Controllo della corrispondenza del detenuto: insussistente il diritto all’estrazione di copia della comunicazione trattenuta

La corrispondenza dei detenuti può essere sottoposta a limitazioni solo con un provvedimento dell’autorità giudiziaria, e nel procedimento di controllo della corrispondenza non vi è un diritto dell’interessato o del difensore alla visione o all’estrazione di copia della comunicazione epistolare trattenuta.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 19320/19, depositata il 7 maggio. Il fatto. Un detenuto, in esecuzione della pena dell’ergastolo, era stato sottoposto, con appositi decreti del Magistrato di sorveglianza, al trattenimento di alcune missive in arrivo, sul presupposto che alcune frasi potessero celare messaggi volti all’esterno e pericolosi per la sicurezza. Il detenuto presentava reclamo per non aver ricevuto la notifica di copia dei relativi provvedimenti. Il Tribunale di sorveglianza rigettava il reclamo, così l’imputato ricorre in Cassazione, per il fatto che avrebbe avuto notizia dell’avvenuto trattenimento dagli operatori giudiziari, senza che gli venissero comunicate le ragioni dello stesso, con conseguente violazione del diritto di difesa e del diritto di impugnazione. Il controllo della corrispondenza dei detenuti. L’art. 15 Cost. dispone che la libertà e la segretezza della corrispondenza sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire solo per atto motivato dall’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Tale principio vale anche nei confronti dei detenuti, sia sottoposti a regime ordinario che a quello speciale, la cui corrispondenza può essere sottoposta a limitazioni solo con un provvedimento dell’autorità giudiziaria. Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha sostenuto che nel procedimento di controllo della corrispondenza dei detenuti e internati non sussiste un diritto dell’interessato o del difensore alla visione o all’estrazione di copia della comunicazione trattenuta. Alla luce di tale considerazione, ampiamente e giustamente applicata dalla Corte distrettuale, il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 dicembre 2018 – 7 maggio 2019, n. 19320 Presidente Iasillo – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. M.M. , detenuto presso la Casa di reclusione di Milano in esecuzione della pena dell’ergastolo inflittagli per i reati di attentato per finalità terroristiche e di eversione con morte di una persona, banda armata, detenzione illegale di armi anche clandestine, rapina aggravata, commessi dal 1995 al 2003, per i quali è sottoposto a regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis Ord. pen. , era stato sottoposto, con i decreti n. 16002/17 del 16/8/2017, n. 16003/17 del 17/8/2917, n. 16004/17 del 30/8/2017 del Magistrato di sorveglianza di Milano, al trattenimento di alcune missive in arrivo, sul presupposto che alcune frasi in esse contenute presentassero carattere criptico e/o ambiguo e, dunque, potessero celare messaggi diretti all’esterno e pericolosi per l’ordine e al sicurezza. 2. Per tale motivo, M. aveva presentato, con unico atto, reclamo ai sensi dell’art. 18-ter, comma 6, Ord. pen., avverso i menzionati decreti, lamentando la mancata notifica di copia dei relativi provvedimenti, nonché l’omessa comunicazione della motivazione dei trattenimenti, essendogli stato comunicato esclusivamente il non inoltro delle missive in arrivo. Ciò che lo avrebbe, dunque, costretto a impugnare i provvedimenti di trattenimento alla cieca , con conseguente violazione del diritto di difesa, il quale presuppone che l’interessato conosca le motivazioni poste alla base del trattenimento. 3. Con ordinanza in data 5/3/2018, il Tribunale di sorveglianza di Milano rigettò il suddetto reclamo, osservando, a integrazione della motivazione del Magistrato di sorveglianza in quella sede richiamata, che il contenuto delle comunicazioni era strettamente connesso all’attività illecita reiteratamente commessa dal detenuto e perciò rappresenta va contestualmente pericolo per la sicurezza interna del carcere e per la sicurezza e l’ordine pubblico . 4. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione lo stesso M. per mezzo del difensore di fiducia, avv. Giuseppe Pelazza, deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p 4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 18-ter Ord. pen. in riferimento agli artt. 15 e 24 Cost., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla omessa notifica dei provvedimenti di trattenimento allo stesso M. . Il detenuto avrebbe avuto notizia dell’avvenuto trattenimento dagli operatori penitenziari, senza però che gli venissero comunicate le ragioni dello stesso, con conseguente violazione del diritto di difesa e del diritto di impugnazione. 4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 117 Cost. in relazione agli artt. 8 e 10 Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata indicazione delle missive, il cui contenuto sarebbe strettamente connesso all’attività illecita reiterata mente commessa dal detenuto e, conseguentemente, alla omessa specificazione degli specifici rilievi relativi a ciascuna di esse. Del tutto apodittica sarebbe, poi, l’affermazione secondo la quale il contenuto delle comunicazioni sarebbe strettamente connesso all’attività illecita reiteratamente commessa dal detenuto , che configurerebbe una motivazione meramente apparente. E ad analogo rilievo si presterebbe l’affermazione dell’esistenza di un pericolo per la sicurezza interna del carcere e per la sicurezza e l’ordine pubblico, non essendo stata offerta alcuna motivazione sul punto. Illogica, infine, sarebbe l’affermazione secondo cui le missive trattenute avrebbero celato messaggi diretti all’esterno , trattandosi di comunicazioni ricevute dal detenuto. Fermo restando che il Tribunale, dopo aver affermato di voler fare propria la motivazione del Magistrato di sorveglianza, avrebbe contraddittoriamente concluso che il contenuto delle missive trattenute integrasse un pericolo per la sicurezza interna del carcere. 4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , dell’inosservanza o erronea applicazione degli artt. 24 e 117 Cost. in relazione all’art. 6 Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, nonché della mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al motivo di reclamo con cui il difensore aveva lamentato di non avere potuto prendere visione sia delle missive trattenute, chiuse in busta sigillata, sia dei fascicoli relativi ai procedimenti laddove la genericità dei provvedimenti del Magistrato di sorveglianza avrebbero reso di fatto impossibile predisporre una difesa nel merito. 3. In data 18/10/2018 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto. 2. L’art. 15 Cost. stabilisce che la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge . Tali principi generali, ovviamente, trovano riconoscimento anche nei confronti dei detenuti, sia sottoposti al regime ordinario o a quello speciale, la cui corrispondenza può essere sottoposta a limitazioni, attraverso la sottoposizione a visto di controllo o il trattenimento del contenuto di plichi allo stesso diretti, soltanto con un provvedimento dell’autorità giudiziaria, specificamente motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti indicati dalla L. n. 354 del 1975, art. 18-ter, commi da 1 a 4, come modificato dalla L. n. 95 del 2004 disposizioni che consentono dette limitazioni soltanto per esigenze attinenti alle indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza e di ordine dell’istituto Sez. 1, n. 16926 del 22/4/2010, Attanasio, Rv. 247662 . Fermo restando che, a detti fini, non è necessaria la commissione di fatti integranti reato, ben potendo il pericolo in questione derivare anche da condotte che non hanno raggiunto la soglia della punibilità o che non sono specificamente previste come reato Sez. 1, n. 1054 del 4/12/2008, dep. 2009, Lioce, Rv. 242810 Sez. 1, n. 1056 del 2009, Lioce, non massimata . In argomento, si è costantemente affermato che nel procedimento di controllo della corrispondenza dei detenuti e degli internati non sussiste un diritto dell’interessato o del difensore alla visione e alla estrazione di copia della comunicazione epistolare trattenuta Sez. 1, n. 7505 del 25/01/2011, Trigila, Rv. 249803 Sez. 1, n. 38632 del 23/09/2010, Bosti, Rv. 248677 e manifestamente infondata è stata ritenuta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18-ter Ord. pen., sollevata per contrasto con gli artt. 3, 15, 24, 112 e 117 Cost. quest’ultimo richiamato in relazione agli artt. 8 e 13 della Convenzione EDU , proprio laddove esso non consente al detenuto di prendere visione della corrispondenza in arrivo trattenuta, atteso che l’accesso ad essa vanificherebbe la decisione del giudice sul gravame Sez. 1, n. 47748 del 5/12/2011, Lo Piccolo, Rv. 252188 . Ciò che, conseguentemente, comporta la infondatezza del primo e del terzo motivo di impugnazione. 3. Nondimeno, la giurisprudenza di legittimità ha, altresì, affermato che la motivazione del provvedimento di trattenimento, pur potendosi esplicare in forma sintetica e pur non dovendo riportare il contenuto che ha giustificato la decisione, posto che, diversamente, verrebbero vanificate le finalità investigative, di prevenzione e di sicurezza perseguite dalla misura Sez. 1, n. 38632 del 23/9/2010, Bosti, Rv. 248676 , deve comunque dare conto, in modo comprensibile, del pensiero del giudice e non può svuotarsi fino a una assoluta genericità dei contenuti Sez. 1, n. 16744 del 14/3/2013, Di Trapani, Rv. 257013 in termini anche Sez. 1, n. 3713 del 4/12/2008, dep. 2009, Lioce, Rv. 242525 . Su tali presupposti, se la decisione di non inoltro può essere legittimamente motivata sulla base di elementi concreti che facciano ragionevolmente dubitare che il contenuto effettivo della missiva sia quello che appare dalla semplice lettura del testo Sez. 1, n. 9689 del 12/2/2014, Virga, Rv. 259472 , essa non può limitarsi a richiamare un generico pericolo per l’ordine e la sicurezza dell’istituto, senza l’indicazione di alcun elemento di fatto dal quale poter desumere, sia pure in forma sintetica, l’esistenza dell’asserito pregiudizio Sez. 1, n. 17799 del 27/3/2008, Lioce, Rv. 239850 Sez. 1, n. 4889 del 11/1/2007, Lioce, non massimata Sez. 1, n. 41553 del 31/10/2007, Lioce, non massimata , nè a richiamare la cripticità del linguaggio utilizzato e la presenza in essa di disegni dal significato indecifrabile, senza far riferimento a esigenze di indagine o a pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblici Sez. 1, n. 48365 del 21/11/2012, Di Trapani, Rv. 253978 . 4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza si sia conformato alla richiamata cornice di principio, facendo riferimento non soltanto alla presenza, nelle missive trattenute, di frasi dal contenuto criptico e/o ambiguo , ma altresì al fatto che il contenuto delle comunicazioni in questione era strettamente connesso all’attività illecita reiteratamente commessa dal detenuto , per poi arrivare a concludere, in maniera tutt’altro che illogica, avuto riguardo alla peculiare natura dei reati per cui M. è stato condannato v. supra § 1 del ritenuto in fatto , nel senso della presenza di un pericolo sia per la sicurezza interna del carcere, sia per la sicurezza esterna e l’ordine pubblico. In questo modo, dunque, il Tribunale di sorveglianza è riuscito a coniugare le esigenze, obiettivamente in contrasto, della libertà della corrispondenza del detenuto e della loro limitazione, sottoposta a informato e adeguato controllo da parte dell’autorità giudiziaria, per ragioni di tutela dell’ordine e della sicurezza, interna ed esterna, consentendo, altresì, il controllo di legittimità della logicità della motivazione attraverso il richiamo alla stretta pertinenza tra i contenuti delle missive, evocativi di un significato ulteriore rispetto a quello ambiguo immediatamente percepibile, e i trascorsi criminosi del detenuto. 5. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.