. 5988 del 23/01/2014, Paolone, Rv. 258209 . Nella specie, i difensori hanno lamentato il mancato adeguamento, da parte del giudice di rinvio, ai principi fissati in sede rescindente, senza peraltro dedurre elementi di novità nel senso appena chiarito. Di qui la sopravvenuta inammissibilità del motivo di ricorso. 10. Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto dell’impugnazione proposta, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.