Via dai domiciliari per far visita a un amico: condotta grave

Confermata la condanna a 6 mesi di reclusione. Respinta la tesi difensiva mirata a ridimensionare la condotta in discussione. Per i Giudici il comportamento tenuto dall’uomo non è catalogabile come non grave.

Indiscutibile nella vita umana il valore dell’amicizia, che, però, non può comunque giustificare - né rendere non grave - la scelta di violare gli arresti domiciliari per andare a trovare una persona cara. Definitiva, di conseguenza, la condanna a 6 mesi di reclusione per un uomo, che, costretto ai domiciliari, si era allontanato dalla propria abitazione per far visita ad un amico Cassazione, sentenza n. 24872/2019, Sezione Sesta Penale, depositata oggi . Ragione. Nessuna incertezza sull’episodio incriminato, verificatosi in Toscana nell’aprile del 2017. Impossibile, quindi, mettere in discussione il comportamento tenuto dall’uomo, che, come detto, ha consapevolmente violato gli arresti domiciliari per recarsi da un amico e trascorrere con lui la giornata. Così, la linea difensiva è mirata solo a ridimensionare la gravità della condotta presa in esame dai Giudici. Su questo fronte, in particolare, il legale dell’uomo sotto processo punta all’applicazione dell’art. 131- bis c.p., cioè alla non punibilità”. Per i Giudici della Cassazione - come già per quelli della Corte d’Appello e, prima ancora, per quelli del Tribunale - la accertata violazione dei domiciliari non è catalogabile come episodio non grave. Rilevante in questa ottica anche la constatazione che l’allontanamento da casa non era dovuto a serie e apprezzabili ragioni di necessità , poiché l’uomo aveva deciso di trascorrere la giornata con un amico . Peraltro, viene anche ricordato che l’uomo sotto processo aveva in passato già violato le prescrizioni impostegli con la misura della sorveglianza speciale , dimostrando così, concludono i Giudici, un sistematico dispregio dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 marzo – 4 giugno 2019, n. 24872 Presidente Petitti – Relatore Vigna Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Grosseto il 29/05/2017, ha concesso a Ro. Loriano le circostanze attenuanti generiche e ha rideterminato la pena inflitta per il reato di evasione dagli arresti domiciliari in mesi 6 di reclusione. La condotta contestata a Ro. è quella di essersi allontanato dalla propria abitazione il 2/04/2017 per recarsi a fare visita ad un amico. 2. Ricorre per cassazione Ro., a mezzo del difensore di fiducia, deducendo, come unico motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione della causa di esclusione della punibilità richiesta già al giudice di appello. La Corte territoriale ha escluso l'applicabilità della disposizione di cui all'art. 131 bis cod. pen. in ragione della distanza dal luogo di rinvenimento del Ro. rispetto alla sua abitazione e delle ragioni addotte dal ricorrente per giustificare l'allontanamento dal domicilio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza del motivo. 2. Secondo il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, dal quale non vi è ragione per discostarsi, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall'art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 . 2.1. Nel caso di specie, la sentenza di primo grado, che, trattandosi di doppia conforme, viene ad integrarsi vicendevolmente con quella di appello, mette puntualmente in evidenza come, a seguito della condotta sopra descritta, la misura cautelare degli arresti domiciliari è stata aggravata in quella della custodia cautelare in carcere, che l'allontanamento da casa dell'imputato non era dovuto a serie e apprezzabili ragioni di necessità Ro. aveva deciso di trascorrere la giornata con un amico e che l'imputato in passato aveva violato le prescrizioni impostegli con la misura della sorveglianza speciale dal Tribunale di Grosseto, in tal modo dimostrando sistematico dispregio dei provvedimenti dell'Autorità giudiziaria. 2.1. Così facendo i Giudici di merito hanno proceduto ad una equilibrata valutazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico protetto ed hanno esaurientemente, logicamente e razionalmente argomentato con motivazione senz'altro non affetta da vizi rilevabili in questa sede le ragioni del proprio convincimento. 3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.