Respinta la richiesta di rinvio dell’udienza se poteva essere modificato l’orario

Il legittimo impedimento del difensore integra una causa necessaria di rinvio dell’udienza laddove implichi un’assoluta impossibilità a comparire.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19164/19, depositata il 7 maggio, decidendo sul ricorso avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Catania confermava la condanna di prime cure per l’imputata per i reati di truffa e ricettazione. Con il ricorso di legittimità, il difensore deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p. per il mancato accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza di prime cure, tempestivamente depositata in cancelleria e fondata sul concomitante impegno professionale dell’avvocato stesso dinanzi alla Corte d’Appello della medesima città. Effettivo impedimento a comparire. Fermo restando che il difensore aveva tempestivamente presentato l’istanza e che questa conteneva tutti i requisiti di ammissibilità, ciò che ha assunto rilevanza ai fini del corretto respingimento della stessa è stata la sussistenza dell’effettivo impedimento del difensore a comparire. Ed infatti al fine dell’accoglimento dell’istanza occorre che il giudice valuti sul piano concreto che il concomitante impegno professionale sia tale da costituire un assoluto impedimento a comparire anche nel processo per il quale si chiede il rinvio. Nel caso di specie, il concomitante impegno professionale era nella medesima sede giudiziaria e sarebbe dunque stato possibile celebrare entrambe le udienza nella medesima giornata. La Corte ricorda infatti il principio secondo cui quando l’impedimento consta in un impegno professionale concomitante presso altra sede giudiziaria diversa ma non lontana da quella in considerazione, oltre alla verifica della possibile designazione di un sostituto processuale, deve aggiungersi la valutazione circa una possibile variazione dell’orario dell’udienza in modo tale da consentire la partecipazione del legale ad entrambi gli adempimenti a cui è chiamato. Il ricorso viene dunque dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 aprile – 7 maggio 2019, n. 19164 Presidente Gallo – Relatore Alma Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 23 novembre 2017 la Corte di Appello di Catania ha confermato la sentenza in data 12 dicembre 2014 del Tribunale della medesima città con la quale C.N. era stata dichiarata colpevole dei reati di truffa e ricettazione e - ritenuti i reati unificati sotto il vincolo della continuazione, riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 648 c.p., comma 2, ritenuta subvalente alla contestata recidiva - condannata a pena ritenuta di giustizia. In estrema sintesi, si contesta alla C. di avere indotto in errore il titolare di un’attività commerciale di vendita di beni all’ingrosso, facendosi consegnare dallo stesso merce per un valore di 1.831,30 Euro, riferendogli falsamente di essere titolare di un negozio denominato omissis , garantendo la propria solvibilità e consegnandogli in pagamento un assegno facente parte di un carnet del quale aveva il possesso e che era provento dei delitti di furto o di appropriazione indebita ai danni di Co.Ma. . I fatti in contestazione risalgono al 3 giugno 2010 ed all’imputata è stata contestata e ritenuta la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale. 2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputata, deducendo con motivo unico la violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. c , in relazione all’art. 420-ter c.p.p., comma 5. Evidenzia la difesa del ricorrente di avere depositato in data 20 giugno 2014 nella cancelleria del Giudice del dibattimento di primo grado una istanza di rinvio dell’udienza in programma il successivo giorno 25 giugno a causa di un concomitante impegno professionale riguardante l’assistenza di un imputato detenuto il cui processo doveva essere celebrato innanzi alla Corte di appello di Catania. Nell’occasione veniva anche segnalata l’impossibilità del difensore di nominare un proprio sostituto processuale. Il Giudice tuttavia rigettava l’istanza e, previa nomina all’imputata di un difensore di ufficio, disponeva procedersi oltre nell’istruttoria dibattimentale. Proposto gravame innanzi alla Corte di appello alla luce della situazione verificatasi, i Giudici distrettuali - secondo la difesa del ricorrente - avrebbero errato nel rigettare la predetta eccezione di nullità rilevando che il concomitante impegno professionale del difensore riguardava la medesima sede giudiziaria ed all’uopo richiamando un assunto in tema della Corte di legittimità. Ritiene quindi il ricorrente che la decisione assunta dai Giudici di merito integri la violazione dell’art. 420-ter c.p.p., comma 5, con conseguente violazione del diritto di difesa. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 2. Il Giudice di prima cura aveva correttamente operato nel respingere l’istanza di rinvio dell’udienza del 25 giugno 2014 e la Corte di appello ha assunto una decisione corretta in punto di diritto nel ritenere infondata la doglianza difensiva che è stata nuovamente riproposta in questa sede. Non è in questione il fatto che il difensore dell’imputata abbia tempestivamente presentato una istanza di rinvio del processo o che l’istanza non conteneva tutti i requisiti indicati da questa Corte di legittimità dalle Sezioni Unite Torchio del 2014 Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Rv. 262912 è, invece, in questione il ben differente profilo della esistenza di un effettivo impedimento del difensore a comparire. Non basta infatti a legittimare il rinvio dell’udienza la presentazione di una tempestiva e completa istanza ma occorre sul piano concreto che il concomitante impegno professionale sia dal Giudice valutato tale da costituire un assoluto impedimento a comparire anche nel processo nel quale si richiede il rinvio. Orbene nel caso in esame risulta senza possibilità di smentita a che il concomitante impegno professionale del difensore era nella medesima sede giudiziaria b che allorquando fu chiamato il processo innanzi al Tribunale l’impegno del difensore innanzi alla Corte di appello era già esaurito e lo stesso difensore si era addirittura già allontanato dal palazzo per recarsi presso il carcere per effettuare un colloquio con un proprio assistito c che sarebbe stato quindi ben possibile celebrare entrambi i processi nella medesima giornata. Non può quindi che essere ribadito il questa sede il principio di diritto richiamato anche nella sentenza impugnata secondo il quale il legittimo impedimento del difensore, per integrare una causa necessaria di rinvio dell’udienza, deve implicare una assoluta impossibilità a comparire, cosicché, quando l’impedimento allegato consista in un impegno professionale concomitante presso una sede giudiziaria diversa ma non lontana da quella in considerazione, alla verifica della possibile designazione di un sostituto processuale deve aggiungersi quella di una possibile variazione d’orario dell’udienza, utile a consentire la partecipazione dell’interessato ad entrambi gli adempimenti cui è chiamato Sez. 5, n. 35469 del 04/06/2003, Daccò, Rv. 228325 e tale principio è ancor più valido se si pensa che - come detto - il concomitante impegno non era presso una diversa sede giudiziaria ma addirittura nella medesima sede. 3. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 , al versamento della somma, che si si ritiene equa di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.