Verbale di elezione di domicilio redatto dal PU, non sottoscritto dal dichiarante: valido il “crocesegno”

Il verbale di elezione di domicilio, sul quale sia stato apposto in calce il crocesegno” e non sottoscritto dall’indagato, è valido - quando redatto dal pubblico ufficiale - anche in assenza della specifica attestazione dell’impossibilità di sottoscrivere da parte del dichiarante.

Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13649/19, depositata in cancelleria il 28 marzo. Verbale senza sottoscrizione del dichiarante. Nel caso di specie una donna, già condannata con sentenza definitiva, ha chiesto la declaratoria di non esecutività del suo verdetto negativo, paventando la nullità del verbale di elezione di domicilio, con conseguente restituzione in termine per impugnare la decisione. Nell’opinione della condannata, infatti, il verbale doveva assumersi invalido poiché in calce al medesimo era stato apposto un doppio crocesegno” in luogo della sottoscrizione, e tanto in ragione della incapacità a sottoscrivere della donna. Il Tribunale adito, in veste di giudice di esecuzione, ha rigettato la domanda, talché alla difesa non è rimasto altro che rivolgersi ai giudici romani, in sede di legittimità. L’incidenza della mancata sottoscrizione. La sentenza in epigrafe merita particolare attenzione poiché interviene su un tema – la validità del verbale di elezione di domicilio non sottoscritto dall’indagato – sul quale non è stato ancora raggiunto un sereno approdo giurisprudenziale. La questione, come noto, è in parte regolata dall’art. 110, comma 3, c.p.p. laddove è stabilito che se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l'atto scritto o che riceve l'atto orale, accertata l'identità della persona, ne fa annotazione in fine dell'atto medesimo i.e. certificazione del pubblico ufficiale . La norma è stata, per anni, oggetto di attenzione in relazione ai possibili poteri di autenticazione del difensore in calce all’atto di impugnazione o di querela, in ultimo esclusa siccome potestà certificativa esulante dal potere eccezionalmente riconosciuto al difensore solo in presenza di un atto regolarmente sottoscritto . Il verbale di elezione di domicilio con crocesegno”. Con specifico riferimento al verbale di elezione di domicilio, il Palazzaccio, nel caso controverso, sposa la soluzione favorevole a ritenere valido il verbale redatto e sottoscritto dall’ufficiale di polizia giudiziaria in calce al quale l’imputato abbia apposto un crocesegno” a titolo di sottoscrizione, anche quando il pubblico ufficiale non abbia dato atto della impossibilità a procedere alla stessa i.e. incapacità a sottoscrivere . Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su vari riferimenti normativi i l’art. 110, comma 1, c.p.p., per il quale quando è richiesta la sottoscrizione di un atto, se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell'atto, del nome e cognome di chi deve firmare ii l’art. 162, comma 1, cit. dal quale si desume - osservano gli Ermellini - che l’attestazione del pubblico ufficiale assume rilevanza essenziale per la certificazione della provenienza dell’atto dell’imputato iii l’art. 137, cit., per quanto concerne la menzione del motivo della mancata sottoscrizione iv ancora, l’art. 142, cit. che prevede la nullità del verbale in caso di incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto , dal quale si ricava che la mancanza delle altre sottoscrizioni non è causa di nullità dell’atto salvo che sia espressamente stabilito. In base ai richiami sopra sintetizzati, secondo la Corte, se la redazione del verbale è avvenuta regolarmente da parte del pubblico ufficiale, che ha attestato quanto è avvenuto in sua presenza, la provenienza della dichiarazione, e l’identità del dichiarante, il problema della sottoscrizione – sostituita dal doppio segno di croce – può trovare si risolve in un finto problema”. Infatti - spiegano i Giudici - l’assunzione di paternità è attestata dall’ufficiale di polizia giudiziaria che garantisce la provenienza dell’atto da parte del soggetto interessato, restando relegata a mera irregolarità l’assenza della specifica attestazione dell’impossibilità di sottoscrivere da parte del dichiarante, in quanto non espressamente prevista la nullità. La decisione. In definitiva, sul crinale delle considerazioni che precedono, la Cassazione ha confermato la validità del verbale di domicilio contestato, per l’effetto confermando la correttezza della decisione resa dal Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 febbraio – 28 marzo 2019, n. 13649 Presidente Boni – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Alessandria, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’incidente di esecuzione proposto nell’interesse di B.V. . La condannata aveva chiesto la declaratoria di non esecutività, ai sensi dell’art. 670 c.p.p., della sentenza del Tribunale di Alessandria in data 18 dicembre 2002 per la nullità del verbale di elezione di domicilio, la restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p. per impugnare detta sentenza e il riconoscimento della continuazione in sede di esecutiva fra cinque sentenze comprese nel provvedimento di cumulo. 2. Ricorre B.V. , a mezzo del difensore avv. Antonio Gugliotta, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando - la violazione di legge, in riferimento agli artt. 110 e 142 c.p.p., e il vizio della motivazione con riguardo alla ritenuta validità del verbale di elezione di domicilio in calce al quale imputata apponeva un doppio crocesegno , senza che i pubblici ufficiali abbiano attestato l’incapacità a sottoscrivere, sicché lo stesso doveva essere ritenuto nullo e perciò travolgere l’avviso di deposito della sentenza contumaciale ai sensi dell’art. 548 c.p.p., comma 3, nella formulazione all’epoca vigente primo motivo - la violazione di legge per difetto assoluto della motivazione in relazione all’istanza di restituzione nel termine ai sensi dell’art. 175 c.p.p., avendo il giudice dell’esecuzione omesso di provvedere secondo motivo - la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla mancata applicazione della disciplina del reato continuato terzo motivo . Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato per le ragioni che saranno esposte. 1.1. È utile evidenziare che nell’interesse della condannata sono state presentate due distinte istanze al giudice dell’esecuzione la prima in data 4 aprile 2018 in relazione agli artt. 175 e 670 c.p.p., la seconda in data 10 aprile 2018 ai sensi dell’art. 671 c.p.p 2. È inammissibile il secondo motivo di ricorso formulato in relazione alla mancanza della motivazione relativa all’istanza di restituzione nel termine. L’istanza era, in effetti, tardiva laddove si consideri che la ricorrente aveva già avuto notizia della sentenza pronunciata dal Tribunale di Alessandria in data 18 dicembre 2002, avendo in precedenza presentato una distinta richiesta di declaratoria di estinzione della medesima pena ex art. 172 c.p. al giudice dell’esecuzione che l’ha rigettata con ordinanza del 12/10/2017. 2.1. Tale tardività, cui consegue l’originaria inammissibilità dell’istanza, può essere rilevata d’ufficio in questa sede a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 4. All’istanza ex art. 175 c.p.p. sono applicabili, infatti, le disposizioni relative alle modalità di presentazione e spedizione dell’impugnazione di cui agli artt. 582 e 583 c.p.p., in quanto la richiesta di restituzione nel termine ha natura strumentale rispetto alla successiva impugnazione e ne costituisce pre-condizione Sez. U, n. 42043 del 18/05/2017, Puica, Rv. 270726 . 3. È infondato il primo motivo di ricorso che denuncia la nullità del verbale di elezione di domicilio da cui conseguirebbe quella della notificazione dell’estratto contumaciale, con conseguente non esecutività della sentenza. 3.1. Pur dovendosi dare conto dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale relativo alla validità del verbale di elezione di domicilio che non risulti sottoscritto dall’indagato nel senso della validità Sez. 2, n. 33956 del 14/06/2017, Pena, Rv. 270733 Sez. 4, n. 16144 del 01/03/2017, Losco, Rv. 269607 in senso contrario Sez. 6, n. 26631 del 12/05/2016, Andronache, Rv. 267433 Sez. 5, n. 28618 del 28/05/2008, P.M. in proc. Glawe, Rv. 240430 contrasto che, pur essendo già stato rimesso alle Sezioni Unite, non è stato risolto per l’irrilevanza della questione nel caso di specie -, il caso oggetto del giudizio risulta diverso, sicché non vi è motivo di investire nuovamente della questione il massimo organo nomofilattico. Infatti, come riconosce la stessa ricorrente, l’atto è stato sottoscritto con l’apposizione di un doppio crocesegno da parte della medesima che, peraltro, non ne ha disconosciuto la paternità, mentre la provenienza dalla stessa risulta attestata dai pubblici ufficiali che hanno redatto il relativo verbale. 3.2. La giurisprudenza che si è occupata dell’ipotesi, regolata dall’art. 110 c.p.p., comma 3, in cui se chi deve firmare l’atto non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l’atto scritto o che riceve l’atto orale, accertata l’identità della persona, ne fa annotazione in fine dell’atto medesimo , ha analizzato gli effetti della disposizione essenzialmente con riguardo ai poteri di autenticazione del difensore in calce all’atto di impugnazione o di querela, escludendo tale possibilità. 3.2.1. Per l’inammissibilità dell’impugnazione, si veda Sez. U, n. 22 del 25/11/1998 dep. 1999, Velletri, Rv. 212662, secondo la quale nella nozione di pubblico ufficiale abilitato, a norma dell’art. 110 c.p.p., comma 3, ad annotare, in fine di un atto scritto, che il suo autore non lo firma perché non è in grado di scrivere, non è compresa espressamente, nè può farsi rientrare, in via di interpretazione, la figura del difensore, a nulla rilevando che ad esso l’art. 39 disp. att. c.p.p. attribuisca il potere di autenticazione della sottoscrizione di atti per i quali sia previsto il compimento di tale formalità, in quanto l’autenticazione è atto con cui il pubblico ufficiale si limita ad attestare che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, mentre l’attestazione che un anonimo segno di croce proviene da una certa persona anziché da qualunque altra costituisce esercizio di una potestà certificativa esulante dal potere eccezionalmente riconosciuto al difensore solo in presenza di un atto regolarmente sottoscritto . 3.2.2. Per l’invalidità della querela, si veda Sez. 5, n. 27975 del 24/05/2005, P.M. in proc. Finizola, Rv. 232296, secondo la quale La sottoscrizione della querela costituisce, ai sensi dell’art. 337 c.p.p., comma 1, requisito essenziale per la sua validità a tal fine, il segno della croce non può considerarsi una firma o una sottoscrizione nè può ricollegarsi ad alcun effetto giuridico, salva l’ipotesi di colui che non sia in grado di scrivere e, in tal caso, il pubblico ufficiale al quale l’atto sia presentato per iscritto o oralmente, accertata l’identità della persona, deve farne apposita annotazione. Ne deriva l’invalidità della querela che contenga l’indicazione del segno della croce cui faccia seguito un verbale privo della sottoscrizione del ratificante, in quanto, in relazione al segno di croce apposto in calce al verbale di ratifica, il pubblico ufficiale ricevente non operi la certificazione di cui all’art. 110 c.p.p., comma 3, e neppure provveda a controfirmare, siglare o timbrare l’atto contenente l’istanza punitiva, in guisa da non essere certo il collegamento con l’atto di ratifica . 3.3. Premesso, dunque, che la questione oggetto del giudizio non ha ancora dato luogo all’affermazione di principi giurisprudenziali massimati, il Collegio ritiene di dover dare soluzione positiva alla validità del verbale di elezione di domicilio redatto e sottoscritto dall’ufficiale di polizia giudiziaria in calce al quale l’imputato abbia apposto un crocesegno a titolo di sottoscrizione, senza che il pubblico ufficiale abbia atto dell’impossibilità di procedere alla stessa. 3.3.1. Deve essere anzitutto evidenziato che a mente dell’art. 110 c.p.p., comma 1, Quando è richiesta la sottoscrizione di un atto, se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell’atto, del nome e cognome di chi deve firmare , essendo, invece, invalida la sottoscrizione apposta con mezzi meccanici o con segni diversi dalla scrittura comma 2 . Tanto è vero che, ad esempio, non sono previste forme particolari, salvo quella scritta, per la nomina del difensore che può essere semplicemente consegnata all’autorità procedente dal difensore o trasmessa con raccomandata art. 100 c.p.p., comma 2 . 3.3.2. È noto, peraltro, che il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni loro mutamento sono comunicati dall’imputato all’autorità che procede, con dichiarazione raccolta a verbale ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore art. 162 c.p.p., comma 1 , sicché l’attestazione del pubblico ufficiale assume rilevanza essenziale per la certificazione della provenienza dell’atto dell’imputato. Tenuto presente che l’attestazione di provenienza può essere contenuta in un verbale redatto dal pubblico ufficiale, è utile evidenziare che l’art. 137 c.p.p. stabilisce 1. Salvo quanto previsto dall’art. 483 comma 1, il verbale, previa lettura, è sottoscritto alla fine di ogni foglio dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, dal giudice e dalle persone intervenute, anche quando le operazioni non sono esaurite e vengono rinviate ad altro momento. 2. Se alcuno degli intervenuti non vuole o non è in grado di sottoscrivere, ne è fatta menzione con l’indicazione del motivo . D’altra parte, a mente dell’art. 142 c.p.p. salve particolari disposizioni di legge, il verbale è nullo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto , così dovendosi concludere che la mancanza delle altre sottoscrizioni non è causa di nullità dell’atto salvo che sia espressamente previsto. Come si è già evidenziato l’art. 110 c.p.p., comma 3, stabilisce che Se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l’atto scritto o che riceve l’atto orale, accertata l’identità della persona, ne fa annotazione in fine dell’atto medesimo , senza che siano previste sanzioni nel caso in cui manchi l’annotazione della impossibilità di scrivere. 3.4. Pertanto se, come è accaduto nel caso di specie, la redazione del verbale è avvenuta regolarmente da parte del pubblico ufficiale, che ha attestato quanto avvenuto in sua presenza, la provenienza della dichiarazione che la parte neppure contesta e l’identità del dichiarante, il problema della sottoscrizione - sostituita dal doppio segno di croce - può trovare agevole soluzione ove si consideri che l’assunzione di paternità è attestata dall’ufficiale di polizia giudiziaria che garantisce la provenienza dell’atto da parte del soggetto interessato, restando relegata a mera irregolarità l’assenza della specifica attestazione dell’impossibilità di sottoscrivere da parte del dichiarante, in quanto non espressamente prevista a pena di nullità. Si consideri, in proposito, che la giurisprudenza di legittimità si è espressa in senso positivo con riguardo alla validità dell’atto di impugnazione firmato con la croce se presentato all’ufficiale di polizia giudiziaria, essendosi valorizzata la libertà delle forme e la funzione di autenticazione svolta dal pubblico ufficiale Sez. 1, n. 21672 del 22/04/2008, Carvelli, Rv. 240023, ha affermato che è da ritenere valido l’atto d’impugnazione sottoscritto con segno di croce dall’imputato analfabeta il quale, essendo al momento sottoposto ad arresti domiciliari, lo abbia presentato al locale Comando di stazione dei Carabinieri . 4. È, invece, inammissibile, il terzo motivo di ricorso poiché generico e assertivo. Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato, nel respingere l’istanza, molteplici elementi di fatto in forza dei quali ha tratto la convinzione che non vi siano elementi per ritenere che i reati giudicati possano essere uniti dal vincolo della continuazione in sede esecutiva, evidenziando, in particolare il difetto di qualunque elemento da cui possa desumersi una preventiva programmazione e addirittura una astratta programmabilità degli episodi delittuosi la eterogeneità delle condotte il diverso contesto temporale e territoriale ove sono stati posti in essere i fatti. Il ricorso appare inammissibile per quello che concerne la lamentata violazione di legge, posto che in realtà viene criticata unicamente la motivazione di esso. Il ricorso appare inammissibile, con riferimento al vizio di motivazione, poiché contiene censure generiche e non soddisfa il requisito richiesto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , non essendo indicati gli elementi di illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, posto che la ricorrente si limita a una generica e aspecifica contestazione. 5. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.