Errore nel patteggiamento: la Cassazione può correggere la sentenza?

Pur rilevando l’assenza di un orientamento univoco, la Suprema Corte ritiene che, avendo riscontrato un errore nel calcolo della pena applicata all’imputato nel procedimento ex art. 444 c.p.p., la sentenza debba essere annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al tribunale per un nuovo giudizio.

Così la sentenza della Corte di Cassazione n. 21440/19, depositata il 16 maggio. La vicenda. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Lecce ha proposto ricorso avvero la pronuncia con cui il Tribunale di Brindisi ha applicato ad un imputato la pena patteggiata. Il ricorrente la menta l’erronea applicazione degli artt. 2 e 7 l. n. 895/1967, come modificata dal d.lgs. n. 204/2010, in relazione alla determinazione della pena pecuniaria, applicata in misura inferiore al minimo edittale. Patteggiamento errato. La Cassazione, ripercorrente il ragionamento logico-matematico che ha portato alla quantificazione della pena, condivide le censure mosse dal ricorrente in merito alla sussistenza del vizio di violazione di legge. Ciò posto, precisa il Collegio che in alcune precedenti pronunce è stata esclusa la possibilità di annullare solo la statuizione relativa alla sospensione condizione concessa sulla pena pecuniaria quando il giudice ha recepito l’accordo tra le parti, comprensivo anche di tale beneficio, in virtù dell’immodificabilità del predetto accordo mediante l’impugnazione. Sono successivamente intervenute le Sezioni Unite sentenza n. 40256/18 a precisare che i Giudici di legittimità, senza annullare l’intera sentenza, possono procedere all’eliminazione della porzione di pena inflitta per un reato abrogato nella misura determinata dall’accordo. Nel caso di specie ritiene però il Collegio di dover offrire una diversa soluzione. Sul presupposto che gli effetti dell’intervento correttivo sulla sentenza di patteggiamento, affetta da nullità parziale, sarebbero svantaggiosi per l’imputato e che l’errore giuridico, una volta intervenuto il giudicato, non potrebbe essere eliminato in fase di esecuzione, gli Ermellini applicano il principio secondo cui qualora il patto tra le parti contenga profili di illegalità per inosservanza del limite di pena stabilito per legge, l’accordo raggiunto tra le parti non è modificabile da parte del giudice, al quale compete soltanto il controllo sulla sussistenza dei presupposti di legge per accogliere il negoziato . Accertato l’errore nel procedimento di calcolo dunque la S.C. può solo respingere l’intero accordo. Per questi motivi, il ricorso viene accolto e la sentenza annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Brindisi per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 29 aprile – 16 maggio 2019, n. 21440 Presidente Di Tomassi – Relatore Boni Ritenuto in fatto e considerato in fatto 1.Con sentenza resa il 31 agosto 2018 il Tribunale di Brindisi, su richiesta delle parti, previa unificazione dei reati per continuazione, applicava a richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. all’imputato R.C. la pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa in relazione ai reati di detenzione illegale di un fucile cal. 20 del tipo doppietta e di n. 51 cartucce di vario calibro, fatto commesso in omissis . 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Lecce, il quale ne ha chiesto l’annullamento per erronea applicazione della legge penale in relazione alla L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7 per avere il Tribunale applicato pena pecuniaria inferiore al minimo previsto dalla norma di legge, che è pari ad Euro 3.000,00, e che comunque, anche tenendo conto della diminuzione prevista dalla L. n. 895 del 1967, art. 7, non può essere pari a 400,00 Euro. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Dott.ssa Perla Lori, ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con ogni statuizione conseguente. 4. Il ricorso è fondato e va dunque accolto. 4.1 Il ricorrente ha correttamente denunciato l’erroneità della statuizione contenuta nella sentenza impugnata di applicazione della pena pecuniaria, determinata in Euro 400,00 di multa, quindi in misura inferiore al limite legale stabilito dalla L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 204 del 2010, art. 4, comma 1, lett. b a decorrere dall’1 luglio 2011, che la stabilisce in Euro 2.000 di multa. 4.2 In effetti anche il procedimento di calcolo, esposto in sentenza presenta profili di marcata incongruenza, poiché la pena ivi indicata di mesi quattro di arresto ed Euro 4.000 di ammenda sarebbe il risultato del seguente computo pena base mesi quattordici di reclusione ed Euro 500,00 di multa, aumentata per continuazione a mesi quindici di reclusione ed Euro 600,00 di multa, ridotta per il rito a mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa. Pur volendo considerare frutto di errore materiale l’indicazione della sanzione nella duplice specie detentiva e pecuniaria prevista per le contravvenzioni, nonostante la fattispecie di maggiore gravità tra le due unificate per continuazione sia il delitto, resta insuperabile la violazione della soglia minima punitiva prevista dalla norma incriminatrice che è pari ad Euro 3.000,00 di multa e, considerata la diminuzione di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 7 per fatti riguardanti le armi comuni da sparo, è pari a 2.000 Euro. Sussiste dunque il vizio di violazione di legge dedotto, mentre resta da stabilire l’incidenza di tale constatazione sulla stabilità del concordato di pena. 4.3 Giova soltanto ricordare che, in precedenti pronunce questa Corte ha ritenuto di non poter annullare solo la statuizione riguardante la sospensione condizionale concessa sulla pena pecuniaria quando il giudice abbia recepito l’accordo tra le parti, comprensivo della sua subordinazione all’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, in base alla considerazione della immodificabilità del predetto accordo mediante l’impugnazione della sentenza, effetto non conseguibile nemmeno in sede di legittimità con l’annullamento della sola statuizione illegittima, poiché, al contrario, l’annullamento travolge necessariamente l’intera pattuizione come recepita nella sentenza con la conseguente necessità di trasmissione degli atti al P.M. per l’ulteriore corso sez. 5, n. 4832 del 01/10/2015, dep. 05/02/2016, P.G. in proc. Dodesini, rv. 266017 sez. 1, n. 46395 del 10/07/2012, Pg in proc. Iacino, rv. 254084 sez. 4, n. 47795 del 22/11/2011, Motta, rv. 252462 sez. 4, n. 37648 dell’1/7/2004, P.G. in proc. Temperini, rv. 229150 . Si è ritenuto che l’inclusione nel patto intervenuto tra le parti della concessione del beneficio della sospensione dell’esecuzione non fosse modificabile o eliminabile da parte del giudice, soltanto tenuto alla verifica della sussistenza dei presupposti di legge per recepire l’accordo nella sentenza. 4.4 Sono però di recente intervenute le Sezioni Unite con la pronuncia n. 40256 del 19/7/2018, Felughi, rv. 273936, ad affermare che in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti per più reati unificati dalla continuazione, qualora sia sopravvenuta per uno dei reati satellite l’abolitio criminis , la Corte di cassazione, senza annullare l’intera sentenza, può procedere alla eliminazione della porzione di pena inflitta per il reato abrogato nella misura determinata dall’accordo . Basandosi sul rilievo per il quale la pattuizione raggiunta tra le parti e trasfusa nella sentenza di patteggiamento è suscettibile di essere rescissa quando in sede di esecuzione si debba constatare l’intervento di una disposizione abrogatrice del reato più grave tra quelli unificati per continuazione e si debba revocare parzialmente ex art. 673 c.p.p. la sentenza stessa, le Sezioni Unite hanno affermato che in questo caso, se per il reato non abrogato debba individuarsi la pena per non essere stata indicata in precedenza la porzione applicata in aumento sulla pena base in misura corrispondente a quella astrattamente stabilita dalla legge, vi deve provvedere il giudice dell’esecuzione e persino la Corte di cassazione. Pertanto, siffatta marcata eccezione al principio di intangibilità del patteggiamento ha indotto a ritenere che il medesimo potere di rideterminazione della sanzione irrogabile mediante eliminazione della frazione stabilita per il reato abrogato, già unificato ad altri per continuazione, che compete al giudice di legittimità in sede di esecuzione, gli sia attribuito anche in fase di cognizione, comportando un effetto favorevole per l’imputato in termini di riduzione del trattamento punitivo da lui accettato come conseguenza delle condotte di rilievo penale ascrittegli. Venuta meno una di tali fattispecie penali, non vi è ragione per ritenere che l’accordo raggiunto tra le parti sarebbe stato diverso in ordine alle restanti. 4.5 Ritiene il Collegio di dover offrire diversa soluzione al caso concreto. In primo luogo, gli effetti del necessario intervento correttivo del giudice di legittimità sulla sentenza di patteggiamento, affetta da nullità, ancorché parziale, sono svantaggiosi per l’imputato, comportando l’applicazione di pena pecuniaria in precedenza inflitta in entità inferiore. Inoltre, l’errore giuridico commesso, una volta intervenuto il giudicato, non potrebbe essere eliminato in fase di esecuzione, non essendo conferito al giudice che vi presieda intervenire con modifiche postume che eliminino profili di illegittimità nella decisione ormai irrevocabile. Mantiene dunque validità il principio già formulato dalla precedente giurisprudenza di legittimità, per cui, qualora il patto tra le parti, come nel caso di specie, contenga profili di illegalità per inosservanza del limite di pena stabilito per legge, l’accordo raggiunto tra le parti non è modificabile da parte del giudice, al quale compete soltanto il controllo sulla sussistenza dei presupposti di legge per accogliere il negoziato all’esito di tale verifica, ove ritenga non corretto il procedimento di calcolo, può soltanto respingere l’intero accordo, ma non modificarlo nel suo contenuto o privarlo di un elemento individuato dalle parti quale condizione per la sua proponibilità. L’inosservanza di tale regola cognitiva comporta la nullità della sentenza nel suo insieme e non solo nella parte relativa alla errata commisurazione della pena della multa, dal che discende l’obbligo del suo annullamento senza rinvio con trasmissione degli atti al giudice di merito per l’ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Brindisi per nuovo giudizio.