La rideterminazione delle pene accessorie fallimentari non ha effetti sulla pena concordata tra le parti

A seguito della sentenza n. 222/2018 della Corte Costituzionale, la rideterminazione delle pene accessorie fallimentari non comporta nessun effetto sulla pena concordata tra le parti ai sensi dell’art. 445 c.p.p., poiché queste sono sottratte alla loro disponibilità.

Questo il principio di diritto contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 28345/19, depositata il 28 giugno. La vicenda. Il GIP presso il Tribunale di Milano applicava all’imputato la pena concordata tra le parti per plurimi fatti di bancarotta, disponendo altresì la condanna alle sanzioni accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, legge fallimentare, nella durata prevista dalla legge, nonché l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni. Avverso tale decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando l’illegittimità costituzionale dell’art. 216 citato, chiedendo, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla parte relativa all’applicazione delle pene accessorie. Rideterminazione delle pene accessorie fallimentari e pena concordata. La Suprema Corte dichiara il ricorso fondato, richiamando la sentenza n. 222/2018 in cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 216, ultimo comma, legge fallimentare, nella parte in cui prevede che la condanna per i delitti ivi previsti comporta per la durata di 10 anni l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la stessa durata. Gli Ermellini osservano come la Consulta abbia, quindi, escluso l’applicabilità dello strumento della commisurazione cor relativa previsto dall’art. 37 c.p. per le ipotesi di pena accessoria indeterminata, di cui ne verrebbe determinata la durata nella stessa misura della pena principale. La Corte osserva che la suddetta declaratoria trova applicazione nel caso concreto, in quanto la durata delle sanzioni accessorie, come determinata dalla decisione impugnata, si qualifica in termini di illegalità sopravvenuta della pena, dichiarabile d’ufficio dal giudice di legittimità. Anche le Sezioni Unite si erano espresse in materia con sentenza del 28 febbraio 2019, in cui hanno statuito che le pene accessorie previste dalla disposizione citata, nel testo riformulato dalla sentenza n. 222/2018 della Corte Costituzionale, così come le altre pene accessorie indeterminate, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai parametri di cui all’art. 133 c.p Richiamati i suddetti principi, la Suprema Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia gli atti al Giudice di merito, enunciando il principio di diritto in base al quale, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale citata, la rideterminazione delle pene accessorie fallimentari non comporta alcun effetto sulla pena concordata tra le parti ex art. 445 c.p.p., in quanto l’applicazione di dette sanzioni non rientra nella disponibilità di queste .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 aprile – 28 giugno 2019, n. 28345 Presidente De Gregorio – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata del 9 ottobre 2018, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha applicato a M.O. la pena concordata tra le parti di anni tre e mesi sei di reclusione in ordine a plurimi fatti di bancarotta, disponendo la condanna alle sanzioni accessorie di cui alla L. Fall., art. 216, u.c., nella durata prevista dalla legge, ed alla interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. 2. Avverso la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha proposto ricorso l’imputato, per mezzo del difensore Avv. Tursi Ezio, articolando plurime censure contenute in un motivo, con il quale deduce l’illegittimità costituzionale della L. Fall., art. 216, u.c., nei termini già prospettati con ordinanza di questa Corte del 6 luglio 2017, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata relativamente alle pene accessorie fallimentari. 3. Con requisitoria scritta in data 24 dicembre 2018, il Procuratore generale, in persona del sostituto Dott. Perelli Simone, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio in riferimento alla determinazione della durata delle pene accessorie, applicate all’imputato. 2.1. Con la sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del R.D. n. 267 del 1942, art. 216, u.c., nella parte in cui dispone che la condanna per uno dei delitti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa e siffatta declaratoria avente efficacia ex tunc ai sensi della L. Costituzionale n. 87 del 1953, art. 30 - trova applicazione nell’ambito del presente procedimento in quanto, sebbene questione non investita dal ricorso, la durata delle sanzioni accessorie come determinata nella sentenza impugnata si qualifica in termini di sopravvenuta illegalità della pena, apprezzabile ex officio in sede di legittimità S.U. n. 33040 del 26 febbraio 2015, Jazouli, Rv. 264207 . 2.2. Nella sentenza additiva richiamata, la Consulta ha esplicitamente escluso l’applicabilità dello strumento di commisurazione cor relativa declinato dall’art. 37 c.p. che, in ipotesi di pena accessoria indeterminata, ne determina la durata nella stessa misura della pena principale, ritenendo il relativo meccanismo non adeguato ad assicurare la necessaria autonoma quantificazione in considerazione della specifica e non sovrapponibile funzione del diverso ordine di pene sia in relazione al diverso carico di afflittività rispetto ai diritti fondamentali della persona, che della diversa finalità. 2.3. Siffatta interpretazione non è stata ritenuta vincolante in una prima applicazione giurisprudenziale Sez. 5, 7 dicembre 2018 in procomma 23648/2016, Piermartiri, informazione provvisoria n. 16/2018 , mentre altro orientamento Sez. 5, 13 dicembre 2018 in procomma 3703/2018, Retrosi Sez. 5, n. 5882 del 6 febbraio 2019, Rv. 274413 si è determinato nel senso di dover rimettere al giudice del merito la determinazione discrezionale dell’entità delle pene accessorie L. Fall., ex art. 216, u.c 2.4. Alla stregua di siffatto contrasto, manifestatosi nell’immediatezza della pronuncia della Consulta, è stata rimessa alle Sezioni Unite Sez. 5, ord. n. 56458 del 14 dicembre 2018, Suraci la questione se le pene-accessorie previste per il reato di bancarotta fraudolenta dalla L. Fall., art. 216, u.c., come riformulato ad opera della sentenza n. 222 del 5/12/2018 della Corte costituzionale con sentenza dichiarativa di illegittimità costituzionale, mediante l’introduzione della previsione della sola durata massima fino a dieci anni debbano considerarsi pena con durata non predeterminata e quindi ricadere nella regola generale di computo di cui all’art. 37 c.p. che prevede la commisurazione della pena accessoria non predeterminata alla pena principale inflitta , con la conseguenza che è la stessa Cassazione a poter operare la detta commisurazione con riferimento ai processi pendenti ovvero se, per effetto, della nuova formulazione, la durata delle pene accessorie debba invece considerarsi predeterminata entro la forbice data, con la conseguenza che non trova applicazione l’art. 37 c.p. ma, di regola, la rideterminazione involge un giudizio di fatto di competenza del giudice del merito, da effettuarsi facendo ricorso ai parametri di cui all’art. 133 c.p. . 2.5. Dalla relativa informazione provvisoria, risulta che, con sentenza del 28 febbraio 2019, le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito come le pene accessorie previste dalla L. Fall., art. 216, nel testo riformulato dalla sentenza n. 222 della Corte costituzionale, così come le altre pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 c.p. . Di guisa che, in applicazione dell’enunciato principio di diritto, che assegna alla discrezionalità del giudice del merito la verifica dei parametri di commisurazione della pena accessoria, in quanto sanzione predeterminata, in riferimento al carico di afflittività rispetto ai diritti fondamentali della persona libertà di iniziativa economica ed alla finalità non solo rieducativa della medesima, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla determinazione della durata delle sanzioni accessorie di cui alla L. Fall., art. 216, u.c., irrogate all’imputato nella misura di dieci anni, con rinvio al giudice di merito per nuovo esame sul punto. 3. La determinazione della durata delle pene accessorie non dispiega, peraltro, effetto sulla pena concordata ex art. 445 c.p.p., trattandosi di statuizioni sottratte alla disponibilità delle parti V. Sez. 4, n. 39075 del 26/02/2016, Favia, Rv. 267978 . Deve, pertanto affermarsi il seguente principio di diritto, per cui la rideterminazione delle pene accessorie fallimentari, in seguito alla declaratoria di illegittimità costituzionale del R.D. n. 267 del 1942, art. 216, u.c., nella parte in cui dispone che la condanna per uno dei delitti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa , pronunciata con sentenza n. 222 del 5 dicembre 2018 della Corte costituzionale, di competenza del giudice del merito Sez. U. 28 febbraio 2019, Suraci , non comporta alcun effetto sulla pena concordata tra le parti ex art. 445 c.p.p., in quanto l’applicazione di dette sanzioni non rientra nella disponibilità di queste. 2. Alla disamina delle censure proposte dal ricorrente va premesso come le statuizioni sulle pone accessorie non incidano sull’accordo delle parti in ordine alla applicazione della pena, non essendo l’applicazione di dette sanzioni nella loro disponibilità Sez. 4, n. 39075 del 26/02/2016, Favia, Rv. 267978 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione del Tribunale di Milano, Sezione Gip-Gup, per nuovo esame limitatamente alle pene accessorie di cui alla L. Fall., art. 216 u.c