“Vi rovino, voglio la vostra testa”: legittimo lo sfogo verbale contro la dentista

Nessuna condanna per una paziente, che ha pronunciato le frasi incriminate a seguito dei danni riportati a causa di cure ritenute da lei inappropriate. Per i Giudici emerge in modo chiaro l’intenzione della donna di adire le vie legali per ottenere un risarcimento dalla professionista medica o, in alternativa, di ottenere una bonaria soluzione della controversia.

Vi rovino, voglio la vostra testa, ora inizia il vostro incubo” così la paziente sfoga la propria rabbia per le cure inappropriate”, a suo dire, praticatele da una dentista. Quelle frasi però non sono catalogabili come una vera e propria minaccia”, osservano i giudici di conseguenza, viene confermata l’assoluzione della donna, nonostante l’opposizione proposta dalla professionista sanitaria Cassazione, sentenza n. 17159/19, sez. V Penale, depositata oggi . Volontà. Culmine del contenzioso paziente-dentista è, nel giugno del 2011, lo sfogo verbale della donna che si ritiene vittima di cure inappropriate . Più precisamente, ella si rivolge così alla professionista Vi rovino, voglio la vostra testa, ora inizia il vostro incubo”. Quelle frasi provocano la reazione della dottoressa, che si ritiene vittima di una vera e propria minaccia , e decide di adire le vie legali. Scelta, questa, legittima, ma che non porta frutti in Tribunale, difatti, viene esclusa l’ipotesi che ci si trovi di fronte ad espressioni davvero minacciose. Ciò perché, spiegano i giudici, la paziente si riferiva alla volontà di adire il giudice civile per vedersi risarcire il danno patito, a suo dire, a seguito delle cure somministratele dalla sua dentista – e concretizzatosi nella avulsione ingiustificata di un dente –, una volta preso atto che il tentativo di accordo transattivo non stava andando a buon fine . Tono. Inevitabile l’opposizione della dentista, che propone ricorso in Cassazione per sottolineare che la frase riportata, attestata dalla registrazione di una conversazione telefonica, era stata pronunciata in tono intimidatorio . Secondo il legale della dottoressa, quindi, è impossibile sostenere che la paziente si fosse limitata a prospettare un’azione civile per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito delle cure dentistiche ricevute. Tale visione viene però respinta dai magistrati del ‘Palazzaccio’, i quali confermano le valutazioni e la decisione dei giudici del Tribunale. Corretta, in sostanza, la ricostruzione secondo cui la frase incriminata va adeguatamente contestualizzata, poiché essa si inserisce all’interno delle proteste della paziente, lamentatasi, ancora una volta, per il fatto che la dentista le avesse procurato, nel corso di una cura, un grave danno . Di conseguenza, aggiungono ancora dalla Cassazione, è logico ritenere che frase e conversazione siano catalogabili come un legittimo tentativo, seppur realizzato con toni concitati, di spingere la controparte, cioè la dottoressa, ad una bonaria composizione della controversia . E questa prospettiva non può essere modificata neanche dal richiamo a una presunta intenzione della donna di denunciare i fatti alle forze dell’ordine, all’Ordine dei medici e di propagarli per via giornalistica . Impossibile, comunque, concludono i giudici, affermare che fosse stato prospettato un male ingiusto nei confronti della dentista, poiché emerge che la donna ha manifestato solo l’intenzione di denunciare quanto effettivamente subito, cioè una cura da lei ritenuta inappropriata .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 marzo – 18 aprile 2019, n. 17159 Presidente Sabeone - Relatore Stanislao Ritenuto in fatto 1 - Con sentenza del 14 novembre 2017, il Tribunale di Forli, in riforma della sentenza del locale Giudice di pace, assolveva Sa. Mo. dal delitto di minaccia ascrittole, consumato il 28 giugno 2011, perché il fatto non sussiste. Il Tribunale osservava che l'espressione proferita dall'imputata Il mio incubo finisce qui, ora inizia il vostro, vi rovino, voglio la vostra testa si riferiva alla volontà di adire il giudice civile per vedersi risarcire il danno a suo dire patito a seguito delle cure somministratele dalla sua dentista, la persona offesa Ra. Ba., posto che il tentativo di accordo transattivo non stava andando a buon fine. 2 - Propone ricorso la parte civile Ra. Ba., a mezzo del suo difensore, deducendo, con l'unico motivo, la violazione di legge ed il difetto di motivazione in quanto la frase riportata nell'imputazione, attestata dalla registrazione della conversazione telefonica operata dalla persona offesa, era stata pronunciata in tono intimidatorio, così come emergeva da altri stralci della medesima non poteva pertanto affermarsi che la Mo. si fosse limitata a prospettare un'azione civile di risarcimento dei danni. Costei, infatti, aveva anche minacciato di rivolgersi ai carabinieri del Nas, all'Ordine dei medici ed alla stampa locale, così da esercitare un'illegittima ed intimidatoria pressione sulla Ba 3 - Il difensore dell'imputata ha presentato memoria con la quale chiede l'inammissibilità o il rigetto del ricorso in quanto versato in fatto e volto a fornire una tesi alternativa a quella ritenuta dal giudice in assenza di manifesta illogicità della motivazione. Considerato in diritto Il ricorso presentato nell'interesse della parte civile non merita accoglimento. 1 - La Corte territoriale aveva ricondotto la frase pronunciata dall'imputato al contesto che l'aveva provocata rilevando come la stessa fosse parte di una conversazione telefonica in cui la paziente, l'imputata, si era lamentata, ancora una volta, del fatto che la persona offesa, il suo medico dentista, le avesse procurato, nel corso di una cura, un grave danno, l'avulsione ingiustificata di un dente. La conversazione, ed in particolare la frase indicata in imputazione - nel ricorso, invero, se ne citano anche altre, senza però allegare, ai fini della necessaria autosufficienza del ricorso, l'integrale trascrizione della stessa - si spiegava come un legittimo tentativo, seppure realizzato con toni concitati, di spingere la controparte ad una bonaria composizione della controversia. Una osservazione, quella testé riportata, della Corte di merito, che può considerarsi affetta da manifesti vizi logici. Si deve anche aggiungere che, anche se, poi, fossero state realmente proferite le ulteriori frasi menzionate nel ricorso - circa la volontà di denunciare i fatti alle forze dell'ordine, all'Ordine dei medici e propagarli per via giornalistica di cui però non si è avuta compiuta contezza - non si potrebbe ugualmente affermare che fosse stato prospettato alla persona offesa un male ingiusto posto che, anche in tal caso, si deve fondatamente ritenere che l'imputata avrebbe denunciato quanto effettivamente secondo il suo punto di vista subito, l'inappropriata cura. 2 - Ne deriva che, con la sentenza impugnata, la Corte di merito ha correttamente applicato i principi di diritto formulati da questa Corte, secondo i quali - elemento essenziale del delitto di minaccia è la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall'autore alla vittima, efficacia intimidatoria che deve essere valutata nel contesto nel quale si colloca la condotta Sez. 5, n. 45502 del 22/04/2014, Scognamillo, Rv. 261678 Sez. 5, n. 31693 del 07/06/2001, Tretter, Rv. 219851 - il reato di minaccia si concretizza con la prospettazione di un male ingiusto, idoneo, in considerazione delle concrete circostanze di tempo e di luogo, ad ingenerare timore in chi risulti esserne il destinatario, male che non può essere costituito dalla prospettazione di una legittima azione giudiziaria civile e dalla diffusione di notizie relative all'inadempimento negoziale commesso nei confronti dell'agente Sez. 5, n. 51246 del 30/09/2014, Marotta, Rv. 261357 . 3 - Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.