Estinzione del reato per prescrizione e decisione sugli effetti civili della sentenza

Nel caso di ricorso da parte dell’imputato avverso una decisione di appello che abbia immotivatamente confermato la sua responsabilità civile dichiarando contestualmente l’estinzione del reato per prescrizione, ex art. 578 c.p.p., è previsto l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello .

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 16134/19, depositata il 12 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato per il reato di cui all’art. 392 c.p., per esserci fatto arbitrariamente ragione con violenza sulle cose per impedire alla moglie parte danneggiata dal reato di accedere all’abitazione comune, alla pena di giustizia e alle statuizioni civili in favore della parte civile, dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti per essere il reato estinto per prescrizione, confermando nel resto. Così l’imputato ricorre in Cassazione denunciando che la Corte territoriale avrebbe disapplicato i principi in tema di sentenza di non doversi procedere di cui all’art. 129, comma 1, c.p.p. in presenza di statuizioni civili e in caso di prove contraddittorie o insufficienti. Come decidere sugli effetti civili della sentenza. Per la Corte di Cassazione il ricorso risulta fondato, posto che da tempo la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, nel caso di insufficienza o contraddittorietà della prova, non prevale rispetto alla immediata dichiarazione di una causa di non punibilità. Con riferimento poi alla presenza della parte civile in giudizio, il giudice di appello, nel prendere atto di una causa estintiva del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado, deve pronunciarsi, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., sull’azione civile, compiendo una valutazione approfondita dell’acquisito compendio probatorio. All’esito di tale valutazione, il giudice può giungere al proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, di norma non prevalente rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità. Da ciò deriva che, in presenza di prescrizione del reato, la suddetta valutazione approfondita a fini civilistici che porti all’accertamento della mancanza di responsabilità penale, per insufficienza o contraddittorietà di prova, esplica gli effetti sulla decisione penale, con la conseguenza che non deve essere pronunciata la formula assolutoria nel merito. E siccome nel caso in esame la Corte d’Appello ha omesso di valutare le censure del ricorrente agli effetti dell’art. 578 c.p.p., la Suprema Corte annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 febbraio – 12 aprile 2019, n. 16134 Presidente Capozzi – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Venezia in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bassano del Grappa che aveva condannato L.P. per il reato di cui all’art. 392 c.p. alla pena ritenuta di giustizia, nonché alle statuizioni civili in favore della parte civile R.R. , dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti per essere il reato estinto per prescrizione, conferma nel resto. All’imputato era stato contestato di essersi fatto arbitrariamente ragione da sé medesimo, con violenza sulle cose, per impedire alla moglie R.R. di accedere all’abitazione comune nella specie, sostituendo il 13 marzo 2003 le serrature degli ingressi . La Corte di appello, in motivazione, dava atto del decorso del termine massimo di prescrizione e quindi della estinzione del reato per tale causa e riteneva, quanto alle statuizioni civili, che le stesse andassero confermate in quanto condivisibili le ragioni del primo giudice e non risultando dedotti motivi sul punto dall’imputato. 2. Avverso la suddetta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunciando, a mezzo del suo difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p 2.1.Violazione degli artt. 578, 125 e 129 c.p.p. prevalenza della sentenza di assoluzione ex art. 530 c.p.p., comma 2, sulla sentenza di cui all’art. 129 c.p.p., comma 1. La Corte di appello avrebbe disapplicato i principi affermati anche dalle Sezioni Unite in tema di sentenza di non doversi procedere di cui all’art. 129 c.p.p., comma 1 in presenza di statuizioni civili e in caso di prove contraddittorie o insufficienti. Nel caso in esame, con l’appello il ricorrente aveva richiesto la riforma integrale della sentenza, contestando la sussistenza del reato e l’attendibilità della persona offesa, e la revoca delle statuizioni civili, con specifici motivi sul punto. Tuttavia nessun accertamento è stato effettuato dalla Corte di appello. 2.2. Violazione dell’art. 129 c.p.p., stante la tardività della querela. Sulla questione della tempestività della querela, presentata il 13 marzo 2003, la Corte di appello si sarebbe basata sul solo capo di imputazione che indica il fatto commesso il omissis , non considerano le risultanze dibattimentali. Erroneamente le sentenze di merito avrebbero indicato il fatto avvenuto il 13 marzo 2003, mentre dall’unica testimonianza quella della persona offesa erano emersi anche fatti risalenti al 2002 e comunque le dichiarazioni erano contraddittorie in ordine alla ricostruzione dei fatti collocando la sostituzione delle chiavi di ingresso ora nel 2002 ora nel 2003 . In ogni caso, non era configurabile il reato contestato, posto che all’epoca del fatto sia collocandolo nel 2002 che nel marzo 2003 non era ravvisabile una contesa tra le parti, avendo il ricorrente semplicemente continuato a usare il bene immobile, secondo il suo diritto di comproprietario e possessore dello stesso, e avendo la persona offesa spontaneamente abbandonato il tetto coniugale a settembre 2002 e non avendo più il possesso dell’immobile tanto da chiedere sempre al ricorrente il permesso per entrarvi al momento in cui furono cambiate le chiavi della porta di ingresso per la prima volta ovvero nell’ottobre 2002 . La querela sarebbe tardiva in quanto la persona offesa aveva perso l’accesso all’appartamento dal settembre 2002 o al più tardi con la prima sostituzione delle chiavi ad ottobre 2002. 2.3. Violazione dell’art. 125 c.p.p. e art. 111 Cost. omessa motivazione sulle statuizioni civili. La responsabilità civile è stata affermata apoditticamente nella sentenza di primo grado, nonostante la tenuità della condotta la condanna al pagamento delle spese di lite è stata fatta in modo automatico, non considerando l’esito del procedimento in cui il ricorrente non è stato del tutto soccombente e la consistenza dei fatti oggetto di condanna. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono. 2. Non può essere accolto il motivo sulla tardività della querela, in quanto generico. Il ricorrente replica quanto sostenuto con l’appello, senza porsi in confronto con quanto affermato dalla Corte di appello. Al riguardo la Corte di appello ha rilevato che il fatto oggetto della querela del 13 marzo 2003 era soltanto quello commesso dall’imputato nel medesimo giorno, non rilevando pertanto gli episodi pregressi, estranei al perimetro della contestazione che identificava la data del commesso reato in quella del 13 marzo 2003. 3. Fondato è invece il primo motivo, che ha portata assorbente sulle altre questioni sollevate dal ricorrente con il terzo motivo. Le Sezioni Unite Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 2442734 hanno da tempo fissato i principi di diritto in tema di proscioglimento in presenza di una causa di non punibilità. In primo luogo, hanno affermato che, all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, nel caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità. Inoltre, hanno affrontato la questione dei rapporti tra la disposizione di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2 e la presenza della parte civile e di una pronuncia di una condanna in primo grado. In tal caso, il giudice dell’appello, nel prendere atto di una causa estintiva del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado, è tenuto a pronunciarsi, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., sull’azione civile deve quindi necessariamente compiere una valutazione approfondita dell’acquisito compendio probatorio, senza essere legato ai canoni di economia processuale che impongono la declaratoria della causa di estinzione del reato quando la prova della innocenza non risulti ictu oculi. All’esito di tale valutazione, il giudice può pervenire al proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, di norma non prevalente rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità. Dunque, in presenza della prescrizione del reato, la valutazione approfondita a fini civilistici, che porti all’accertamento della mancanza di responsabilità penale, anche per la insufficienza o contraddittorietà delle prove, esplica i suoi effetti sulla decisione penale, con la conseguenza che deve essere pronunciata, in tal caso, la formula assolutoria nel merito. Ebbene, nel caso in esame, la Corte di appello ha omesso di valutare le censure versate nell’appello dal ricorrente agli effetti dell’art. 578 c.p.p., ritenendo erroneamente che nessuna censura fosse stata presentata sulle statuizioni civili. Il ricorrente aveva invero proposto censure che andavano a contestare i presupposti stessi della responsabilità civile, ovvero la sussistenza del reato e le modalità del suo accertamento la attendibilità della persona offesa . Ne consegue pertanto l’annullamento della sentenza impugnata. Quanto al giudice al quale devono essere rinviati gli atti per il nuovo giudizio, va rammentato che la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, nel caso di un ricorso da parte dell’imputato avverso una sentenza di appello che abbia immotivatamente confermato la sua responsabilità civile contestualmente dichiarando la estinzione del reato per prescrizione, ex art. 578 c.p.p., deve essere disposto l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell’art. 622 c.p.p. Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 256087 . E ciò - come hanno precisato le Sezioni Unite nell’arresto ora richiamato sia quando il ricorso dell’imputato investa solo il capo relativo all’affermazione della responsabilità civile sia quando, come nella specie, l’imputato nel suo ricorso ritenga di investire, di riflesso, anche il capo penale. Situazione quest’ultima che può essere diversamente e pienamente soddisfatta, quanto alle aspettative dell’imputato di ottenere in sede penale un pieno accertamento della sua innocenza, dall’opzione di rinuncia alla prescrizione art. 157 c.p., comma 7 . 4. Per le considerazioni sopra svolte, la sentenza impugnata va dunque annullata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello a norma dell’art. 622 c.p.p P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.