Messaggi amorosi all’allieva di 13 anni: l’insegnante evita la condanna

Esclusa dai giudici l’ipotesi accusatoria impossibile parlare di atti sessuali”. Ci si trova, sempre secondo i magistrati, di fronte a una vicenda innocente ed adolescenziale, frutto della mera immaturità del docente, che, all’epoca dei fatti, aveva 35 anni.

Messaggi amorosi all’allieva di appena 13 anni. Censurabile la condotta del docente, ma non catalogabile come reato, cioè come atti sessuali con minorenne”. Definitiva quindi l’assoluzione dell’uomo Cassazione, sentenza n. 16484/19, sez. III Penale, depositata il 16 aprile . Relazione. A finire sotto i riflettori è lo strano comportamento tenuto da un insegnante – 35 anni, all’epoca dei fatti – che ha instaurato una sorta di relazione platonica con una sua giovanissima allieva – 13 anni appena, all’epoca dei fatti –. Ad allarmare i genitori della ragazzina sono non solo i messaggi amorosi a lei inviati dall’uomo, ma anche il fatto egli in un’occasione sia andato sotto casa della studentessa e l’abbia anche abbracciata . La vicenda – svoltasi in Abruzzo – trova sbocco in un processo penale a carico del docente, accusato di atti sessuali con minorenne . In primo grado il GUP ritiene evidenti le responsabilità dell’uomo. A sorpresa, però, i giudici della Corte d’Appello azzerano le accuse, parlando di vicenda a colori pastello, innocente ed adolescenziale, frutto della mera immaturità del professore . Appagamento. A contestare la pronuncia di assoluzione sono, ovviamente, i genitori della ragazzina. A loro parere, difatti, è lapalissiano il tentativo del docente di compiere atti sessuali con la loro bambina, e a sostegno di questa visione sottolineano che le profferte amorose fatte dall’uomo erano chiare e finalizzate al contatto fisico e aggiungono che l’abbraccio verificatosi sotto la loro casa aveva rappresentato una netta invasione dello spazio corporeo e psichico della ragazza. Per chiudere il cerchio, infine, i due genitori ritengono chiarificatore il turbamento mostrato dalla figlia e derivante dal segreto legame con il suo insegnante . Tutte queste obiezioni non spingono però i giudici della Cassazione a porre in discussione la pronuncia assolutoria emessa in Appello. In sostanza, secondo i magistrati del Palazzaccio, la condotta in discussione, portata avanti per quasi due mesi – tra il dicembre 2014 e il gennaio 2015 –, non ha fatto emergere in modo chiaro l’intenzione dell’appagamento degli istinti sessuali del docente né la lesione del corretto sviluppo della sfera sessuale della ragazzina. Ciò perché le premesse e l’evoluzione del rapporto tra i due soggetti non portava necessariamente a ritenere che sarebbe seguito un appagamento sessuale dell’uomo, concludono i giudici. In conclusione, va stigmatizzata la condotta del docente , valutabile come incongrua, infantile, connotata da un assoluto analfabetismo culturale, in quanto indirizzata verso un’allieva di 13 anni con cui aveva negligentemente instaurato una relazione privilegiata , ma essa non può essere ritenuta punibile da un punto di vista penale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 novembre 2018 – 16 aprile 2019, n. 16484 Presidente Di Nicola – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 12.5.2017 la Corte d'appello di L'Aquila, in riforma della sentenza in data 7.1.2016 del Giudice dell'udienza preliminare di Pescara, ha assolto l'imputato perché il fatto non sussiste dal reato di cui agli art. 81, 56 e 609-quater, cod. pen., consistente nell'invio di messaggi amorosi ad una sua allieva di anni 13 all'epoca dei fatti, nell'andare sotto casa sua e nell'abbracciarla in un'occasione, condotta interrotta per il tempestivo intervento dei genitori. 2. Ricorrono per cassazione i genitori della minore, costituiti parti civili, ed eccepiscono, con il primo motivo l'omessa dichiarazione d'inammissibilità dell'appello per la genericità e la mancanza di critica alla sentenza impugnata con il secondo motivo la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b per aver errato nell'interpretazione della legge penale e della lett. e , per aver errato nell'applicazione delle massime d'esperienza con il terzo motivo la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., per l'omessa valutazione di altri messaggi e della perizia psichiatrica. In sostanza, contestano l'assoluzione perché dal tenore dei messaggi inviati e dalle altre condotte del docente, l'appostamento sotto casa e l'abbraccio in biblioteca, era certo il tentativo di atti sessuali con la minore, siccome le profferte amorose erano chiare e finalizzate al contatto fisico. Contestano, quindi, non solo la svalutazione giuridica del fatto in una vicenda a colori pastello, innocente ed adolescenziale, frutto della mera immaturità del professore, ma anche l'illogicità della decisione rispetto alla massima d'esperienza secondo cui i pedofili si esprimevano proprio in termini di condotte seduttive, apparentemente ingenue e giocose, ma pericolosamente circuenti. Inoltre, lo specialista aveva sottolineato, nella perizia psichiatrica resa in incidente probatorio, il turbamento mostrato dalla minore durante la testimonianza e nel corso dell'indagine peritale derivante dal segreto legame con il suo insegnante ed alimentato dalle confidenze che questi le faceva. L'abbraccio, infine, aveva rappresentato una netta invasione del suo spazio corporeo e psichico. 3. L'imputato presenta una memoria difensiva in cui prende posizione sulle singole doglianze e chiede dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi. Considerato in diritto 4. I ricorsi sono infondati. Il primo motivo appare di mero stile, perché i Giudici d'appello hanno ritenuto l'appello tempestivo e rituale come dimostrato, consistendo nella devoluzione di tutte le questioni di fatto rilevanti ai fini di una diversa interpretazione nel senso dell'esclusione della rilevanza penale. Sugli altri due motivi si registra un'attenta e puntuale risposta. Ed invero, con motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria la Corte territoriale, dopo aver esaminato in modo scrupoloso tutto il materiale probatorio a diposizione e passato in rassegna i principali casi giurisprudenziali di atti sessuali con minorenni, ha concluso che la condotta complessivamente tenuta dall'imputato nel periodo dal dicembre 2014 al 15 gennaio 2015 non avesse evidenziato, in modo inequivoco, l'intenzione dell'appagamento degli istinti sessuali né la lesione del corretto sviluppo della sfera sessuale, ivi compreso il profilo della libertà di autodeterminazione della ragazzina. Ciò perché le premesse e l'evoluzione del rapporto tra i due non necessariamente portava a ritenere che sarebbe seguito un appagamento sessuale dell'imputato. Non ha mancato tuttavia la Corte territoriale di stigmatizzare la condotta del docente come incongrua, infantile, connotata da un assoluto analfabetismo culturale, in quanto indirizzata verso un'allieva di 13 anni con cui aveva negligentemente instaurato una relazione privilegiata, del tutto inappropriata al contesto, senza tener conto delle inevitabili complicazioni psicologiche che avrebbero potuto derivarle. I ricorsi si confrontano con tale motivazione perché contestano la lettura dei fatti data dalla Corte territoriale e ne sollecitano una diversa, che però è preclusa al giudice di legittimità che non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito si veda, ex plurimis, tra le più recenti Cass., Sez. 3, n. 18521 dell'11/01/2018, Ferri, Rv. 2.73217 . I ricorsi vanno pertanto rigettati con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.