Il tacito comportamento dell’imputato è espressione della volontà di ricusa della remissione di querela?

Ai fini dell’efficacia giuridica della remissione di querela, non è necessaria un’esplicita e formale accettazione in giudizio, ma è sufficiente che non vi sia ricusazione in forma espressa o tacita.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 20529/19, depositata il 13 maggio. La vicenda. Il GdP dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’indagato per il reato di diffamazione continuata per aver offeso la reputazione di un soggetto, per estinzione del reato a seguito di rinuncia al ricorso da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 542 c.p.p Così l’imputato propone ricorso per cassazione. La remissione di querela e il comportamento dell’imputato. Il ricorrente, in particolare, si duole della declaratoria di non doversi procedere conseguente a remissione di querela e rinuncia al ricorso, formulata dalla persona offesa in udienza, deducendo di non aver accettato la remissione di querela, ma di aver invocato l’assoluzione nel merito per l’insussistenza del fatto. Nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato che la rinuncia del ricorrente al ricorso immediato presentato davanti al GdP, di cui all’art. 21 d.lgs. n. 274/2000, equivale alla remissione di querela, derivando da ciò, in caso di accettazione dell’imputato, l’estinzione del reato. E, ai fini dell’efficacia giuridica della remissione di querela, non è necessaria un’esplicita e formale accettazione, ma è sufficiente che non vi sia ricusazione in forma espressa o tacita. Infatti, nel caso in esame, la mera circostanza che il difensore dell’imputato, a fronte della remissione di querela, abbia chiesto l’assoluzione nel merito con formula piena, non può essere considerata sintomatica della volontà implicita di ricusazione della remissione, proprio perché stando le parti personalmente in udienza, queste erano in condizioni di esprimere apertamente il rifiuto, chiedendo la prosecuzione del giudizio. Quindi, non ravvisando nel comportamento processuale dell’imputato e del suo difensore sintomi di rifiuto della remissione di querela, il GdP ha correttamente pronunciato la sentenza di proscioglimento, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., per rinuncia al giudizio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 marzo – 13 maggio 2019, n. 20529 Presidente Zaza – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, il Giudice di Pace di Bari dichiarava non doversi procedere nei confronti di C.S. , imputato del reato di diffamazione continuata per avere offeso la reputazione di R.D. , per estinzione del reato a seguito di rinuncia al ricorso da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 542 c.p.p 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso l’imputato con il ministero del difensore, il quale ne ha chiesto l’annullamento svolgendo un solo motivo con il quale deduce violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 21, rilevando che, a seguito della dichiarazione di rinuncia al ricorso al giudizio immediato da parte della persona offesa ricorrente, la difesa dell’imputato non aderiva alla stessa, ma, al contrario, insisteva per la pronuncia assolutoria nel merito per l’insussistenza del fatto, sicché il G.d.P. non avrebbe potuto pronunciare la sentenza di estinzione del reato, conseguente, ex lege, solo alla accettazione della rinuncia al ricorso da parte dell’imputato, tanto più che la rinuncia al ricorso veniva effettuata dal difensore della persona offesa, sprovvisto della procura speciale. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2. Come premesso, il ricorrente - imputato del reato di diffamazione nel procedimento dinanzi al Giudice di Pace di Bari, istaurato a seguito di citazione a giudizio su ricorso della persona offesa, ai sensi del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 21, - si duole della declaratoria di non doversi procedere conseguente a remissione di querela, rectius, rinuncia al ricorso, formulata in udienza dalla persona offesa, deducendo di non avere accettato remissione di querela, ma di avere invocato la assoluzione nel merito per l’insussistenza del fatto, instando anche per le statuizioni di cui all’art. 542 c.p.p., in favore di esso imputato. 3. Nella giurisprudenza di questa Corte si è già chiarito che - data l’equiparazione legislativa D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 21, comma 5 degli effetti della presentazione del ricorso immediato a quelli propri della querela - la rinuncia del ricorrente al ricorso immediato presentato avanti al Giudice di Pace, D.Lgs. n. 274 del 2000, ex art. 21, equivale alla remissione di querela, derivandone, caso di accettazione dell’imputato, l’estinzione del reato. Sez. 5 n. 42427 del 05/10/2011, Rv. 251591 Sez. 4 n. 7366 del 06/02/2014, Rv. 259328 . 4. Fatta tale premessa, dal verbale di udienza del 28 marzo 2018 - al quale la Corte ha accesso in virtù del vizio denunciato error in procedendo - si rileva che il rappresentante sostituto processuale del difensore di fiducia della persona offesa, R.D. , dichiarava di rinunciare al ricorso introduttivo seguono le conclusioni delle altre parti, e, segnatamente, del P.M. di udienza, il quale concludeva per la declaratoria di N.D.P. per remissione di querela in subordine, previa derubricazione nel reato di ingiuria, chiedeva N.D.P. per intervenuta depenalizzazione dell’art. 594 c.p., rimettendosi, in ogni caso, alla valutazione del giudice. Il difensore dell’imputato, infine, chiedeva l’assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste con condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute per il giudizio, nonché al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 542 c.p.p 5. Nella sentenza - redatta in forma abbreviata ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 32 comma 4, - si legge, nella parte motiva, che All’udienza del 28/03/2018, preso atto della remissione ed accettazione della querela , e, nel dispositivo, la declaratoria di non doversi procedere nei confronti di C.S. è pronunciata per intervenuta rinuncia al ricorso , con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 5. Ritiene il Collegio che, nel caso di specie, essendo la remissione di querela intervenuta all’udienza, alla presenza sia dell’imputato che del suo difensore di fiducia come si rileva dal verbale , i quali erano, dunque, in condizioni di fare espressa ricusa della dichiarazione di remissione formulata in quella stessa sede dal rappresentante della persona offesa, le sole conclusioni, a verbale, rassegnate dal rappresentante dell’imputato, con la richiesta della pronuncia assolutoria con formula piena, non possano essere intese come implicito rifiuto della remissione ma, al contrario, come tacita accettazione della stessa. 5.1. Osserva il Collegio che, in tal senso, depone chiaramente la sentenza impugnata nella quale, come premesso, vi è chiaro riferimento alla remissione di querela e alla sua accettazione, annotazione che induce a ritenere che, nel corso del giudizio, e nello specifico contesto della dichiarazione di remissione di querela, la parte interessata abbia tenuto un comportamento interpretabile, dal giudice, in tal senso, ovvero come assenza di espresso o tacito rifiuto. 5.2. Invero, va ricordato che, mentre l’art. 152 c.p., richiede che la remissione di querela processuale sia espressa, ammettendo la remissione tacita solo in sede extraprocessuale, il legislatore non riproduce tale distinguo nella disciplina della accettazione della remissione di querela. A norma dell’art. 155 c.p., comma 1, infatti, la remissione non produce effetto se il querelato l’ha espressamente o tacitamente ricusata, prevedendosi, nel secondo alinea, che vi è ricusa tacita quando il querelato ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione. In sostanza, ai fini dell’efficacia giuridica della remissione di querela, non è indispensabile una esplicita e formale accettazione, cioè una manifestazione positiva di volontà di accettazione, ma è sufficiente, ex art. 155 c.p., comma 1, che non vi sia una ricusazione in forma espressa o tacita. Sez. 5 n. 2776/2010 Rv. 249084 Sez. 5 n. 3359/2010 Rv. 249411 Sez. 5 n. 7072/2011, Rv. 249412 . La differente disciplina si spiega in ragione delle differenze sul piano psicologico e strutturale che caratterizzano la volontà di remissione della querela e la mancanza di ricusa della remissione, considerando che il querelato ha tutto l’interesse a vedersi dichiarare l’estinzione del reato, sicché il legislatore riconnette l’effetto estintivo anche alla sola non ravvisabilità, da parte del giudice, di comportamenti positivi sintomatici del rifiuto, ovvero dell’intenzione di vedere proseguire il giudizio a suo carico. In realtà, se non vi è un atto di accettazione espressa, perché si producano nondimeno gli effetti giuridici conseguenti alla remissione, la legge non pone come condizione che vi sia un’accettazione tacita . Infatti, come è stato efficacemente osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte, nonostante che la rubrica dell’art. 155 c.p., sia intitolata impropriamente accettazione della remissione , ciò che normativamente si richiede comma 1 è che il querelato non abbia espressamente o tacitamente ricusato la remissione. Il comportamento concludente preso in considerazione dall’art. 155 c.p., comma 1, non è, dunque, quello attraverso cui si renda percepibile una adesione del querelato alla remissione di querela, ma attiene a una tacita manifestazione di volontà diretta a impedirla non un comportamento positivo di accettazione, ma uno negativo di rifiuto. Può dirsi, allora, che l’accettazione si presume, ove non vi siano fatti indicativi di una volontà contraria del querelato, che si trovi in grado di accettare o rifiutare. Tanto ha consentito alla giurisprudenza e alla dottrina di qualificare la remissione di querela un atto giuridico unilaterale che si perfeziona con la sua manifestazione e non necessita di accettazioni o adesioni del querelato, il quale può solo rifiutare e quindi rendere inefficace la remissione impedendo la declaratoria di improcedibilità Sez. U. n. 27610 del 25/05/2011, P.G. in proc. Marano, Rv. 2502011. 5.3. Nella fattispecie qui in scrutinio, la mera circostanza che il difensore dell’imputato, a fronte della remissione della querela, abbia chiesto la assoluzione nel merito con formula piena, anche instando per le condanne di cui all’art. 542 c.p., non può essere considerata sintomatica della volontà implicita di ricusa della remissione, innanzitutto perché, stante la presenza in udienza della parte personalmente, questi era in condizioni di esprimere apertamente il rifiuto, chiedendo la prosecuzione del giudizio. Inoltre, perché la assoluzione con formula piena, richiesta dal difensore dell’imputato, costituisce epilogo processuale comunque più favorevole, in quanto avrebbe consentito all’imputato di ottenere la condanna del querelante sia al pagamento delle spese del giudizio che al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 542 c.p.p D’altro canto, si osserva che, come premesso, lo stesso P.M. ha concluso per la declaratoria di non doversi procedere per remissione di querela, richiesta che induce a ritenere che neppure il rappresentante dell’Accusa avesse colto elementi significativi del rifiuto della remissione da parte dell’imputato. Infine, la circostanza che, in sentenza, il giudice abbia condannato il querelante al pagamento delle spese processuali, e non il querelato, come previsto dall’art. 340 c.p.p., indirizza nel senso che sia intervenuto accordo in tal senso, in udienza. 5.4. Correttamente, pertanto, il giudice di Pace non ha ravvisato nel comportamento processuale dell’imputato e del suo difensore sintomi del rifiuto della remissione di querela, e ha pronunciato la sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., per rinuncia al giudizio. Ritiene il collegio, che il silenzio serbato, in tale contesto, non assuma il significato prospettato dal ricorrente - che deduce di non avere acconsentito alla rinuncia al ricorso poiché, al contrario, l’assenza di manifesto dissenso da parte dell’imputato, ha assunto, nel peculiare contesto in cui si è manifestato il suo contegno processuale, il significato chiaro della accettazione della remissione. E tanto, ancor più ove si consideri che, come già precedentemente evidenziato, nella sentenza, il Giudice ha dato atto, in motivazione, della avvenuta accettazione della remissione. In conclusione, il Collegio ritiene che il giudice di Pace abbia fatto esatta applicazione della regula juris sopra richiamata, correttamente traendo, dal complessivo contegno processuale tenuto in udienza dall’imputato e dal suo difensore, il convincimento che non vi fossero comportamenti espressivi della volontà di ricusa della remissione. 5.5. Nessun rilievo ha l’annotazione che si legge in ricorso in ordine alla circostanza che la remissione di querela sarebbe stata effettuata dal mero sostituto processuale del difensore di fiducia della persona offesa, sprovvisto di procura speciale, mancando l’interesse del ricorrente a siffatta deduzione, in assenza di impugnazione della parte che vi ha interesse. 6. L’epilogo del presente giudizio di legittimità è, dunque, il rigetto del ricorso, al quale consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado, e il rigetto della richiesta di liquidazione della parte civile. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Rigetta le richieste della parte civile.