Che natura ha l’ordine di demolizione?

In tema di reati edilizi, la demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell’art. 31, comma 9, testo unico dell’edilizia, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dall’essere stato o meno quest’ultimo l’autore dell’abuso.

Lo ha ribadito la terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30551/19, depositata l’11 luglio. La disciplina dell’ordine di demolizione nei reati edilizi. Preliminarmente, occorre ricordare che l’ordine di demolizione è una sanzione amministrativa di natura ablatoria e giurisdizionale, la cui esecuzione compete all’autorità giudiziaria, non essendo ipotizzabile, né logicamente spiegabile, che l’esecuzione di un provvedimento, adottato dal giudice penale, venga affidato alla pubblica amministrazione. Peraltro, l’ordine di demolizione, pur avendo natura amministrativa, è atto giurisdizionale che deve essere disposto dal giudice con la sentenza di condanna. Ne consegue che, in caso di mancata statuizione in tal senso, il dispositivo della sentenza potrà essere integrato solo dal giudice di appello. Infatti la procedura di cui all’art. 130 c.p.p. relativa alla correzione di errori materiali nel provvedimento emanato può essere applicata solo per porre rimedio ad errori od omissioni rilevabili dal contesto del provvedimento, e di natura tale da non modificare il contenuto essenziale dello stesso, mentre l’omissione in questione integra un vitium iudicando rettificabile solo in sede di impugnazione a seguito di rituale investitura del giudice di essa. Inoltre, l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi, e come tale non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo della originaria costruzione. L'ordine di demolizione di cui all'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380/2001 è sanzione caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale il relativo esercizio è attribuito, ma sostanzialmente amministrativa di tipo ablatorio, che il giudice deve disporre anche nella sentenza applicativa di pena concordata tra le parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p A tale sentenza, sono ricollegabili tutti gli effetti di una sentenza di condanna, ad eccezione di quelli espressamente indicati dall'art. 445, comma 1, c.p.p., fra i quali non è compresa la sanzione in oggetto non trattandosi di pena accessoria nè di misura di sicurezza . La natura amministrativa della sanzione demolitiva. Non deve meravigliare la possibilità di adottare da parte del giudice penale misure aventi natura di sanzione amministrativa si ritiene ormai superato il criterio che distingue tra sanzioni penali ed amministrative in base all'autorità competente ad adottarla, per cui è amministrativa la sanzione irrogata dall'autorità amministrativa, penale quella inflitta dalla relativa autorità giudiziaria. Del resto, in merito sembra fugare ogni dubbio la circostanza che il potere di ordinare la demolizione dell'opera abusiva da parte del giudice penale, non costituisce espressione di supplenza delle autorità amministrative, ma è manifestazione di un potere autonomo anche se coordinabile con quello della Pubblica Amministrazione. Quindi, tale potere ha una funzione direttamente ripristinatoria del bene offeso, attraverso l'eliminazione delle conseguenze del reato, riconnettendosi all'interesse statuale sotteso all'esercizio della potestà penale. Il contrapposto orientamento giurisprudenziale. Secondo un isolato orientamento, l'ordine di demolizione emesso dal giudice penale avrebbe invece natura di pena accessoria ciò scaturirebbe da una serie di elementi, quali la sussistenza di un reato come presupposto di una sentenza di condanna del giudice nell'esercizio di un potere autonomo e non in sostituzione della Pubblica Amministrazione di garanzie del procedimento penale del carattere della non revocabilità salva l'ipotesi d'inesistenza del reato accertata negli altri gradi di giudizio ed inderogabilità della sentenza pronunciata. Ad ulteriore sostegno di tale prospettazione si fa rilevare che il contenuto dell'ordine di demolizione ha carattere riparatorio e ciò l'avvicinerebbe alle forme di obbligazioni civili nascenti dal reato in quanto illecito anche civile, come si desumerebbe dall'art. 18 l. n. 349/1986, secondo cui in via generale e non solo nell'ambito della materia urbanistica il giudice nella sentenza di condanna ordina, ove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 marzo – 11 luglio 2019, n. 30551 Presidente Liberati – Relatore Noviello Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 14.06.2018, il giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Roma ha rigettato l’istanza con cui, P.V. , aveva promosso incidente di esecuzione presumibilmente per ottenere la revoca o sospensione, atteso che non emerge con chiarezza nel ricorso né nell’atto impugnato , contro l’atto di ingiunzione a demolire, adottato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, in relazione alla sentenza di condanna della medesima P.V. , emessa il 25 settembre 2002 dal Tribunale di Velletri - sezione distaccata di Frascati - con riferimento alla commissione di abusi edilizi. 2. Avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione P.V. , tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando quattro motivi di impugnazione. 3. Con il primo, contesta la falsa e carente motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , nonché il vizio di violazione di legge, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , in relazione alla L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 21 septies, avendo il giudice dell’esecuzione ritenuto adeguatamente motivata l’ingiunzione a demolire, emessa dalla Procura della Repubblica, che non identificava le opere da demolire, nonostante il disposto di cui alla L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 21 septies, ai sensi del quale, essendo necessaria la congrua motivazione del provvedimento - da intendersi come sanzione accessoria di natura amministrativa -, sarebbe richiesta anche l’identificazione dell’oggetto da demolire. 4. Con il secondo motivo deduce la falsa e carente motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , con riferimento al diniego di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione, pur in pendenza di una rituale istanza di rilascio di concessione in sanatoria, sub specie di provvedimento di condono, richiamando in proposito talune massime della Suprema Corte di Cassazione. 5. Con il terzo motivo, deduce la falsa e carente motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , per l’erroneità dell’affermazione di irrilevanza della prospettata pendenza di un procedimento giurisdizionale amministrativo, avverso l’ordinanza di demolizione autonomamente emessa dal Comune laddove il giudice, a fronte dell’intervenuta adozione da parte del Consiglio di Stato, di un provvedimento di accoglimento di istanza cautelare, con cui si assicurava alla ricorrente il possesso degli immobili di cui si controverte, non avrebbe correttamente considerato l’incompatibilità di tale decisione, con l’odinanza di demolizione notificata a P.V. e la successiva ingiunzione di demolizione. 6. Con il quarto motivo, deduce il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , per violazione dell’art. 173 c.p., della L. n. 689 del 1981, e dell’art. 7 della Convenzione Edu. L’ordine di demolizione, integrando una pena afflittiva, sarebbe soggetto al relativo regime di prescrizione con conseguente maturazione della medesima, trattandosi di un abuso edilizio risalente al 2002. La qualifica di sanzione dovrebbe altresì ricavarsi alla luce anche delle argomentazioni già formulate dalla Corte Edu in tema di confisca urbanistica, avendo l’ordine di demolizione evidenti finalità repressive. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 2. Riguardo al primo motivo, dall’esame dell’ordinanza impugnata emerge che il giudice dell’esecuzione non è stato mai investito della questione relativa alla motivazione dell’ingiunzione di demolizione, emessa dalla Procura della Repubblica, come invece dedotto dalla ricorrente. Piuttosto, emerge che era stata dedotta la mancata conoscenza, da parte di P.V. , dell’ordinanza di demolizione notificata dal Comune rispetto a tale prospettazione, evidentemente non inerente al profilo motivazionale dell’ingiunzione emessa dalla Procura, il giudice aveva evidenziato l’estraneità della questione al procedimento incidentale, siccome afferente alla regolarità della procedura amministrativa di acquisizione a titolo gratuito dell’immobile intestato alla P. ed intrapresa dal Comune di OMISSIS per inottemperanza all’ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi . Aggiungendosi come non fosse in contestazione la circostanza per cui, la ricorrente, avesse avuto contezza della statuizione adottata dal giudice L. n. 47 del 1985, ex art. 7, con la sentenza di condanna. Consegue l’estraneità totale del motivo, rispetto alle questioni dedotte e analizzate con la ordinanza impugnata, con conseguente inammissibilità del medesimo. Opera quindi, nel caso in esame, il principio per cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione consegue alla sua non attinenza al decisum della sentenza impugnata Sez. 3, n. 39071 del 05/06/2009 Rv. 244957 - 01 Oliva Sez. 3, n. 24624 del 17/04/2018 Rv. 273369 - 01 Vernucci . 3. Con riferimento al secondo motivo, l’inamissibilità deriva dall’assoluta genericità dello stesso, atteso che si riduce alla prospettazione del vizio di violazione di legge, conseguente al diniego di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione, sul mero presupposto di un asserita - e neppure allegata - istanza di rilascio di condono edilizio, nulla deducendo in ordine ai motivi specifici fondanti l’asserito vizio e, in particolare, alle ragioni di validità del condono richiesto, tali da sostenerne un verosimile quanto rapido accoglimento. L’inammissibilità deriva, peraltro, anche dall’assenza di pertinenza del motivo proposto rispetto alla decisione impugnata, atteso che dalla stessa emerge la circostanza per cui la ricorrente non aveva dedotto la pendenza di una istanza di condono, quanto, piuttosto, la pendenza di un ricorso amministrativo contro il già intervenuto diniego di una domanda di condono. Deduzione esaminata, in ogni caso, dal giudice, in adempimento dei propri doveri di verifica cfr. per tutte Sez. 3, n. 38997 del 26/09/2007, Rv. 237816, Di Somma , con motivazione inerente l’assenza dei presupposti fondanti l’accoglimento della domanda di condono rispetto alla quale, stante l’eccentricità anche di tale motivo in ordine al predetto fulcro della decisione, non è stata sollevata alcuna specifica critica. 4. Anche il terzo motivo di impugnazione è inammissibile, in ragione, innanzitutto, della sua assoluta genericità, conseguente alla incompleta quanto confusa illustrazione della tipologia della decisione del Consiglio di Stato richiamata, con particolare riferimento al relativo oggetto. Cosicché, manca il requisito, inanzitutto, di specificità intrinseca della censura. Inoltre, con il motivo in esame il ricorrente neppure ha preso in considerazione la pur articolata e coerente risposta del giudice dell’esecuzione, il quale ha evidenziato - peraltro meglio specificando la tematica in esame rispetto alla ricorrente -, come la pronunzia del Consiglio di Stato richiamata avrebbe solo conservato alla P. , in via cautelare, il possesso degli immobili fermo restando l’effetto acquisitivo derivante dai provvedimenti impugnati così rivelando, piuttosto, una portata negativa nei confronti della appellante P. del provvedimento stesso del Consiglio di Stato. In proposito, va evidenziato come la Corte abbia più volte ribadito la rilevanza, ai fini della ammissibilità del ricorso, della specificità dei motivi del medesimo. Si è così sottolineato che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568 e che le ragioni di tale necessaria correlazione, tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione, risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 . 5. Quanto al quarto motivo di impugnazione, l’inammissibiità discende dalla assoluta novità della questione, non dedotta in precedenza, come emerge dal provvedimento impugnato. Ad ogni modo, si tratta di questioni già esaminate da questa Corte in senso totalmente difforme da quello proposto. Infatti, con decisioni consolidate, questa Corte ha escluso cfr. per tutte Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Rv. 265540 Delorier la natura sanzionatoria dell’ordine di demolizione, sulla base di un’articolata disamina della relativa disciplina, di cui al D.P.R. n. 380 del 2001. Da essa si è evinto che la demolizione dell’abuso edilizio è stata disegnata dal Legislatore come un’attività avente finalità ripristinatorie dell’originario assetto del territorio, imposta all’autorità amministrativa, che deve provvedervi direttamente nei casi previsti dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 27, comma 2, o attraverso la procedura d’ingiunzione. Si tratta, dunque, di sanzioni amministrative che prescindono dalla sussistenza di un danno e dall’elemento psicologico del responsabile, in quanto applicabili anche in caso di violazioni incolpevoli come tali sono rivolte non solo alle persone fisiche, ma anche alle persone giuridiche ed agli enti di fatto e sono generalmente trasmissibili nei confronti degli eredi del responsabile e dei suoi aventi causa, che a lui subentrino nella disponibilità del bene cfr. Cass. Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti, Rv. 245918 cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 2266 del 12/4/2011 Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 6554 del 24/12/2008. . È stato in tal senso valorizzato anche il dato per cui, considerato il complesso delle disposizioni integranti la disciplina citata, i provvedimenti finalizzati alla demolizione dell’immobile abusivo, adottati dall’autorità amministrativa, risultano autonomi rispetto alle eventuali statuizioni del giudice penale e, più in generale, alle vicende del processo penale. Sempre questa Corte, nella sentenza in principio citata e con specifico riferimento alla demolizione ordinata dal giudice penale ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, ha osservato, in primo luogo, che la disposizione si pone in continuità normativa con la L. n. 47 del 1985, previgente art. 7, cfr. anche Sez. 3, n. 32211 del 29/5/2003, Di Bartolo, Rv. 225548 e costituisce atto dovuto del giudice penale, esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quello dell’autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione cfr. da ultimo anche Sez. 3, n. 55295 del 22/09/2016 Rv. 268844 Fontana Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013 Russo, Rv. 258518 Sez.3, n. 37906 del 22/5/2012, Mascia, non massimata Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, Sorrentino Rv. 198511. Ma si vedano anche Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, Monterisi, Rv. 205336 Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 dep.1997 , Luongo, Rv. 206659 . Inoltre, ha sottolineato che la predetta disposizione si pone come norma di chiusura del complesso sistema sanzionatorio amministrativo, in precedenza descritto cfr. Corte Cost. ord. 33 del 18/1/1990 ord. 308 del 9/7/1998 Cass. Sez. F, n. 14665 del 30/08/1990, Di Gennaro, Rv. 185699 . Sulla base di queste premesse, ha concluso nel senso che l’ordine in parola integra una sanzione amministrativa, che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, stabilisce un obbligo di fare imposto per ragioni di tutela del territorio ed ha carattere reale. È per tali ragioni che l’ordine di demolizione, impartito dal giudice, può essere revocato dallo stesso giudice che lo ha emesso, quando risulti incompatibile con un provvedimento adottato dall’autorità amministrativa, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza cfr. Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci, Rv. 260972 Sez. 3, n. 3456 del 21/11/2012 dep.2013 , Oliva, Rv. 254426 Sez. 3, n. 25212 del 18/1/2012, Maffia, Rv. 253050 Sez. 3, n. 73 del 30/4/1992, Rizzo, Rv. 190604 Sez. 3, n. 3895 del 12/2/1990, Migno, Rv. 183768 . E sempre per le medesime ragioni, ad esso non sono applicabili l’amnistia e l’indulto Sez. 3, n. 7228 del 02/12/2010 dep.2011 , D’Avino, Rv. 249309 Sez. 3, n. 6579 del 1/4/1994, Galotta ed altri, Rv. 198063 Sez. F, n. 14665 del 30/08/1990, Di Gennaro, Rv. 185699, cit. . È stato alfine osservato che l’intervento del giudice penale si colloca a chiusura di una complessa procedura amministrativa finalizzata al ripristino dell’originario assetto del territorio alterato dall’intervento edilizio abusivo, nell’ambito del quale viene considerato il solo oggetto del provvedimento l’immobile da abbattere , prescindendo del tutto dall’individuazione di responsabilità soggettive, tanto che la demolizione si effettua anche in caso di alienazione del manufatto abusivo a terzi estranei al reato, i quali potranno poi far valere in altra sede le proprie ragioni. L’intervento del giudice penale, inoltre, non è neppure scontato, dato che egli provvede ad impartire l’ordine di demolizione se la stessa ancora non sia stata altrimenti eseguita . Tali considerazioni dunque, conducono univocamente, secondo questa Corte, a rinvenire la natura di sanzione amministrativa dell’ordine di demolizione impartito dal giudice, con ulteriori riflessi anche in tema di estinzione dell’ordine medesimo per il decorso del tempo. Sempre con la sentenza richiamata si è evidenziato, infatti, che l’ordine impartito dal giudice, che configura un obbligo imposto per ragioni di tutela del territorio, non è soggetto alla prescrizione quinquennale stabilita per le sanzioni amministrative dalla L. n. 689 del 1981, art. 28, che riguarda le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva cfr. anche Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015 Cc. dep. 09/09/2015 Rv. 264736 Formisano Sez. 3, n. 16537 del 18/2/2003, Filippi, Rv. 227176 e, stante la sua natura di sanzione amministrativa, non si estingue neppure per il decorso del tempo ai sensi dell’art. 173 c.p. cfr. anche Sez. 3, n. 36387 del 7/7/2015, Formisano cit. Sez. 3, n. 19742 del 14/4/2011, Mercurio e altro, Rv. 250336 Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010, La Mela, Rv. 248670 , laddove peraltro quest’ultima disposizione si riferisce alle sole pene principali cfr. Sez. 3, n. 39705 del 30/4/2003, Pasquale, Rv. 226573 . 5.1. Da queste complessive considerazioni discende il principio di diritto stabilito con la sentenza richiamata per cui la demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell’art. 31, comma 9, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere stato o meno quest’ultimo l’autore dell’abuso . 5.2. La suesposta ricostruzione interpretativa è stata anche valutata in rapporto alle decisioni della Corte EDU in tema di definizione del concetto di pena , osservandosi che Per tali sue caratteristiche la demolizione non può ritenersi una pena nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall’art. 173 c.p. . Non può considerarsi una pena nemmeno ai sensi dell’art. 7 della CEDU, perché essa tende alla riparazione effettiva di un danno e non è rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge . 5.3. Il suindicato indirizzo, in tema di natura di sanzione amministrativa ed imprescrittibilità ex art. 173 c.p., dell’ordine di demolizione, è stato anche ripreso più di recente da questa Corte, con la sentenza di questa sezione n. 41475 del 03/05/2016 Rv.267977, Porcu. 6. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile. All’inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di somma che si stima equo fissare in Euro 2000,00 duemila . P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000 in favore della Cassa delle ammende.