L’elezione di domicilio non basta a provare l’effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato contumace

Ai fini della richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, è necessaria la prova positiva che il difensore d’ufficio presso il quale è stato eletto domicilio abbia rintracciato ed instaurato un effettivo rapporto professionale con l’imputato.

Questo il principio di diritto contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 29486/19, depositata il 5 luglio. Il fatto. Il Tribunale di Busto Arsizio, nelle vesti di giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta dell’imputato di dichiarazione di non esecutività della sentenza pronunciata dallo stesso Tribunale, rigettando l’istanza di remissione nel termine per proporre impugnazione. L’ordinanza rilevava, in particolare, che la sentenza era stata pronunciata in contumacia dell’imputato, e che l’estratto contumaciale della stessa era stato validamente notificato allo stesso mediante consegna al suo difensore, precisando che l’imputato era a conoscenza del procedimento ed aveva consapevolmente omesso di avere contatti con il difensore d’ufficio. Avverso tale provvedimento, l’odierno ricorrente propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, la violazione dell’art. 175 c.p.p., in quanto la notificazione dell’estratto contumaciale tramite consegna al difensore d’ufficio in qualità di domiciliatario non presuppone l’effettiva conoscenza della sentenza da parte del condannato. La notificazione dell’estratto contumaciale. La Suprema Corte dichiara fondato il motivo appena delineato, condividendo l’orientamento giurisprudenziale in base al quale l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non prova l’effettiva conoscenza da parte dell’imputato del procedimento ovvero del provvedimento emanato, essendo necessaria a tal fine la prova positiva che lo stesso difensore sia riuscito a rintracciare il suo assistito ed abbia con lui instaurato un rapporto professionale. Ciò affermato, gli Ermellini ribadiscono che la remissione in termini si basa sulla presunzione di non conoscenza del provvedimento contumaciale, che non può superarsi mediante elezione del domicilio presso il difensore d’ufficio nella fase precedente l’esercizio dell’azione penale. Nel caso di specie, avendo l’ordinanza impugnata ritenuto sufficiente l’elezione di domicilio compiuta durante le indagini preliminari ai fini della prova circa l’effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’imputato, gli Ermellini annullano l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per un nuovo esame dell’istanza, alla luce del seguente principio di diritto Nel caso di richiesta di restituzione nel termine per impugnare sentenza contumaciale, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., nel testo anteriore alla novella di cui alla legge. 67/2014, l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, compiuta prima dell’esercizio dell’azione penale, in assenza di altri elementi significativi della conoscenza del procedimento e della sentenza da parte dell’imputato, non prova l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’imputato, essendo invece necessaria la prova positiva che lo stesso difensore sia riuscito a rintracciare il suo assistito e abbia instaurato un effettivo rapporto professionale con lui .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 aprile – 5 luglio 2019, n. 29486 Presidente Iasillo – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza depositata in data 31.10.2018 il Tribunale di Busto Arsizio, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta, proposta da M.C.A. , di dichiarazione di non esecutività della sentenza pronunciata, in data 10.6.2013, dal Tribunale di Busto Arsizio ed ha respinto l’istanza di remissione nel termine per proporre impugnazione. L’ordinanza ha rilevato che la sentenza era stata pronunciata nella contumacia dell’imputato e che l’estratto contumaciale della sentenza era stato notificato, mediante consegna al domiciliatario avv. Fiscal, all’imputato in data 10.12.2013 presso il domicilio eletto con atto in data 20.1.2009 l’ordine di esecuzione era stato notificato in data 2.6.2018. Ha aggiunto che l’imputato era stato a conoscenza del procedimento - come desumibile dal verbale di identificazione ed elezione di domicilio e dal verbale di sequestro notificato - ed aveva volontariamente omesso di avere contatti con il difensore di ufficio, della cui nomina era stato informato e che aveva indicato come domiciliatario. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di M.C.A. , denunciando, con il primo motivo, la violazione dell’art. 420 quater c.p.p., in quanto la dichiarazione di contumacia era stata compiuta illegittimamente, con conseguente invalidità della successiva notifica dell’estratto contumaciale. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 175 c.p.p., in quanto la notificazione dell’estratto contumaciale mediante consegna al difensore di ufficio, quale domiciliatario, non consentiva di ritenere la effettiva conoscenza della sentenza da parte del condannato. 3. Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è, in parte, fondato e va perciò annullata l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Busto Arsizio per nuovo esame. 1. Con istanza depositata in data 5.7.2018 M.C.A. , tramite il suo difensore, aveva chiesto al giudice dell’esecuzione la dichiarazione di non esecutività della sentenza pronunciata, in data 10.6.2013, dal Tribunale di Busto Arsizio, e, in subordine, la rescissione del giudicato ovvero la restituzione nel termine per impugnare. L’istanza rappresentava che M.C.A. , assente nel procedimento, non ne era mai stato a conoscenza, come non aveva conosciuto la sentenza di condanna sino al momento della notifica del relativo ordine di esecuzione. Il giudice dell’esecuzione ha dichiarato la inammissibilità dell’incidente di esecuzione ed ha respinto nel resto l’istanza, osservando, quanto alla esecutività della sentenza, che M.C.A. , nel procedimento di cognizione, aveva eletto domicilio presso lo studio del difensore d’ufficio ed era stato dichiarato contumace, e che presso il domicilio eletto era stato notificato l’estratto contumaciale, e, quanto alla effettiva conoscenza del procedimento, che M.C.A. era stato identificato ed aveva eletto domicilio, era a conoscenza del nominativo del difensore d’ufficio e quindi volontariamente si era sottratto alla conoscenza dei successivi atti processuali e della sentenza. 2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Con riguardo al rigetto dell’istanza di declaratoria di non esecutività della sentenza, il ricorso ha sostenuto la invalidità della dichiarazione di contumacia, senza peraltro nemmeno rappresentare i profili di illegittimità dell’atto processuale menzionato. Si deve aggiungere, comunque, che nell’incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 670 c.p.p., viene in rilievo solo la legittimità formale del procedimento di formazione della cosa giudicata, e non anche le, eventuali, invalidità processuali relative agli atti del giudizio di cognizione. 3. Il secondo motivo è fondato. Va precisato che, riguardando l’istanza sentenza di condanna pronunciata prima dell’entrata in vigore della L. n. 67 del 2014, pacificamente la normativa applicabile è quella dettata dall’art. 175 c.p.p., nel testo all’epoca vigente. L’ordinanza ha ritenuto che dall’esame degli atti - in particolare, l’avvenuta elezione di domicilio presso lo studio del difensore d’ufficio - risultava che l’imputato avesse avuto conoscenza del procedimento ed avesse volontariamente rinunciato a conoscere gli atti processuali, compresa la sentenza. Il Collegio condivide l’orientamento secondo il quale dalla elezione di domicilio presso il difensore di ufficio non può ritenersi provata l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’imputato, essendo invece necessaria la prova positiva che lo stesso difensore sia riuscito a rintracciare il suo assistito e abbia instaurato un effettivo rapporto professionale con lui Sez. 1, 14/12/2011, Hachni, Rv. 251683 Sez. 1, 10/02/2010, Zamfir, Rv. 246630 Sez. 1, 11/04/2006, Joudar, Rv. 233879 Sez. 2, 24/01/2017, Seli, Rv. 269221 Sez. 6, 05/04/2013, Nikolic, Rv. 256229 Sez. 1, 11/10/2017, Tulan, Rv. 272401 . L’istituto della remissione in termini, come novellato dalla L. n. 60 del 2005, si fonda sulla presunzione di non conoscenza della sentenza contumaciale, non superabile dalla elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale. È stato precisato che, seppur in via indiziaria, è necessario acquisire dagli atti processuali la prova positiva della conoscenza, da parte dell’imputato, del procedimento e della sentenza conclusiva del giudizio. 4. L’ordinanza impugnata ha ritenuto sufficiente la elezione di domicilio, compiuta nelle indagini preliminari, senza verificare se dai successivi atti processuali emergessero elementi significativi di un effettivo rapporto con il difensore di ufficio, domiciliatario, e quindi di una effettiva conoscenza del procedimento e della sentenza. Va dunque pronunciato annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Busto Arsizio per nuovo esame della istanza di M.C.A. , osservando il seguente principio di diritto Nel caso di richiesta di restituzione nel termine per impugnare sentenza contumaciale, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., nel testo anteriore alla novella di cui alla L. n. 67 del 2014, l’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, compiuta prima dell’esercizio dell’azione penale, in assenza di altri elementi significativi della conoscenza del procedimento e della sentenza da parte dell’imputato, non prova l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’imputato, essendo invece necessaria la prova positiva che lo stesso difensore sia riuscito a rintracciare il suo assistito e abbia instaurato un effettivo rapporto professionale con lui . P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Busto Arsizio.