Inammissibile il ricorso per cassazione personalmente proposto dall’indagato

A seguito della l. n. 103/2017, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto personalmente dall’indagato, anche nel caso in cui lo stesso sia sottoscritto dal difensore e procuratore speciale solo per autenticarne la firma.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22022/19, depositata il 20 maggio. Il caso. Il Tribunale della libertà di Catania confermava l’ordinanza emessa dal GIP avente ad oggetto l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari al soggetto indagato per partecipazione ad associazione a delinquere e truffa aggravata ai danni dello Stato. A seguito dell’ordinanza, l’indagato propone ricorso dinanzi alla Suprema Corte, sottoscrivendo personalmente l’atto e nominando, contestualmente, il proprio difensore di fiducia e procuratore speciale, il quale sottoscrive il ricorso non per farlo proprio ma per autenticare la firma del ricorrente. L’indagato non può proporre ricorso personalmente. Prima di giungere all’esame dei motivi oggetto del ricorso, la Corte di Cassazione dichiara lo stesso inammissibile perché proposto personalmente dall’indagato, soggetto non legittimato ai sensi dell’art. 613 c.p.p Nell’affermare ciò, la Corte osserva come, anche in materia cautelare, il ricorso per Cassazione avverso qualsivoglia tipo di provvedimento debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’Albo speciale della Suprema Corte, ciò a seguito della modifica degli artt. 571 e 613 c.p.p. operata con la l. n. 103/2017. I Giudici aggiungono, in tema di procura speciale, che l’art. 122 c.p.p. prevede il criterio generale della tassatività degli atti che possono essere espletati attraverso un procuratore speciale, ma ciò è possibile solo quando sia la legge stessa a consentirlo. Nel caso di specie, poiché la legge non consente più il ricorso per Cassazione personalmente da parte dell’indagato, deve escludersi che egli possa nominare un procuratore speciale ai fini del compimento dello stesso atto, perché non solo ciò non è previsto da alcuna norma specifica, ma si lederebbe il principio generale per cui chi non risulti titolare di un potere non può attribuirlo ad altri tramite il conferimento della procura . Per questo motivo, gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 10 aprile – 20 maggio 2019, n. 22022 Presidente De Crescienzo – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza in data 6 dicembre 2018, il tribunale della libertà di Catania, confermava l’ordinanza del G.I.P. del tribunale del 17 novembre 2018 che aveva applicato, a D.C.F. , la misura cautelare degli arresti domiciliari, in quanto indagato di partecipazione ad una associazione a delinquere dedita all’esercizio clandestino di gioco e scommesse e truffa aggravata ai danni dello Stato. 1.2 Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il D.C. personalmente lamentando - violazione di legge e vizio di motivazione per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza ed erronea valutazione in ordine all’art. 416 c.p., avuto riguardo al limitato periodo temporale in cui erano incorse le conversazioni valorizzate ed all’esistenza di rapporti con il solo coindagato B. che denotavano l’occasionalità ed accidentalità dell’accordo criminoso - vizio di motivazione e violazione dell’art. 274 c.p.p., con riguardo alla ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, nonostante fosse provato il distacco dal B. , alla cessazione delle attività del sito illegale già dal marzo 2017, alla data di contestazione dei fatti risalente al dicembre del 2006 che doveva fare escludere la concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile perché proposto dall’indagato personalmente e, pertanto, da soggetto non legittimato ai sensi della disciplina dell’art. 613 c.p.p. come modificato dalla L. n. 103 del 2017, entrata in vigore il 3-8-2017. 2.1 Invero, dall’analisi dell’atto di impugnazione, risulta che il ricorso avverso l’ordinanza del tribunale della libertà di Catania viene testualmente proposto dal D.C. il quale, nello stesso atto, nomina difensore di fiducia e procuratore speciale l’avv.to Giuseppe Mileti. Tuttavia l’atto datato omissis 30 gennaio 2019 è sottoscritto dal D.C.F. ed il difensore e procuratore speciale interviene in calce allo stesso non per farlo proprio bensì esclusivamente per autenticarne la firma. Orbene, le Sezioni Unite di questa corte di cassazione, nell’interpretare la nuova disciplina dettata dal citato art. 613 c.p.p., hanno già affermato che il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, compresi quelli in materia cautelare, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 c.p.p., dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della corte di cassazione Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, Rv. 272010 . Affermato l’obbligo di necessaria sottoscrizione del ricorso da parte del difensore abilitato all’esercizio presso le giurisdizioni superiori anche in materia cautelare, come nel caso in esame, si è poi anche precisato che il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 c.p.p., dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della corte di cassazione, essendo irrilevante, per la natura personale dell’atto impugnatorio, l’autenticazione, ad opera di un legale, della sottoscrizione del ricorso, che, ai sensi dell’art. 39 disp. att. c.p.p., attesta unicamente la genuinità di tale sottoscrizione e la sua riconducibilità alla parte privata Sez. 6, n. 54681 del 03/12/2018, Rv. 274636 . E l’applicazione del predetto principio al caso in esame deve fare affermare che la sottoscrizione apposta per autentica della firma del D.C. , da parte del suo difensore di fiducia, non rende per ciò solo il difensore autore di un atto che appare riferibile esclusivamente al predetto indagato, sicché sotto tale profilo il ricorso è certamente inammissibile perché proposto da soggetto non legittimato. 2.2 A conseguenze diverse non può, ad avviso di questa corte, neppure pervenirsi in ragione del rilascio in calce al predetto ricorso, sottoscritto dall’indagato con firma autenticata dal difensore, di una procura speciale allo stesso avvocato. Invero, la disciplina della procura speciale contenuta nell’art. 122 c.p.p., prevede espressamente un criterio generale di tassatività degli atti che possano essere compiuti mediante un procuratore speciale, affermando espressamente che ciò risulta possibile solo quando la legge consente che un atto sia compiuto per mezzo di un procuratore speciale tali sono determinati e specifici atti previsti dal regime del processo penale come, ad esempio, la rinuncia all’impugnazione che ai sensi del testuale dettato dell’art. 589 c.p.p., può essere effettuata solamente dall’imputato personalmente o da suo procuratore speciale, la richiesta di rescissione del giudicato espressamente attribuita al condannato ovvero ad un suo procuratore speciale ed, ancora, come già anticipato gli altri casi tassativamente determinati. Ma poiché la legge non attribuisce più la possibilità di ricorrere per cassazione personalmente all’indagato, deve conseguentemente essere escluso che lo stesso possa nominare un procuratore speciale per il compimento di detto atto poiché, oltre a mancare una previsione normativa specifica in tal senso, per principio generale chi non risulti titolare di un potere non può attribuirlo ad altri tramite il conferimento della procura. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 3.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. Sentenza a motivazione semplificata.