Furto in abitazione: la norma richiede il nesso finalistico tra l’introduzione in abitazione e l’impossessamento

Ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione è necessario che sussista il nesso finalistico – e non un mero collegamento occasionale – fra l’ingresso nell’abitazione e l’impossessamento della cosa mobile.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 18792/19, depositata il 6 maggio. Furto in abitazione i motivi di censura. Le sentenza in commento annulla con rinvio la decisione della Corte territoriale dell’Aquila che, nel motivare in relazione alla sussistenza del reato di furto in abitazione commesso in concorso da due imputati – ricorrenti in Cassazione –, pone in essere un errore di valutazione in ordine alle prove emerse nel corso dell’istruttoria nonché con riguardo alla configurazione, nei suoi elementi tipici, del reato contestato. Con il primo motivo, i ricorrenti censurano il travisamento della prova riguardante l’oggetto della cosa mobile sottratta - nel caso di specie un borsone sportivo – nell’assunto che si trattasse di un borsone seriale privo di alcun elemento di riconoscimento riconducibile alla persona offesa. Al contrario, l’istruzione dibattimentale aveva fatto emergere che all’interno di tale borsone vi fossero indumenti propri degli imputati e, per tale ragione, sarebbe manifestamente illogica la motivazione della sentenza impugnata che individui la responsabilità penale degli imputati sul solo riconoscimento da parte della persona offesa della cosa oggetto di furto. Con ulteriore motivo di censura si lamenta l’inesatta qualificazione giuridica del reato contestato. In particolare, difettando l’elemento della correlazione causale tra l’introduzione nell’abitazione e il furto del borsone, il giudice di merito avrebbe dovuto individuare la sussistenza del reato di furto semplice in luogo della più grave fattispecie di furto in abitazione. Travisamento della prova. La Suprema Corte ritiene fondato il primo motivo, stante la contraddittoria motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui asserisce che il borsone, ancorché di tipo seriale, fosse proprio quello sottratto dall’abitazione della persona offesa stante che all’interno vi erano gli indumenti di quest’ultima. Rileva la Corte che tale affermazione stride con le risultanze processuali specificatamente indicate dai ricorrenti nei motivi di gravame, dalle quali si desume, invece, che gli abiti contenuti all’interno del borsone fossero dei due imputati. Sotto tale profilo, la Corte ribadisce che in tema di motivi di ricorso per cassazione, l’ampliamento dell’ambito di deducibilità del vizio di motivazione agli atti del processo” consente di dedurre nel giudizio di legittimità il c.d. travisamento della prova”. Quest’ultimo costituisce un vizio in forza del quale il Giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto, prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificarne la corrispondenza all’interno della decisione. Nel caso di specie, risulta che il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale e pertanto il giudice del rinvio dovrà rivalutare tale punto ai fini della responsabilità penale degli imputati. Nesso di correlazione causale tra introduzione e furto. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato, stante i costanti orientamenti della giurisprudenza in materia di furto in abitazione secondo cui detto reato richiede la necessaria correlazione finalistica tra l’introduzione in abitazione e l’impossessamento della cosa mobile. Ritiene la Corte che la strumentalità dell’introduzione nell’edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, deve sempre sussistere non rilevando in alcun modo la mera occasionalità ai fini della configurazione della fattispecie contestata. Quest’ultima, difatti, sebbene a seguito della novella abbia ampliato l’area della punibilità in riferimento ai luoghi di commissione del reato, mantiene fermo il requisito della strumentalità dell’introduzione nell’abitazione, posto che la dizione normativa richiede che l’impossessamento si realizzi mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora . Nel caso di specie, risulta provato che la finalità per cui i soggetti si sono introdotti nell’abitazione è stata quella di alloggiarvi dalla dimostrazione della permanenza in loco ne deriva che la sottrazione del borsone è da considerarsi come occasionale, con conseguente esclusione dell’ipotesi delittuosa del furto in abitazione e riconduzione della fattispecie al reato di furto semplice.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 marzo – 6 maggio 2019, n. 18792 Presidente Ciampi – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. D.A. e M.S. venivano tratti a giudizio dinanzi al Tribunale Monocratico di Vasto, per rispondere del delitto p. e p. dall’art. 110 e 624 bis c.p. e art. 625 c.p., n. 2, poiché, in concorso tra loro, al fine di trarre profitto per loro o per altri, accedevano all’interno dell’abitazione di proprietà di Ma.Gi. , ove si impossessavano di un borsone in tessuto marca Funfit. Con l’aggravante di aver agito con violenza sulle cose consistita nel danneggiare l’infisso esterno dell’abitazione. Con la recidiva specifica reiterata specifica infraquinquennale Accertato in omissis . Il GM del Tribunale di Vasto, all’esito di giudizio ordinario, concesse loro le circostanze attenuanti generiche da ritenere equivalenti all’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2 ed alla recidiva contestata, li condannava alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 600,00 di multa ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali. La Corte di Appello di L’Aquila, pronunciando sull’appello degli imputati, con sentenza del 18/10/2017, confermava la condanna. 2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori di ufficio, il D. e la M. , deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. M.S. con un primo motivo di ricorso deduce che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe mancante e/o carente e/o manifestamente illogica in ordine alla valutazione delle prove ex art. 111 Cost., comma 4, artt. 192 c.p.p. e ss Il difensore ricorrente ricorda che, con il primo motivo di gravame nel merito, l’imputata lamentava che malgrado non fosse stata acquisita la prova diretta del fatto contestato, posto che nessuno dei testi escussi aveva riferito di averli visti nell’atto di commettere il furto, nè tantomeno all’interno dell’abitazione del Ma. , il tribunale avesse ritenuto di poterne affermare la penale responsabilità sulla base di elementi privi di efficacia dimostrativa, neppure a livello indiziario. Con riguardo al primo di questi, ossia il possesso del presunto borsone asportato presso l’abitazione del Ma. , l’imputata deduceva che, trattandosi di un comune borsone, di tipo seriale e acquistabile in qualsiasi negozio di articoli sportivi o da viaggio, per di più privo di qualsivoglia segno distintivo che potesse contraddistinguerlo da altri, non poteva attribuirsi alcuna efficacia probatoria al presunto riconoscimento da parte del Ma. , potendo ragionevolmente trattarsi di un articolo simile al suo, ma non proprio il suo. La Corte territoriale -ci si duole ha rigettato il motivo asserendo Che si tratti proprio di quel borsone è dimostrato dal suo riconoscimento da parte del Ma. cui fu restituito. Riconoscimento di cui non si può dubitare in quanto se è vero che si tratta di oggetto di tipo seriale, che non aveva segni distintivi, va detto che all’interno vi erano degli abiti della p. o. . Tuttavia, per la ricorrente il convincimento espresso dalla Corte territoriale si fonderebbe su di una erronea lettura delle testimonianze rese dai testi escussi, atteso che nessuno di questi ha mai riferito che all’interno del borsone . vi erano degli abiti della p. o. . In particolare, la p.o. in nessun passo della sua deposizione riferisce di aver subito il furto di indumenti, nè riferisce la circostanza nella denuncia-querela. Invero si sottolinea il solo teste che ha riferito in merito è Z.N. , il quale, nel rispondere alle domande del PM, ha risposto . Quel borsone, la stessa mattina rintracciamo il D. e la donna nei pressi del santuario di località omissis , e con loro portavano esattamente quel borsone all’interno del quale c’erano degli indumenti, diciamo, di loro proprietà. Quindi il borsone poi lo mostrammo al Ma. , lo riconobbe come suo e glielo restituimmo . Allo stesso modo alle successive domande del difensore che chiedeva cosa ci fosse dentro il borsone, ha risposto C’erano degli indumenti, se non ricordo , . Penso sia maschili che femminili. Cioè, se non ricordo male, sia maschili che femminili. Di entrambi . Ciò troverebbe conferma -prosegue la ricorrente dall’esame del verbale di sequestro, laddove la misura cautelare è stata applicata solo al borsone e non al suo contenuto, di cui non si fa menzione perché evidentemente restituito ai prevenuti. A ciò occorre aggiungere che pur diversamente opinando, alla circostanza non poteva attribuirsi alcuna rilevanza decisiva ai fini dell’affermazione della penale responsabilità, ben potendo gli imputati averne acquisito la disponibilità del borsone in un momento successivo al furto, in ipotesi rinvenendolo dopo che l’autore se ne era disfatto. Con riguardo al secondo elemento preso a riferimento dal tribunale vastese, l’imputata ricorda di avere dedotto in appello l’irrilevanza del presunto riconoscimento da parte della teste T.G. , perché la stessa in controesame aveva precisato che i fatti riferiti, ossia di due giovani che si sarebbero recati presso il suo albergo per chiedere delle candele, si sarebbero svolti in epoca successiva al furto per cui è causa. Infatti, il furto risulta essere stato denunciato in data 11.2.2014, mentre i fatti riferiti dalla T. si sono svolti nel giugno 2014. Invero, la teste ha riferito che dopo l’ennesima richiesta di candele contattava i Carabinieri e l’indomani si recava in Caserma per il riconoscimento teste T. . Siccome l’ho fatto altre volte anni fa e poi si è verificato utile, ho detto mò faccio una telefonata e vediamo. Poi mi ha risposto il Maresciallo e mi ha detto senta va bene, venga domani mattina, facciamo il verbale . Orbene, tenuto conto che il verbale di SIT e il verbale di riconoscimento fotografico recano la data del 12 giugno 2014 mentre il furto è stato scoperto nel febbraio 2014, i residui di candela rinvenuti nell’appartamento del Ma. non potevano appartenere alle candele che la T. ha consegnato ai due individui nel giugno 2014, ipoteticamente riconosciuti negli odierni imputati. Con un secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge laddove la Corte territoriale ritenuto la sussistenza della ipotesi delittuosa di cui all’art. 624 bis c.p Viene ricordato che il tribunale aveva accertato che . l’intento sottrattivo si è verificato in itinere ovvero nel corso dell’abusiva occupazione di un alloggio il richiamo è a pag. 2 della motivazione sentenza di primo grado . Ebbene, l’imputata aveva sottoposto ai giudici del gravame del merito la considerazione che, secondo la ricostruzione operata dal tribunale, ella e il D. si trovavano già da tempo all’interno dell’appartamento tanto da occuparlo, con la conseguenza che la condotta furtiva difettava dello speciale requisito richiesto dalla norma, non essendovi diretta correlazione causale tra l’introduzione nell’abitazione ed il furto del borsone. La Corte territoriale ha rigettato il motivo di gravame ci si duole ritenendo che sussiste il reato contestato dato che indiscutibilmente i prevenuti hanno approfittato della introduzione in casa per commettere il furto e quindi vi è la strumentalità richiesta dalla norma incriminatrice, anche se detta introduzione potrebbe essere avvenuta inizialmente per altro scopo . Questa interpretazione contrasterebbe con la radicata giurisprudenza in materia, secondo cui l’associazione tra il fatto introduzione ed il fatto furto non è automatica, nè presunta vengono richiamati gli arresti giurisprudenziali costituiti da Sez. 2, n. 2347/2004, sez. 5 n. 14868/2010 . Nel caso di specie sarebbe provato che la finalità per cui i soggetti si sono introdotti nell’abitazione è stata unicamente quella di alloggiarvi temporaneamente. Si ricorda in ricorso che la teste T.G. ha riferito che i soggetti si sono a lei presentati chiedendo delle candele due volte, a distanza di una settimana l’una dall’altra, a dimostrazione della permanenza in loco. E la permanenza sarebbe altresì dimostrata dal rinvenimento, nella casa, di tracce di cera dello stesso colore delle candele date dalla teste T. , residui di cibo, disordine, e piatti sporchi. Ne conseguirebbe l’innegabile conclusione logica che i soggetti non si sono introdotti nell’immobile per sottrarre il borsone, bensì per il diverso fine di trovarvi temporaneo ricovero notturno. La sottrazione del borsone fermo restando che la stessa non potrebbe essere imputata alla prevenuta per i rilievi su svolti sarebbe avvenuta occasionalmente, e non sarebbe consistita nella finalità determinante l’introduzione nell’immobile del denunciante. Pertanto, non potrebbe configurarsi la fattispecie contestata. Secondo la tesi proposta in ricorso la fattispecie della sottrazione andava tutt’al più ricondotta e derubricata all’ipotesi di cui all’art. 624 c.p., con conseguente ricognizione del difetto della condizione di procedibilità, perché il denunciante non ha sporto formale querela. Con un terzo motivo di ricorso si deduce violazione di legge per avere la Corte territoriale ritenuto la sussistenza dell’aggravate di cui all’art. 625 c.p., n. 2. La Corte aquilana -si sostiene avrebbe dovuto in ogni caso escludere la sussistenza dell’aggravate ex art. 625 c.p., n. 2, posto che la presunta condotta violenta, per le ragioni esposte al punto che precede, non sarebbe stata realizzata in occasione della sottrazione del borsone, ma tutt’al più per l’abusiva occupazione dell’immobile. Con un quarto motivo di ricorso si deduce violazione di legge per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la concedibilità dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4. Con il terzo motivo d’appello l’imputata ricorda di avere contestato l’omesso riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità, tenuto conto del modesto valore del borsone oggetto del furto. Infatti, malgrado la p.o. Ma.Gi. , a precisa domanda circa il valore del borsone, avesse riferito testualmente poco e la presa d’atto del tribunale circa lo scarso valore del bene sottratto , il giudice di prime cure aveva immotivatamente omesso di valutare il fatto ai fini della concedibilità dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4. Ebbene, ci si duole che la Corte territoriale abbia disatteso il motivo di gravame assumendo che non vi sono le condizioni perla concessione delle attenuanti di cui all’art. 62 c.p., n. 4 in quanto non vi è certezza del valore del bene sottratto, che comunque va valutato in relazione non solo al borsone ma anche agli abiti che vi erano dentro ed al danno arrecato con forzatura della finestra . La motivazione sarebbe priva di pregio in quanto, in ordine al valore del borsone, la stessa p.o., a specifica domanda, lo ha così definito poco . In ordine agli indumenti che vi erano all’interno, inoltre il M.llo Z. ha chiarito che gli abiti erano dei prevenuti e non della persona offesa. Quanto al danno agli infissi, la p.o. ha riferito che era stato semplicemente rotto il vetro della finestra del bagno. Pertanto, non sarebbe condivisibile la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale in quanto il danno sofferto dal Ma. , ancorché non sia stato quantificato, è comunque da ritenersi di scarsa importanza, essendo questo identificabile in un borsone, riconosciuto dalla stessa p.o. di scarso valore, e nel costo per la sostituzione di un vetro di una finestra. Pertanto, in base agli elementi di valutazione emersi con l’istruttoria dibattimentale, appare ragionevole ritenere che il danno subito dalla p.o. sia di speciale tenuità. Con un quinto motivo di ricorso si deduce violazione di legge per avere la Corte territoriale, nel giudizio di bilanciamento della circostanza, erroneamente escluso la prevalenza delle attenuanti generiche e del danno di speciale tenuità rispetto all’aggravante contestata e alla recidiva. Con l’ultimo motivo d’appello l’imputata ricorda di avere eccepito che il tribunale aveva erroneamente condotto il giudizio di bilanciamento delle circostanze, dovendo ritenere le riconosciute attenuanti generiche e l’invocata attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 prevalenti rispetto alla contestata aggravate e alla recidiva. La Corte territoriale ci si duole ha omesso di pronunciarsi sul punto. In proposito, si torna a ribadire che tenuto conto delle concrete modalità della condotta contestata, in particolare che l’abitazione presso cui è stato asportato il borsone era disabitata, del modestissimo valore del bene sottratto, nell’operare il bilanciamento delle circostanze, sia il Tribunale che la Corte territoriale, avrebbero dovuto ritenere le attenuanti generiche e l’attenuante della speciale tenuità del fatto prevalenti rispetto all’aggravate contestata e alla recidiva, ciò al fine di adeguare la pena al fatto così come risultato all’esito dell’espletata istruttoria . Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata. D.A. , con un primo motivo deduce contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’avvenuta identificazione quale autore del furto, in concorso con la M. . Evidenzia che la teste T. non ha mai visto il D. , in quanto ha detto che quando ricevette la vista di due persone che le chiedevano delle candele l’uomo rimase all’esterno. E neppure lo ha mai riconosciuto in foto dai Carabinieri. Con un secondo motivo si deduce vizio motivazionale in relazione all’identificazione di quello che era un borsone seriale e che non presentava alcuno specifico elemento di riconoscimento. Con un terzo motivo, sempre a proposito del borsone, denuncia travisamento della prova in relazione all’affermata circostanza che all’interno del borsone vi fossero indumenti della persona offesa, essendo, invece, rimasto provato che c’erano abiti di proprietà dei prevenuti. Con un quarto motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione alla ritenuta strumentalità dell’introduzione in casa per realizzare il furto. Il motivo è analogo a quello proposto dalla M. e tende ad evidenziare che nel caso di specie la finalità per cui il D. e la M. era quella di soggiornarvi temporaneamente e non di rubare, per cui non potrebbe configurarsi il furto in abitazione. Con un quinto motivo si deduce travisamento della prova, ancora una volta in relazione alla ritenuta circostanza che i vestiti all’interno del borsone fossero del derubato e non dei due giovani. Il che -si lamenta ha impedito agli stessi, secondo l’iter motivazionale del provvedimento impugnato, anche di fruire della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4. Entrambi i ricorrenti chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, nei limiti che si andranno a precisare. 2. Innanzitutto sono fondati i motivi che denunciano un travisamento della prova laddove la Corte aquilana, nella sua scarna motivazione, desume la circostanza che il borsone, ancorché di tipo seriale, fosse proprio quello sottratto dall’abitazione del Ma. dalla circostanza che all’interno vi erano gli abiti della p.o. . Si tratta, infatti, di affermazione, che pare stridere con l’affermazione riportata a pag. 3 della sentenza di primo grado laddove si riferisce il Narrato del M.llo Z. secondo cui i due fermati avevano custodito degli abiti che pare di intendere fossero propri. In proposito, va ricordato, che in tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito della modifica apportata all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , dalla L. n. 46 del 2006, art. 8, comma 1, il legislatore ha esteso l’ambito della deducibilità del vizio di motivazione anche ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame, così introducendo il travisamento della prova quale ulteriore criterio di valutazione della contraddittorietà estrinseca della motivazione il cui esame nel giudizio di legittimità deve riguardare uno o più specifici atti del giudizio, non il fatto nella sua interezza cfr. ex multis Sez. 3, n. 38431 del 31/1/2018, Ndoja, Rv. 273911 . Avere introdotto la possibilità di valutare i vizi della motivazione anche attraverso gli atti del processo costituisce invero il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto travisamento della prova che è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove , prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all’interno della decisione. In altri termini, vi sarà stato travisamento della prova qualora il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste ad esempio, un documento o un testimone che in realtà non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale alla disposta perizia è risultato che lo stupefacente non fosse tale ovvero che la firma apocrifa fosse dell’imputato o, come nel caso che ci occupa, che i vestiti contenuti nel borsone non fossero della persona offesa ma degli imputati . Il giudice del rinvio dovrà, pertanto, rivalutare tale punto, sia ai fini della responsabilità, che del riconsocimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, avendo, come ricordato in premessa, i ricorrenti evidenziato gli specifici atti da cui risulterebbe il travisamento della prova. 3. Fondati, inoltre, sono i profili di doglianza che riguardano la ritenuta sussistenza del furto in abitazione. Ed invero, ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione art. 624bis c.p. è necessario che sussista il nesso finalistico e non un mero collegamento occasionale fra l’ingresso nell’abitazione e l’impossessamento della cosa mobile, in quanto il nuovo testo dell’art. 624 bis c.p., novellato dalla L. n. 128 del 2001, art. 2, comma 2, pur ampliando l’area della punibilità in riferimento ai luoghi di commissione del reato, non ha, invece, innovato in ordine alla strumentalità dell’introduzione nell’edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, già preteso dalla previgente normativa di cui all’art. 625 c.p., comma 1, n. 1, cfr. Sez. 5, n. 21293 del 1/4/2014, Licordari, Rv. 260226 che, nel caso sottoposto al suo esame, essendo il furto avvenuto sfruttando un’occasione propizia ha ritenuto sussistono gli estremi costitutivi della fattispecie di furto aggravato dall’abuso di ospitalità, ex art. 624 c.p. e art. 61 c.p., comma 1, n. 11 . Questa Suprema Corte è intervenuta in molteplici occasioni in proposito, ritenendo la mera occasionalità insufficiente a configurare la fattispecie contestata, sia in relazione alla fattispecie, ora abrogata, dell’art. 625 c.p., comma 1, sia, nell’invarianza dei criteri logici ed ermeneutici applicabili, a quella successivamente introdotta dell’art. 624bis c.p. In applicazione di tale principio, questa Corte, ad esempio, in altra pronuncia ha censurato la decisione con cui il giudice di appello aveva confermato la responsabilità degli imputati, in ordine al reato di cui all’art. 624 bis c.p., per essersi impossessati all’interno dei locali di una ditta di un borsello, senza curarsi di motivare l’assunto difensivo secondo cui i due imputati erano entrati nei locali della ditta allo scopo di noleggiare un apparecchio per il caffè ed avevano poi approfittato dell’occasionale presenza di altro cliente per impadronirsi del suo borsello Sez. 5, n. 14868 del 15/12/2009 dep. il 2010, Franquillo, Rv. 246886 . Ed invero, la dizione mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora , propria del testo attuale, chiaramente esprime una strumentalità dell’introduzione nell’edificio, quale mezzo al fine di commettere il reato, non diversa da quella precedentemente espressa con le parole per commettere il fatto, si introduce o si intrattiene in un edificio . . Ben diversamente si è espresso il legislatore quando ha voluto prescindere dal nesso finalistico, correlando le aggravanti di cui all’art. 625 c.p., nn. 6 e 7 alla pura e semplice collocazione delle cose sottratte in determinati luoghi, uffici o stabilimenti. Per giunta come rilevava già la richiamata Sez. 5 n. 21293/2014 l’esegesi letterale della norma porta a rilevare che la nuova disposizione non ha riprodotto la possibilità di configurare la fattispecie anche nel caso in cui l’impossessamento sia realizzato durante l’abusivo trattenimento nell’edificio, previsto invece espressamente dall’art. 625, n. 1. in quel caso, perciò, questa Corte di legittimità ritenne correttamente configurabile solo l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11. Viceversa, si avrà furto in abitazione quando l’introduzione nell’abitazione del soggetto passivo avvenga a seguito di consenso di quest’ultimo carpito con l’inganno Sez. 5, n. 13582 del 02/03/2010, Torre, Rv. 246902 , poiché la fattispecie incriminatrice dettata dall’art. 624bis richiama indubbiamente la sottostante condotta di violazione di domicilio, sanzionata dall’art. 614 c.p., norma che riguarda comportamenti di introduzione nell’altrui dimora, realizzati con inganno ovvero contro la volontà espressa o tacita di chi ha diritto di escluderlo . 4. Ebbene, nel caso di specie è provato che la finalità per cui i soggetti si sono introdotti nell’abitazione è stata quella di alloggiarvi temporaneamente. In tal senso anche la rilevata effrazione della finestra non pare poter ricondursi all’evento furtivo. La teste T.G. che ha sì riferito i fatti a giugno, ma per come accaduti nel precedente inverno ha ricordato che i soggetti si sono a lei presentati chiedendo delle candele due volte a distanza di una settimana l’una dall’altra, a dimostrazione della permanenza in loco. La permanenza in loco dei due imputati è altresì dimostrata come si evince dalle sentenze di merito dal rinvenimento, nella casa, di tracce di cera dello stesso colore delle candele date dalla teste T. , di residui di cibo, disordine, e piatti sporchi. Ne consegue l’innegabile conclusione logica che il D. e la M. non si sono introdotti nell’immobile per sottrarre il borsone, o comunque per rubare, bensì per il diverso fine di trovarvi temporaneo ricovero. La sottrazione del borsone è dunque avvenuta occasionalmente, e non è consistita nella finalità determinante l’introduzione nell’immobile del denunciante. Pertanto, ritiene il Collegio che non potesse configurarsi il reato contestato. Colmato il sopra ricordato deficit motivazionale in punto di affermazione di responsabilità e di prova dell’altruità del borsone sottratto, la fattispecie della sottrazione potrà, al più, essere ricondotta e derubricata all’ipotesi di cui all’art. 624 c.p., con conseguente ricognizione della presenza o meno della condizione di procedibilità che dovrà essere operata dal giudice del rinvio. Poiché si è andati a dibattimento per un reato procedibile di ufficio, infatti, la querela potrebbe essere legittimamente rimasta nel fascicolo del PM e non ancora transitata in quello dibattimentale. Gli altri profili di doglianza restano evidentemente assorbiti dall’accoglimenti di quelli sopra illustrati, che impongono l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Perugia, constando la Corte aquilana di un’unica sezione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia.