Applicazione della pena su richiesta delle parti e omessa applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione

Nell’ipotesi di sentenza di applicazione della pena che abbia omesso di disporre o di valutare l’espulsione dal territorio dello Stato dello straniero per uno dei reati indicati dal Testo Unico Stupefacenti” il PM può impugnare la decisione con ricorso per cassazione, non ostandovi la previsione codicistica che individua ipotesi tassative per la proponibilità di detta impugnazione, tra le quali l’illegalità della misura di sicurezza.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 20781/19, depositata il 14 maggio. Il caso. Il giudice per le indagini preliminari applicava all’imputato la pena concordata relativamente a reati in materia di stupefacenti unificati dalla continuazione disponendo altresì la confisca, con distruzione della droga in sequestro. La Procura generale presso la Corte d’Appello proponeva ricorso per cassazione per violazione di legge consistente nell’omessa applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione il giudice non aveva ordinato l’espulsione dell’imputato dal territorio dello Stato a pena espiata, come espressamente previsto dal Testo Unico Stupefacenti” né aveva motivato sull’assenza di pericolosità che legittimerebbe l’omessa applicazione della misura di sicurezza. Si aggiungeva, inoltre, che l’imputato si trovava illegalmente sul territorio dello Stato, senza occupazione e anzi inserito nel circuito dello spaccio di stupefacenti. Ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento. A seguito della riforma del codice di procedura del 2017 si è stabilito che il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza. Stupefacenti e stranieri. Il Testo Unico Stupefacenti” stabilisce che possa essere applicata la misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero per una serie di reati in materia di stupefacenti. A tal fine è necessario accertare in concreto la pericolosità sociale del condannato, come previsto dall’art. 8 C.e.d.u. deve, inoltre, essere compiuto l’esame comparativo della condizione familiare del soggetto, ove prospettata, con gli altri criteri di valutazione, nella prospettiva di bilanciare l’interesse generale alla sicurezza sociale e l’interesse del singolo alla vita famigliare. Se manca la motivazione circa la sussistenza dei presupposti della misura di sicurezza. Rientra nel concetto di misura di sicurezza illegale la omessa applicazione e l’omessa motivazione in assoluto sulla pericolosità della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero. Ciò perché la pena irrogata senza la misura di sicurezza risulterebbe illegale in quanto non conforme alla previsione normativa per i fatti giudicati. Le peculiarità del procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti. Nel procedimento di applicazione di pena su richiesta, le parti non possono vincolare il giudice con un accordo avente ad oggetto anche le pene accessorie, le misure di sicurezza o la confisca tali misure sono fuori dalla loro disponibilità. Ne deriva che nel caso il consenso si riferisca anche ad esse, il giudice non è obbligato a recepire o non recepire per l’intero l’accordo, rimanendo vincolato soltanto ai punti concordati riguardanti elementi nella disponibilità delle parti. Nondimeno, il fatto che il legislatore abbia sottratto all’accordo delle parti tali misure non significa che le parti non possano inserire, nell’accordo sul trattamento sanzionatorio, anche un accordo su dette misure, accordo che, tuttavia, potrebbe avere solo la funzione di orientamento nella decisione del giudice che potrà tenerne conto o meno non avendo un obbligo di motivare in tal senso. La misura di sicurezza illegale. Si tratta di una nozione che, ad avviso della Corte, fa riferimento alle misure di sicurezza applicate in violazione dei presupposti e dei limiti di legge art. 25 Cost. e art. 199 c.p. . Va poi osservato che mentre la pena segue all’accertamento del reato, la misura di sicurezza esige qualcosa in più un ulteriore accertamento rispetto alla pericolosità sociale, accertamento che, dunque, deve risultare dal provvedimento. È ammesso il ricorso per cassazione. La Corte, ribadita la natura del giudizio di cassazione come rimedio costituzionalmente imposto nei confronti di tutte le sentenze e i provvedimenti che riguardano la libertà personale, ritiene non possa essere costituzionalmente corretta l’interpretazione che esclude la ricorribilità in cassazione della sentenza di patteggiamento che abbia omesso di motivare sulla sussistenza dei presupposti di una misura di sicurezza o che l’abbia applicata al di fuori dai casi previsti dalla legge. Infatti, la misura di sicurezza incide in modo concreto e diretto sulla libertà personale, pertanto, non sembra corretto sacrificare il ricorso per cassazione in ragione della celerità e dell’effetto premiale della sentenza di patteggiamento.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 dicembre 2018 – 14 maggio 2019, n. 20781 Presidente Rosi – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo con sentenza di patteggiamento del 4 luglio 2018 applicava a E.G.T. la pena di anni 3 e mesi 9 di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa, relativamente ai reati di cui all’art. 73, comma 1, T.U. stup. unificati con la continuazione disponendo altresì confisca, con distruzione della droga in sequestro. 2. La Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Brescia, ha proposto ricorso per cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge art. 86, T.U. stup. per l’omessa applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione. Il giudice non ha ordinato l’espulsione dell’imputato dal territorio dello Stato a pena espiata, come espressamente previsto dalla norma art. 86, T.U. stup. , nè ha motivato sull’assenza di pericolosità che legittimerebbe l’omessa applicazione della misura di sicurezza pur con una condanna a pena superiore ai tre anni l’imputato si trova illegalmente sul territorio dello Stato, senza occupazione, e pienamente inserito nel circuito dello spaccio di diversi stupefacenti. 3. Ha proposto ricorso in Cassazione anche l’imputato, tramite difensore con due distinti motivi di ricorso. 3. 1. Violazione di legge, relativamente all’art. 73, comma 5, T.U. stup. per omessa valutazione della qualificazione del fatto nell’ipotesi autonoma di lieve entità. Solo uno degli involucri contenenti lo stupefacente è stato sottoposto ad analisi qualitative, per gli altri si è solo presunto fosse della stessa natura e purezza di quello analizzato. In mancanza di una certezza sulla qualità della sostanza stupefacente, e del suo principio attivo, doveva qualificarsi il fatto ex art. 73, comma 5, T.U. stup. 3. 2. Mancanza della motivazione relativamente alla sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p Hanno chiesto, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato. 4. La Procura Generale della Suprema Corte di Cassazione Sostituto Procuratore Generale, Elisabetta Cesqui, ha chiesto di annullare senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente all’omessa applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione del condannato dal territorio dello Stato e di dichiarare inammissibile il ricorso dell’imputato. Considerato in diritto 5. Il ricorso dell’imputato risulta inammissibile, in quanto proposto nei casi non previsti dalla legge. Ai sensi dell’art. 448 c.p.p., comma 2 bis, Il Pubblico Ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza . Non risulta proponibile, quindi, un ricorso per il vizio di motivazione, relativamente alla omessa valutazione delle ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p Inoltre, per l’erronea qualificazione del fatto, deve ribadirsi la giurisprudenza di questa Corte che richiede la presenza di un errore manifesto o palesemente rilevabile In tema di patteggiamento, l’erronea qualificazione giuridica del fatto ritenuto in sentenza può costituire motivo di ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, come modificato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, solo quando detta qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione o sia frutto di un errore manifesto Sez. 6, n. 2721 del 08/01/2018 - dep. 22/01/2018, Bouaroua, Rv. 27202601 . Il ricorso sul punto è generico, in quanto si limita a prospettare una errata qualificazione del fatto senza nulla aggiungere, se non genericamente l’assenza di analisi chimiche di tutta la sostanza. 5. Ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 86 per la avvenuta commissione di reati in materia di stupefacenti, è necessario non solo il previo accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato, in conformità all’art. 8 CEDU in relazione all’art. 117 Cost., ma anche l’esame comparativo della condizione familiare dell’imputato, ove ritualmente prospettata, con gli altri criteri di valutazione indicati dall’art. 133 c.p., in una prospettiva di bilanciamento tra interesse generale alla sicurezza sociale ed interesse del singolo alla vita familiare. Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da vizi la decisione di merito che aveva valutato preminente l’esigenza di tutelare la popolazione dal pericolo derivante dalla presenza di un soggetto dedito a gravi attività criminose sul diritto al mantenimento del rapporto coniugale e genitoriale con la moglie italiana ed il figlio minore, suscettibile di proseguire anche all’estero . Sez. 4, n. 52137 del 17/10/2017 - dep. 15/11/2017, Talbi, Rv. 27125701 . La discrezionalità della misura di sicurezza, conseguente alla considerazione in concreto della pericolosità sociale del reo, non significa, però, assenza assoluta di valutazione del caso concreto da parte del giudice del patteggiamento. Sul punto si deve segnalare una diversità di pronunciamenti della Suprema Corte dopo la riforma della norma con la L. n. 103 del 2017 che ha introdotto il citato art. 448 c.p.p., comma 2 bis. Un primo orientamento è stato espresso da Sez. 3, n. 45559 del 07/03/2018 - dep. 10/10/2018, P, Rv. 27395001 La sentenza di applicazione della pena che abbia omesso di disporre l’espulsione dal territorio dello Stato dello straniero per uno dei reati indicati nel D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 86 non può essere impugnata dal p.m. con ricorso per cassazione, ostandovi la previsione dell’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, introdotta dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 50, che individua ipotesi tassative per la proponibilità di detta impugnazione, tra le quali l’effettiva adozione di una misura di sicurezza nello stesso senso, S. 6 del 7 febbraio 2019, n. 6136, non massimata . Per questa giurisprudenza la misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero anche se non disposta nella sentenza ex art. 444 c.p.p. e in assenza assoluta di motivazione, sulla pericolosità sociale non rientra nell’ipotesi di possibile ricorso in Cassazione, come previsto dalla norma art. 448 c.p.p., comma 2 bis all’illegalità della pena o della misura di sicurezza . Il quesito al quale bisogna rispondere è quello della considerazione, o no, di una misura di sicurezza illegale nelle ipotesi di assoluta mancanza di motivazione sulla sussistenza dei presupposti della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero prevista dalla citata disposizione del T. U. stup È pur vero, però, che la Cassazione ha ritenuto la misura di sicurezza diversa dalla pena È convenzionalmente legittima l’applicazione retroattiva delle misure di prevenzione patrimoniale, con riferimento a fatti anteriori all’entrata in vigore delle norme che le disciplinano, poiché le stesse, in quanto connotate da natura preventiva e non sanzionatoria, non sono riconducibili alla nozione di pena di cui all’art. 7 CEDU Sez. 2, n. 30938 del 10/06/2015 - dep. 16/07/2015, Annunziata e altro, Rv. 26417301 . Ciò non esclude che, anche, la misura di sicurezza deve ritenersi sottoposta alla legalità della sua irrogazione ex art. 25 Cost. e art. 199 c.p.p., al pari della pena. Per pena illegale comunque deve intendersi quella che si risolve in una pena diversa, per specie, da quella stabilita dalla legge, ovvero quantificata in misura inferiore o superiore ai relativi limiti edittali Non configura un’ipotesi di pena illegale ab origine la sanzione che sia complessivamente legittima ma determinata secondo un percorso argomentativo viziato nella specie erroneo aumento della pena per le circostanze aggravanti, pur muovendo da una pena base corretta , sicché, in tal caso, la relativa questione non è rilevabile d’ufficio dalla Corte di cassazione in presenza di ricorso inammissibile. In motivazione la S.C. ha precisato che rientra nella nozione di pena illegale ab origine quella che si risolve in una pena diversa, per specie, da quella stabilita dalla legge, ovvero quantificata in misura inferiore o superiore ai relativi limiti edittali Sez. 5, n. 8639 del 20/01/2016 - dep. 02/03/2016, De Paola e altri, Rv. 26608001 . Nel concetto di misura di sicurezza illegale, così come per la pena illegale, quindi, deve rientrare anche l’omessa applicazione e l’omessa motivazione in assoluto sulla pericolosità della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero prevista dalla legge art. 86, T.U. stup. . Il trattamento sanzionatorio per il caso concreto sarebbe diverso da quello stabilito dalla legge, relativamente all’importante misura di sicurezza, espressamente prevista per la condanna dall’art. 86, T.U. stup L’omessa valutazione della pericolosità e l’omessa applicazione della misura di sicurezza conseguente alla valutazione di pericolosità risulta certamente una violazione della pena legalmente prevista dalla norma anche la misura di sicurezza rientra nella previsione sanzionatoria prevista dalla norma . La pena irrogata senza la misura di sicurezza risulterebbe illegale, non conforme alla previsione normativa per i fatti giudicati. Nel procedimento di applicazione di pena su richiesta, le parti, infatti, non possono vincolare il giudice con un accordo avente ad oggetto anche le pene accessorie, le misure di sicurezza o la confisca, essendo dette misure fuori dalla loro disponibilità ne consegue che, nel caso in cui il consenso si riferisca anche ad esse, il giudice non è obbligato a recepire o non recepire per intero l’accordo, rimanendo vincolato soltanto ai punti concordati riguardanti elementi nella disponibilità delle parti vedi Sez. 2, n. 1934 del 18/12/2015, dep. 2016, Spagnuolo, Rv. 265823/01 Sez. 5, n. 1154 del 22/03/2013, dep. 2014, Defina, Rv. 258819/01 Sez. 2, n. 19945 del 19/04/2012, Toseroni, Rv. 252825/01 . Comunque Il fatto che il legislatore abbia sottratto all’accordo delle parti le suddette misure - confisca e misure di sicurezza -, non significa che le parti, nell’ambito della loro discrezionalità ed autonomia, non possano inserire, nell’accordo sul trattamento sanzionatorio, anche un accordo sulle suddette misure. Tuttavia, proprio perché la legge è categorica nello stabilire che le suddette misure non rientrano nella disponibilità delle parti, essendone riservata l’applicazione al giudice, è ovvio che un eventuale accordo potrebbe avere solo una semplice funzione di orientamento nella decisione del giudice il quale, quindi, può tenerne conto o no, avendo solo l’obbligo di motivare sulla decisione adottata. Sez. 2, n. 19945 del 2012 e, Sez. 5, n. 1154 del 2014 . Bisogna esaminare approfonditamente quale debba essere il significato da attribuire alla nozione di illegalità della misura di sicurezza. La nozione di misura di sicurezza illegale non risulta analizzata efficacemente in dottrina e giurisprudenza. La nozione di pena illegale, come visto e anche ritenuto dalle Sezioni Unite Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, Pittalà, Rv. 273934/01-273934/02, e Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264205/01-264207/01 , attiene a quella pena che, per specie ovvero per quantità, non corrisponde a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice in questione, così collocandosi al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale, o che, comunque, è stata determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una cornice edittale inapplicabile, perché dichiarata costituzionalmente illegittima o perché individuata in violazione del principio di irretroattività della legge pena più sfavorevole. Ad avviso del Collegio, la nozione di misura di sicurezza illegale non sembra determinabile, almeno in linea generale, utilizzando i parametri cui si fa riferimento per individuare il significato della nozione di pena illegale. In particolare, nei casi di confisca a norma dell’art. 240 c.p. e di confisca in casi particolari ex art. 240-bis c.p., ma anche, ad esempio, di espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato, sembra davvero difficile ipotizzare una misura che, per specie ovvero per quantità, non corrisponda a quella astrattamente prevista, o che è stata determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su parametri edittali inapplicabili. Piuttosto, la nozione di misura di sicurezza illegale sembra far riferimento alle misure di sicurezza applicate in violazione dei presupposti e dei limiti stabiliti dalla legge, cioè dall’art. 25 Cost., comma 2, e art. 199 c.p Invero, l’art. 25 Cost. prevede Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge l’art. 199 c.p. prevede che Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti . Del resto, che il controllo sulla legalità della misura di sicurezza abbia una proiezione diversa rispetto a quello sulla legalità della pena è coerente anche con la diversità dei presupposti normativamente previsti per l’applicazione della prima rispetto alla seconda. Infatti, mentre la pena segue all’accertamento del reato, la misura di sicurezza presuppone sempre una valutazione ulteriore rispetto a quella relativa alla sussistenza della fattispecie di reato presupposta. Ad esempio, ai fini dell’applicabilità delle misure di sicurezza personale non è mai sufficiente la verifica della commissione di un fatto di reato attribuibile al soggetto, ma occorre anche l’accertamento della pericolosità sociale del medesimo. Così anche per l’applicazione della misura di sicurezza in oggetto, prevista dall’art. 86, T.U. stup. La nozione di misura di sicurezza illegale quale categoria concernente le misure di sicurezza applicate in violazione dei presupposti e dei limiti stabiliti dalla legge consente anche di assicurare il rispetto del principio costituzionale della necessità del ricorso in Cassazione per violazione di legge contro le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale, fissato dall’art. 111 Cost., comma 7. La natura del giudizio di Cassazione come rimedio costituzionalmente imposto nei confronti di tutte le sentenze ed i provvedimenti che riguardano la libertà personale previsto dall’art. 111 Cost., comma 7, impone di verificare se l’interpretazione della non ricorribilità in Cassazione nelle ipotesi di sentenza di patteggiamento che abbia omesso di motivare sulla sussistenza dei presupposti di una misura di sicurezza o anche della confisca o al contrario abbia applicato una misura di sicurezza fuori dai casi previsti dalla legge due facce della stessa medaglia sia costituzionalmente corretta. Incidendo la misura di sicurezza in modo concreto e diretto sulla libertà personale un sacrificio del ricorso per cassazione ritenuto non ammissibile ex art. 448 c.p.p., comma 2 bis in ragione e in contropartita della celerità e del premio sconto di pena per il rito del patteggiamento risulterebbe certamente incostituzionale. L’unica soluzione costituzionalmente orientata, quindi, risulta quella di ritenere possibile il ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, nelle ipotesi di omessa applicazione identicamente di omessa valutazione per l’applicazione o di illegittima applicazione con una sentenza di patteggiamento della misura di sicurezza. L’altra interpretazione dell’art. 448 c.p.p., comma 2 bis, risulterebbe palesemente incostituzionale in quanto nessun controllo sarebbe possibile in sede di legittimità su una misura di sicurezza certamente non concordata dalle parti, ma applicata dal Giudice o non applicata o anche non valutata nella sussistenza dei presupposti legittimanti la possibile applicazione . Del resto, l’applicazione anche provvisoria di una misura di sicurezza incide sulla libertà personale, al pari di una misura cautelare personale, come espressamente ritenuto da questa Corte di Cassazione Ai fini dell’applicazione provvisoria di una misura di sicurezza, una volta accertata la persistente pericolosità del soggetto, non è necessaria la prova piena del fatto, essendo sufficienti i gravi indizi della sua sussistenza, atteso l’indubbio parallelismo tra applicazione provvisoria di una misura di sicurezza e applicazione di misura cautelare personale, come evincibile dal diretto riferimento dell’art. 313 c.p.p. all’art. 292 c.p.p., in relazione alle modalità di valutazione ed applicazione della misura, e dal fatto che il citato art. 313, al comma 3, equipara, ai fini dell’impugnazione, la misura prevista all’art. 312 c.p.p. alla custodia cautelare Sez. 5, n. 4144 del 03/10/2000 - dep. 24/11/2000, Mazzanti, Rv. 21739001 . Conseguentemente l’omessa applicazione della misura di sicurezza o anche l’omessa valutazione sulla sussistenza delle situazioni concrete per la sua applicazione dell’espulsione dello straniero D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 86, per la avvenuta commissione di reati in materia di stupefacenti, anche se non risulta automatica deve ritenersi illegale vedi nello stesso senso Sez. 3, n. 4252 depositata il 29 gennaio 2019, Caruso, non massimata . Il Procuratore Generale ricorrente, del resto, ha evidenziato, in concreto nel ricorso in Cassazione, alcuni dati significativi del caso in giudizio, ovvero la condizione dell’imputato quale straniero irregolarmente presente in Italia, senza occupazione e pienamente inserito nel traffico di stupefacenti di varia qualità. L’applicazione della specifica misura di sicurezza dell’espulsione dell’imputato dal territorio dello Stato a pena espiata, di cui all’art. 86, T.U. stup., quale misura efficace per la prevenzione specifica e generale dei reati deve essere adeguatamente valutata dal giudice del patteggiamento in assenza di valutazione e di motivazione sul punto è possibile il ricorso in Cassazione. Può conseguentemente esprimersi il seguente principio di diritto La sentenza di applicazione della pena che abbia omesso di disporre, o di valutare, l’espulsione dal territorio dello Stato dello straniero per uno dei reati indicati nel D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 86 può essere impugnata dal p.m. con ricorso per cassazione, non ostandovi la previsione dell’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, introdotta dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 50, che individua ipotesi tassative per la proponibilità di detta impugnazione, tra le quali l’illegalità della misura di sicurezza che deve ritenersi sussistente quando nessuna analisi del giudice del patteggiamento è stata effettuata sulla sussistenza o no delle condizioni di applicabilità della misura di sicurezza, l’interpretazione diversa dell’art. 448 c.p.p., comma 2 bis, sarebbe palesemente incostituzionale in quanto non consentirebbe il ricorso in Cassazione come previsto dall’art. 111 Cost. per le decisioni sulla libertà personale . La sentenza deve pertanto annullarsi senza rinvio, limitatamente alla omessa valutazione dell’applicabilità della misura di sicurezza. Atti al Tribunale di Bergamo per il prosieguo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla valutazione dell’applicabilità della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 86, e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Bergamo per il prosieguo. Dichiara inammissibile il ricorso di E.G.T. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.