Appello dell’imputato della sentenza di condanna a pena pecuniaria

Sono appellabili solo le sentenze di condanna a pena pecuniaria quando sono censurate anche le statuizioni civili tuttavia, se la condanna ha riguardato statuizioni civili, l’impugnazione può riguardare solo l’affermazione di penale responsabilità perché questa costituisce presupposto logico-giuridico della condanna al risarcimento del danno e l’impugnazione del punto relativo ad essa si estende al punto riguardante le statuizioni civili.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 14361/2019, depositata il 2 aprile scorso. Il caso. Un Giudice di Pace ha affermato la responsabilità penale dell’imputato per il reato di diffamazione, condannandolo al pagamento di una pena pecuniaria e al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Proposto appello, il Tribunale competente ne ha dichiarato l’inammissibilità ritenendo non impugnato espressamente il capo della sentenza afferente al risarcimento del danno. Procedimento davanti al Giudice di Pace. È innegabile che il d.lgs. n. 274/2000 - che disciplina il procedimento davanti al Giudice di Pace - sia una normativa speciale. Nondimeno, per espressa previsione dell’art. 2 del decreto medesimo, trovano applicazione anche le norme del codice di procedura penale in via complementare rispetto a quelle espresse dal decreto infatti, per tutto quanto non previsto dal decreto, in quanto compatibili, si applicano le norme del codice di rito. Appellabilità della sentenza del Giudice di Pace limiti. Il decreto legislativo prevede che l’imputato condannato a pena diversa da quella pecuniaria possa appellare la sentenza di condanna altresì può impugnare la sentenza di condanna a pena pecuniaria solo se impugna il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno. Tale norma, però, deve essere coordinata con quella, contenuta nel codice di procedura penale, la quale prevede che l’impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendono dai primi. Tra questi rientra il punto relativo al risarcimento del danno, il cui presupposto logico-giuridico è l’affermazione della responsabilità penale. La Corte Costituzionale sent. 426/2008 ha chiarito che il limite della sentenza di condanna solo a pena pecuniaria che decreta l’inappellabilità si riferisce a quelle sentenze che non contengono statuizioni civili. È logico, infatti, che quando l’imputato contesti la responsabilità penale, gli effetti della sentenza si ripercuotono anche sulle statuizioni civili pertanto, non è necessario che queste vengano espressamente impugnate. Se si impugna un punto diverso dall’affermazione di responsabilità. Qualora si impugni un capo diverso dalla responsabilità penale, quale, ad esempio, il trattamento sanzionatorio o la qualificazione giuridica del fatto o l’insussistenza di un’aggravante o la ravvisabilità di un’attenuante, è necessaria, invece, una esplicita impugnazione delle statuizioni civili. L’orientamento contrario. Il Collegio nel fornire l’interpretazione suesposta e nel ritenere fondato il ricorso proposto dall’imputato osserva che vi è un orientamento differente che si fonda sulla natura speciale e derogatoria della disposizione prevista dal decreto legislativo rispetto a quella codicistica. Tuttavia, non la reputa condivisibile in forza di quel legame già richiamato, esistente nel decreto stesso, alle norme del codice di procedura che prevede l’integrazione dei due ordini di precetti. In conclusione, secondo la Corte, poiché la norma codicistica afferma un principio generale della necessaria estensione dell’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale anche alla pronuncia sui capi contenenti le statuizioni civili, alla condizione della dipendenza di questi ultimi alla prima, la stessa trova spazio anche nella normativa speciale concernente le impugnazioni delle sentenze del Giudice di Pace.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 gennaio – 2 aprile 2019, n. 14361 Presidente Miccoli Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1. B.S. , col patrocinio del difensore, impugna per Cassazione la sentenza pronunciata dal tribunale di Trapani il 23.11.2017, con la quale il giudice ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello con cui l’imputato ha contestato il giudizio di responsabilità, espresso dal giudice di pace nella sentenza emessa nei suoi confronti il 17.5.2016 di condanna alla pena di Euro 1.500,00 di multa, per il delitto di diffamazione, oltre che al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile . 2. Il ricorrente denuncia violazione di legge in riferimento al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 37, per avere il giudice monocratico dichiarato inammissibile l’appello, ritenendo, erroneamente, non impugnato il capo della sentenza afferente il risarcimento del danno. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Secondo il prevalente orientamento di questa Corte, che il Collegio ritiene senz’altro da preferire, è ammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna a pena pecuniaria, ancorché non specificamente rivolto al capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, in quanto il D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 37 deve essere coordinato con la disposizione di cui all’art. 574 c.p.p., comma 4, secondo cui l’impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendono dai primi, fra i quali rientra quello concernente il risarcimento del danno, che trova il suo necessario presupposto nell’affermazione della responsabilità penale ex multis Sez. 5, n. 17784 del 12/01/2017, Sez. 5, n. 35023 del 17-5-2016, Sez. 5, n. 31619 del 1-4-2016, Sez. 5, n. 5017 del 14-12-2015 Sez.5, n. 31678 del 22-5-2015, Sez. 5, n. 7455 del 16-102013 . Infatti, a norma del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 2, nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è previsto dal predetto decreto si osservano, in quanto applicabili, le norme dei codice di procedura penale, di talché l’applicazione dell’art. 574 c.p.p., comma 4, invocata nel caso di specie, trova applicazione, in combinato disposto con il D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 37. 2 Anche la Corte costituzionale, nella sentenza n. 426 del 2008, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 37, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost., ha chiarito che il riferimento alle sentenze che applicano la sola pena pecuniaria è da intendersi relativo alle pronunce che rechino esclusivamente tale condanna, non accompagnata da statuizioni civili. D’altronde è incontrovertibile che, ove l’imputato contesti, con l’atto di impugnazione, la responsabilità, gli effetti della sentenza che verrà pronunciata si estenderanno alle statuizioni civili. Non vi è dunque alcuna necessità che queste ultime vengano espressamente impugnate, poiché è già implicita nell’impugnazione del punto relativo alla responsabilità quella afferente le statuizioni civili, dipendenti dalla condanna. Del resto, la ratio della disposizione di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 37 è proprio quella di assicurare maggiori garanzie all’imputato qualora quest’ultimo debba affrontare la parte civile Sez. 5, n. 4967 del 6-12-2006 Rv. 236610 e di evitare che una sentenza di primo grado inappellabile possa pregiudicare l’imputato, impedendogli di promuovere un sindacato di merito sulla sua responsabilità civile, in conformità a quanto stabilito, nel procedimento ordinario, dall’art. 574 c.p.p., comma 1, che consente all’imputato di proporre impugnazione contro i capi della sentenza che riguardano gli interessi civili Sez. 5, n. 33545 del 21-9 2006, Rv. 235226 . In questa prospettiva, è dunque razionale che, ove si impugni, invece, un punto diverso dalla responsabilità ad esempio, il trattamento sanzionatorio o la qualificazione giuridica del fatto o l’insussistenza di un’aggravante o la ravvisabilità di un’attenuante sia necessaria, ai fini dell’ammissibilità dell’appello, un’esplicita impugnazione delle statuizioni civili ma ove le censure investano la tematica relativa alla responsabilità, è superflua l’impugnazione delle statuizioni civili. 3. Non si ignora che vi sono sentenze Sez. 2, Sentenza n. 31190 del 17/04/2015, Rv. 264544 che hanno opinato in modo diverso, essenzialmente affermando la natura speciale, derogativa e, dunque, prevalente del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 37, come sopra illustrata. Tuttavia ritiene questo Collegio che l’indirizzo dominante sia sicuramente da ribadire, osservandosi che l’argomento fondante l’orientamento contrario, e cioè la natura speciale e derogatoria del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 37 rispetto alla norma dell’art. 574 c.p.p., comma 4, non sia condivisibile, atteso, appunto, il disposto dell’art. 2 sopra citato, che operando un’interrelazione tra le norme procedurali del D.Lgs. n. 74 del 2000 e quelle del codice di procedura penale, fa convivere le due discipline e prevede la integrazione dei due ordini di precetti, quando la materia da ciascuno di essi regolata non sia la stessa. Ciò non significa che la normativa di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 non sia speciale, regolando specificamente il procedimento davanti al giudice di pace, ma solo che, per espressa previsione di una stessa norma del decreto medesimo, trovino applicazione anche le norme del codice di procedura penale laddove non vi sia coincidenza, ma, come nel caso di specie, complementarietà indi a rigore sotto certi aspetti si tratta di interpretazione armonica delle norme, dettata dai principi, più che di applicazione della norma codicistica in virtù del disposto di cui cui all’art. 2 del decreto legislativo de quo . L’art. 574 c.p.p., comma 4, invero, afferma un principio generale, ovvero quello della necessaria estensione dell’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale anche alla pronuncia sui capi contenenti le statuizioni civili, alla condizione della dipendenza di questi ultimi dalla prima, che in quanto tale ben può trovare spazio anche nella normativa speciale riguardante le impugnazioni delle sentenze dei giudice di pace, non essendo peraltro affatto in contrasto, come visto, con la ratio di quella disciplina. Infatti, la norma dell’art. 37, laddove subordina l’appellabilità, da parte dell’imputato, delle condanne a pena pecuniaria, al requisito della contestuale impugnazione del capo relativo al risarcimento del danno, di fatto non regola diversamente la stessa materia del precetto codicistico di cui all’art. 574 c.p.p., comma 4, ma pone un indice limitativo, a ben vedere utilmente interpretabile alla luce del principio generale dal medesimo espresso, dal momento che la sua applicazione non ne contraddice la ratio anzi la esalta. Invero essa, da un lato, lascia integro il principio della appellabilità delle sole sentenze con condanna a pena pecuniaria pronunciate anche sui profili civili, dall’altro, consente di garantire il doppio grado di giudizio in tutti i casi in cui vi sia stata tale pronuncia, a prescindere dalla formale impugnazione del capo, in perfetta linea con la scelta legislativa al riguardo confluita nel Decreto legislativo indicato, che ha inteso privilegiare unicamente le pronunce che si riflettono anche sugli interessi civilistici, differenziandole da quelle di condanna alla sola pena pecuniaria senza statuizione civilistica perché, evidentemente, meno significative e non meritevoli della doppia impugnazione . Si deve dunque concludere che sia l’art. 574 c.p.p., comma 4 che il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 37, comma 1 disciplinano armonicamente il tema dell’ampiezza della devoluzione dipendente dalla impugnazione dell’imputato sul punto o capo relativo alla responsabilità. D’altra parte è innegabile che l’eventuale accoglimento dell’appello dell’imputato sulla responsabilità, con conseguente sua assoluzione, comporti l’automatica revoca delle statuizioni civili. 4. Il provvedimento impugnato va dunque annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Trapani per l’ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al tribunale di Trapani per l’ulteriore corso.