Realizza un parcheggio abusivo in zona sottoposta a vincoli, ma il PM indica una particella catastale errata…

In tema di abusi edilizi, non costituisce modifica dell’imputazione tout court aver corretto, durante il giudizio di primo grado, il capo d’accusa sostituendo la particella errata con quella effettivamente interessata dall’abuso.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17829/19, depositata il 30 aprile. Il caso. L’imputato era accusato di distruzione e deturpamento di bellezze naturali e di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio perché, quale legale rappresentante e gestore di una s.r.l. nonché conduttore dell’area, in assenza dei prescritti tioli autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire , aveva realizzato o comunque consentito alla realizzazione di un parcheggio per veicoli, in ampliamento di quello già esistente e autorizzato, mediante lavori di spianamento, livellamento e compattamento, con apporto di materiale ghiaioso, così deturpando lo stato naturale dei luoghi e del paesaggio tipico e della flora autoctona in zona sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale. Imputazione corretta durante il giudizio di primo grado. Nel corso del giudizio di primo grado il PM aveva corretto il capo di imputazione, modificando e sostituendo il numero della particella catastale oggetto dell’abuso edilizio. Il Tribunale aveva ritenuto trattarsi di una mera correzione del capo di imputazione e non di una modifica tout court. La difesa, invece, aveva obiettato trattarsi di una modifica essenziale del capo di imputazione perché sul terreno identificato con la particella inizialmente oggetto di contestazione l’imputato aveva realizzato un parcheggio regolarmente autorizzato. La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado precisando che la nullità eccepita era insussistente perché dalla modifica non era derivato in concreto alcun pregiudizio al diritto di difesa. Mutamento del fatto quando? Per fatto si intende quello storico costituito dalla condotta, dall’evento e dal nesso causale, dalla riferibilità soggettiva della condotta e dalla sua realizzazione nelle circostanze di tempo e di luogo date. Perché si possa parlare di una modifica dell’imputazione che determini un mutamento del fatto è necessario che si tratti di una trasformazione radicale che tocchi gli elementi essenziali della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge. In altri termini, deve derivare una incertezza sull’oggetto dell’imputazione e, di conseguenza, un pregiudizio reale per i diritti difensivi. Per verificare se vi sia un mutamento del fatto, dunque, non è sufficiente un mero confronto letterale tra la contestazione e la sentenza bensì bisogna indagare se l’imputato, durante l’iter del processo, sia stato posto nelle condizioni concrete di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione seppure modificata. I tratti essenziali dell’imputazione restano invariati. In giurisprudenza si è affermato che la modifica in udienza del capo di imputazione, consistente nella diversa indicazione della data del reato non costituisce una modifica dell’imputazione quando non comporti alcuna significativa modifica della contestazione, se resta immutata nei suoi tratti essenziali e dunque non incidendo sulla possibilità di individuazione del fatto da parte dell’imputato e della sua difesa. Ratio delle norme che garantiscono i diritti di difesa. Le norme processuali che impongono la contestazione del fatto diverso sono finalizzate ad assicurare il contraddittorio e il pieno esercizio del diritto di difesa. Ne deriva che la modifica che non comporti una significativa modifica della contestazione non è idonea a pregiudicare le facoltà difensive, come avviene, pertanto, quando la modifica concerna un elemento accessorio del fatto. Al contrario, se la modifica del capo di impugnazione determina una effettiva lesione del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa, al giudice è precluso pronunciarsi e deve restituire gli atti al pubblico ministero. Tutela sovranazionale. Il diritto dell’imputato di essere informato in modo dettagliato della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico è sancito anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tale diritto è funzionale a quello di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare le proprie difese e del più generale diritto a un equo processo pertanto, l’informazione deve contenere gli elementi necessari per permettere all’imputato di preparare le proprie difese Corte Edu, Drassich contro Italia . Quanto ampia deve essere l’informazione relativa all’accusa. L’adeguatezza delle informazioni e l’ampiezza deve valutarsi secondo le particolari circostanze concrete ma, in ogni caso, deve essere tale da contenere gli elementi sufficienti per comprendere pienamente le accuse elevate contro l’imputato così da poter preparare la propria difesa Corte Edu, Previti contro Italia . Non è invece necessario, secondo la Corte europea, che l’informazione riporti anche gli elementi di prova su cui si fonda l’accusa perché i capi di imputazione, per loro natura, sono redatti in modo sintetico e le precisazioni relative alla condotta ascritta risultano da altri documenti processuali messi a disposizione della difesa. Se la modifica è solo una correzione materiale Quando la modifica del capo di accusa è finalizzata a rendere coerente il fatto che già risulta agli atti e già conosciuto o conoscibile all’imputato con quello descritto in rubrica, non si determina alcuna mutazione del fatto a norma delle disposizioni che impongono il meccanismo di contestazione in tali casi, infatti, non muta il fatto contestato su cui si è radicato il contraddittorio. In tale ipotesi, infatti, muta solo la descrizione del fatto e non il fatto storico. C’è stato solo un errore materiale. Nel caso sottoposto alla Corte di Cassazione, il fatto contestato non è mutato inoltre, le informazioni contenute nella rubrica e quelle rilevanti dagli atti il sequestro dell’area oggetto di intervento, ad esempio , erano più che sufficienti a rendere edotto l’imputato di quale fosse l’oggetto dell’accusa e l’errore materiale in cui era incorso il pubblico ministero che, nel descrivere il fatto nel capo di imputazione, aveva indicato una particella diversa da quella effettivamente oggetto di abuso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 dicembre 2018 – 30 aprile 2019, n. 17829 Presidente Di Nicola – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. Il sig. F.C.D. ricorre per l’annullamento della sentenza del 30/05/2018 della Corte di appello di Lecce - Sez. dist. di Taranto - che, rigettando la sua impugnazione, ha confermato la sua condanna alla pena di quattro mesi di arresto e 20.000 Euro di ammenda irrogata con sentenza del 13/07/2017 del Tribunale di Taranto per il reato di cui agli artt. 81 cpv. e 734 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c , a lui ascritto perché, quale legale rappresentante e gestore della società omissis S.r.l. , nonché conduttore dell’area sita in località omissis , contraddistinta in catasto al foglio , all. B, particella XXX, in assenza dei prescritti titoli autorizzazione paesaggistica e permesso di costruire , aveva realizzato o comunque consentito la realizzazione di un parcheggio per veicoli in ampliamento di quello già esistente e autorizzato mediante lavori di spianamento, livellamento e compattamento, con apporto di materiale ghiaioso, su una superficie di circa mq. 900, deturpando lo stato naturale dei luoghi e del paesaggio tipico ducale e della flora autoctona in zona sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale. Il fatto è contestato come accertato in omissis . 1.1. Con unico motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c , la nullità della sentenza per inosservanza degli artt. 516 e 522 c.p.p Deduce che nel corso del giudizio di primo grado il pubblico ministero aveva provveduto a modificare il capo di imputazione mediante sostituzione del numero della particella catastale , originariamente contestato, con quello n. . Il Tribunale aveva ritenuto trattarsi di una mera correzione del capo di imputazione che non necessitava gli adempimenti previsti dall’art. 520 c.p.p., invano sollecitati dal difensore trattandosi di una modifica, a suo giudizio, essenziale del capo di imputazione posto che sul terreno identificato con la particella inizialmente contestata l’imputato aveva realizzato un parcheggio regolarmente autorizzato. La Corte di appello, afferma, ha escluso la sussistenza e in ogni caso la natura non sanabile della eccepita nullità erroneamente rilevando che dalla modifica non era derivato in concreto alcun pregiudizio al diritto di difesa dell’imputato. Considerato in diritto 2. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato. 3.Secondo l’autorevole e consolidato insegnamento di questa Corte, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’ iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051 Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205619 . 3.1. Si è ritenuto, così, che la modifica in udienza del capo di imputazione, consistente nella diversa indicazione della data del commesso reato, non costituisce modifica dell’imputazione, rilevante ex art. 516 c.p.p., quando non comporti alcuna significativa modifica della contestazione, la quale resti immutata nei suoi tratti essenziali, così da non incidere sulla possibilità di individuazione del fatto stesso da parte dell’imputato e sul conseguente esercizio del diritto di difesa Sez. 5, n. 4175 del 07/10/2014, Califano, Rv. 262844 Sez. 5, n. 48727 del 13/10/2014, Ranieri, Rv. 261229 . Come precisato da Sez. 5, n. 10196 del 31/01/2013, Mannino, Rv. 254658, la rilevanza della modifica deve essere accertata alla luce delle finalità della norme di cui agli artt. 516 e 522 c.p.p., preordinate ad assicurare il contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa con la conseguenza che la modifica, avvenuta in udienza, della data del reato - nel caso scrutinato commesso il giorno precedente a quello indicato in imputazione - non comportando alcuna significativa modifica della contestazione, immutata nei suoi tratti essenziali, non è idonea in nessun modo a pregiudicare le facoltà difensive. Più recentemente è stato affermato che la modifica dell’imputazione riguardante un elemento accessorio del fatto - qual è la data del commesso reato oppure il termine iniziale o finale di un reato permanente a contestazione chiusa - non accompagnata dalla notifica dell’estratto del verbale dibattimentale all’imputato contumace o assente, determina una nullità assoluta qualora l’elemento modificato, incidendo sul nucleo essenziale del fatto, abbia impedito il pieno esercizio dei diritti difensivi qualora, invece, la modifica non investa il nucleo sostanziale dell’addebito e non reca pregiudizio al diritto dell’imputato di individuare con esattezza il fatto contestatogli, l’omessa notificazione del verbale di udienza contenente tale modifica, determina una nullità relativa, non deducibile con l’impugnazione della sentenza se non eccepita dal difensore presente all’udienza successiva Sez. 2, n. 46342 del 26/10/2016, Furfaro, Rv. 268320 . 3.2. La diversità del fatto che impone la modifica del capo di imputazione e preclude al giudice di pronunciarsi, imponendogli di restituire gli atti al pubblico ministero, è solo quella che determina una effettiva lesione del diritto al contraddittorio e del conseguente diritto di difesa. Per fatto si deve intendere quello storico costituito dalla condotta, dall’evento e dal nesso causale, dalla riferibilità soggettiva della prima e dalla sua realizzazione nelle circostanze di tempo e di luogo date Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, Donati, Rv. 231799 Sez. 3, n. 21994 del 01/02/2018, Pigozzi, Rv. 273220 . 3.3. Il diritto dell’imputato di essere informato, in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico è sancito anche dall’art. 6, comma 3, lett. a , Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. 3.4.La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha precisato che tale diritto è funzionale a quello di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare le proprie difese, diritto garantito dall’art. 6, comma 3, lett. b , Convenzione E.D.U., e del più generale diritto a un processo equo, sicché l’informazione data deve contenere gli elementi necessari per permettere all’imputato di preparare le proprie difese Corte E.D.U. Ciardelli contro Italia, 15/12/1998 Mattoccia contro Italia, 25/07/2000 Drassich contro Italia, 11/12/2007 L’ampiezza dell’informazione dettagliata prevista da questa norma - ha spiegato la Corte Previti contro Italia, 08/12/2009 - varia a seconda delle particolari circostanze della causa tuttavia, l’accusato deve in ogni caso poter disporre di elementi sufficienti per comprendere pienamente le accuse elevate contro di lui per poter preparare convenientemente la sua difesa. A tale proposito, l’adeguatezza delle informazioni deve essere valutata in relazione al comma b del paragrafo 3 dell’art. 6, che riconosce ad ogni persona il diritto di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa Mattoccia c. Italia, no 23969/94, § 60, CEDH 2000-IX . La Corte ricorda anche che l’informazione prevista dall’art. 6 § 3 a della Convenzione non deve necessariamente riportare gli elementi di prova sui quali si fonda l’accusa X c. Belgio, no 7628/76, decisione della Commissione del 9 maggio 1977, Dècisions et Rapports DR 9, pp. 169-171 per loro stessa natura, i capi d’imputazione sono redatti in maniera sintetica e le precisazioni relative alla condotta ascritta risultano normalmente dagli altri documenti del processo, quali l’ordinanza di rinvio a giudizio e gli atti contenuti nel fascicolo della procura messo a disposizione della difesa . 3.5. Se la modifica del capo di imputazione è finalizzata a rendere coerente il fatto che già risulta agli atti, ed è perciò già noto all’imputato o comunque a lui conoscibile , con quello descritto dalla rubrica, non si determina alcuna mutazione del fatto rilevante ai sensi dell’art. 516 c.p.p., poiché non muta il fatto contestato sul quale si è radicato il contraddittorio. Per cui occorre tenere ben distinta la mutazione della descrizione del fatto, identico nella sua storicità, rispetto alla mutazione del fatto in sé. Solo quando si verifica quest’ultima mutazione è necessario verificare se ed in che modo essa possa determinare una lesione del contraddittorio e del diritto di difesa. 3.6.Nel caso di specie, la Corte di appello ha escluso la mutazione del fatto piuttosto che della sua descrizione rilevando che le informazioni contenute nella rubrica e quelle rilevabili dagli atti in particolare dal sequestro dell’area oggetto di intervento erano più che sufficienti a far comprendere all’imputato l’oggetto dell’accusa e l’errore materiale nel quale era incorso il PM che nel descrivere il fatto aveva indicato una particella diversa da quella successivamente indicata. 4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186 , l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.