Oppressivo e prevaricatore come padre e come marito: condannato

I pessimi comportamenti dell’imputato si sono verificati anche dopo la separazione dalla moglie, e hanno riguardato anche il nuovo compagno della donna. Emerso in maniera netta l’orrendo clima instaurato in famiglia. Decisive le dichiarazioni della parte offesa e di alcuni testimoni.

Oppressivo come marito e come padre, sia durante la convivenza familiare, sia dopo la rottura con la moglie, legatasi a un altro uomo. Inevitabile la condanna per il reato di maltrattamenti” che ha visto come vittime non solo la donna ma anche i figli della coppia Cassazione, sentenza n. 24189/19, sez. VI Penale, depositata il 30 maggio 2019 . Aggressività. Sotto i riflettori i comportamenti ossessivi tenuti dall’uomo, che ha preso di mira non solo la moglie e i figli, ma anche il nuovo compagno della donna. L’ipotesi accusatoria principale è quella di maltrattamenti in famiglia , che assorbe anche il fronte dello stalking messo in atto nei confronti della moglie. Tutti gli elementi probatori a disposizione – cioè le dichiarazioni della parte offesa e dei testimoni – sono ritenuti sufficienti per arrivare alla condanna dell’uomo. Su questo punto concordano non solo i giudici del Tribunale e della Corte d’appello, ma anche quelli della Cassazione, che respingono definitivamente le obiezioni proposte dal legale del marito sotto processo. Ciò che è emerso, in sostanza, è un generale clima di oppressione e prevaricazione familiare, generato dall’aggressività dell’uomo, certamente favorita dall’abuso di alcolici , aggressività manifestatasi anche dopo la separazione dalla moglie e sfociata in una serie di atti persecutori, culminati in numerosi pedinamenti ed arbitrari accessi presso l’abitazione della donna e in gravissime minacce, estrinsecatesi attraverso l’uso di un’arma rivolta anche contro il nuovo compagno della donna .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 marzo – 30 maggio 2019, n. 24189 Presidente Tronci – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino, a seguito di gravame interposto dal P.G. e dall'imputato Pa. Am. avverso la sentenza emessa in data 29.2.2016 dal Tribunale di Asti, in parziale riforma della decisione, riqualificato il reato di cui al capo B art. 612 bis cod. pen. in quello di maltrattamenti, ha rideterminato la pena inflitta all'imputato riconosciuto responsabile del reato di cui all'art. 572 cod. pen. capi A e B ai danni della moglie e dei figli e artt. 612,339 cod. pen. capo C ai danni di Gi. Ca., compagno della ex moglie. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato che deduce 2.1. Violazione dell'art. 572 cod. pen. in relazione alla episodicità dei fatti afferenti a situazioni contingenti e particolari slegati da qualsiasi volontà di unico disegno vessatorio, come peraltro induce la intervenuta riqualificazione della condotta sub B che, pertanto, esclude una condotta persecutoria dell'imputato. 2.2. Violazione dell'art. 597 cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui al capo C non oggetto di devoluzione in appello, rispetto al quale il primo Giudice non aveva espresso considerazioni. 2.3. Violazione dell'art. 2, comma 4, cod. pen. avendo la Corte, nel determinare la pena base, considerato il minimo edittale previsto per il reato di cui all'art. 572 cod. pen. a seguito della novella introdotta dalla legge n. 172 del 2012, mentre il reato deve considerarsi terminato nel dicembre del 2011. Considerato in diritto 1. Il ricorso è solo in parte fondato. 2. Il primo motivo è palesemente generico rispetto alle ragioni della affermazione di responsabilità e proposto per questione di fatto non scrutinabile in sede di legittimità quando fa leva su una diversa ricostruzione e valutazione dei fatti attraverso una parcellizzazione delle vicende oggetto di accertamento, già censurata dalla sentenza impugnata in relazione agli analoghi motivi di appello. Invero, non incorre in vizi logici e giuridici la ricostruzione avallata dalla sentenza impugnata - sulla base delle testimonianze della parte offesa e dei testi di riferimento - in relazione al generale clima di oppressione e prevaricazione familiare generato dalla aggressività del ricorrente imputato, certamente favorita dall'abuso di alcolici, manifestatasi - anche dopo la separazione - con una accentuazione della sua deriva, correlata all'allontanamento dalla famiglia e alla gelosia per la moglie, sfociata in una serie di atti persecutori culminati, oltre che in numerosi pedinamenti ed arbitrari accessi presso l'abitazione della parte offesa, in gravissime minacce estrinsecatesi attraverso l'uso di un'arma rivolta anche contro il nuovo compagno della donna. 3. Il secondo motivo è manifestamente infondato, essendo stato oggetto di statuizione in primo grado anche il reato sub C , contestato nell'ambito di procedimento riunito. 4. Il terzo motivo è fondato essendo stata individuata la pena inflitta a partire dalla pena base pari al minimo edittale per il reato di cui all'art. 572 cod. pen. indicato in anni due di reclusione, tale, invece, essendo la pena minima introdotta dalla legge n. 172 del 2012, intervenuta successivamente alla condotta accertata - invece - fino al dicembre 2011. 5. Ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino per nuovo giudizio sul punto. Nel resto il ricorso deve essere rigettato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Torino. Rigetta nel resto il ricorso.