La retrocessione della squadra di calcio fallita esclude il DASPO

Non può essere ritenuto responsabile per la violazione del DASPO il tifoso che segue la squadra di calcio dopo la retrocessione. Non è infatti ammissibile alcuna interpretazione estensiva del provvedimento di DASPO del questore posto che, per l’invasività delle prescrizioni ivi contenute, deve essere assicurato il rigoroso rispetto dei principi di tassatività e determinatezza.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16476/19, depositata il 16 aprile. Il fatto. La Corte d’Appello di Napoli confermava la condanna di prime cure per un imputato per il reato di cui all’art. 6, commi 2 e 6, l. n. 401/1989 per aver violato il provvedimento di DASPO del Questore convalidato dal GIP. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo che il provvedimento del Questore di cui gli si contestava la violazione aveva ad oggetto il divieto di accesso agli stadi con obbligo di comparizione presso gli uffici di polizia in occasione delle partite a cui partecipata la squadra dell’U.S. Avellino che, in quel momento, militava nel campionato professionistico di serie B. Al momento dei fatti invece la squadra, a causa del fallimento della società, militava nel campionato dilettantistico di serie D. Ritiene dunque il ricorrente insussistente l’elemento psicologico di aver voluto assistere ad una partita di calcio in violazione dell’originario DASPO. Estensione del DASPO. Ricapitolando le vicende che hanno interessato la società calcistica, come correttamente riportato dal ricorrente, la Cassazione sottolinea che all’imputato era stata contestata la violazione del DASPO in relazione ad una squadra che non esisteva più, né come società né come compagine sportiva . Ed infatti il provvedimento di cui all’art. 6 l. n. 401/1989 si fonda sull’esigenza di assicurare l’allontanamento del destinatario dalla sede degli incontri di una determinata squadra. A dimostrazione di ciò, la norma prevede che il questore formuli il precetto amministrativo in maniera specifica e dettagliata in funzione della perfetta intelligenza del provvedimento da parte del destinatario, anche ai fini dell’esecuzione del collegato obbligo di presentazione all’ufficio o al comando di polizia quale prescrizione limitativa della libertà personale. Non è in conclusione ammissibile alcuna interpretazione estensiva del provvedimento di DASPO del questore nel caso in cui la squadra venga successivamente retrocessa la ratio della norma incriminatrice, per l’invasività delle prescrizioni contenute, richiede infatti il rigoroso rispetto dei principi di tassatività e determinatezza. Per questi motivi, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 ottobre 2018 – 16 aprile 2019, n. 16476 Presidente Di Nicola – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 8.5.2017 la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Avellino che aveva condannato S.A. alle pene di legge per il reato di cui alla L. n. 401 del 1989, art. 6, commi 2 e 6, perché aveva violato il provvedimento del Questore di Avellino in data 9.4.2008 convalidato dal Giudice per le indagini preliminari di Avellino il 17.4.2008, in Avellino il 25.8.2010 con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale. 2. Con il primo motivo l’imputato deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , in relazione agli artt. 156 e 426-ter c.p. e art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c . Il Giudice di primo grado aveva proceduto al giudizio, senza tener conto dello stato di detenzione e senza curare la citazione e traduzione dell’imputato per l’udienza del 16.5.2012. La Corte territoriale, a sua volta, non aveva adeguatamente valutato la lamentata violazione del diritto di difesa. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e . Il provvedimento del Questore di Avellino, di cui si assumeva la violazione, aveva ad oggetto il divieto di accesso agli stadi in occasione di manifestazioni sportive a carattere agonistico cui partecipava la squadra di calcio omissis e l’obbligo di presentazione. Sennonché, al momento dell’emissione del provvedimento, 2008, la omissis militava nel campionato professionistico di serie B, mentre, a seguito del fallimento di questa era stata costituita una nuova società, l’ omissis che, all’epoca dei fatti, militava nel campionato dilettantistico di serie D. Precisa che la L. n. 401 del 1989, art. 6 poneva una stretta correlazione tra il divieto di accesso ai luoghi ove si svolgevano determinate competizioni sportive e l’obbligo di comparire presso gli uffici di polizia, correlazione che, per gli accadimenti occorsi, si era persa. Censura la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto integrata la violazione sebbene difettasse l’elemento psicologico di voler assistere ad una partita di calcio che si svolgeva a Lamezia Terme, a circa km 500 da Avellino con inizio alle 17. Con il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , in relazione al diniego dell’art. 131-bis c.p Con il quarto motivo eccepisce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , in relazione alla richiesta di valutare l’insussistenza della recidiva e la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo, ciò che rende irrilevante l’esame del terzo e quarto motivo, ed assorbe il primo motivo che comunque è infondato perché la Corte territoriale ha ben spiegato che il decreto di citazione a giudizio era stato regolarmente notificato, l’imputato detenuto aveva chiesto a mezzo del difensore di essere ammesso al rito abbreviato, ma non aveva chiesto di essere tradotto per l’udienza del 16.5.2012, e comunque l’eccezione non era stata tempestivamente formulata in udienza dal difensore, il quale peraltro non ha contestato tale circostanza nel presente ricorso per cassazione. Sono fatti notori che nell’anno 2010, la omissis S.p.A., cui era stata negata l’iscrizione al campionato per dissesto finanziario, era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Avellino e successivamente radiata come da comunicato 136/a della FIGC in data 11 febbraio 2011, e che, per dare continuità alla pratica sportiva agonistica del gioco del calcio nella città di Avellino, era stata costituita una nuova società sportiva, originariamente denominata omissis società dilettantistica e successivamente Associazione sportiva omissis , che era stata ammessa a disputare il campionato di serie D nella stagione sportiva 2009/2010. All’imputato è stata contestata la violazione del DASPO emesso nel 2008, in relazione agli incontri dell’ omissis del 25 agosto 2010, data in cui questa non esisteva più, nè come società nè come compagine sportiva, perché giocava al suo posto l’ omissis di seguito denominato omissis . La Corte territoriale ha ritenuto del tutto pretestuosa l’inefficacia del provvedimento di sottoposizione all’obbligo di presentazione, a seguito delle vicissitudini della omissis , perché la ragione del provvedimento di cui alla L. n. 401 del 1989, art. 6 risiedeva nell’assicurare l’allontanamento del destinatario dalla sede degli incontri sportivi della squadra locale e di isolamento dalla tifoseria organizzata nella specie l’imputato si era responsabile di aggressione e minaccia ad uno steward , sicché era ovvio ritenere che nè il cambio di denominazione fatto puramente formale nè, tampoco, la retrocessione della squadra sono eventi idonei ad escludere che il decreto perda efficacia e sia da disapplicare con l’effetto della non configurabilità dell’ipotesi delittuosa in contestazione. La validità di simile ragionamento che riflette quello del giudice di prime cure si rinviene - come anticipato - nella stessa condotta tenuta dal S. nelle circostanze descritte nel senso che egli ebbe a portarsi presso il Commissariato sia pure in ritardo e giustificando tale ritardo tanto dimostra che l’uomo era consapevole dell’obbligo cui era soggetto e della condotta violatrice tenuta non essendosi presentato presso il Commissariato all’orario prescrittogli. Questo Collegio è di diverso avviso, poiché la L. n. 401 del 1989, art. 6 prevede che il questore formuli il precetto amministrativo in maniera specifica e dettagliata - nel comma 1 sono usati i sintagmi manifestazioni sportive specificamente indicate e luoghi specificamente indicati -, ciò in funzione della perfetta intelligenza del provvedimento da parte del destinatario anche ai fini dell’esecuzione del collegato obbligo di presentazione all’ufficio o al comando di polizia competente di cui al comma 2, oggetto del controllo del Giudice, siccome prescrizione limitativa della libertà personale. Nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, non solo l’ omissis e l’ omissis erano associazioni completamente distinte dall’ omissis S.p.A., dichiarata fallita e poi radiata, quanto poi non è possibile alcuna interpretazione estensiva del provvedimento del Questore di Avellino sulla base della ratio della norma incriminatrice, che, per l’invasività delle prescrizioni amministrative e dell’obbligo di presentazione, richiede piuttosto il rigoroso rispetto dei principi di tassatività e sufficiente determinatezza. In tal senso si veda anche Cass., Sez. 3, n. 37098 del 30/01/2018, dep. 01/08/2018, Lorenzini, non massimata, che ha disposto l’annullamento del provvedimento di convalida del DASPO avente ad oggetto manifestazioni sportive della Fortitudo Bologna, squadra di basket, posto che tale generica denominazione era equivoca siccome militavano con i colori della squadra una pluralità di compagini sportive composte da giocatori di età diversa under 20, under 18 etc. , donde l’inesigibilità dell’obbligo, e le sentenze Sez. 3, n. 4369 e 4370 del 18/01/2012, entrambe dep. 01/02/2012, rispettivamente Guastelli e Iemmolo, non massimate, che hanno annullato senza rinvio i provvedimenti relativi all’obbligo di presentazione limitatamente alle partite non adeguatamente pubblicizzate, quali le amichevoli, non ricomprese nello specifico nel DASPO. Del resto, non è neanche d’immediata evidenza logica l’assunto secondo cui il mutamento di denominazione della squadra e la retrocessione non incidano sull’interesse del tifoso a continuare ad interessarsi del club, non potendosi escludere che, viceversa, l’iscrizione di altro gruppo sportivo al campionato di serie D elimini in radice o indirizzi l’interesse del tifoso verso altre manifestazioni sportive. Ritiene pertanto il Collegio che il provvedimento in oggetto, per essere considerato ancora valido ed efficace, avrebbe dovuto essere nuovamente esaminato dall’Autorità amministrativa e sottoposto all’Autorità giudiziaria, ciò che nella specie non è avvenuto. S’impone quindi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.