La contravvenzione dell’inosservanza delle prescrizioni imposte dal questore presuppone la validità e la legittimità dell’atto amministrativo

La necessaria compresenza e correlazione, nel provvedimento del questore, di entrambe le intimazioni – di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento comporta che entrambe devono concorrere a integrare, sul piano oggettivo, la fattispecie legale tipica del provvedimento, la cui corretta formazione ed esistenza costituisce il presupposto del reato derivante dall’inosservanza di una delle sue prescrizioni con la conseguenza che la mancanza dell’una o dell’altra prescrizione, determinando la carenza di uno degli elementi essenziali dell’atto amministrativo, fa venir meno il presupposto logico –giuridico della condotta incriminata.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, con la sentenza n. 30950 depositata il 15 luglio 2019. La sindacabilità del provvedimento amministrativo da parte del giudice ordinario. Con la sentenza in commento, la Suprema Corte si pronuncia sulla legittimità del provvedimento amministrativo del foglio di via, emesso dal questore, la cui inosservanza comporta l’integrazione di una fattispecie di reato prevista dal d.lgs. n 159 del 2011. La condotta sanzionata dall’art. 76, comma 3, del suddetto decreto consiste nella contravvenzione alle disposizioni stabilite dal questore il quale, qualora determinate categorie di persone siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dai luoghi di residenza, può rimandarvele con provvedimento motivo e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare nel comune dal quale sono allontanate per un periodo non superiore a tre anni. Nel caso di specie, il Tribunale argomentava che il foglio di via obbligatorio, costituendo un atto a contenuto composito che deve contenere la duplice previsione dell’ordine di rientro nel luogo di residenza e il contestuale divieto di fare ritorno nel comune ove è stato allontanato, fosse carente della seconda intimazione, essendo privo dell’ordine di rimpatrio nel luogo di residenza. Pertanto, mancando un elemento essenziale dell’atto amministrativo, la nullità del suddetto provvedimento era rilevabile dal giudice ordinario in sede di accertamento della sussistenza degli elementi costitutivi del fatto di reato di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. 159 del 2011. Avverso tale decisione ricorre il Procuratore generale, deducendo quale violazione il profilo dell’insindacabilità del provvedimento amministrativo da parte del giudice penale. Elementi essenziali del foglio di via l’intimazione di fare rientro nel luogo di residenza e l’inibitoria di non ritornare nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento. Secondo la Suprema Corte, il ricorso è infondato. L’accertamento che la persona si trovi in luogo diverso da quello di residenza e l’ordine conseguente di farvi immediato rientro costituiscono condizioni imprescindibili della legittima emissione della contestuale inibitoria, rivolta al medesimo soggetto, di non fare ritorno nel luogo dal quale viene allontanato. Da ciò ne discende che l’assenza nel provvedimento del questore del suddetto accertamento o del conseguente ordine di rimpatrio” rende l’atto amministrativo difforme dalla fattispecie tipica e carente di uno degli elementi essenziali previsti a pena di nullità. Ritiene il collegio che, sulla scorta di una lettura sistematica che privilegi il potere-dovere del giudice ordinario di sindacare la legittimità dell’atto amministrativo, questo sussista ogniqualvolta l’accertamento della sua rispondenza al modello legale tipico stabilito dalla legge costituisca condizione di validità dell’atto che integra il reato presupposto. Non vi è ragione di limitare o circoscrivere l’ambito e la portata del sindacato di legittimità del giudice penale, quando esso investa addirittura l’accertamento della presenza degli elementi essenziali del provvedimento amministrativo, la cui mancanza sia idonea a comportare la più grave sanzione della nullità. Pertanto, posto che il foglio di via richiede la necessaria compresenza della duplice intimazione di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento, la mancanza dell’una o dell’altra prescrizione, determinando la carenza di uno degli elementi essenziali dell’atto amministrativo, fa venir meno il presupposto logico-giuridico della condotta incriminata ex art. 76, comma 3, d.lgs. 159 del 2011. In caso contrario, difatti, si finirebbe per applicare una sanzione penale all’inosservanza di un provvedimento amministrativo difforme dal modello legale esplicitamente richiamato dalla norma incriminatrice.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 aprile – 15 luglio 2019, n. 30950 Presidente Tardio – Relatore Aliffi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 19.4.2018 il Tribunale di Vicenza ha assolto, perché il fatto non sussiste, D.C.D.A. dal reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 76, comma 3, commesso il , consistito nell’inottemperanza al provvedimento del Questore di allontanamento dal territorio dei comuni di Vicenza e Arcugnano per la durata di anni tre, emesso e notificato all’imputato in data 30.9.2016. Il Tribunale argomentava che il foglio di via obbligatorio, previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 2, costituisce un atto a contenuto composito che deve contenere una duplice previsione l’ordine di rientro nel luogo di residenza del soggetto pericoloso per la sicurezza pubblica, che appartenga a una delle categorie indicate dal medesimo D.Lgs., e il divieto - per la stessa persona - di fare ritorno senza previa autorizzazione o per un periodo non superiore a tre anni nel comune dal quale è stata allontanata che il correlato reato di cui all’art. 76, comma 3, implica, a sua volta, una condotta omissiva plurima, ripartita in due elementi tra loro interdipendenti, rappresentati dal mancato allontanamento del soggetto dal luogo dal quale è stato bandito, e dall’inadempimento dell’obbligo di rientro nel luogo di abituale residenza poiché la circostanza che il soggetto si trovi in luogo diverso da quello di sua residenza costituisce condizione di legittimità del provvedimento, l’ordine di rientro nella stessa rappresenta il presupposto logico-giuridico dell’inibitoria a fare ritorno nel luogo dal quale è stato allontanato e la relativa mancanza determina perciò l’illegittimità del foglio di via per carenza di uno dei contenuti essenziali prescritti dalla norma di cui all’art. 2 che la conseguente nullità del provvedimento del Questore, privo nel caso di specie dell’ordine di rimpatrio nel luogo di residenza essendo l’imputato senza fissa dimora , per carenza di un elemento essenziale dell’atto L. n. 241 del 1990, ex art. 21-septies, era rilevabile dal giudice ordinario in sede di accertamento della sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 76, comma 3. 2. Ricorre direttamente per cassazione, per saltum, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Venezia, deducendo violazione di legge sotto il profilo dell’insindacabilità del provvedimento amministrativo da parte del giudice penale con riguardo al rilievo di una nullità il cui accertamento rientra nella competenza esclusiva del giudice amministrativo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato, per le ragioni che seguono. 2. La condotta sanzionata dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 76, comma 3, consiste nella contravvenzione alle disposizioni di cui all’art. 2 del medesimo decreto legislativo, il quale stabilisce testualmente che qualora le persone indicate nell’art. 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate . Dalla lettura della norma che individua e descrive i presupposti e il contenuto del provvedimento amministrativo, la cui inosservanza integra il reato e ne costituisce il necessario antecedente logico-giuridico, si evince che la legittima emissione del provvedimento da parte del questore postula la sussistenza di una duplicità di condizioni, che devono ricorrere entrambe in modo congiunto come fatto palese dall’uso della congiunzione e , rappresentate, da un lato, dal giudizio di pericolosità che deve essere formulato nei confronti della persona appartenente a una delle categorie indicate nel precedente art. 1, e, dall’altro, dal dato di fatto che la persona si trovi fuori del luogo di residenza in modo analogo, il contenuto del provvedimento, che rende l’atto amministrativo conforme alla fattispecie tipica descritta dalla legge, deve prevedere, quale presupposto necessario e non già eventuale o alternativo del divieto di rientro della persona in difetto di autorizzazione, o prima del termine imposto nel comune dal quale viene allontanata, l’ordine di fare ritorno nel luogo di residenza con foglio di via obbligatorio. L’accertamento che la persona si trova in un luogo diverso da quello di residenza e l’ordine conseguente di farvi immediato rientro costituiscono, dunque, condizioni imprescindibili - e inscindibili - della legittima emissione della contestuale inibitoria, rivolta al medesimo soggetto, di fare ritorno nel luogo dal quale viene allontanato. Da ciò discende che l’assenza nel provvedimento del questore del suddetto accertamento e/o del conseguente - necessario - ordine di rimpatrio rende l’atto amministrativo difforme dalla fattispecie tipica e carente di uno degli elementi essenziali previsti dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 2, la cui mancanza è idonea a produrre la nullità di natura strutturale dell’atto prevista dalla L. n. 241 del 1990, art. 21- septies sul procedimento amministrativo. 3. La coesistenza nel foglio di via obbligatorio disciplinato dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 2 di una duplicità di provvedimenti amministrativi di natura impositiva, rappresentati dall’ordine di fare rientro nel luogo di residenza e dal divieto di ritornare prima del termine indicato, oppure senza autorizzazione nel luogo dal quale la persona è allontanata, non è messa in dubbio dal pubblico ministero ricorrente, il quale contesta tuttavia l’idoneità dell’assenza di una delle due prescrizioni nella specie, l’intimazione di fare rientro nel luogo di residenza a determinare una patologia dell’atto amministrativo sindacabile dal giudice penale, richiamando sul punto il precedente di questa Corte, Sezione 1, di cui alla sentenza n. 22687 del 26/03/2013, Rv. 256482, secondo cui l’illegittimità del provvedimento del questore che si limiti a imporre il solo divieto di ritorno nei comune di allontanamento ovvero, alternativamente, il solo rimpatrio nel comune di residenza, senza il divieto de quo , discendente dalla non corrispondenza dell’atto al modello tipizzato dalla legge, non può essere rilevata dal giudice ordinario al fine di disapplicare il provvedimento amministrativo, in quanto non comporta una lesione di diritti soggettivi facenti capo al destinatario del provvedimento. Ritiene il Collegio, in adesione alla recente sentenza Sez. 1, n. 4074 del 09/01/2019, Pipis Maria Daciana, Rv. 275159, di superare il proprio precedente orientamento sulla scorta di una lettura sistematica che privilegi il potere-dovere del giudice ordinario di sindacare la legittimità dell’atto amministrativo, ogniqualvolta l’accertamento della sua rispondenza al modello tipico stabilito dalla legge costituisca condizione di validità dell’atto che integra il presupposto del reato e ciò a maggior ragione allorché l’invalidità discenda come nel caso in esame - dalla mancanza di uno degli elementi essenziali del provvedimento e dia luogo, perciò, alla forma più grave e tendenzialmente insanabile di patologia, rappresentata dalla nullità e non dalla mera annullabilità. D’altra parte, la giurisprudenza di legittimità, proprio con specifico riferimento al provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio, ha chiarito che il giudice penale deve accertare la conformità alla legge dell’atto amministrativo alla luce dei tradizionali parametri - indicati nella L. n. 241 del 1990, art. 21-octies - dell’incompetenza, della violazione di legge e dell’eccesso di potere, con la precisazione, per quanto riguarda quest’ultimo, che esso è suscettibile di cognizione da parte del giudice ordinario non solo nella classica configurazione dello sviamento di potere, ma anche nelle varie figure sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza amministrativa Sez. 1 n. 28549 del 18/06/2008, Rv. 241084 . Non vi è ragione, dunque, di limitare o circoscrivere l’ambito e la portata del sindacato di legittimità del giudice penale, quando esso investa addirittura l’accertamento della presenza degli elementi essenziali del provvedimento amministrativo, la cui mancanza sia idonea a comportare la più grave sanzione della nullità in conformità, del resto, all’indirizzo risalente a Sez. 3 n. 6537 del 30/03/1992, Rv. 190458 . La necessaria compresenza e correlazione, nel provvedimento del questore, di entrambe le intimazioni, di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento, la prima delle quali costituente condizione e antecedente logico dell’altra, comporta che entrambe devono concorrere a integrare, sul piano oggettivo, la fattispecie legale tipica del provvedimento, la cui corretta formazione ed esistenza costituisce il presupposto del reato derivante dall’inosservanza di una delle sue prescrizioni con la conseguenza che la mancanza dell’una o dell’altra prescrizione, determinando la carenza di uno degli elementi essenziali dell’atto amministrativo, che ne condizionano la validità e dunque la legittimità, fa venir meno lo stesso presupposto logico-giuridico della condotta incriminata, costituita D.Lgs. n. 159 del 2011, ex art. 76, comma 3, dalla violazione della disposizione di un provvedimento validamente e legittimamente formato. In caso contrario si finirebbe, infatti, per applicare una sanzione penale all’inosservanza di un provvedimento amministrativo difforme dal modello legale esplicitamente richiamato dalla norma incriminatrice che, addirittura, configura la il provvedimento omesso dal Questore nel caso in esame, ovvero l’ordine di rimandare nei luoghi di residenza le persone pericolose, come strettamente funzionale al successivo divieto di ritornare nel comune da cui sono allontanate. D’altra parte, che lo scopo del foglio di via sia quello di limitare la libertà di spostamento di cui normalmente godono i cittadini quando una persona pericolosa socialmente venga identificata fuori del suo luogo di residenza senza un legittimo motivo si legge nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 2 che la misura è applicabile qualora le persone siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza e non quello di allontanare le persone pericolose da un determinato luogo, è confermato, in primo luogo dalla giurisprudenza costituzionale che fin dalla sentenza della Corte delle L. n. 68 del 1964 occupandosi della questione di legittimità costituzionale della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 2 disposizione oggi trasfusa nella norma incirminatrice contestata , sollevata proprio con riferimento all’interpretazione della misura di prevenzione da esse prevista come obbligo della persona pericolosa di allontanarsi da un determinato luogo e non come obbligo di portarsi senza rimanervi in altro luogo, ha precisato che l’obbligo previsto da detta norma di portarsi, almeno inizialmente, nel Comune di residenza risponde ad una esigenza logica, fondata sulla realtà senza la indicazione di una destinazione il foglio di via avrebbe l’aspetto di un bando, non di un ordine di trasferimento da un Comune ad un altro e che, in ogni caso, solo così intesa, la misura garantisce all’interessato di ritornare nella sua dimora abituale dove ha maggiori possibilità di reinserirsi in un ambiente più confacente ad un sistema di vita meno esposto ai pericoli ed ai turbamenti del luogo di non abituale dimora . Di recente, la giurisprudenza amministrativa, proprio in considerazione della ratio sottesa all’istituto, ha ritenuto illegittimo il foglio di via emanato nei confronti di un soggetto che, seppur non residente, dimori abitualmente nel Comune da cui viene allontanato cfr. Tar Emilia Romagna, sez. Bologna, sent. 795/2017 . 4. Poiché nel caso di specie è pacifico che il provvedimento del questore che ordinava l’allontanamento dell’imputato dal territorio dei comuni di Vicenza e di Arcignano per la durata di anni tre non era accompagnato da una contestuale intimazione rivolta all’odierno ricorrente di fare rientro nel luogo di residenza, la decisione della sentenza impugnata di ritenere insussistente il reato derivante dall’inottemperanza di un ordine di allontanamento contenuto in un provvedimento invalido, perché privo di uno dei suoi elementi essenziali, risulta corretta e non merita censura. P.Q.M. Rigetta il ricorso.