Tentata notifica nella residenza dell’imputato non andata a buon fine: corretto procedere presso lo studio legale

In caso di cambio residenza, laddove l’imputato volesse continuare a ricevere gli atti in luogo diverso, da lui designato, sarebbe suo onere comunicare la modificazione del domicilio eletto all’autorità giudiziaria, nei modi e nei tempi previsti dalla legge. In caso contrario, pacificamente la notificazione avviene presso lo studio del difensore di fiducia.

Sul tema torna ad esprimersi la Corte di Cassazione con sentenza n. 25032/19, depositata il 5 giugno. Il caso. La Corte d’Appello, in conferma della decisione di primo grado, dichiarava ancora una volta la penale responsabilità dell’imputato per il reato di favoreggiamento della prostituzione, condannandolo alla pena di giustizia. Avverso tale sentenza, quest’ultimo propone ricorso per cassazione, censurando in particolar modo l’avvenuta notifica dell’avviso di udienza nel giudizio di appello, essendo stato questo notificato a mani del suo difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p., non essendo andato a buon fine il tentativo di notificazione presso la residenza dell’imputato. Questi, infatti, aveva cambiato casa incaricando il gestore del servizio postale di recapitare la posta del suo precedente indirizzo alla sua nuova residenza. Dato che ciò non era avvenuto non poteva egli rispondere del disservizio causato dal soggetto incaricato di eseguire la notificazione. La tentata notifica. Al riguardo osserva il Supremo Collegio che la notificazione è stata tentata presso il domicilio eletto, prima di essere eseguita presso il difensore di fiducia e il fatto che tale domicilio non fosse più idoneo ha giustificato la forma sussidiaria di notifica. Laddove l’imputato avesse voluto continuare a ricevere gli atti in luogo da lui designato, sarebbe stato suo onere comunicare la modificazione del domicilio eletto all’autorità giudiziaria, nei modi e nei tempi previsti dalla legge. E siccome, nel caso concreto, questo non è stato fatto, pacificamente le notificazioni sono state eseguite presso lo studio del difensore di fiducia. Per tale motivo, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 ottobre 2018 – 5 giugno 2019, n. 25032 Presidente Di Nicola – Relatore Gentili Ritenuto in fatto La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 12 dicembre 2017, ha confermato la precedente sentenza, del 12 aprile 2011, con la quale il Tribunale di Lucca aveva dichiarato la penale responsabilità di G.A. in ordine al reato di favoreggiamento della prostituzione, contestato con la aggravante di cui alla L. n. 75 del 1958, art. 4, n. 7, per essere stato commesso il fatto in relazione ad una pluralità di persone, e lo aveva, pertanto, condannato, concesse al medesimo le attenuanti generiche, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed Euro 180,00 di multa. Avverso la sentenza della Corte toscana ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto, articolando due motivi di impugnazione. Con il primo, egli ha censurato, con riferimento alla asserita violazione di legge, l’avvenuta notificazione dell’avviso di udienza in grado di appello, essendo stato lo stesso notificato a mani del suo difensore ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, dopo che non era andata a buon fine il tentativo di notificazione presso la residenza del G. il ricorrente ha, infatti, rilevato che egli aveva cambiato casa ed aveva incaricato il gestore del servizio postale di recapitare la posta indirizzata presso il precedente domicilio alla sua nuova residenza non essendo ciò avvenuto non poteva egli, mai avvisato della fissazione del processo di fronte alla Corte di appello, rispondere del disservizio causato dal soggetto incaricato di eseguire la notificazione. Quale secondo motivo di impugnazione il ricorrente ha rilevato la intervenuta prescrizione del reato a lui contestato infatti, egli ha osservato che il fatto in questione, a lui contestato nella forma aggravata, era stato accertato nella forma semplice, come evidenziato dalla circostanza che la pena a suo carico irrogata era tale che poteva essere relativa solo al reato in forma non aggravata sulla base di tale premessa il ricorrente ha rilevato che il reato contestato, in assenza della aggravante, si sarebbe prescritto in sette anni e mezzo dal momento del suo accertamento, cioè ampiamente prima della emissione della sentenza della Corte territoriale toscana. Considerato in diritto Il ricorso, a cagione della manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione presentati dal ricorrente, è inammissibile. Con riferimento al primo motivo di impugnazione, osserva il Collegio che la notificazione della citazione del prevenuto di fronte alla Corte di appello è stata tentata - prima di essere eseguita presso il difensore fiduciario ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, - presso il domicilio eletto del G. in omissis . Il fatto che tale domicilio non fosse più luogo idoneo, stante l’intervenuto cambio di residenza del G. , è il fatto che ha giustificato la forma sussidiaria di notificazione laddove l’imputato avesse voluto continuare a ricevere gli atti in luogo da lui designato, sarebbe stato suo onere quello di modificare l’elezione di domicilio, comunicando all’autorità giudiziaria, nei modi e nei tempi a tal fine previsti, il nuovo luogo ove recapitare gli atti. Pacificamente ciò il ricorrente non ha fatto, sicché correttamente le notificazioni degli atti del processo al prevenuto sono state eseguite, a causa della inidoneità del domicilio da questo eletto e mai revocato , presso il difensore ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4. La circostanza che, avendo egli incaricato il gestore del servizio postale di trasferire presso la sua nuova sede la corrispondenza a lui indirizzata nella precedente residenza, questi abbia omesso di ottemperare a tale incarico è, a prescindere dalla mancata documentazione di tale circostanza, fatto che, indubbiamente, non ha alcuna ricaduta al di fuori dell’immediato rapporto intercorrente fra il soggetto di tanto incaricato ed il G. , non avendo il mancato adempimento da parte del gestore del servizio postale dell’incarico affidatogli dal prevenuto determinato alcun vizio in relazione al procedimento notificatorio. Quanto a secondo motivo di impugnazione si rileva che, essendo stata contestata al G. la violazione della normativa in materia di favoreggiamento della prostituzione nella forma aggravata dall’essere stata la sua condotta rivolta nei confronti di più persone, appare determinante il fatto che, sia in primo grado che in grado di appello, l’affermazione della penale responsabilità ai danni del prevenuto sia stata pronunziata con riferimento al fatto a lui contestato nessun rilievo avendo la variante linguistica adottata dal giudicante il quale ha parlato di agevolazione della prostituzione anziché di suo favoreggiamento . La determinazione della pena operata dal Tribunale di Lucca nella misura di 1 anno e 4 mesi di reclusione ed Euro 180,00 di multa, parrebbe, nel negligente silenzio di tale giudice in ordine ai criteri di calcolo materiale della pena in concreto, riferibile, dovendo dare un significato alla decisione che attribuisca coerenza alla medesima, alla ritenuta, sebbene non esplicitata, prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante fattore questo che, seppure non determina l’operatività della aggravante in sede di dosimetria della pena in concreto ed anzi consente alle attenuanti generiche di svolgere il loro compito di mitigazione del trattamento sanzionatorio, onde renderlo più confacente al caso di specie, non comporta, tuttavia, che della aggravante non debba tenersi conto, si tratta infatti di un’aggravante ad effetto speciale, ai fini del computo del termine di prescrizione del reato contestato. Considerato, pertanto, che il fatto è stato contestato al G. sino all’aprile, la prescrizione del reato sarebbe maturata solo nell’aprile del 2018, quindi successivamente alla pronunzia della sentenza ora impugnata della Corte di appello. Si rileva, per completezza argomentativa, che al medesimo risultato si sarebbe giunti ove si fosse calcolato il termine ultimo di maturazione della prescrizione adottando i criteri, ritenendoli in ipotesi più favorevoli, a tal fine fissati dalla normativa previgente a quella odierna, ma ancora attuale rispetto al momento dei fatti. Tenuto conto, infatti, della pena massima applicabile al reato di favoreggiamento della prostituzione, calcolata, in ossequio alle regole previgenti, senza tenere conto della aggravante subvalente, pari a sei anni di reclusione, comportante un termine ordinario prescrizionale di dieci anni, prorogabile, in presenza di fattori interruttivi, sino alla metà e non sino ad un quarto come è la regola ordinaria a legge vigente , si ottiene il medesimo termine prescrizionale di 15 anni ricavabile attraverso la applicazione delle regole legislative ora vigenti. Il ricorso del G. deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile e questi va condannato, visto l’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende.