L’integrazione del delitto di illegale detenzione di esplosivi

La Suprema Corte precisa in presenza di quali elementi e caratteristiche può dirsi integrato il delitto di illegale detenzione di esplosivi, distinguendolo dalla contravvenzione di detenzione abusiva di materie esplodenti.

Questo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 30954/19, depositata il 15 luglio. La vicenda. La Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza con cui il GIP aveva condannato l’imputato per il delitto di cui all’art. 2, l. n. 895/1967, consistente nella detenzione illegale di esplosivi. Contro tale pronuncia, l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, la mancata sussistenza dell’elemento soggettivo ed oggettivo del reato, in considerazione dei requisiti richiesti dalla norma citata, e invocando la derubricazione nella contravvenzione ex art. 678 c.p Illegale detenzione di esplosivi. La Corte di Cassazione dichiara infondato il ricorso, richiamando il principio in base al quale integra il delitto di illegale detenzione di esplosivi, e non la contravvenzione di detenzione abusiva di materie esplodenti, la condotta avente ad oggetto materiali pirotecnici, non micidiali se singolarmente considerati, che in determinate condizioni – quali l’ingente quantitativo, il precario confezionamento, la concentrazione in ambiente angusto, la prossimità a luoghi frequentati – costituiscono pericolo per persone o cose, assumendo nell’insieme la caratteristica della micidialità . A proposito di tale ultima caratteristica, la Corte riscontra che l’apprezzamento operato dal Giudice nel caso concreto circa la considerazione oggettiva delle caratteristiche di confezionamento e di conservazione del materiale detenuto dal ricorrente non è censurabile, così come incensurabile risulta la motivazione del provvedimento circa la sussistenza dell’elemento psicologico di natura dolosa, correttamente individuato nella consapevolezza dell’imputato di detenere materiale esplodente nelle condizioni sopra descritte, indipendentemente dalla sua convinzione soggettiva sulla liceità della detenzione. Anche per questi motivi, gli Ermellini rigettano il ricorso e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 giugno 15 luglio 2019, n. 30954 Presidente Mazzei – Relatore Sandrini Ritenuto in fatto i. Con sentenza in data 23.05.2018 la Corte d’Appello di Lecce ha confermato la sentenza pronunciata il 12.07.2017 con cui il GIP del Tribunale, in sede, aveva condannato M.E. alla pena di anni 1 mesi 4 di reclusione e Euro 3.000 di multa, oltre statuizioni accessorie, per il delitto di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 2, consistito nella detenzione illegale all’interno della propria abitazione, stipati in un armadio della camera da letto, di otto candelotti confezionati artigianalmente del peso lordo complessivo di 430 grammi, completi di miccia, fatto accertato in omissis . La Corte territoriale riteneva integrato il delitto ascritto all’imputato, di illegale detenzione di esplosivi, in ragione del quantitativo di materiale esplodente, del suo precario confezionamento, della concentrazione in un ambiente angusto, tale da realizzare una situazione oggettiva di potenziale pericolo per le persone e per le cose derivante dalla presenza di otto bombe-carta munite complessivamente del requisito della micidialità riteneva altresì sussistente il dolo generico, derivante dalla consapevolezza della detenzione del materiale suddetto, nonché la recidiva contestata, tenuto conto dei numerosi precedenti, anche specifici, del M. , e confermava il diniego delle attenuanti generiche. 2. Ricorre per cassazione M.E. , a mezzo del difensore, deducendo due motivi di doglianza, coi quali lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla L. n. 895 del 1967, art. 2, artt. 4 e 55 T.U.L.P.S., deducendo l’assenza nel materiale pirico sequestrato, munito di mero effetto detonante e dirompente, acquistato dall’imputato per festeggiare il compleanno, del requisito della micidialità richiesto dalla legge per l’equiparazione alle armi da guerra rileva il mancato superamento della soglia ponderale di 5 kg netti necessaria a rendere illecita la detenzione non autorizzata del materiale esplodente invoca la derubricazione nella contravvenzione di cui all’art. 678 c.p., in assenza di una consulenza sulla effettiva offensività del materiale, detenuto dall’imputato nella consapevolezza della sua liceità, lamentando l’omessa motivazione sull’elemento psicologico del reato violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta recidiva, per la cui sussistenza non era sufficiente la mera presenza di precedenti penali, e al diniego delle attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Il primo motivo di doglianza è privo di fondamento, avendo la sentenza impugnata fatto coerente e motivata applicazione al caso di specie del principio di diritto, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui integra il delitto di illegale detenzione di esplosivi, e non la contravvenzione di detenzione abusiva di materie esplodenti, la condotta avente ad oggetto materiali pirotecnici, non micidiali se singolarmente considerati, che in determinate condizioni quali l’ingente quantitativo, il precario confezionamento, la concentrazione in ambiente angusto, la prossimità a luoghi frequentati costituiscono pericolo per persone o cose, assumendo nell’insieme la caratteristica della micidialità Sez. 1 n. 50925 del 19/07/2018, Rv. 274477 Sez. 1 n. 45614 del 14/10/2013, Rv. 257344 Sez. 1 n. 16677 del 24/01/2011, Rv. 249958 . Gli otto candelotti di materiale esplodente, ciascuno munito di miccia, confezionati artigianalmente in modo da costituire delle bombe carta , del peso lordo complessivo di 430 grammi, conservati tutti insieme all’interno di un armadio nella camera da letto dell’imputato, sono stati ritenuti dai giudici di merito idonei proprio in ragione delle loro concrete e precarie modalità di confezionamento, di custodia e di concentrazione, in un ambiente angusto all’interno di un’abitazione, che li esponevano al rischio di accensione accidentale e di esplosione congiunta a mettere in pericolo l’incolumità di persone o cose, così integrando il requisito della micidialità richiesto per la realizzazione del delitto di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 2. L’apprezzamento motivato delle complessive modalità e circostanze del fatto, operato dalla sentenza impugnata, non è censurabile dalla Corte di legittimità in particolare, il requisito della micidialità attribuito nel suo insieme al materiale esplodente de quo sulla scorta della considerazione oggettiva delle sue caratteristiche di confezionamento e conservazione rende inconferente il mancato superamento delle soglie quantitative previste dalle norme del T.U.L.P.S. evocate dal ricorrente che presuppongono, per la loro operatività, la detenzione di materiali integri, confezionati secondo le norme di legge e custoditi in regime di assoluta sicurezza , nonché l’espletamento di accertamenti tecnici sull’offensività del materiale, la cui pericolosità non discende tanto dai singoli contenuti di polvere pirica ma dalla capacità esplodente complessiva dei candelotti, nel loro insieme, detenuti in quelle determinate condizioni di fatto, positivamente accertate. Incensurabile è anche la motivazione sulla sussistenza dell’elemento psicologico di natura dolosa, correttamente individuato dalla Corte territoriale nella consapevolezza del M. di detenere il materiale esplodente in quelle condizioni, a prescindere dalla dedotta convinzione soggettiva dell’imputato circa la liceità della detenzione, integrante al più un irrilevante errore di diritto sulla portata della legge penale. 3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Le doglianze del ricorrente dirette a contestare l’applicazione della recidiva e il diniego delle attenuanti generiche sono formulate in termini del tutto generici, che non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata e si risolvono nel sollecitare a questa Corte una non consentita rivalutazione del merito della decisione gravata. La Corte territoriale, infatti, ha puntualmente e correttamente valorizzato, con motivazione insindacabile, l’numerosi precedenti, anche specifici, dell’imputato al fine di ritenere la ulteriore condotta illecita significativa di proclività a delinquere e sintomatica di una personalità negativa, tali da giustificare l’aggravio di pena previsto dall’art. 99 c.p. e il diniego del beneficio di cui all’art. 62 bis c.p 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.