La mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice è un reato a consumazione istantanea

Ai sensi dell’art. 388, comma 1, c.p., il reato di mancata esecuzione dolosa di una decisione del giudice è a consumazione istantanea e si perfeziona nel momento in cui il debitore non ottempera all’ingiunzione di adempiere.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 15316/19, depositata l’8 aprile. Il caso. La Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato alla pena di giustizia oltre alle statuizioni civili per il reato di cui agli artt. 81 e 388 c.p In particolare l’imputato è stato condannato perché si sottraeva all’adempimento degli obblighi nascenti da una precedente sentenza emessa dalla sezione distaccata del Tribunale che confermava la decisione di quest’ultimo. Avverso la sentenza l’imputato, tramite suo difensore, ricorre in Cassazione deducendo violazione di legge in ordine all’erronea applicazione del principio del ne bis in idem . I requisiti del reato ex art. 388 c.p Al riguardo la Corte di Cassazione ribadisce che il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, di cui all’art. 388, comma 1, c.p. si definisce a consumazione istantanea e si perfeziona nel momento in cui il debitore non ottempera all’ingiunzione di adempiere, poiché il danno del creditore si verifica proprio al momento dell’inottemperanza del debitore e l’eventuale permanenza dell’inadempimento rappresenta solo la protrazione degli effetti di un fenomeno che si è già realizzato. Ciò non è avvenuto nel caso in esame dove risulta corretta la motivazione della Corte d’Appello volta ad escludere la violazione del principio del ne bis in idem . Sulla base di tal ragione, gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 febbraio – 8 aprile 2019, n. 15316 Presidente Paoloni – Relatore Vigna Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi in data 11 luglio 2014 che ha condannato D.G. alla pena di mesi sei di reclusione oltre alle statuizioni civili per il reato di cui agli artt. 81 e 388 c.p 1.1. D. è stato condannato perché si sottraeva reiteratamente all’adempimento degli obblighi nascenti dalla sentenza numero 77/11 emessa dal Tribunale di Brindisi - sezione distaccata di Francavilla Fontana, in data 2 marzo 2011, che confermava l’ordinanza del Tribunale di Brindisi in data 22 settembre 2007 in particolare, parcheggiava più autovetture all’interno del garage sito nei pressi della propria abitazione, in tal modo impedendone un agevole utilizzo da parte del padre. Condotta protrattasi sino al omissis . 2. Avverso la sentenza ricorre D. , a mezzo del difensore di fiducia, deducendo, come unico motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla erronea applicazione del principio del ne bis in idem. È stata prodotta la sentenza non definitiva n. 316/12 del Tribunale di Brindisi relativa alla medesima persona e alla medesima imputazione oggi contestata. Si tratta di procedimenti instaurati entrambi di iniziativa dello stesso ufficio del Pubblico ministero di Brindisi a seguito delle reiterate denunzie di D.C. . Nella sentenza n. 316/2012, sebbene la contestazione sia fino al luglio 2008, si legge che il prevenuto ha fino ad oggi esercitato, nonostante il divieto, l’attività di turbativa del possesso , ove oggi equivale alla data del 6 luglio 2012 allorché fu emessa la sentenza che ha comportato la cessazione della permanenza. Nel capo di imputazione odierno i fatti vengono contestati sino al omissis e dunque sono assorbiti in quelli accertati con la sentenza n. 316/12. Considerato in dirittto 1. Il ricorso è inammissibile per essere il motivo dedotto manifestamente infondato. 2. Deve evidenziarsi che il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, di cui all’art. 388 c.p., comma 1, è a consumazione istantanea e si perfeziona nel momento in cui il debitore non ottempera alla ingiunzione di adempiere, in quanto il danno del creditore si verifica al momento dell’inottemperanza del debitore e la eventuale permanenza dell’inadempimento rappresenta semplicemente la protrazione degli effetti di un fenomeno che si è già realizzato Sez. 6, n. 44936 del 03/10/2005, Rv. 233502 . 2.1. Nel caso di specie la Corte di appello ha puntualizzato correttamente che -la sentenza del 6.07.2012 riguardava la contestazione di condotte poste in essere fino al luglio 2008 e per tali condotte era intervenuta condanna. Il fatto che la parte offesa avesse riferito la protrazione della condotta sino ad oggi doveva significare fino al giorno della testimonianza resa nel 2008 . -la sentenza del 2012 riguardava l’inottemperanza alla ordinanza del Tribunale di Brindisi del 22.09.2007 quella impugnata l’inottemperanza alla sentenza del Tribunale di Brindisi del 2.03.3011. Corretta e sorretta da logica, secondo un percorso che non segnala deficienze o contraddizioni, è, quindi, la motivazione spesa dalla Corte distrettuale per escludere la violazione del principio del ne bis in idem. 3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.