Regime normativo applicabile in caso di scarico di acque reflue industriali

Gli scarichi provenienti da attività casearia sono soggetti alla disciplina generale sugli scarichi, in quanto si tratta di un’attività del tutto diversa da quella dell’allevamento di bestiame, perché concernente la lavorazione successiva di uno dei prodotti dell’allevamento medesimo, fra le quali può essere ricompresa, in linea di principio, anche l’attività di trasformazione casearia di uno dei possibili prodotti dell’allevamento del bestiame.

Così la sentenza della Corte di Cassazione n. 27693/19, depositata il 21 giugno. Il fatto. Il Tribunale di Messina condannava un imputato per il reato di cui all’art. 137 d.lgs. n. 152/2006 perché, in assenza della prescritta autorizzazione, effettuava o, comunque, manteneva uno scarico di acque reflue industriali che riversava nel sottosuolo. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la difesa lamentando violazione di legge e vizio di motivazione per non aver il giudice di merito considerato che i reflui provenienti da caseificio sarebbero assimilabili a quelli domestici, condizione peraltro dimostrata anche dai documenti prodotti in giudizio ma ritenuti non rilevanti dal giudice. Acque reflue industriali. L’art. 101, comma 7, d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che, fatto salvo quanto previsto dall’art. 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue provenienti da alcune attività espressamente elencate e dettagliate. La Corte ricorda comunque che l’assimilazione, ai fini della disciplina sugli scarichi, di determinate acque reflue industriali a quelle domestiche è subordinata alla dimostrazione della sussistenza delle specifiche condizioni individuate dalle leggi che le prevedono, restando applicabili in caso contrario le regole ordinarie. Con specifico riferimento al caso di specie, la Corte dichiara infondato il ricorso in virtù del principio secondo cui gli scarichi provenienti dall’attività casearia restano soggetti alla disciplina generale sugli scarichi, in quanto si tratta di un’attività del tutto diversa da quella dell’allevamento di bestiame, perché concernente la lavorazione successiva di uno dei prodotti dell’allevamento medesimo, fra le quali può essere ricompresa, in linea di principio, anche l’attività di trasformazione casearia di uno dei possibili prodotti dell’allevamento del bestiame. A tale assimilazione, tuttavia, il legislatore pone una ulteriore delimitazione la quale, richiamando un rapporto di stretta connessione funzionale, considera la sola trasformazione e valorizzazione del prodotto, effettuata, però, utilizzando materia prima lavorata che deve pervenire in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui l’impresa disponga a qualsiasi titolo .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 -21 giugno 2019, n. 27693 Presidente Di Nicola – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Messina, con sentenza del 4 ottobre 2018 ha dichiarato L.M.M. responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, condannandolo alla pena dell’ammenda, perchè, in assenza della prescritta autorizzazione, effettuava o, comunque, manteneva uno scarico di acque reflue industriali che riversava nel sottosuolo fatto accertato in omissis . Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che il giudice del merito non avrebbe considerato che i reflui, provenienti da caseificio, sarebbero assimilabili a quelli domestici ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 101, comma 7 ed avrebbe conseguentemente omesso di escludere la responsabilità penale per il fatto contestato. Aggiunge che i reflui in questione derivano dallo svolgimento di un’attività produttiva consistente nella trasformazione di prodotti di provenienza aziendale e rientrerebbero tra quelli assimilabili ai reflui domestici e che tale condizione sarebbe dimostrata dalla produzione di documenti che, però, il giudice avrebbe erroneamente ritenuto non rilevanti in quanto provenienti dallo stesso imputato. Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. La questione sottoposta all’attenzione di questa Corte riguarda, come indicato in premessa, l’assimilabilità dei reflui prodotti dall’insediamento del ricorrente un caseificio a quelli domestici così come dispone il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 101, comma 7. Il ricorrente non specifica, tuttavia, a quale tipologia di reflui tra quelli indicati nella disposizione richiamata intende riferire la dedotta assimilabilità, riferendosi, del tutto genericamente, come si è già detto in premessa, ad una attività produttiva comportante la trasformazione di prodotti di provenienza aziendale e richiamando i contenuti della documentazione prodotta nel giudizio di primo grado, dove i reflui sono così descritti come I reflui scaricati sono del tipo civile-industriale, agricolo produttivo , esse sic sono assimilate alle acque reflue domestiche provenienti da allevamenti di bestiame/coltivazione terreno, da imprese che esercitano la trasformazione o valorizzazione della produzione agricola, con materia prima lavorata prevalentemente aziendale relazione tecnica a firma di perito agrario . Viene poi riportato il testo di altro documento nota del Comune di OMISSIS nel quale si autorizza lo scarico delle acque reflue del laboratorio artigianale per la fabbricazione di latte di provenienza aziendale . Si tratta, come è dato rilevare dalla mera lettura, di indicazioni del tutto vaghe. 3. Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 101, comma 7 stabilisce, come è noto, che, fatto salvo quanto previsto dall’art. 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue a provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/ o alla silvicoltura b provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame c provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a e b che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità d provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d’acqua o in cui venga utilizzata una portata d’acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo e aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale f provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore. Il successivo comma 7-bis assimila inoltre, a determinate condizioni alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari. Considerato il tenore della norma appena richiamata e di quanto indicato in ricorso, specie nel richiamo ai contenuti della relazione tecnica redatta da perito agrario, sembra dunque che il ricorrente intenda sostenere l’assimilabilità dei reflui prodotti ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 101, comma 7, lett. c . 4. Ciò posto, deve ricordarsi, come correttamente ha fatto anche il giudice del merito, che questa Corte ha chiarito, in linea generale, che l’assimilazione, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, di determinate acque reflue industriali alle acque reflue domestiche è subordinata comunque alla dimostrazione della esistenza delle specifiche condizioni individuate dalle leggi che la prevedono, restando - applicabili, in difetto, le regole ordinarie Sez. 3, n. 38946 del 28/6/2017, De Giusti, Rv. 270791 , prendendo ripetutamente atto della intervenuta assimilazione in base alla legge Sez. 3, n. 28452 del 7/4/2009, Corsanto e altro, Rv. 244513 Sez. 3, n. 9488 del 29/1/2009, Battisti, Rv. 243112 Sez. 3, n. 26532 del 21/5/2008, Calderone, Rv. 240552 . Con specifico riferimento, poi, agli scarichi provenienti da caseificio, si è altresì stabilito Sez. 3, n. 16044 del 28/2/2019, Rossi, non ancora massimata che nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 101, comma 7, lett. c , il legislatore prendendo in considerazione le attività in qualche modo complementari a quelle di cui alle lettere precedenti - coltivazione del terreno e/o silvicoltura di cui alla lettera a ed allevamento di bestiame di cui alla lett. b - ha stabilito l’assimilabilità alle acque reflue domestiche di quelle provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a e b che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità . Si è quindi osservato, sempre nella decisione appena richiamata, che solo a tali precise condizioni, che vanno dimostrate, assume rilievo, ai fini dell’assimilazione dei reflui, lo svolgimento di una attività accessoria a quella principale anche del tipo di quella dianzi indicata, affermando conseguentemente il principio secondo il quale gli scarichi provenienti dall’attività casearia restano soggetti alla disciplina generale sugli scarichi, in quanto si tratta di un’attività del tutto diversa da quella dell’allevamento di bestiame, perchè concernente la lavorazione successiva di uno dei prodotti dell’allevamento medesimo, fra le quali può essere ricompresa, in linea di principio, anche l’attività di trasformazione casearia di uno dei possibili prodotti dell’allevamento del bestiame. A tale assimilazione, tuttavia, il legislatore pone una ulteriore delimitazione la quale, richiamando un rapporto di stretta connessione funzionale, considera la sola trasformazione e valorizzazione del prodotto, effettuata, però, utilizzando materia prima lavorata che deve pervenire in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui l’impresa disponga a qualsiasi titolo . Tale principio è condiviso dal Collegio e deve essere ribadito anche nella presente occasione. 5. Quanto appena osservato consente di ritenere infondato il motivo di ricorso, atteso che non risulta in alcun modo dimostrata la sussistenza delle specifiche condizioni di legge appena richiamate per l’assimilabilità dei reflui provenienti dall’insediamento dell’imputato ai sensi del più volte menzionato D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 101, comma 7 o di altre disposizioni normative , neppure alla luce della documentazione prodotta in giudizio, richiamata nel ricorso ed allegata in copia allo stesso. La sentenza impugnata, nella quale il giudice ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’assimilabilità degli scarichi, è dunque immune da censure. 6. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.