Nomina di un sostituto in caso di legittimo impedimento del difensore per concomitanti impegni professionali

Spetta al difensore, anche in caso di mancata autorizzazione del soggetto patrocinato, la nomina di un sostituto qualora egli non possa presentarsi in udienza per concomitanti impegni professionali, poiché le scelte professionali del difensore stesso non possono essere sindacate dal soggetto difeso, essendo espressione della propria discrezionalità tecnica.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 13779/19, depositata il 29 marzo. La vicenda. La Corte d’Appello di Milano confermava la decisione di primo grado che aveva considerato l’imputato colpevole del reato di truffa pluriaggravata, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia. Il difensore dell’imputato stesso propone ricorso per cassazione avverso tali decisioni denunciando violazione dell’art. 420- ter c.p.p., poiché i giudici di merito hanno ritenuto carente la giustificazione in ordine alla possibile designazione di un sostituto con argomenti pretestuosi. Legittimo impedimento. Nel caso in esame, secondo la Suprema Corte i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi in materia di rinvio del processo per legittimo impedimento del difensore dovuto a concomitanti impegni professionali rilevando la genericità dell’allegazione circa l’impossibilità di designare sostituti e la mancata indicazione delle ragioni che imponevano al legale di privilegiare la trattazione di diversi procedimenti. La giurisprudenza di legittimità ha precisato che non osta alla nomina di un sostituto la mancata autorizzazione del soggetto patrocinato poiché le scelte professionali del difensore, tra le quali rientra appunto la nomina di un sostituto di udienza, sono espressione della sua discrezionalità tecnica e non possono quindi essere sindacate dal soggetto da difendere. Sulla base di tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 – 29 marzo 2019, n. 13779 Presidente Gallo – Relatore De Santis Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Milano confermava con riguardo alla posizione del C. la decisione del Tribunale di Lecco, che aveva riconosciuto l’imputato colpevole del delitto di truffa pluriaggravata in danno di B.G. , condannandolo, ritenuta la recidiva qualificata ex art. 99 c.p., comma 4, alla pena di anni uno di reclusione ed Euro mille di multa. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. Salvatore Silvestro, deducendo 2.1 la violazione di legge e il difetto di motivazione in relazione all’eccepita violazione dell’art. 420 ter c.p.p., avendo la Corte territoriale disatteso il gravame sul punto ritenendo corretta la reiezione da parte del Tribunale delle istanze di differimento delle udienze del 19 luglio e 29 novembre 2016, formulate dal difensore per contestuale impegno professionale. Secondo i giudici d’appello la ricorrente e generica dichiarazione del difensore di essere impossibilitato a designare un sostituto, anche in relazione all’interesse degli assistiti ad avvalersi della sua esclusiva opera professionale, avrebbe precluso la valutazione delle ragioni concrete per le quali il difensore non poteva farsi sostituire ovvero, in relazione alla seconda istanza, di valutare la sussistenza del legittimo impedimento riguardo al procedimento di cui si tratta in presenza di plurimi concomitanti impegni. Secondo la difesa, i giudici di merito - pur avendo ritenuto documentati gli impedimenti per concomitanti impegni professionali - hanno ritenuto carente la giustificazione in ordine alla possibile designazione di sostituti con argomenti pretestuosi dal momento che la natura dei procedimenti dedotti in comparazione rendeva evidente la necessità di organizzare la partecipazione dei sostituti secondo una valutazione di importanza, e tanto avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a ritenere prioritari gli impegni presso altra sede. Inoltre, il difensore lamenta che non si sia tenuto conto dell’interesse degli imputati di avvalersi della sua esclusiva opera professionale 2.2 la violazione dell’art. 500 c.p.p., commi 1 e 2, e art. 192 c.p.p., per avere la sentenza impugnata confermato la responsabilità del ricorrente per l’addebito ascrittogli nonostante le complessive emergenze probatorie non siano rispondenti al requisito dell’oltre ogni ragionevole dubbio. Infatti, segnala la difesa che la prova a carico dell’imputato è esaurita dall’individuazione fotografica effettuata dalla p.o. nella fase delle indagini e reiterata in dibattimento solo a seguito delle contestazioni del P.m., mentre deve ritenersi irrilevante l’esame del teste di p.g. A. che ha individuato gli autori dell’illecito solo dopo che la B. aveva proceduto a riconoscimento fotografico. Secondo il ricorrente, la circostanza che la p.o. abbia reiterato il riconoscimento in dibattimento solo attraverso il meccanismo delle contestazioni avrebbe dovuto essere valutata alla stregua del principio sancito dall’art. 500 c.p.p., comma 2, il quale prescrive che le dichiarazioni lette a fini di contestazione possono essere apprezzate ai soli fini della credibilità del teste, ma su detto profilo, nonostante l’avvenuta devoluzione, i giudici d’appello non hanno fornito giustificazioni di sorta 2.3 la violazione di legge e il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della recidiva ex art. 99 c.p.p., comma 4, avendo la Corte territoriale disatteso la censura al riguardo proposta con motivazione che si discosta dai principi che regolano la materia. Considerato in diritto 3. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi ermeneutici in materia di rinvio del processo per legittimo impedimento dovuto a concomitanti impegni professionali del difensore, rilevando in relazione all’istanza del 19/7/2016 l’assoluta genericità dell’allegazione circa l’impossibilità di designare sostituti e con riguardo all’udienza del 29/11/2016 la mancata indicazione delle ragioni che imponevano al legale di privilegiare la trattazione dei diversi procedimenti in luogo di quello dinanzi al Tribunale di Lecco. 3.1 Invero, deve rilevarsi che la generica formula impiegata tralatiziamente dal difensore del ricorrente è del tutto inidonea a dar conto in termini specifici dell’impossibilità di ricorrere all’istituto della sostituzione processuale per fronteggiare la pluralità di impegni professionali. Questa Corte nella sua massima espressione nomofilattica ha puntualizzato le condizioni che integrano un legittimo impedimento del difensore per contestuale impegno professionale, espressamente prevedendo - tra le altre - la necessità che lo stesso rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 c.p.p., sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio Sez. U, Sentenza n. 4909 del 18/12/2014, Torchio, Rv. 262912 mentre la giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente precisato che non osta alla nomina di un sostituto la mancata autorizzazione del soggetto patrocinato perché le scelte professionali del difensore, tra cui rientra anche la nomina di un sostituto di udienza, sono espressione della sua discrezionalità tecnica e non possono, quindi, essere sindacate dal soggetto difeso Sez. 3, n. 31377 del 08/03/2018, P. D. C., Rv. 273808 Sez. 5, n. 48912 del 28/09/2016, Bartoli, Rv. 268166 in motivazione Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015, Caputi, Rv. 263395 . 3.2 Allo stesso modo, avuto riguardo alla molteplicità di concomitanti impegni dedotti per l’udienza del 29/11/2016, non appare censurabile la sentenza impugnata che ha riconosciuto corretta e ragionevole l’obiezione del primo giudice circa l’impossibilità di ravvisare i criteri alla base dell’opzione effettuata dal difensore. Infatti, il Tribunale ha osservato che gli impegni professionali in relazione ai quali veniva dedotto l’impedimento erano plurimi e non potendo all’evidenza il difensore assicurare la propria opera in relazione a tutti, aveva l’onere di indicare quale fosse quello da porre in concreto in comparazione con il processo di cui si chiedeva il rinvio, osservando – altresì - che, in considerazione delle reiterate analoghe istanze presentate e della conoscenza fin dal 19 luglio precedente della fissazione dell’udienza, il legale avrebbe avuto agio di organizzare la propria attività al fine di evitare una stasi processuale ulteriore . Le valutazioni dei giudici territoriali, pertanto, non sono suscettibili di censura in questa sede, costituendo specifico onere del giudice procedente l’apprezzamento comparativo delle ragioni, che devono essere oggetto di puntuale deduzione, che rendono essenziale l’espletamento della funzione nel processo concomitante da parte del professionista, il quale non può limitarsi a documentare la contemporanea esistenza del diverso impegno senza adeguatamente giustificare l’opzione effettuata Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015, Caputi, Rv. 263395 Sez. 5, n. 7418 del 06/11/2013, dep. 2014, Anelli, Rv. 259520 Sez. 1, n. 13351 del 11/02/2004, Appio, Rv. 228160 . 4. Inammissibile per manifesta infondatezza è anche il secondo motivo che revoca in dubbio la concludenza degli elementi addotti a sostegno del giudizio di responsabilità del ricorrente. Infatti, contrariamente all’assunto difensivo, a carico del prevenuto non milita esclusivamente l’individuazione fotografica della p.o., reiterata e confermata a seguito di contestazioni in sede dibattimentale, ma anche la deposizione dell’ufficiale di P.g. A. ,il quale ha riferito del contenuto dei filmati acquisiti in atti, che documentano lo svolgimento dell’azione delittuosa e,in particolare, l’abboccamento da parte del Co. e del C. nei confronti della B. . Quanto alle difficoltà di ricordo denotate dalla p.o. in dibattimento, l’assunzione della testimonianza a sette anni dai fatti rende del tutto plausibile il deficit mnemonico, attesa l’età della dichiarante, e legittima le sollecitazioni attraverso il meccanismo della contestazione. Le censure difensive risultano, pertanto, destituite di pregio, attesa la congrua motivazione resa sul punto dai giudici di merito e gli elementi, dotati di autonoma valenza probatoria, che confermano la piena attendibilità della ricostruzione offerta dalla B. . 4.1 Deve aggiungersi che nella giurisprudenza di legittimità è consolidato il principio che riconduce l’individuazione fotografica di un soggetto effettuata dinanzi alla polizia giudiziaria alla categoria delle prove atipiche, segnalando che l’affidabilità dell’atto non deriva dal riconoscimento in sé, ma dalla credibilità della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione ex multis, Cass., Sez. 6, n. 49758 del 27/11/2012, Aleksov, Rv 253910 n. 12501 del 27/01/2015, Di Stefano, Rv. 262908 Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, Prina e altri, Rv. 271041 , criterio che autorizza il giudizio d’attendibilità del riconoscimento anche nell’ipotesi in cui il dichiarante, che non abbia chiara ed attuale memoria del soggetto da riconoscere a causa del tempo trascorso, sollecitato al riguardo, richiami il convincimento espresso nella fase investigativa in tal senso Sez. 5, n. 43655 del 25/05/2015, Volpini, Rv. 264969 . Né può sottacersi che questa Corte in tema di ricognizione personale ha chiarito che il giudice può ritenere maggiormente attendibile l’esito positivo dell’individuazione effettuata dalla persona offesa nel corso delle indagini preliminari rispetto a quello incerto della ricognizione effettuata in dibattimento, valorizzando proprio il decorso del tempo Sez. 4, n. 15215 del 22/01/2008, Distinto, Rv. 240054 purché sulla base di congrua motivazione che, se logica in relazione alle argomentazioni utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità Sez. 5, n. 44373 del 29/04/2015, Bartolozzi, Rv. 265813 Sez. 2, n. 55420 del 23/11/2018, Balan, Rv. 274470 . 5. Ad analoghi esiti di manifesta infondatezza deve pervenirsi con riguardo alla conclusiva doglianza in punto di recidiva, avendo la Corte territoriale puntualmente esposto le ragioni per le quali il fatto a giudizio è stato ritenuto dimostrativo di un’ ingravescente pericolosità dell’imputato, idonea a giustificare l’aggravamento sanzionatorio pag. 3 . 6. Sulla scorta delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d’esonero. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.