Musica ad alto volume e clienti rumorosi: condannata la proprietaria del bar

Confermata la sanzione fissata dal Tribunale dieci giorni di arresto. Emerse con certezza le molestie subite dai residenti della zona. Evidente la colpevolezza della titolare del locale ella ha adottato alcuni accorgimenti per ridurre l’impatto acustico ma senza ottenere risultati significativi.

Musica troppo alta e clienti troppo rumorosi. Questi due elementi inchiodano la titolare di un ‘american bar’ legittima la sua condanna a dieci giorni di arresto per disturbo della quiete pubblica Cassazione, sentenza n. 10938/19, sez. III Penale, depositata oggi . Segnalazioni. Riflettori puntati su un locale – un ‘american bar’, con tanto di dj-set serale – in provincia di Pordenone. Numerose, e ripetute nel corso dei mesi, le segnalazioni dei residenti della zona, che si lamentano per musica ad elevato volume in ore notturne e per gli schiamazzi e i rumori dei clienti . Così si spiegano l’accertamento effettuato dai tecnici dell’Arpa e un’ordinanza del Comune per limitare l’attività dell’esercizio pubblico. Nonostante tutto, però, la diatriba tra la proprietaria del locale e i residenti non si chiude, ma approda dinanzi ai Giudici, i quali in Tribunale condannano l’imprenditrice a dieci giorni di arresto , ritenendola colpevole di disturbo della quiete pubblica . Decisione legittima, chiosano ora dalla Cassazione, ritenendo sufficiente il quadro probatorio, poggiato sulle testimonianze di soggetti che abitano nelle vicinanze del locale e che hanno confermato, con espressioni equilibrate, precise e concordi, l’elevato rumore che proveniva dal bar, specie nel week-end – quando era particolarmente affollato – e anche in ore notturne , rumore che aveva causato nel corso degli anni numerosi esposti e numerose segnalazioni . A dare forza alla tesi della colpevolezza della proprietaria, poi, il fatto che ella, osservano i Giudici, era perfettamente a conoscenza del problema, avendo ricevuto plurime lamentele e aveva sì adottato alcuni accorgimenti per ridurre l’impatto acustico del locale ma senza ottenere alcun significativo risultato .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 dicembre 2018 – 13 marzo 2019, n. 10938 Presidente Lapalorcia - Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 31/5/2018, il Tribunale di Pordenone dichiarava Ci. Gi. colpevole della contravvenzione di cui agli artt. 81 cpv., 40, 659, comma 1, cod. pen., e la condannava alla pena di dieci giorni di arresto alla stessa, quale gerente di un pubblico esercizio, era contestato di aver diffuso musica ad elevato volume ed in ore notturne, e di non aver impedito gli schiamazzi ed i rumori dei clienti, si da disturbare ripetutamente il riposo delle persone abitanti negli immobili limitrofi. 2. Propone ricorso per cassazione la Gi., a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi - violazione dell'art. 192 cod. proc. pen. mancanza di motivazione. La sentenza avrebbe definito equilibrate, precise e concordi le deposizioni assunte a sostegno dell'accusa Qu., Pi. e Ma. , senza verificarne i contestati profili di attendibilità ancora, il Tribunale non avrebbe richiamato le numerose attrezzature, presenti nel locale, dirette a contenere le emissioni sonore, in uno con la preparazione rivolta al personale per impedire il vociare eccessivo della clientela. Nuovamente, neppure un accenno vi sarebbe in sentenza alla conformazione dei luoghi nei quali insiste il locale, assai prossimo al centro di Casarsa, ed in particolare alla presenza di un immobile antistante nel quale abita la teste Qu. che fungerebbe da cassa di risonanza del rumore presente in zona, convogliando anche quello proveniente dalla piazza del paese. Immotivatamente priva di rilievo, invece, sarebbe stata giudicata la deposizione del militare Ca., che avrebbe riferito circostanze utili a contestare l'ipotesi accusatoria. Delle testimonianze assunte, pertanto, ben sarebbe stata possibile una interpretazione alternativa, si da imporsi l'assoluzione della ricorrente, difettandone prova di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio - erronea applicazione degli artt. 42, 659 cod. pen. vizio di motivazione. La sentenza avrebbe riconosciuto l'elemento soggettivo del reato con mere formule di stile, e senza considerare i già citati interventi eseguiti per contenere la propagazione dei rumori l'aver affidato una perizia tecnica, inoltre, confermerebbe la buona fede della ricorrente ed il suo pieno contributo per eliminare ogni problema al riguardo - violazione dell'art. 659 cod. pen. L'insieme delle considerazioni che precedono avrebbe dovuto far emergere che, alla luce della conformazione dei luoghi, sarebbe risultato impossibile il contestato disturbo ad una pluralità indeterminata di persone la vicenda, pertanto, avrebbe assunto caratteri esclusivamente privatistici - erronea applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., che ben avrebbe potuto esser riconosciuto, ricorrendone i presupposti. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta manifestamente infondato. Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l'oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482 Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247 . 4. In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte, osserva allora il Collegio che le censure mosse dalla ricorrente al provvedimento impugnato si evidenziano come inammissibili ed invero, dietro la parvenza di una violazione di legge o di un vizio motivazionale, la stessa tende ad ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle stesse prove dichiarative diffusamente richiamate nel ricorso già esaminate dal Giudice del merito, sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole. Il che, come appena indicato, non è consentito. Del resto, è proprio il ricorrente che - dopo aver riportato le affermazioni di numerosi testimoni escussi e dopo essersi diffuso su peculiari elementi in fatto, di certo non ricevibili in questa sede la presenza di attrezzature atte a contenere le emissioni sonore, la conformazione dei luoghi tale da convogliare anche rumori provenienti da altri punti del paese, il sottoportico dell'immobile antistante che fungerebbe da cassa di risonanza - ha sostenuto che quanto ora qui indicato si pone, pertanto, come ricostruzione alternativa rispetto al fatto relativo al reato contestato come tale, dunque, inammissibile. 5. Non solo. Il ricorso trascura che la sentenza impugnata ha sviluppato una motivazione del tutto adeguata, conforme all'oggetto delle prove assunte soprattutto testimoniali e priva di qualsivoglia illogicità manifesta pertanto, non censurabile. In particolare, il Tribunale ha richiamato le testimonianze di soggetti che abitavano nei pressi del locale gestito dalla ricorrente, i quali - con espressioni equilibrate, precise e concordi - avevano confermato l'elevato rumore che proveniva dall'esercizio, specie nel fine settimana quando era particolarmente affollato ed anche in ore notturne, quel che aveva peraltro suscitato - nel corso degli anni - numerosi esposti e segnalazioni. Proprio a conferma della attendibilità delle deposizioni, scevre da elementi esclusivamente ad colorandum, la sentenza ha poi valorizzato che il teste Ma. aveva ben rappresentato che la ricorrente - a fronte delle sue ripetute proteste - aveva fatto intervenire un tecnico di propria fiducia, il quale aveva effettuato misurazioni senza, tuttavia, sortire alcun esito positivo. Ancora, e contrariamente all'assunto difensivo, la sentenza ha preso in dovuta considerazione anche le parole del teste a difesa Ca. oltre a quelle di altri soggetti che nulla avevano riferito di rilevante , significandone - con adeguata motivazione – la sostanziale inattendibilità il teste, infatti, aveva reso affermazioni addirittura in contrasto con gli accertamenti fonometrici fatti svolgere dalla difesa, quasi escludendo che dal locale pervenisse qualsivoglia suono musicale. 6. In forza delle considerazioni che precedono, ecco dunque che il Tribunale ha fatto buon governo a del costante principio secondo cui l'affermazione di responsabilità per la fattispecie de qua non implica, attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato per tutte, Sez. 3, n. 8351 del 24/6/2014, Ca., Rv. 262510 2 dell'ulteriore principio, del pari consolidato, per cui l'attitudine dei rumori ad arrecare pregiudizio al riposo od alle occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, di tal che il Giudice ben può fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, si che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità per tutte, Sez. 3, n. 11031 del 5/2/2015, Mo., Rv. 263433, a mente della quale in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete 3 della piena attendibilità delle deposizioni assunte, invero non contestata con argomenti concreti neppure nel presente ricorso. Si da risultare - la pronuncia di condanna - coerente con la costante giurisprudenza in materia ed immeritevole di censura, attesa la congruità del percorso argomentativo. 7. Conclusione che, peraltro, attiene non soltanto al profilo oggettivo della condotta, ma anche a quello psicologico al riguardo, la sentenza ha evidenziato che la Gi. - perfettamente a conoscenza del problema, avendo negli anni ricevuto plurime lamentele e segnalazioni - aveva si adottato alcuni accorgimenti per ridurre l'impatto acustico del locale, ma senza ottenere alcun significativo risultato, si da emergere adeguatamente il profilo quantomeno colposo della condotta alla stessa contestata. 8. Da ultima, la causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. Orbene, ritiene la Corte anche sul punto irricevibile il ricorso, che contesta solo in fatto la motivazione - invece congrua - redatta sul punto dal Tribunale il quale, in particolare, oltre a significare che l'istituto non era stato invocato dalla ricorrente, ne ha comunque negato un presupposto, quale la non abitualità della condotta, attesa la pluralità degli episodi contestati. 9. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.