Inesistente la sentenza pronunciata dal GUP all’insaputa delle parti

Deve ritenersi inesistente la sentenza di condanna dell’imputato emessa dal GUP al di fuori dello schema procedimentale di cui agli artt. 438 ss. c.p.p. laddove la decisione sia stata assunta senza che le parti abbiano rassegnato le conclusioni.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15021/19, depositata il 5 marzo. La vicenda. Il GUP presso il Tribunale di Milano, all’esito del giudizio abbreviato, condannava l’imputato per violenza sessuale. La sentenza veniva dichiarata improcedibile ma poco dopo, il GIP, all’esito del procedimento incidentale instaurato a seguito di richiesta del PM, dichiarava la non definitività del titolo esecutivo in questione. Nel frattempo, la difesa proponeva ricorso per cassazione deducendo l’abnormità funzionale del provvedimento del GUP per assenza di potere in concreto e per violazione del principio di difesa. Infatti la condanna era stata pronunciata in mancanza di un processo posto che la difesa aveva proposto, in sede di prima udienza, istanza di definizione del processo nelle forme del rito abbreviato condizionato all’acquisizione di alcune risultanza probatorie. Nonostante il rinvio dell’udienza e l’assenza di conclusioni delle parti, era infatti in quella sede stata pronunciata la condanna all’insaputa di tutte le parti. Atto inesistente. Ripercorrendo lo sviluppo del processo, il Collegio sottolinea che la sentenza impugnata, pronunciata dal GIP all’insaputa delle parti in quanto al di fuori dello schema procedimentale di cui agli artt. 438 ss. c.p.p., deve considerarsi, più che abnorme, inesistente. Si tratta infatti di una sentenza pronunciata per autonoma iniziativa del giudice, sganciata da ogni contesto processuale. La categoria dell’inesistenza, nonostante non sia prevista espressamente da alcuna norma del codice di rito, è immanente al sistema, servendo a coprire tutta quell’area di vizi non rientranti nelle ipotesi di nullità, ma che sono talmente gravi da impedire all’atto di sorgere in quanto, mancando degli elementi costitutivi ed identificativi suoi propri, lo rendono inidoneo a produrre alcun effetto giuridico . Così ripercorse le caratteristiche della categoria dell’inesistenza, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al GIP per l’ulteriore corso del procedimento.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 marzo – 5 aprile 2019, n. 15021 Presidente Izzo – Relatore Zunica Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12 settembre 2018, il G.U.P. presso il Tribunale di Milano, all’esito di rito abbreviato, condannava D.C.G.P. alla pena di anni 4 e mesi 4 di reclusione, in ordine al reato di cui agli art. 61 c.p., n. 11, e art. 609 bis c.p., perché, con violenza, consistita nell’afferrare, denudare e gettarsi addosso a G.C.M.J. e sotto la minaccia di fare del male alla nipote minore della stessa, la costringeva a subire una penetrazione vaginale completa, con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso di relazione di ospitalità, fatti commessi in omissis . Tale sentenza veniva dichiarata irrevocabile in data 28 ottobre 2018, ma, con ordinanza resa il 18 dicembre 2018, il G.I.P. di Milano, all’esito del procedimento incidentale instaurato a seguito di richiesta del P.M. del 26 novembre 2018, dichiarava la non definitività del titolo esecutivo in questione. 2. Nel frattempo, avverso la sentenza del G.U.P. meneghino, D.C., tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui deduce l’abnormità funzionale del provvedimento impugnato, in quanto adottato in assenza di potere in concreto e in violazione del principio di difesa costituzionalmente tutelato ai sensi dell’art. 24 Cost. In particolare, la difesa rileva che D.C. è stato condannato in mancanza di un processo, posto che, all’udienza del 12 settembre 2018, ammessa la costituzione di parte civile della persona offesa, la difesa proponeva istanza di definizione del processo nelle forme del rito abbreviato condizionato all’acquisizione di tre schermate in lingua spagnola, estrapolate da una conversazione WhatsApp intercorsa il 29 marzo 2018 tra la sorella della persona offesa e la sorella dell’imputato, ovvero nelle forme dell’abbreviato secco . Dunque, all’udienza del 12 settembre 2018, il G.U.P., dopo aver interloquito con le parti sulla necessità di procedere alla traduzione dei messaggi in lingua spagnola, disponeva il rinvio dell’udienza al 19 dicembre 2018 per la discussione. Nel frattempo, il 19 novembre 2018, il difensore di D. apprendeva che il suo assistito era stata trasferito da omissis , perché il titolo era divenuto definitivo solo così il difensore verificava che in realtà, all’esito dell’udienza del 12 settembre 2018, nonostante il rinvio e l’assenza di conclusioni delle parti, era stata emessa sentenza di condanna nei confronti dell’imputato, di cui le parti, non solo il difensore di D., ma anche il P.M. e il difensore della parte civile, non avevano avuto notizia, per cui tale sentenza costituiva un atto abnorme. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Dalla disamina del fascicolo processuale, consentita dalla tipologia della doglianza sollevata, risulta che, effettivamente, la sentenza di condanna dell’imputato è stata emessa dal G.U.P. al di fuori dello schema procedimentale delineato dagli art. 438 c.p.p. e ss., posto che la decisione è stata assunta senza che le parti abbiano rassegnato le conclusioni, avendo addirittura l’udienza preliminare subito un rinvio interlocutorio ad altra data fissa. Nell’incidente di esecuzione celebratosi su iniziativa del P.M., è stato infatti accertato, attraverso l’audizione dei diretti interessati, che, dopo la costituzione delle parti e la formalizzazione della richiesta difensiva di ammissione al rito abbreviato, l’udienza era stata differita al 19 dicembre 2018, ore 12.30, senza che venisse aperta la discussione e senza che venisse letto alcun dispositivo. L’assistente giudiziario sul punto ha confermato che il processo fu rinviato, precisando che la parte del verbale relativa alle conclusioni delle parti costituiva un refuso che non era stato cancellato al momento della stampa del verbale. Risulta pertanto conclamato che la sentenza di condanna dell’imputato è stata emessa dal G.U.P. all’insaputa delle parti processuali, come confermato in maniera inequivocabile dalla circostanza che, non essendo stata la motivazione contestuale al dispositivo la motivazione risulta depositata il 18 settembre 2018 , nel fascicolo processuale non è stato rinvenuto il dispositivo, proprio perché non ve ne fu alcuna lettura all’udienza preliminare del 12 settembre, udienza che per tutte le parti processuali, oltre che per l’assistente giudiziario, si era conclusa con un rinvio, di cui del resto vi è traccia nel verbale di udienza. In definitiva, più che di un atto abnorme, deve parlarsi nel caso di specie di un atto addirittura inesistente, in quanto la sentenza è stata pronunciata per effetto di una iniziativa autonoma del giudice, sganciata da ogni contesto processuale. Al riguardo deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte cfr. Sez. 2, n. 29427 del 15/06/2011, Rv. 251027 , secondo cui, nonostante la categoria giuridica dell’inesistenza non sia prevista espressamente da alcuna norma del codice di rito, essa, come precisato anche da autorevole dottrina, è immanente al sistema, servendo a coprire tutta quell’area di vizi non rientranti nelle ipotesi di nullità, ma che sono talmente gravi da impedire all’atto di sorgere in quanto, mancando degli elementi costitutivi ed identificativi suoi propri, lo rendono inidoneo a produrre alcun effetto giuridico in altri termini, la differenza fra atto nullo e atto inesistente è quasi di natura ontologica, nel senso che, mentre il primo, pur affetto da patologia, è conforme alla tipologia voluta dal legislatore ed è ben identificabile, possedendo gli elementi costitutivi previsti dalla normativa di riferimento, al contrario, l’atto inesistente è estraneo al sistema giuridico, essendo affetto da patologie talmente gravi da farlo risultare privo di una sua fisionomia, con la conseguenza che tale categoria di vizi, oltre a essere rilevabile anche d’ufficio, non è suscettibile di essere sanata dal giudicato. 2. Alla stregua di tale premessa ermeneutica, la sentenza impugnata, in quanto emessa senza la previa discussione delle parti e senza la lettura del dispositivo, deve essere ritenuta dunque inesistente, anche perché apparentemente adottata in un’udienza che, dopo alcune attività interlocutorie, si era formalmente conclusa con un rinvio ad altra data, rinvio di cui erano state già edotte le parti ne consegue che, pur essendo stata già dichiarata la mancanza del titolo esecutivo, la sentenza di cui si discute deve essere altresì annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano per l’ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.