Gli Ermellini tornano a ribadire l’impossibilità di utilizzo della PEC per le parti private del processo penale

Fermo restando che la richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore inviata a mezzo PEC alla cancelleria non è irricevibile né inammissibile, tale modalità di comunicazione comporta l’onere per la parte di accertarsi del regolare arrivo della mail e della tempestiva sottoposizione della stessa all’attenzione del giudice procedente.

Lo ha ribadito la sentenza della Suprema Corte n. 29631/19, depositata l’8 luglio, decidendo sul ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aveva confermato la condanna per tentata truffa. Il ricorrente ha dedotto la nullità di tale pronuncia per aver la Corte territoriale proceduto alla trattazione del processo nonostante la dichiarazione dell’avvocato difensore di adesione all’astensione proclamata dalle Camere Penali e inoltrata a mezzo PEC alla cancelleria 9 giorni prima dell’udienza. PEC. Il Collegio ricorda che, secondo l’orientamento pressoché unanime della giurisprudenza di legittimità, nel processo penale non è consentito alle parti private effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante la PEC. Sulla base di tale presupposto è stato inoltre precisato che, sebbene la richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore inviata a mezzo PEC alla cancelleria non sia irricevibile né inammissibile, tale modalità di comunicazione comporta l’onere per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione per il mancato esame dell’istanza stessa, di accertarsi del regolare arrivo della mail e della tempestiva sottoposizione della stessa all’attenzione del giudice procedente. Non potendo nel caso di specie ritenere che il ricorrente abbia verificato tale condizione, il ricorso di rivela inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 28 maggio – 8 luglio 2019, n. 29631 Presidente De Crescienzo – Relatore De Santis Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Trieste annullava la sentenza del Tribunale di Udine in data 10/12/2014 che aveva riconosciuto l’imputato colpevole del delitto di tentata truffa in danno di B.E. , condannandolo alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 200,00 di multa. La Corte territoriale rilevava che il primo giudice,con incongruo apprezzamento delle circostanze dedotte dal difensore, aveva disatteso la richiesta di rinvio dell’udienza del 10 dicembre 2014 formulata dall’Avv. Ascanio Cascella per contestuale impegno dinanzi la Corte di Assise di Frosinone in un processo per il reato di omicidio, senza tener conto che il legale, officiato solo in data 13/9/2014 quindi, in epoca successiva al rinvio disposto dal Tribunale di Udine aveva comunicato il proprio impedimento il 1 dicembre successivo, nove giorni prima dell’udienza, e aveva motivato l’impossibilità di avvalersi di sostituti, segnalando l’impegno alla data indicata della collega di studio presso il Tribunale di Velletri. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. Maria Del Grosso, deducendo la nullità della sentenza d’appello in quanto la Corte territoriale aveva proceduto alla trattazione del processo nonostante la dichiarazione di adesione all’astensione proclamata dall’Unione delle Camere Penali per la data del 20/11/2018 inoltrata dal legale a mezzo PEC e pervenuta in cancelleria il 14/11/2018. Con motivi aggiunti depositati in data 10/5/2019 il difensore, Avv. Bernardo Brancaccio, approfondiva l’eccezione di nullità per difetto di assistenza dell’imputato. Considerato in diritto 3. Il ricorso non merita accoglimento in quanto manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimità, con orientamento pressoché unanime, ritiene che nel processo penale alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, P, Rv. 270702 Sez. 5, n. 48911 del 01/10/2018,N., Rv. 274160 Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015, Livisianu, Rv. 263189 Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443 . Si è al riguardo ulteriormente precisato che, sebbene la richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo posta elettronica in cancelleria, non sia irricevibile né inammissibile, l’utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione comporta l’onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della mail in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all’attenzione del giudice procedente Sez. 2, n. 47427 del 07/11/2014, Pigionanti, Rv. 260963 Sez. 5, n. 7706 del 16/10/2014, dep. 2015, Chessa, Rv. 262835 Sez. 2, n. 24515 del 22/05/2015, Mennella e altro, Rv. 264361 Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017,dep. 2018, Deriù, Rv. 272049 . Non si è, inoltre, mancato di rilevare che alla luce dell’espressa previsione dell’art. 420 ter, che impegna il giudice, anche d’ufficio a prendere atto dell’esistenza di un legittimo impedimento dell’imputato o del difensore quando ne abbia in qualsiasi modo contezza anche l’istanza di rinvio irritualmente trasmessa e pervenuta all’attenzione del giudice ne impone la valutazione Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, P, Rv. 270702 Sez. 6, n. 54427 del 16/10/2018, Badoer, Rv. 274314 . Nella specie, non si rinviene traccia della istanza difensiva nella sentenza impugnata né la difesa ha allegato circostanze da cui sia dato desumere che la stessa è stata portata a conoscenza dei giudici territoriali dal momento che al ricorso risulta allegata esclusivamente l’attestazione di trasmissione. L’assoluta genericità della doglianza sotto il profilo della concreta conoscenza della dichiarazione da parte della Corte d’Appello la vota all’irricevibilità. 3.1 Deve aggiungersi che risulta scarsamente conferente il richiamo operato dal difensore, in sede di motivi aggiunti, alla sentenza n. 37090/2018 di questa Corte, trattandosi in quel caso di istanza di adesione all’astensione trasmessa a mezzo pec in relazione a decreto di citazione per il giudizio d’appello il quale recava l’espressa dicitura che eventuali impedimenti o istanze dovevano essere comunicati esclusivamente mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata riportata in calce, modalità che, con tutta evidenza, rendeva vincolante per il personale di cancelleria il controllo della casella e l’inoltro delle richieste ivi pervenute al collegio giudicante. 4. Sulla scorta delle osservazioni che precedono deve emettersi declaratoria d’inammissibilità del ricorso con conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, in ragione dei profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.