Impensabile andare in giro con una scorta personale di 200 dosi di hashish: condannato

Confermata la condanna per detenzione di droga a fini di cessione a terze persone. Respinta l’ipotesi che il quantitativo rinvenuto fosse destinato a un uso esclusivamente personale. A inchiodare l’uomo sotto processo anche le precarie condizioni economiche.

Illogico scegliere di portarsi dietro, fuori casa, una scorta personale di hashish composta da ben duecento dosi. Inevitabile perciò la condanna per detenzione di droga a fini di spaccio” Cassazione, sentenza n. 23256/19, sez. IV Penale, depositata oggi . Dosi. Controllo fatale per un uomo di neanche 30 anni. In strada viene trovato in possesso di circa duecento dosi di hashish. Inevitabile il processo e, secondo i giudici, la condanna per detenzione illecita di sostanze stupefacenti destinate allo spaccio. Tale decisione viene contestata dall’uomo che tramite il proprio legale propone ricorso in Cassazione per mettere in discussione la ritenuta destinazione alla cessione a terze persone della droga da lui detenuta . Ma per i Giudici del ‘Palazzaccio’ non vi sono elementi per dubitare della colpevolezza dell’uomo sotto processo. In particolare, viene evidenziato che non è il dato quantitativo in sé a risultare decisivo per la condanna. Sono altri dettagli, osservano i giudici, a spingere nella direzione della destinazione dello stupefacente ad uso non esclusivamente personale . Più precisamente, è ritenuto significativo il fatto che l’uomo teneva con sé un così rilevante numero di dosi di hashish circa duecento stando fuori casa, circostanza non compatibile con la destinazione ad uso esclusivo del detentore . E poi le più che modeste condizioni economiche dell’uomo rendono ancor meno spiegabile la flagrante detenzione dello stupefacente , aggiungono i giudici. Tirando le somme, si può escludere che la droga rinvenuta fosse una sorta di scorta personale dell’uomo.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 – 28 maggio 2019, n. 23256 Presidente Ciampi – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. Gi. Ca. ricorre avverso la sentenza con la quale, in data 17 ottobre 2018, la Corte d'appello di Roma ha confermato la condanna alla pena ritenuta di giustizia emessa nei suoi confronti dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo in data 20 settembre 2017, all'esito di giudizio abbreviato, in relazione al reato di cui all'art. 73, comma 4, D.P.R. 309/1990 illecita detenzione di stupefacenti del tipo hashish, per un totale di circa 200 dosi . 2. Avverso la prefata sentenza ricorre il Ca., articolando un unico motivo di lagnanza, con il quale il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta destinazione a cessione a terzi dello stupefacente da lui detenuto. Il ricorrente rileva in particolare che la 6 Sezione della Corte di legittimità aveva annullato con rinvio l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Palermo in data 28 marzo 2017 con la quale era stata confermata la misura cautelare applicata al Ca. in relazione allo stesso fatto, sul rilievo che il solo dato quantitativo non poteva costituire indizio della finalità di spaccio, né soccorrevano le modalità della detenzione e le condizioni personali dell'odierno ricorrente. Pur a fronte di tali argomenti, i giudici di merito hanno completamente disatteso le indicazioni provenienti dalla Corte di legittimità in ordine agli elementi deponenti per la destinazione almeno parziale dello stupefacente alla cessione a terzi che era onere dell'accusa comprovare , ribadendo in buona sostanza le medesime considerazioni censurate dalla stessa Corte regolatrice. Considerato in diritto 1. Il ricorso é infondato. Si premette che, in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, Gjoka, Rv. 272463 nell'occasione la Corte rigettò il ricorso avverso la sentenza d'appello confermativa della condanna del ricorrente, il quale deteneva nella tasca destra del giubbotto un involucro in cellophane contenente 37 grammi di eroina, idoneo a preparare 76-77 dosi, oltre alla somma di 490 Euro. In senso conforme vds. Sez. 6, Sentenza n. 44419 del 13/11/2008, Perrone, Rv. 241604 . Pur volendosi escludere la decisività del dato quantitativo, essendo onere dell'accusa stabilire se lo stupefacente sia destinato almeno in parte allo spaccio e non potendosi operare una presunzione al riguardo, nondimeno deve tenersi conto che il giudice deve globalmente valutare, sulla base degli ulteriori parametri indicati dalla disposizione normativa di riferimento, se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione Sez. 6, n. 12146 del 12/02/2009, Delugan, Rv. 242923 . 2. Nella specie, la motivazione della Corte di merito - che, occorre evidenziarlo, é del tutto autonoma rispetto a quella formulata dal Tribunale del Riesame - regge pienamente alle censure del ricorrente. Pur a fronte della valutazione operata in sede cautelare da altra Sezione della Corte di legittimità, sono state valorizzate - con giudizio di sintesi che risponde ai requisiti indicati dalla giurisprudenza dianzi richiamata - alcune circostanze rilevanti ai fini del convincimento dei giudici di merito in ordine alla destinazione dello stupefacente ad uso non esclusivamente personale. In specie appare decisiva la valutazione complessiva dei molteplici elementi caratterizzanti la fattispecie, fra i quali assume rilievo ulteriore il fatto che il Ca. teneva con sé un così rilevante numero di dosi di hashish circa 200 stando fuori casa circostanza non compatibile con la destinazione delle stesse ad uso esclusivo del detentore. In tale quadro, le più che modeste condizioni economiche dell'odierno ricorrente rendono ancor meno spiegabile, in termini di illiceità della condotta, la flagrante detenzione dello stupefacente de quo ed hanno indotto perciò la Corte di merito - con percorso motivazionale che si sottrae a censure in questa sede, sulla base dei richiami giurisprudenziali di cui sopra - ad escludere che quella in sequestro costituisse una sorta di scorta che l'imputato si sarebbe procurato. Si soggiunge, a proposito della distinzione fra giudizio cautelare e giudizio di cognizione relativi allo stesso fatto, che l'obbligo di uniformarsi, nella valutazione del materiale probatorio, alla sentenza di annullamento con rinvio pronunciata della Corte di Cassazione sussiste, ai sensi dell'art. 627 comma terzo cod. proc. pen., solo per il giudice del rinvio e non anche per i giudici che, sia pure nel medesimo processo, siano chiamati a trattare distinte fasi o gradi dello stesso Sez. 3, n. 23052 del 23/04/2013, S, Rv. 256170 e che, del resto, i giudici della cognizione, sia in primo che in secondo grado, hanno fornito una più ampia ed esaustiva valutazione degli elementi complessivi sui quali deve imperniarsi il giudizio circa la rilevanza penale della detenzione di sostanze stupefacenti. 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.