Alterazione di denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari: la prima applicazione dell’art. 517-quater c.p.

Con sentenza n. 387 dell’8/05/2019 il Tribunale di Asti in composizione monocratica, Giudice dott. Claudia Beconi, ha condannato a 6 mesi di reclusione e 6.000 euro di multa il legale rappresentante di un’azienda agricola del cuneese per aver alterato denominazioni di origine di prodotti agroalimentari, nella specie, il vino Barolo”, poiché effettuava le operazioni di vinificazione delle uve Nebbiolo al di fuori del territorio previsto dal relativo disciplinare di produzione.

La condanna attiene sia a condotte tentate che consumate del delitto previsto dall’art. 517- quater c.p., ed inoltre alla falsa attestazione resa in atto pubblico in riferimento alla dichiarazione nel registro di vinificazione vidimato dal Ministro delle Politiche Agricole e Forestali presso l’Ufficio di Asti relativamente al luogo di svolgimento delle attività di vinificazione e di imbottigliamento, aggravato dal fine di trarne profitto artt. 483, 61 n. 2 c.p. . La vicenda processuale. All’esito di articolate indagini, gli operanti del NAS di Alessandria evidenziavano che l’indagato, titolare di un’azienda agricola situata fuori dai confini del territorio autorizzato alla produzione del vino Barolo” aveva dichiarato di effettuare le operazioni di vinificazione, invecchiamento ed imbottigliamento presso l’azienda agricola del cognato sita in Barolo, dei cui locali disponeva in comodato d’uso gratuito. Per tale sito aveva ottenuto i relativi registri vidimati dall’ Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari ICQRF . Il processo si svolgeva con rito abbreviato ed il Giudice, ampiamente motivando in tema di valutazione delle prove, perveniva ad una sentenza di condanna ritenendo che nessuno degli elementi addotti dall’imputato è in grado di confutare il quadro accusatorio . La qualificazione giuridica dei fatti. Al di là dell’esito processuale definitivo della vicenda nella pendenza dei termini per l’impugnazione, la sentenza in commento suscita interesse nella parte in cui motiva sulla qualificazione giuridica dei fatti essendo la prima pronuncia, per quanto consta, che abbia ritenuto sussistente il delitto punito dall’art. 517- quater c.p Il primo elemento esaminato dal Giudice è la riconducibilità del vino Barolo” ad una denominazione di origine per la quale siano state osservate la normativa interna, comunitaria ed internazionale tale condizione, è il presupposto per l’applicabilità dell’art 517- quater c.p. per esplicita previsione del comma 4 del medesimo. Il vino Barolo” è stato riconosciuto come prodotto DOC con d.P.R. 23/04/1966 e successivamente come DOCG con d.P.R. 1/07/1980 il relativo disciplinare è stato da ultimo aggiornato con d.m. 17/04/2015. Esso prevede, all’art. 5, per quanto qui interessa, che le operazioni di vinificazione e di invecchiamento obbligatorio devono essere effettuate nella zona delimitata nell’art. 3 . Il territorio a ciò deputato è meticolosamente stabilito indicando non solo i comuni ma anche, in seno a questi, precisi confini. Afferma il Giudice che tale disposizione del disciplinare è stata introdotta, all’evidenza, per tutelare l’interesse dei produttori a circoscrivere la zona di vinificazione, anche in ottica di valorizzazione della stessa area geografica in cui le uve vengono coltivate . Ad avviso del giudicante si verte senza dubbio nella fattispecie prevista dall’art. 517- quater c.p. e non nella diversa ipotesi dell’art. 517 c.p. aggravato ex art 517- bis c.p Ciò perchè non si ravvisa nei fatti alcun comportamento idoneo ad ingannare i consumatori sulle caratteristiche intrinseche del prodotto che, con riguardo alla materia prima utilizzata e della procedura seguita, ha i requisiti per essere classificato come Barolo DOCG . Sul punto si richiama la sentenza della Corte di Cassazione, sez. III n. 28354 dell’8/07/2016 Rv 267455-01 secondo la quale l’art. 517- quater c.p. afferma in maniera esplicita la rilevanza penale della contraffazione e dell’alterazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, fornendo una tutela anche più ampia di quella riconducibile all’art. 517 c.p., perché non richiede l’idoneità delle indicazioni fallaci ad ingannare il pubblico dei consumatori, orientando la tutela verso gli interessi economici dei produttori ad utilizzare le indicazioni geografiche o le denominazioni di origine . La sentenza di legittimità richiamata aveva tuttavia riguardo alla presenza di alcuni vitigni indicati contrariamente al vero in un vino il cui nome non era protetto da alcuna privativa. Per questo la Corte ha ritenuto non ravvisabile la fattispecie prevista dall’art. 517- quater c.p In precedenza tuttavia, la stessa Corte di Cassazione aveva inquadrato negli artt. 515, 517- bis c.p. i fatti di vendita di prosciutto San Daniele e prosciutto di Parma le cui attività di affettamento erano avvenute con modalità diverse da quelle del disciplinare cfr. Cass. Pen, sez III, 21/01/2014 n. 2617 in CED Cassazione penale 2014 . La lunga strada per l’affermazione dell’art. 517-quater c.p L’introduzione dell’art. 517- quater c.p., è del 2009, ad opera della l. n. 99/2009 intitolata diposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese in precedenza, tuttavia, le norme codicistiche a tutela dell’industria e del commercio erano già state ampliate con la previsione, fra le altre, dell’art. 517- bis ad opera del d.lgs. n. 507/1999. Tale norma, intitolata aggravante”, si applica quando le fattispecie previste dagli artt. 515, 516 e 517 c.p. abbiano ad oggetto alimenti o bevande la cui denominazione di origine sia protetta dalle norme vigenti. Fino ad allora le DOP trovavano la loro tutela, anche penale, nelle singole norme che le istituivano come tali. Il d.lgs. n. 507/1999, provvedeva a depenalizzare i reati previsti dalle norme in materia di alimenti contestualmente introducendo l’art. 517- bis c.p La nuova disposizione, dunque, si poneva a presidio di tutte quelle violazioni cui in precedenza le leggi speciali conferivano tutela penale. L’articolo ora menzionato, tuttavia, non richiede che le DOP e le IGT siano istituite in osservanza delle normative interne, comunitarie ed internazionali tale presupposto, al contrario, è condizione di punibilità dell’art. 517- quater c.p Se il legislatore del 2009 ha avvertito l’esigenza di introdurre una norma speciale rispetto all’art. 517- bis c.p. si comprende solo con riguardo a tale presupposto. Le DOP e le IGT devono la loro esistenza ad un particolare legame” con il territorio, comprensivo dei fattori naturali, umani e di tradizione”, come recita l’art. 29 del Codice della proprietà industriale l. n. 30/2005 . Definizioni ancora più pregnanti sono contenute nei Regolamenti Europei CE 1151/2012 e CE 1308/2013. Tale concetto è, all’evidenza, ben diverso da una generica indicazione di origine o provenienza”, quale ad esempio quella richiesta dall’art. 515 c.p. in tema di frode nell’esercizio del commercio. In tal senso, ad esempio, la Corte di Cassazione ha ritenuto sussistere il delitto ora menzionato nel caso di un produttore di carne di cui dichiarava la provenienza da allevamenti italiani, contrariamente al vero cfr. Cass. Pen. sez. III, 22/05/2008 n. 27105, in CED Cassazione penale 2008 . Quanto all’art. 517 c.p. il concetto di provenienza ed origine è inteso in senso giuridico, non geografico, ossia di riferibilità ad un determinato produttore. Non solo, ma l’art. 517- quater c.p. svincola del tutto, al primo comma, la punibilità della condotta dalla vendita, sia nella forma anticipata della detenzione per la vendita che della vera e propria offerta al pubblico. Ciò perché si intende tutelare le DOP in sé e per sé, indentificabili tramite il disciplinare di produzione. Difatti, pur non essendo classificabili come veri e propri marchi, le denominazioni di origine come tali si atteggiano, sia nella formulazione della fattispecie penale, sia perché sono in effetti definite come beni oggetto di proprietà industriale dalla l. n. 30/2005 che ne disciplina anche la modalità di acquisizione su domanda contenente, appunto, il disciplinare di produzione e registrazione nel registro tenuto dalla Commissione Europea. Non è allora chi non veda la centralità di tale atto che conferisce ad un determinato prodotto la qualifica di DOP o IGT. Tanto ciò è vero che nell’art. 517- quater c.p. tali qualifiche costituiscono lessicalmente il complemento oggetto, mentre i prodotti agroalimentari sono il complemento di specificazione, al contrario della formulazione sintattica degli art. 515, 516 e 517 c.p In tal senso il Giudice del Tribunale di Asti ha colto pienamente il senso della nuova norma così affermando la fraudolenta attribuzione della denominazione ad un vino prodotto fuori del territorio consentito lede comunque una disposizione del disciplinare introdotta, all’evidenza, per tutelare l’interesse dei produttori a circoscrivere la zona di vinificazione, anche in ottica di valorizzazione della stessa area geografica in cui le uve vengono coltivate . Questa interpretazione, che costituisce un quid novis nel panorama giurisprudenziale nazionale, si inserisce pienamente invece in quello comunitario. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è infatti, recentemente così pronunciata Un disciplinare che subordini l’attribuzione dell’IGP, in particolare alla realizzazione dell’affettatura e del confezionamento di un prosciutto nella regione di produzione mira a consentire ai beneficiari di tale IGP di conservare il controllo di una delle forme in cui questo prodotto è presentato sul mercato. Detta condizione che esso pone è intesa ad una miglior salvaguardia della qualità e dell’autenticità di tale prodotto nonché, di conseguenza, della reputazione dell’IGP, di cui i beneficiari si assumono, pienamente e collettivamente, la responsabilità cfr. Corte giustizia Unione Europea sez. I, 19/12/2018 n. 367/2017 . In attesa della definitività di una pronuncia in tal senso, possiamo dare un primo benvenuto all’art. 517- quater c.p

Tribunale di Asti, sentenza 11 marzo – 8 maggio 2019, n. 387 Giudice Beconi Svolgimento del processo e motivi della decisione Con decreto di citazione a giudizio regolarmente notificato Ga. Ma. è stato chiamato in giudizio per rispondere dei reati in epigrafe. All'udienza dibattimentale l'imputato era presente e chiedeva che si procedesse con rito abbreviato e il giudice lo ammetteva. Alla successiva udienza si svolgeva quindi la discussione finale e le parti formulavano le conclusioni sopra riportate. Il giudice si ritirava in camera di consiglio e, all'esito, dava lettura del dispositivo. L'indagine e gli elementi a carico L'indagine che ha dato origine al procedimento in questione prende le mosse da un controllo effettuato dal personale dei Nas di Alessandria, in collaborazione con l'Ispettorato per la tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agro alimentari ICQRF Nord Ovest , volto a verificare il rispetto del disciplinare del vino Barolo DOCG, in particolare nella parte in cui lo stesso prevede all'art. 5, come meglio si dirà che le operazioni di vinificazione e di invecchiamento obbligatorio debbano essere necessariamente effettuate in una determinata zona individuata nel disciplinare stesso a tale prescrizione sono infatti consentite solo alcune tassative deroghe, solitamente concesse solo a produttori che vinificavano il prodotto già in epoca antecedente all'introduzione delle citate norme. In tale contesto, come risulta dagli atti cfr. verbale di sequestro del il 13.6.2017 e successiva nota del 1.8.2017 , gli operanti apprendevano che tre aziende agricole, con sede e cantina di produzione collocate fuori dalla zona autorizzata e sprovviste di deroga, condividevano un'unità operativa sita in omissis . In particolare il locale in questione era di proprietà dell'Az. Agr. R. di Br. Gi. ed, all'interno dello stesso, dichiaravano di effettuare le operazioni di vinificazione di Barolo, oltre alla Az. Agr. L.G. di Br. Ma. figlio di Gi. , l'Az. Agr. Pi. Ri. s.s.a. e l'Az. Agr. Ma. Ga Segnatamente quest'ultima, il cui titolare Ga. Ma. è cognato di Br. Ma., aveva la disponibilità dell'unità dal 2006 in comodato d'uso gratuito ed aveva richiesto ed ottenuto, per tale sito, i relativi registri di vinificazione, carico/scarico ed imbottigliamento, vidimati dall'ICQRF Nord Ovest, in cui si attestava che ivi avvenivano le operazioni di vinificazione, invecchiamento ed imbottigliamento del vino Barolo. Ciò posto, gli inquirenti effettuavano una serie di accertamenti volti a verificare la compatibilità dell'attività di vinificazione sopra indicata con l'unità operativa in questione, al fine di accertare il rispetto della sopra indicata prescrizione del disciplinare. Era innanzitutto constatato, anche mediante formale ispezione del luogo cfr. verbale del 20.7.2017 in atti e relative immagini su cd rom , che il locale in questione si sviluppa su un unico piano terreno ed è composto da tre locali cantina/invecchiamento, un ripostiglio ed un servizio igienico, per un totale di mq 153,85 come indicato dall' Allegato A-Insediamenti agricoli scheda per la valutazione dell'intervento presentata dalla ditta al Comune di Barolo e all'ASL competente territorialmente, allegata alle domande di autorizzazione per l'inizio dell'attività . In un primo locale erano posizionate 28 botti di legno tonneaux dalla capacità di 500 litri e 15 barriques da 225 litri. In altra stanza adiacente di maggiori dimensioni erano presenti 8 vasi vinari in acciaio, della capacità di 27 hl nr. 6 vasche e 26 hl nr.2 vasche . Sulla planimetria ufficiale, presentata all'ICQRF, 4 vasi vinari in acciaio erano indicati come in uso all'Az. Agr. L.G., e 4 all'Az. Agr. Ga. Ma. secondo quanto riferito da Br. Ma. in sede ispettiva ed indicato nel contratto di affitto, l'Az. Agr. Pi. Ri. può utilizzare, nel periodo vendemmiale, 2 vasi vinari in acciaio dell'azienda L.G. . Le tre aziende dichiarano di vinificare e produrre annualmente, i seguenti quantitativi di prodotto L.G. 48 quintali di uve acquistate nelle annata 2013-2014-2015 e 2016 nebbiolo atte a produrre Barolo DOCG, Pi. Ri. s.s.a. 30 2015 e 40 2016 quintali circa di uve nebbiolo atte a produrre Barolo DOCG, Ma. Ga. 118 quintali circa di uve suddivise in due sottozone per le annate 2015 e 2016 , 114 quintali di uve suddivise in due sottozone per l'annata 2014 , circa 121 quintali di uve suddivise in due sottozone per l'annata 2013 nebbiolo atte a produrre Barolo DOCG. Presso l'unità operativa in questione sono dunque dichiarati come vinificati annualmente 200 quintali circa di uva, con produzione di 140 hl circa di vino atto a Barolo DOCG. Alla luce di ciò è stato effettuato un raffronto tra i quantitativi dichiarati e la capacità dei vasi vinari in acciaio installati presso la cantina dalla copia della planimetria della cantina, inviata all'ICQRF, al quale devono essere comunicati il numero e la capacità dei recipienti superiori a 10 hi come imposto dall' art. 9 della Legge 238/16 non risultano essere mai avvenute installazioni di altri vasi vinari oltre agli 8 in acciaio sopra menzionati. Solo questi ultimi risultano idonei alla vinificazione delle uve con presenza di vinacce, poiché dotate di idonea portella inferiore e chiusino superiore. Gli altri recipienti impiegati per lo stoccaggio dei prodotti vinosi sono costituiti da botti in legno, utilizzabili solo nella fase successiva alla rimozione delle vinacce. In base a ciò, dal raffronto tra la capacità ricettiva della cantina e il quantitativo di vino atto a Barolo DOCG prodotto dalle tre aziende agricole risultante dai registri di cantina , gli operanti concludevano che, per le vendemmie 2015 e 2016, era stato introdotto un quantitativo di uve di gran lunga superiore alla capienza massima consentita dai citati vasi vinari. In particolare, come evidenziato nella nota del Dott. Vi., consulente del pubblico ministero, con più specifico riferimento all'Az. Agr. Ga., i 4 vasi vinari utilizzati dalla stessa hanno una capacità complessiva di 108 hi, che, considerato l'aumento di volume che avviene durante la fermentazione, può essere utilizzata solo al 70 o 75% per un massimo, dunque, di circa 81 hi. In base al quantitativo dichiarato di uva raccolta identico per le due annate, 11846 kg sono stati ottenuti, per ciascuna vendemmia, 112,49 hl di mosto, quantità dunque sensibilmente superiore alla capacità dei vasi. Per quanto riguarda le vendemmie 2013 e 2014, durante le quali l'Az. Agr. Ri. vinificava presso altra sede, vi era la disponibilità fisica delle vasche in acciaio, ma, vista la necessaria presenza di prodotti provenienti dalle vendemmie precedenti anche in considerazione del fatto che il disciplinare impone un invecchiamento del prodotto per almeno 38 mesi, di cui 18 in legno , nonché di diverse tipologie e sottozone, la capacità risultava assolutamente non compatibile con i quantitativi dichiarati. Si rilevava inoltre che sul posto non erano presenti le attrezzature necessarie per la vinificazione e, poiché già in sede ispettiva come meglio si preciserà Ga. Ma. figlio di Ma. dichiarava che le stesse venivano ogni volta trasportate con i mezzi aziendali dalla sede principale di Rodello presso la cantina di Barolo, gli inquirenti verificavano, esaminando le attrezzature stesse, la fattibilità di tale procedura, concludendo che sia la pressa che la riempitrice-tappatrice erano di dimensioni tali da renderne difficile il trasporto inoltre la prima avrebbe occupato uno spazio non disponibile nella cantina di Barolo ed il secondo avrebbe richiesto, per essere trasferito, di un lavoro di smontaggio svolto da personale specializzato. Era altresì constata l'insufficienza della superficie disponibile all'interno dei locali dell'unità in questione nonché l’inadeguatezza della pavimentazione esterna in quanto in pendenza. Sono stati poi effettuati accertamenti presso l'ente gestore del servizio idrico per il Comune di Barolo Tecnoedil s.p.a., appurando che, per la cantina di via omissis , l'unico contratto è intestato all'Az. Agr. Rabino non è risultata la presenza di altre fonti idriche. Acquisite le relative bollette a decorrere dall'anno 2011 sono risultati consumi effettivi irrisori dai 3 ai 6 metri cubi a semestre ed addirittura assenti in alcuni periodi di vendemmia autunno 2011, 2012 e 2013, come da prospetto riportato a pagina 3 del verbale di sequestro . Anche tale dato risulta incompatibile con la dichiarata attività di vinificazione in quella sede, data la necessità di utilizzare molta acqua per /'/ lavaggio, delle cassette utilizzate per la raccolta delle uve, della pigiadiraspatrice e del torchio rotativo dopo ogni utilizzo, dell'area esterna dopo il trasferimento dei raspi, delle vasche utilizzate per la vinificazione dopo la svinatura e sfecciatura o dopo il travaso o trasferimento dei prodotti vinosi, dei pavimenti della cantina dopo ogni lavorazione cfr. pag. 4 verbale . A titolo di confronto è stato accertato che lo stabilimento vinicolo di Diano d'Alba della stessa Az. Agr. L.G., che tratta circa 300 quintali di uve per ogni vendemmia, ha un consumo annuo di oltre 200 metri cubi di acqua. Ulteriore controllo è stato effettuato presso la sede della Società Intercomunale Servizi Idrici s.r.l., che risulta essere l'ente gestore del servizio di depurazione del bacino albese, al fine di verificare lo scarico delle acque reflue provenienti dall'insediamento produttivo. E così emerso che l'Az. Agr. Rabino nel 2006 ha presentato istanza di scarico in pubblica fognatura di acque reflue assimilabili alle domestiche, per cui è stata regolarmente autorizzata dal Comune. Tra la documentazione allegata all'istanza vi è anche una scheda contenente i volumi annuali consumati e/o ipotizzati mc/annuo e le ore di funzionamento dello scarico, in cui si dichiara l'utilizzo di fossa Imhoff dispositivo usato per la depurazione dei liquami , con smaltimento finale dei fanghi in discarica/piattaforma di smaltimento sempre nella scheda medesima è indicato un approvvigionamento idrico da acquedotto di 55 metri cubi. La società intercomunale sopra citata, che gestisce anche la piattaforma di smaltimento rifiuti speciali non pericolosi, con impianto sito nel comune di Govone, non ha registrato, dall'anno 2007, alcuno smaltimento effettuato dall'azienda agricola di Br. Gi. o da quella di Br. Ma Inoltre la vasca Imhoff, effettivamente presente presso l'unità operativa di Barolo, che avrebbe dovuto raccogliere i fanghi provenienti dalla depurazione delle acque reflue derivanti dalle operazioni di vinificazione, non risulta essere mai stata svuotata, sebbene necessiti di smaltimento periodico. Infine sono stati escussi a sommarie informazioni alcuni residenti o conduttori di attività attigue all'unità operativa di Barolo. In particolare Ma. Se., abitante proprio nello stesso stabile di via omissis al primo piano, sovrastante la cantina in questione, ha dichiarato di non aver mai notato presso tale luogo pigiatrici, né residui di vinificazione come raspi, vinacce o fecce , di non aver mai visto portare cesti od altri contenitori con uva, né linee di imbottigliamento e di non aver mai assistito al lavaggio di alcuna attrezzatura ha infine escluso di aver notato, nel periodo vendemmiale, movimenti o presenza di persone superiori ad altri periodi dell’anno ed ha invece confermato la presenza, in alcune occasioni, di cisterne, botti o bottiglie vuote. Similmente Ma. Al., fratello della predetta, abitante, dal 2015 circa, nella mansarda sita al secondo piano dello stabile, ha affermato di non aver mai notato nel cortile della cantina attività o materiali riconducibili ad operazioni di vinificazione ha però precisato di essere in genere fuori casa dalle 07.30 alle 19.30. Infine Ma. Vi., padre dei predetti e proprietario del terreno, tuttavia non abitante sul posto, ha specificato di aver venduto ai Br., per le vendemmie 2006 e 2007, delle uve, la cui pigiatura era stata effettuata nell'unità in questione, ma di non aver in seguito assistito ad altre attività analoghe, avendo solo visto, in qualche occasione, Br. o un altro che facevano dei travasi tra le botti o spostavano carrelli con delle bottiglie piene. Ancora sono stati esaminati Va. Ar., Ca. Pa. e Va. Va., gestori del circolo privato sito al civico n. 3 di via Monforte, collocato a fianco della cantina in questione. Anche tali soggetti, presenti su luogo tutti i giorni ad esclusione del martedì dalle 11.30 a mezzanotte, hanno negato di aver mai visto svolgere le attività tipiche della vendemmia o notato la presenza di macchinari o residui di lavorazione con la stessa compatibili. Tutti e tre hanno invece affermato di aver visto ogni tanto recarvisi due persone da loro identificate come i proprietari con un furgone bianco. Infine Ia. Iu. Fl., dipendente dell'Az. Agr. Ma. Ga. dal 2010, ha riferito di aver sempre trasportato in ogni vendemmia le uve provenienti dal vigneto di Novello, ossia quelle di nebbiolo atte alla produzione di Barolo, presso la cantina dell'azienda sita a Rodello, ha negato di aver mai visto trasportare e smontare dei macchinari ed ha precisato di essere a conoscenza dell'esistenza di una cantina a Barolo, dove egli tuttavia non si è mai recato, in cui viene depositato il vino. Alla luce di tali elementi veniva posto sotto sequestro tutto il vino classificato come atto a diventare Barolo DOCG di proprietà dell'Az. Agr. Ma. Ga. presente presso la citata cantina stoccato nelle botti di legno in fase di invecchiamento, consistente in hi 10,05 di vino annata 2013, hi 84,69 di vino annata 2014, hi 82,88 di vino annata 2015, hi 83,13 di vino annata 2016 come meglio dettagliato nell'ultima pagina del verbale di sequestro . Parimenti sotto sequestro erano posti i registri cartacei di carico e scarico, con codice ICRF CN 7831/1/6, vidimato dall'ICQRF in data 07 novembre 2006, e di imbottigliamento, nr. V8495/CN/01/2009, vidimato dal Comune di Barolo in data 21 settembre 2009. Successivamente presso la sede di Rodello dell'azienda erano altresì sequestrate 692 bottiglie di vino etichettato Barolo DOCG delle annate 2010, 2011, 2012 e 2013 nonché documentazione relativa alla commercializzazione del vino stesso negli anni dal 2010 al 2017 il tutto meglio precisato e dettagliato nel verbale di sequestro del 9.10.2017 . Le difese dell'imputato e le prove a discarico Ga. Ma., nella memoria depositata in sede di avviso di conclusione delle indagini preliminari, ha contestato gli addebiti, precisando che le sue uve di nebbiolo atte a produrre vino Barolo DOCG provengono da due differenti appezzamenti di terreno siti a Novello, in cui, in ragione delle condizioni microclimatiche differenti, la maturazione avviene in tempi diversi esse, dopo una sosta tecnica nella cantina di Rodello per tenerle sotto controllo ed a temperatura ideale subito dopo il raccolto e pesarle, cfr. anche il secondo elaborato del consulente della difesa Co. Gi. , vengono trasportate con i mezzi agricoli presso l'unità di Barolo, via omissis , dove avvengono la pigiatura e tutte le attività conseguenti. Quanto alla contestata incapienza dei vasi vinari in acciaio, Co. cfr. primo elaborato allegato alla citata memoria difensiva ha sostenuto che, stante la differenza nei tempi di raccolta delle uve, testé evidenziata, gli 8 contenitori sopra citati, sono sufficienti per una corretta vinificazione, in quanto la materia prima non viene introdotta negli stessi tutta insieme ma in tempi differenti, essendovi qualche giorno di differenza nella maturazione tra i due appezzamenti di terreno. Con riguardo ai macchinari necessari per la vinificazione, l'imputato ha affermato che essi sono la pigiatrice, la pressa automatica e l'imbottigliatrice, che hanno piccole dimensioni e sono pertanto facilmente trasportabili dalla sede principale di Rodello e collocabili presso la cantina di Barolo in particolare ha sottolineato che ad essere trasportato non è il monoblocco riempitrice-tappatrice esaminato dagli operanti, ma altri due macchinari ossia una tappatrice semiautomatica ed un'imbottigliatrice a quattro becchi . A conferma di ciò sono state riportate, nella citata consulenza tecnica, delle fotografie che mostrano la pressa caricata su un rimorchio e poi posta nella cantina di Barolo e l'imbottigliatrice con tappatrice all'interno del furgone della ditta. Infine, contrariamente a quanto rilevato dagli operanti, non sarebbero osativi all'ingresso ed alla collocazione dei macchinari né la pavimentazione in porfido, né la pendenza del cortile, riguardante solamente il punto d'accesso. Relativamente al consumo dell'acqua, Ga. ha innanzitutto sottolineato che il contatore non è mai stato effettivamente controllato, essendo dunque i dati riportati dagli operanti riferiti a consumi presunti stimati dall'ente gestore. Ha poi precisato che, in ogni caso, il basso consumo dipende dal fatto che i macchinari non vengono lavati in quel luogo, in quanto gli stessi, così come le cassette, sono ricaricati sui mezzi e poi puliti presso la sede principale di Rodello l'acqua nel periodo di vendemmia serve dunque essenzialmente per il lavaggio dei pavimenti e per rimuovere le tracce degli sversamenti verificatisi durante le operazioni. Specularmente, quanto allo scarico dei reflui, l'irrisoria quantità del fanghi scaricati non più di 10 kg annui secondo quanto precisato nella citata consulenza ha comportato che non sia stato ad oggi ancora necessario lo svuotamento della vasca Imhoff l'utilizzo della stessa è comunque superfluo, essendo l'azienda proprietaria della cantina in possesso di regolari autorizzazioni per lo scarico. In sede di indagini difensive sono stati poi escussi alcuni soggetti a vario titolo informati sull'attività dell'azienda. In tale contesto Ga. Ma., figlio del titolare ed enologo, ha confermato lo svolgimento di tutte le operazioni di produzione ed imbottigliamento del vino in questione presso l'unità operativa di Barolo, mediante trasporto, da lui personalmente effettuato sul furgone aziendale, dell'attrezzatura necessaria, che viene successivamente ritrasportata a Rodello per essere lavata con strumenti idonei. Il dichiarante ha altresì dettagliatamente descritto il processo produttivo, da lui interamente seguito, precisando che le uve vengono innanzitutto pigiate per circa tre ore al giorno, dalle 8.30 alle 11.30 del mattino, da due o tre persone quanto pigiato viene poi trasportato tramite tubazioni nelle vasche in acciaio dove avviene il processo di fermentazione. Durante tale fase egli, da solo, esegue più follature ossia rotture del cappello di bucce che si forma sulla superficie del mosto ed altresì il salasso ossia la separazione di parte del liquido dalle bucce, che vengono lasciate a fermentare in un'unica vasca, per collocarlo nei tonneaux . Successivamente avviene la pressatura delle bucce e, dopo, il vino resta nel legno dove, ogni 60 giorni, vengono eseguite le colmature ossia le aggiunte di vino nelle botti per riempire i vuoti generati dall'evaporazione e ridurre il contatto con l'aria . Infine, tramite apposita pompa, il prodotto viene nuovamente svuotato nelle vasche in acciaio da cui poi viene imbottigliato con l'apposito macchinario. Tali ultime fasi avvengono con l'ausilio di uno o due operai. Ga. Al., anch'ella figlia dell'imputato che lavora in azienda occupandosi della parte commerciale e promozionale, ha confermato di essersi recata alcune volte con i clienti presso la cantina di Barolo per assistere alla pigiatura. Ha inoltre specificato di aver visto, a Rodello, caricare la pressa sul rimorchio del trattore. Sa. La. An., cliente norvegese dell'azienda, ha riferito di aver visitato l'unità di Barolo nell'anno 2015 durante la vendemmia al mattino e di esservi rimasto per circa un quarto d'ora assistendo alle operazioni in particolare notava che vi erano delle cassette che venivano svuotate nella diraspatrice, la quale espelleva le raspe su teli di plastica, ed una pompa che, dal cortile, portava il vino all'interno nella vasche in acciaio. Ca. Vi., cognato dell'imputato ed amministratore della Ga. s.r.l. che controlla 'azienda agricola in questione , ha dichiarato di aver partecipato, nella cantina di Barolo, alla fase di imbottigliamento delle annate 2006, 2007 e 2008 avvenuta rispettivamente nel 2009, 2010 e 2011. Ta. Ge. Al., dipendente dell'azienda dal 2014, ha confermato il trasporto, sia dei macchinari che delle uve, da Rodello e Barolo, precisando di aver partecipato, in tale ultimo luogo, alle operazioni di pigiatura ed imbottigliamento e, saltuariamente insieme a Ia. Fl., a quelle di colmatura. Anche lo stesso Ia. ha poi riferito di aver effettuato con il collega lo spostamento del vino dal legno all'acciaio e la colmatura. Entrambi i dipendenti hanno poi sottolineato che il lavaggio dell'attrezzatura non avveniva in loco, in quanto solo a Rodello vi era la pompa grossa a pressione idonea per pulire sul punto Ia. ha anche precisato che tutte le volte che lavorava a Barolo cercava di sporcare il meno possibile, di fare meno casini possibili, anche perché c'erano altre persone, c'erano vini anche di altri, non era solo la nostra cantina . Infine la difesa ha prodotto in copia una serie di documenti di accompagnamento di prodotti vitivinicoli, riferiti alle annualità dal 2010 al 2013, in cui si dà atto della spedizione, da parte della Az. Agr. Ma. Ga., di vinacce rosse fermentate di uva nebbiolo da Barolo alla distilleria Montanaro di Gallo d'Alba evidentemente per la successiva produzione di grappa il luogo di spedizione viene sempre indicato in Barolo ed, in alcune di esse, è altresì riportato l'indirizzo di via omissis . Altresì sono stati allegati due verbali relativi a controlli effettuati dallo stesso ICQRF, uno del 19.1.2009, riguardante le giacenze di tutti i vini presenti nella cantina di Rodello, che attesterebbe l'assenza, in tale luogo, del Barolo, l'altro, del 7.7.2016, concernente un prelevamento di campioni di Barolo 2012 dalla cantina di via omissis . Valutazione delle prove Alla luce dell'articolato quadro probatorio come sopra ricostruito e del contrasto fra gli elementi forniti, è necessario compiere un'attenta valutazione degli stessi. Partendo dal dato quantitativo relativo alla denunciata sproporzione della quantità di prodotto rispetto alla capacità dei contenitori presenti nella cantina, deve osservarsi che tale circostanza, oggettivamente rilevata e meglio esplicitata nella già richiamata consulenza del Dr. Vi., non è stata di per sé contestata dall'imputato, che ne ha però fornito una spiegazione, affermando, anche tramite l'elaborato di Co., che l'introduzione delle uve nei vasi d'acciaio avviene in momenti diversi a seconda del terreno di provenienza delle stesse, consentendo pertanto, in successione, la fermentazione di tutto il prodotto. Sul punto il consulente del pubblico ministero pag. 2 elaborato ha tuttavia rilevato che, secondo i dati emergenti dai registri di carico e scarico dell'azienda, nell'anno 2015, la vendemmia nei due appezzamenti di terreno di Novello è avvenuta a sole 24 ore di distanza segnatamente il 6 e il 7 ottobre e, nell'anno 2016, a 5 giorni di distanza il 15 e il 20 ottobre . In entrambi i casi, considerato che la fermentazione e macerazione delle uve da Barolo dura 10/15 giorni, non vi è stato dunque tempo sufficiente per completare nei vasi d'acciaio il processo per le uve raccolte per prime, in modo da potervi introdurre le altre. Sul punto Co. ha contestato l'affermazione relativa alla durata del periodo di fermentazione con le vinacce, affermando che molte aziende svinano dopo 5 o 6 giorni per evitare eccessi di tannino''' e che, in ogni caso, il mosto, una volta privato delle vinaccia può continuare la fermentazione nei contenitori di legno tonneaux e barriques presenti nella cantina, non essendo più necessaria la seconda apertura per consentire il rimescolamento. Peraltro anche tali considerazioni non sono in grado di giustificare l'anomalia relativa alla vendemmia del 2015, essendo impossibile che la fermentazione sia avvenuta in un solo giorno si rammenta in proposito che lo stesso Ga. Ma. ha riferito di effettuare più follature richiedenti un tempo certamente superiore alle 24 ore . Inoltre è fatto notorio e comunque ricavabile dalle risultanze istruttorie che sia la tempistica di raccolta delle uve che la durata del processo di fermentazione variano a seconda delle singole annate, assumendo un ruolo fondamentale nel processo di vinificazione, e vengono pertanto decise di volta in volta dall'enologo. Non è pertanto verosimile che una cantina, nella produzione di un vino di così alta qualità come il Barolo DOCG, si sia organizzata in modo tale da rendere queste due operazioni per forza dipendenti l'una dall'altra, ossia vincolandosi a raccogliere l'uva del secondo terreno necessariamente alla fine della fermentazione dell'altra o, viceversa, ad interrompere la fermentazione di quest'ultima per far posto alle ulteriori uve. L'incapienza della cantina è pertanto certa e prova che le uve non possono essere state vinificate in quel luogo. Quanto alle prove dichiarative, particolare rilievo assumono le informazioni rese da Ma. Se., Ma. Al., Va. Ar., Ca. Pa. e Va. Va., i primi due residenti e gli altri svolgenti attività lavorativa sul posto, tutti assolutamente privi di alcun interesse nel presente procedimento, che hanno concordemente riferito di non aver mai assistito allo svolgimento di alcuna attività di vinificazione. Né il relativo valore probatorio può essere messo in discussione, come sostenuto dall'imputato, dal solo rilievo per cui gli stessi non avrebbero visto le operazioni in quanto non continuamente presenti presso le abitazioni o presso il circolo. Infatti, in primo luogo, nel periodo di vendemmia le operazioni di vinificazione avvengono senza soluzione di continuità e dunque anche nel fine settimana e non può pertanto sostenersi che i Ma. non ci siano mai stati, visto anche il rilevante periodo in esame quantomeno per Ma. Se., ivi abitante dal 2010 in avanti . In secondo luogo solo Ma. Al. ha fatto specifico riferimento agli orari quotidiani di sua assenza da casa, mentre nulla in proposito è stato precisato dalla sorella. In terzo luogo, sebbene tutti i membri della famiglia Va. abbiano riferito di recarsi sul posto alle ore 11.30 o 12.00 del mattino e Ga. Ma. peraltro dopo l'avviso ex art. 415 bis c.p.p. al padre abbia collocato le operazioni di vinificazione dalle 8.30 alle 11.30, non è ragionevole pensare che per 9 vendemmie come dichiarato da Va. il circolo è gestito da loro dal 2008 i predetti, non solo, non abbiano mai visto alcuna operazione, ma nemmeno abbiano mai notato i residui della stessa o le necessarie attività di pulitura alla fine. A fronte di ciò, quanto alle persone esaminate dalla difesa, deve osservarsi che si tratta, per la quasi totalità, di soggetti coinvolti nell'attività aziendale, alcuni dei quali addirittura imparentati con Ga. Ma., e quindi certamente portatori di un interesse nel presente giudizio. Tra l'altro solo i figli dell'imputato ed i lavoratori di nazionalità rumena hanno riferito sulle operazioni di vinificazione, avendo Ca. assistito solo all'imbottigliamento. Inoltre si evidenza, con riguardo ai dipendenti, che la difficoltà a rendere dichiarazioni potenzialmente pregiudizievoli per il proprio datore di lavoro ne ha senza dubbio minato l'attendibilità. Ciò emerge in modo chiaro dalla valutazione della posizione di Ia. Io. Fl. che, sentito dagli operanti, ha addirittura riferito di non aver mai messo piede nella cantina di Barolo dove veniva solo depositato il vino , salvo poi rendere un versione completamente diversa al difensore, addirittura specificando di aver preso parte presso tale luogo alle operazioni di travaso e colmatura, facendo persino attenzione a sporcare il meno possibile data la presenza di altri produttori. Sul punto si evidenzia anche che, sebbene l'imputato, nella memoria difensiva, avesse attribuito l'esito delle prime dichiarazioni di Ia. ad un fraintendimento dato dalla scarsa familiarità con la lingua italiana, essendo egli di nazionalità rumena, anche la successiva audizione difensiva è stata condotta senza l'ausilio di alcun interprete. Non vi sono invece particolari ragioni per dubitare dell'attendibilità di Sa. La. An. egli tuttavia, come dichiarato, ha assistito solo una volta ad un'operazione di pigiatura, che non prova il regolare svolgimento del processo produttivo presso la cantina, ben essa potendo anche essere stata ivi collocata ad hoc in vista della visita del cliente straniero. Quanto ai dati relativi al consumo dell'acqua e, conseguentemente, agli scarichi, deve innanzitutto osservarsi che, contrariamente a quanto osservato dall'imputato e dal consulente, le bollette acquisite presso la società fornitrice del servizio idrico fanno riferimento a consumi effettivi e non presunti la circostanza è ben esposta nel verbale di accertamento del 17 maggio 2017, in cui viene sintetizzato quanto riferito dal responsabile tecnico Sa. Di. Se., secondo cui la società emette due bollette all'anno, la prima in acconto, con consumi stimati, la seconda in conguaglio, ossia con il consumo reale, accertato mediante lettura del contatore. Alla luce di ciò, anche ritenendo che la difesa abbia provato la trasportabilità dell'attrezzatura e dunque la non necessità di lavarla in loco, i consumi, davvero irrisori ed addirittura assenti in alcuni periodi, sono difficilmente compatibili anche con la sola attività di lavaggio dei pavimenti e delle vasche. Infine non sono dirimenti, al fine dell'esclusione delle condotta contestata, né il fatto che la spedizione delle vinacce sia avvenuta da Barolo, né la circostanza che in vino fosse effettivamente ivi collocato nelle botti, potendo entrambi esservi stati portati successivamente alla vinificazione avvenuta altrove. Tale ricostruzione è avvalorata anche dalle dichiarazioni dei sopra citati soggetti esaminati in particolare Ma. Se. ha riscontato la presenza di cisterne, Ia. Fl., nella prima dichiarazione, ha identificato la cantina di Barolo come posto in cui viene depositato il vino ed i membri della famiglia Va. hanno riferito di aver visto sul posto delle persone con un furgone bianco analogo a quello utilizzato dall'azienda dell'imputato . Analogamente non è incompatibile con la ricostruzione accusatoria il fatto che i prelevatoli di Valoritalia organismo autorizzato dal Ministero e competente ad effettuare, ai sensi dell'art. 11 del disciplinare, la verifica annuale del rispetto delle relative disposizioni non abbiano riscontrato alcuna anomalia, in quanto, come precisato dalla stessa norma, si tratta di controlli a campione ed in ogni caso la collocazione del vino a Barolo nella fase di invecchiamento ha evidentemente contribuito a rendere meno percepibile la violazione. Irrilevanti sono pure i citati verbali relativi ai controlli dell'ICQRF prodotti dalla difesa in quanto il primo 19.1.2009 riguarda solo le eccedenze e non tutti i vini presenti in cantina ed è comunque stato effettuato in periodo dell’anno ben successivo alla vendemmia, ed il secondo 7.7.2016 , contrariamente a quanto indicato nella memoria difensiva, si è svolto presso la sede di Rodello e non nella cantina di Barolo. In tale occasione è tra l'altro stato riscontrato che il campione prelevato riportava il codice di imbottigliamento CN1939 esso, come precisato dal Dott. Vi., corrisponde a quello del registro di imbottigliamento della sede di Rodello, mentre la partita in questione risulta, dai registri in sequestro, essere stata imbottigliata a Barolo il 4.9.2015 ed avrebbe pertanto dovuto riportare il relativo codice CN7831. Alla luce di tali considerazioni deve affermarsi che nessuno degli elementi addotti dall'imputato è in grado di confutare il quadro accusatorio, con particolare riguardo ai dati relativi all’incapienza dei vasi vinari ed alle dichiarazioni delle persone informate esaminate dagli operanti, ed i fatti ascritti devono dunque ritenersi provati. La Qualificazione giuridica dei fatti Quando all'inquadramento della condotta accertata nella violazione contestata dal pubblico ministero, deve premettersi che, come precisato dalla Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 28354 del 23/03/2016 c.c dep. 08/07/2016, Rv. 267455 01 l'art. 517 quater c.p. afferma in maniera esplicita la rilevanza penale della contraffazione e dell'alterazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, fornendo una tutela anche più ampia di quella riconducibile all'art. 517 cod. pen., perché non richiede l'idoneità delle indicazioni fallaci ad ingannare il pubblico dei consumatori, orientando la tutela verso gli interessi economici dei produttori ad utilizzare le indicazioni geografiche o le denominazioni d'origine , a condizione che sia rispettata la normativa interna, comunitaria ed internazionale, posta a tutela delle stesse. Tale ultimo requisito è senz'altro nella specie sussistente in quanto il vino Barolo ha avuto il suo primo riconoscimento come prodotto DOC con relativo disciplinare di produzione già con D.P.R. del 23 aprile 1966 ed ha poi ottenuto la Denominazione di Origine Controllata e Garantita con D.P.R. del 1 luglio 1980 il testo del disciplinare, poi oggetto di modifiche nel 2010, nel 2011 e nel 2014, è da ultimo stato aggiornato dal D.M. 17.04.2015 pubblicato sul sito ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole alimentari e forestali -Sezione Prodotti Dop e Igp Vini DOP e IGP . Con più specifico riguardo ai fatti contestati, Tatto normativo in questione prevede, all'art. 5, che le operazioni di vinificazione e di invecchiamento obbligatorio devono essere effettuate nella zona delimitata nell'art. 5 . L'art. 3 a sua volta individua la zona di origine delle uve atte a produne i vini Barolo DOCG includendovi l'intero territorio dei comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d'Alba ed in parte il territorio dei comuni di Monforte d'Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d'Alba, Cherasco e Roddi ricadenti nella provincia di Cuneo''' la stessa norma prosegue poi con una più meticolosa delimitazione della zona, descrivendone più precisamente i confini . L'art. 5 prevede poi due distinte possibilità di deroga alla regola enunciata in apertura, entrambe concedibili dallo stesso Ministero delle politiche agricole la prima applicabile, sentito il Consorzio di tutela, a stabilimenti situati nell'intero territorio dei comuni di Monforte d'Alba, Novello, La Morra, Grinzane Cavour, Diano d'Alba, Roddi e nella porzione alla destra del fiume Tanaro dei comuni di Cherasco e Verduno che dimostrino di possedere un titolo di conduzione dei vigneti della durata non inferiore a quindici anni , la seconda per aziende che, avendo stabilimenti situati nei territori delle province di Cuneo, Asti, Alessandria inclusi nell'art. 4 del disciplinare annesso al D.P.R. 23 aprile 1966, dimostrino che già effettuarono tali operazioni, previa attestazione della competente camera di commercio . Nella specie, come visto, è stato accertato che almeno parte delle operazioni di vinificazione diraspatura, pigiatura, fermentazione, pressatura non possono essere avvenute nella cantina di Barolo, essendo state dunque verosimilmente effettuate presso lo stabilimento principale dell'azienda, sito in Rodello e dunque al di fuori delle zona sopra delimitata, né l'Az. Agr. Ga. è risultata in possesso di una delle citate deroghe non disponendo, tra l'altro, dei relativi requisiti . Il prodotto è peraltro stato riconosciuto come Barolo DOCG da Valoritalia, che ne ha autorizzato la vendita con la citata denominazione. Lo stesso ente certificatore è stato peraltro tratto in inganno dalle false dichiarazioni contenute nei registri di vinificazione dell'azienda e, conseguentemente, il vino, sebbene dal punto di vista formale regolarmente forgiato della denominazione Barolo DOCG, non rispettava in realtà le norme previste dal citato disciplinare. Tale condotta ha comportato la qualificazione e la successiva vendita come Barolo DOCG di un prodotto che non ne aveva tutti i requisiti, realizzando un'alterazione della denominazione d'origine. Essa tuttavia non può essere inquadrata nell'art. 517 c.p., aggravato ex art. 517 bis c.p., poiché non vi è un comportamento idoneo ad ingannare i consumatori sulle caratteristiche intrinseche del prodotto, che, con riguardo alla materia prima utilizzata e della procedura seguita, ha i requisiti per essere classificato come Barolo DOCG. Peraltro la fraudolenta attribuzione della denominazione ad un vino prodotto fuori del territorio consentito lede comunque una disposizione del disciplinare introdotta, all'evidenza, per tutelare l'interesse dei produttori a circoscrivere la zona di vinificazione, anche in ottica di valorizzazione della stessa area geografica in cui le uve vengono coltivate. Corretta è dunque, alla luce della giurisprudenza richiamata in apertura del presente paragrafo, la qualificazione ai sensi dell'art. 517 quater c.p. Si precisa peraltro che, non essendo richiesta dalla norma l'effettiva vendita del prodotto, ma solo l'alterazione della denominazione, il reato deve ritenersi consumato per tutto il prodotto già imbottigliato, ancorché non ancora commerciato, in quanto da forgiato fraudolentemente dell'indicazione Barolo DOCG. Condivisibile è invece la qualificazione come fattispecie tentata del fatto relativo al prodotto presente delle botti, ancora qualificato come atto a divenire Barolo DOCG , essendosi l'alterazione non ancora perfezionata. La citata ricostruzione dei fatti consente anche di affermare la sussistenza delle false attestazioni ascritte al capo C, non essendo le operazioni in questione avvenute in Barolo, come invece dichiarato nel registri regolarmente vidimati dall'ICQRF e dal Comune di Barolo, destinati a documentare le circostanze in essi esposte agli organi competenti per i controlli. Tali ulteriori condotte sono state commesse, come visto, al fine di poter alterare la denominazione d'origine correttamente pertanto è stata contestata l'aggravante ex art. 61 n. 2 c.p. L'imputato deve dunque essere dichiarato responsabile dei reati a lui ascritti. Trattamento sanzionatorio Le condotte delittuose accertate, del tutto analoghe tra di esse e poste in essere senza soluzione di continuità e comunque in vista di un unico scopo già inizialmente predeterminato, devono ritenersi certamente parte di un solo complessivo disegno criminoso e dunque avvinte dal vincolo della continuazione la violazione più grave è individuabile nella fattispecie consumata ex art. 517 quater c.p., in quanto, rispetto all'art. 483 c.p., essa prevede, a parità di pena detentiva, anche quella pecuniaria. La pena per il capo B, tenuto conto della rilevante quantità di prodotto in questione, per cui il pubblico ministero ha già contestato la continuazione interna, non può essere contenuta nei minimi edittali. Tuttavia rincensuratezza impone di determinare una sanzione inferiore rispetto a quella richiesta dall'accusa. In ragione del buon comportamento dell'imputato, che si è mostrato collaborativo nell'attività di indagine ad ha partecipato al processo, sono concedibili le circostanze attenuanti generiche. Di conseguenza la pena deve essere determinata in mesi 6 di reclusione ed Euro 6000,00 di multa pena base, per il capo B, mesi 8 di reclusione ed Euro 8000,00 di multa, ridotta per le generiche a mesi 6 di reclusione ed Euro 6000,00 di multa, aumentata ex art. 81 cpv. c.p., di mesi 2 di reclusione ed Euro 2000,00 di multa, per il capo A, e di 1 mese di reclusione ed Euro 1000,00 di multa, per il capo C, per un totale di mesi 9 di reclusione ed Euro 9000,00 di multa, infine diminuita per il rito . Sussistono le condizioni oggettive e soggettive per concedere la sospensione condizionale della pena in particolare l'assenza di precedenti condanne consente di formulare giudizio di prognosi favorevole circa la non commissione in futuro di ulteriori reati, anche in considerazione dell'efficacia deterrente della sanzione. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. Ai sensi dell'art. 517 quater c.p., che richiama il 474 bis c.p., consegue altresì la confisca obbligatoria di tutto il prodotto e dei contrassegni in sequestro. Parimenti devono essere confiscati e distrutti i registri di cui al capo C, essendo stata accertata la falsità dei relativi contenuti. P.Q.M. Visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p., Dichiara Ga. Ma. responsabile dei reato a lui ascritti, ritenuta la continuazione tra gli stessi, e, concesse le attenuanti generiche ed applicata la diminuzione per la scelta de rito, lo condanna alla pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 6000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di legge. Visti gli artt. 163 e 175 c.p. concede all'imputato i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna. Visto gli artt. 517 quater comma 4 e 474 bis c.p., ordina la confisca e la distruzione di quanto in sequestro. Visto l'art. 544 c.p.p., indica in giorni 60 il termine per il deposito della motivazione.