Agnello sottratto dall’ovile e poi recuperato dall’allevatore: impossibile parlare di “danno lieve”

Condanna definitiva per il ladro, riconosciuto dal proprietario dell’animale. Respinta la linea difensiva finalizzata a dimostrare l’irrilevanza del danno provocato dal furto per i Giudici è decisivo il riferimento al valore commerciale dell’agnello.

Rilevante il pregiudizio economico subito dall’allevatore a cui è stato sottratto un agnello. Di conseguenza, è impossibile, checché ne pensi il ladro, parlare di danno di speciale tenuità” Cassazione, sentenza n. 10837/19, sez. IV Penale, depositata oggi . Danno. Scenario della strana vicenda è la provincia di Palermo. Lì, in una notte di fine ottobre del 2011, viene compiuto un blitz in un ovile un uomo riesce a sottrarre un agnello e a caricarlo in macchina, per poi prendere la via della fuga. Il colpo però non va a buon fine il ladro viene beccato da una pattuglia dei carabinieri e finisce con la vettura contro un muretto. Così pensa bene di lasciare l’animale nell’abitacolo e preferisce darsela a gambe. A tradirlo però è la scelta di recarsi alla stazione dei carabinieri per presentare una denuncia – falsa, ovviamente – relativa al furto del proprio veicolo. Proprio in quegli attimi egli viene incrociato e riconosciuto dall’allevatore, lì presente per denunciare, invece, il furto dell’agnello. Inevitabile il processo, che vede il ladro condannato sia in Tribunale che in Corte d’Appello nessun dubbio, per i Giudici, sulla sua colpevolezza per il reato di furto . E questa linea è condivisa ora dai Magistrati della Cassazione, i quali rendono definitiva la condanna del maldestro ladro, e soprattutto respingono l’obiezione difensiva secondo cui il danno arrecato all’allevatore sarebbe di speciale tenuità . Su questo fronte, in particolare, i Giudici ritengono impossibile parlare di valore economico irrisorio , proprio alla luce del valore commerciale dell’agnello sottratto dall’ovile. Di conseguenza, è illogico anche sostenere l’esistenza di un pregiudizio irrilevante per l’allevatore.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 dicembre 2018 – 12 marzo 2019, n. 10837 Presidente Menichetti – Relatore Nardin Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 31 gennaio 2018 la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale monocratico di Palermo con cui To. Ge. è stato ritenuto responsabile dei reati di furto aggravato in concorso, resistenza a pubblico ufficiale e simulazione di reato, per avere sottratto un agnello dall'ovile di Ca. Ma., previa rottura della catena posta a chiusura del cancello, e per avere, nel darsi alla fuga, alla guida dell'automobile BMW di sua proprietà, colpito ad una mano uno dei carabinieri intervenuti sul luogo e che gli avevano intimato l'Alt, successivamente denunciando il furto del proprio veicolo, come intervenuto nella stessa notte 31 ottobre 1 novembre 2011 nella quale era stato commesso il furto nell'ovile. 2. Avverso la sentenza propone ricorso l'imputato affidandolo a due motivi. 3. Con il primo lamenta, la violazione della legge penale ed il vizio di motivazione per avere la sentenza ritenuto integrata la fattispecie di cui all'art. 367 cod. pen., nonostante l'assoluta inidoneità in concreto della denuncia a dar luogo all'avvio di un procedimento penale. Sottolinea che il 1 novembre 2011 quando il To. si recò alla stazione dei Carabinieri per denunciare il furto dell'automobile, come intervenuto nella notte, fu immediatamente riconosciuto dal Ca. -che si era recato presso la medesima stazione a denunciare il furto dell'agnello come la persona che la sera precedente si trovava a bordo della BMW, in prossimità del suo ovile. Era, dunque, del tutto evidente che quando il To. effettuò la denuncia di furto dell'auto i militari erano già a conoscenza del fatto che il medesimo la sera prima si trovava alla guida dell'auto nei pressi dell'ovile del Ca., ritrovata, dopo la fuga del conducente, abbandonata contro un muretto, con accanto l'agnello sottratto. Il riconoscimento, infatti, era intervenuto immediatamente quando il Ca. era entrato nei locali della stazione dei Carabinieri, ivi trovando il To., in sala d'attesa. Ed inoltre, nell'annotazione di P.G. sottoscritta dagli stessi militari verbalizzanti che la notte precedente si erano recati con i Ca. presso il suo ovile, si dà atto non solo di avere notificato al To. il decreto di sequestro dell'autovettura, ma anche del riconoscimento del To. da parte del Ca. come dell'uomo alla guida della BMW nella notte precedente. Osserva che, in una simile situazione, la denuncia sporta dal To. non era idonea a dar avvio alle indagini sul furto dell'auto, con la conseguenza dell'insussistenza della simulazione di reato. La Corte territoriale, al contrario, non ha tenuto in considerazione il principio per il quale è necessaria l'idoneità concreta della denuncia a dar inizio al procedimento penale, non potendo invece configurarsi ove il suo contenuto suggerisca di dare avvio ad indagini tese a stabilire la veridicità della denuncia e non del fatto denunciato. 4. Con il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione della legge penale, in relazione all'art. 62 n. 4 cod. pen Rileva che la Corte territoriale affermando in astratto che ai fini della valutazione del danno determinato dal reato occorre considerare ogni pregiudizio arrecato dal reato, non chiarisce per quali ragioni la diminuente non possa trovare applicazione nel caso di specie, tenuto conto dell'esiguo valore del bene sottratto. Considerato in diritto 1. Il ricorso va rigettato. 2. Il primo motivo è infondato. Per dare soluzione alla questione proposta, occorre partire dalla considerazione che il delitto di simulazione di reato, di cui all'art. 367 cod. pen., ha natura di reato istantaneo e di pericolo e si consuma con la semplice denuncia idonea a provocare l'attività degli organi inquirenti diretta all'accertamento del fatto denunciato, con la conseguenza che la sussistenza della stessa può essere esclusa solo quando la denuncia appaia palesemente inverosimile e gli organi che la ricevono svolgano indagini al solo fine di stabilirne la veridicità e non già per accertare i fatti denunciati, cfr. Sez. 5, n. 2071 del 25/11/2008 dep. 20/01/2009, Romanelli e altro, Rv. 24236001 Sez. 6, n. 4983 del 03/12/2009 dep. 08/02/2010, Nuzzolese, Rv. 24607701 Sez. 6, n. 33016 del 10/04/2014 dep. 24/07/2014, Orru' e altri, Rv. 26045501 . 3. La notitia criminis, dunque, deve avere la capacita propulsiva di mettere in moto atti diretti all'accertamento del reato denunciato. E ciò non si verifica, per esempio, se la denuncia, per il modo della sua proposizione e per l'atteggiamento tenuto dal denunciante susciti l'immediata incredulità e sospetto degli organi che la ricevano. Oppure quando il denunciante desista subito e manifesti la sua resipiscenza. 4. Nel caso di specie, nondimeno, l'imputato ha sollecitato l'intervento dell'autorità giudiziaria rispetto alla sottrazione di un bene di sua proprietà, e quindi rispetto ad un fatto di reato, di per sé non immediatamente percepibile come falso, né assolutamente inverosimile. Il fatto che i carabinieri avessero a disposizione degli elementi per ritenere la falsità del fatto denunciato, invero, non lo rende incredibile o insuscettibile di accertamento. D'altro canto il riconoscimento del Ca., avvenuto al di fuori di ogni procedimento di indagine, non consentiva certo di non avviare indagini. 5. Il secondo motivo è manifestamente infondato. Sul punto è sufficiente rammentare che costituisce criterio di valutazione della diminuente di cui all'art. 62 n. 4 cod. pen. il valore economico pressoché irrisorio del pregiudizio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione della res, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato. In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso con il quale l'imputato invocava la configurabilità della predetta circostanza attenuante in una fattispecie di furto di merce del valore commerciale di 82 Euro, sul presupposto che tale somma fosse irrilevante rispetto alla capacità economica del supermercato vittima del reato . Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017 dep. 13/02/2017, Sicu, Rv. 26924101, in precedenza Sez. U, n. 35535 del 12/07/2007 dep. 26/09/2007, Ruggiero, Rv. 23691401 Sez. 2, Sentenza n. 36916 del 28/09/2011 Ud. dep. 13/10/2011 Rv. 251152 01 Sez. 2, Sentenza n. 36916 del 28/09/2011 Ud. dep. 13/10/2011 Rv. 251152 01 . La Corte territoriale, invero, non si limita ed enunciare i presupposti applicativi della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità di cui all'art. 62 n. 4 , ma chiarisce come il dichiarato valore commerciale dell'agnello implichi di per sé la sussistenza di un pregiudizio non irrilevante. La motivazione è logica e del tutto coerente con il tessuto normativo, sicché non può essere censurata. 6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.