È sequestro di persona quando l’attività intimidatoria determina la privazione della libertà fisica

Non è necessario che la condizione limitativa imposta alla libertà di movimento sia insuperabile, poiché è sufficiente che l’attività anche solo intimidatoria sia idonea a determinare la privazione della libertà fisica della vittima.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 11634/19, depositata il 15 marzo. La vicenda. La condanna alla pena di giustizia nei confronti dell’imputato per i reati di rapina aggravata, sequestro di persona, lesioni personali aggravate e danneggiamento veniva confermata nel secondo grado di giudizio, dinanzi alla competente Corte territoriale. Così l’imputato ricorre per cassazione lamentando inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 576, 582, 585, 605 e 635, commi 1 e 2, c.p Il sequestro di persona. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente nega la ricorrenza del delitto di sequestro di persona in quanto la persona offesa sarebbe riuscita immediatamente a liberarsi. Tale motivo per la Suprema Corte risulta infondato dato che il suddetto reato non implica necessariamente che la condizione limitativa imposta alla libertà di movimento sia insuperabile, poiché è sufficiente che l’attività anche solo intimidatoria sia idonea a determinare la privazione della libertà fisica della vittima con riguardo alle sue capacità di reazione. I reati di rapina e lesioni personali aggravate. Infondato, inoltre, è per i giudici di legittimità anche il secondo motivo di ricorso poiché, secondo ormai consolidata giurisprudenza al riguardo, si ritiene che il paradigma legale di cui all’art. 628 c.p., richiede solo l’uso della violenza o della minaccia. Dunque, qualora l’agente cagioni, come avvenuto nel caso di specie, lesioni personali, si ha non solo il concorso formale di reati, ossia rapina e lesioni, ma anche l’aggravamento ai sensi dell’art. 61, n. 2, c.p. del reato mezzo. Sulla base di tali ragioni, il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 10 gennaio – 15 marzo 2019, n. 11634 Presidente Prestipino – Relatore Besso Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 11/09/2017, la Corte di appello di Torino, confermava la condanna alla pena di giustizia irrogata, all’esito di giudizio abbreviato, dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Vercelli in data 08/03/2016 nei confronti di C.D. per i reati di rapina aggravata capo A , sequestro di persona capo B , lesioni personali aggravate capo C , danneggiamento capo D . 2. Avverso detta sentenza, nell’interesse di C.D. , viene proposto ricorso per cassazione per chiedere l’annullamento della sentenza impugnata. Lamenta il ricorrente -inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione e falsa applicazione dell’art. 605 c.p. primo motivo - inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione e falsa applicazione degli artt. 582, 585 e 576 c.p., art. 635 c.p., commi 1 e 2 secondo motivo - inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione e falsa applicazione dell’art. 99 c.p. terzo motivo - inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione e falsa applicazione dell’art. 62 bis c.p. quarto motivo - inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione e falsa applicazione dell’art. 133 c.p. quinto motivo . 2.1. In relazione al primo motivo, si contesta la decisione dei giudici di merito che hanno ritenuto sussistere il delitto di sequestro di persona per avere il ricorrente, dopo essere entrato nell’ufficio della Cooperativa Privata Assistenza di omissis ed aver commesso la rapina, chiuso a chiave il dipendente F.G. all’interno del bagno per impedirgli di allertare le forze dell’ordine e per garantirsi la fuga. 2.2. In relazione al secondo motivo, si contesta la decisione dei giudici di merito che non hanno ritenuto assorbito il reato di lesioni di cui al capo C in quello di cui al capo A e che hanno ritenuto il reato di danneggiamento del telefono del F. capo D pur in assenza di prova che la condotta del ricorrente avesse reso l’oggetto inservibile. 2.3. In relazione al terzo motivo, si censura la decisione dei giudici di merito che, in ordine alla ritenuta recidiva, hanno reso una motivazione del tutto apparente e comunque priva di qualsivoglia aggancio con la situazione concreta. 2.4. In relazione al quarto motivo, si censura il diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, non essendosi tenuto conto dell’ammissione degli addebiti e della collaborazione resa dal ricorrente. 2.5. In relazione al quinto motivo, si censura l’assenza di adeguata motivazione in merito all’operato trattamento sanzionatorio, in presenza di pena di elevata gravità complessivamente pari ad anni tre di reclusione ed Euro 800,00 di multa che avrebbe imposto una adeguata spiegazione con riferimento ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati nell’art. 133 c.p., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato, in relazione a tutte le censure esclusa la prima , in modo assolutamente manifesto. 2. Con riferimento al primo motivo, il ricorrente nega la ricorrenza del reato di sequestro di persona in quanto la persona offesa F.G. sarebbe riuscita a liberarsi immediatamente e perché, in ogni caso, la privazione della libertà dalla medesima subita sarebbe stata in connessione strumentale con la rapina. Il motivo è infondato. 2.1. Secondo risalente ma consolidata giurisprudenza cfr., Sez. 3, n. 6091 del 16/03/1988, Putignano, Rv. 178422 più di recente, Sez. 4, n. 7962 del 06/12/2013, dep. 2014, L., Rv. 259278 , il delitto di sequestro di persona non implica necessariamente che la condizione limitativa imposta alla libertà di movimento sia obiettivamente insuperabile, essendo sufficiente che l’attività anche meramente intimidatoria o l’apprestamento di misure dirette ad impedire o scoraggiare l’allontanamento dai luoghi ove si intende trattenere la vittima, sia idonea a determinare la privazione della libertà fisica di quest’ultima con riguardo, eventualmente, alle sue specifiche capacità di reazione. 2.2. Nella fattispecie, la concreta possibilità di fuga, in particolare, conferma e non esclude l’esistenza del reato, ove costringa a imprudenti iniziative o a comportamenti elusivi della vigilanza e sia comunque attuabile con mezzi artificiosi di non facile attuazione o con qualsiasi altra condotta che induca la vittima a rinunziarvi nel timore di ulteriori pericoli o danni alla persona. Nè il reato può essere escluso in considerazione del fatto che il F. sia riuscito a liberarsi relativamente presto dal luogo ove l’imputato ed i suoi complici lo avevano rinchiuso, avendo la Corte territoriale ritenuto dirimenti in senso affermativo, nella pacificità della condotta, sia l’assenza di vie di fuga per la persona offesa che la fortunosa circostanza non ridondante a favore dell’imputato della presenza, all’interno del locale ove il F. era stato rinchiuso, di un bastone in ferro grazie al quale quest’ultimo riuscì a forzare la serratura chiusa da C. condotta di liberazione , quella del F. , che lo stesso ebbe ad attivare solo dopo aver avuto precisa consapevolezza che i rapinatori avevano lasciato i locali dell’istituto. La persona offesa, quindi, pur potendo astrattamente liberarsi dal luogo ove era stata rinchiusa in un momento precedente a quando realmente avvenuto, e segnatamente quando ancora l’azione delittuosa era in corso, scientemente decise di non farlo per non correre il rischio di mostrarsi ai rapinatori ed esporsi a quasi certe pericolosissime ritorsioni da parte di questi ultimi, soggetti violenti e determinati e che già avevano mostrato la loro spregiudicatezza colpendo al capo il F. e minacciandolo di morte di tal che, il sequestro di persona, si è protratto ben oltre la durata temporale della rapina non per volontà o libera scelta del sequestrato ma come conseguenza imposta dalla condotta dei rapinatori. E, per questo motivo, appare ampiamente giustificata la conclusione dei giudici di merito secondo cui la privazione della capacità di movimento a cui la persona offesa è stata sottoposta non è stata funzionale alla commissione della rapina bensì a permettere la successiva fuga dei rapinatori, e si è protratta per tutto il tempo della rapina e per quello successivo occorso al F. per compiere l’anzidetta effrazione e riconquistare la libertà, con sufficiente autonomia e certezza di non poter subire azioni di ritorsioni da parte dei rapinatori. 3. Manifestamente infondato è il secondo motivo in relazione ad entrambi i profili svolti. 3.1. Anche qui, secondo la consolidata e pienamente condivisibile giurisprudenza di questa Corte v., Sez. 1, n. 12656 del 17/05/1977, Desiderio, Rv. 137050 , si è ritenuto che il paradigma legale, previsto dall’art. 628 c.p., richiede solo l’uso della violenza o della minaccia. Pertanto, in base al principio della specialità, si verifica l’assorbimento nel reato di rapina della minaccia e della violenza contenuta nei limiti delle sole percosse, mentre, qualora l’agente cagioni - come nella fattispecie - lesioni personali identica sarebbe la conseguenza in caso di morte , si ha non solo concorso formale di reati rapina e lesioni , ma anche aggravamento ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 2 del reato mezzo. 3.2. Medesime conclusioni di manifesta infondatezza vanno tratti con riferimento al secondo profilo. Premesso che la condotta di danneggiamento si caratterizza per l’effetto di una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l’uso, così dando luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell’essenza e della funzionalità della cosa stessa Sez. 2, n. 28793 del 16/06/2005, Cazzulo, Rv. 232006 nello stesso senso, Sez. 5, n. 38574 del 21/05/2014, Ellero, Rv. 262220 , effetto - quello ai danni dell’apparecchio telefonico del F. - nella specie certamente verificatosi non solo dando credito alla verosimile versione della persona offesa ma anche in conseguenza degli esiti che, oggettivamente, tale gesto ha provocato a favore dell’aggressore impedire che con il telefono la vittima potesse chiedere soccorso ed in qualche modo vanificare l’azione criminosa o l’impunità dei suoi autori . 4. Manifestamente infondato è il terzo motivo. Può senz’altro convenirsi con il ricorrente circa l’esistenza di uno specifico onere motivazionale a carico del giudice, ove egli ritenga di applicare in concreto la recidiva facoltativa che sia stata contestata, tanto essendo conforme all’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte cfr., sent. n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, Marcianò, Rv. 251690 adde, in senso conforme, Sez. F., n. 35526 del 19/08/2013, P.G. e De Silvio, Rv. 256713 . Peraltro, deve ritenersi che detto onere possa essere adempiuto anche implicitamente, ove la sentenza - come nella fattispecie - dia conto della ricorrenza di quei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, che sono alla base dell’aggravamento di pena disposto dal legislatore per effetto della circostanza di cui all’art. 99 c.p. cfr. Sez. 6, n. 20271 del 27/04/2016, Duse ed altri, Rv. 267130 . 5. Manifestamente infondato è il quarto motivo. Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931 . Nella fattispecie, il giudizio di comparazione - nel senso dell’equivalenza - tra le opposte circostanze è stato congruamente giustificato in considerazione della personalità del reo e della natura anche specifica dei suoi numerosi precedenti penali. 6. Manifestamente infondato è il quinto motivo. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p. ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142 , ciò che - nel caso di specie - non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto - come avvenuto nella fattispecie - dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. le espressioni del tipo pena congrua , pena equa o congruo aumento , come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596 . 7. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.