Finge di aver perso la carta d’identità solo per ottenerne un duplicato: la falsa denuncia gli costa la condanna

La falsa denuncia di smarrimento della carta d’identità integra il reato cui all’art. 483 c.p. laddove predetta denunzia, assumendo una specifica destinazione ed efficacia probatoria , sia il presupposto necessario per il rilascio di un duplicato del documento stesso.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10903/19, depositata l’8 marzo. Falsa attestazione. La Corte d’Appello di Trento, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannava l’imputato per il reato ex art. 483 c.p. Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico per aver falsamente denunciato lo smarrimento della propria carta d’identità. In realtà, osservavano i Giudici, l’imputato non aveva smarrito il documento ma l’aveva consegnato volontariamente ad un suo creditore come garanzia di un debito. L’imputato chiede la pronuncia del Supremo Collegio deducendo che, diversamente da quanto sostenuto dai Giudici del riesame, la denunzia in esame non sarebbe destinata a provare la veridicità dei fatti in essa descritti, quindi sarebbe inidonea ad integrare il reato di cui all’art. 483 c.p Gli Ermellini ribadiscono che il reato di cui all’art. 483 c.p. è integrato nell’ipotesi in cui la falsa denuncia di smarrimento di un documento sia il presupposto necessario per il rilascio del duplicato e che quindi, la falsa dichiarazione abbia una sua specifica destinazione ed efficacia probatoria . Nella specie, infatti, la denuncia era il presupposto essenziale affinché il Comune, attraverso l’annotazione dello smarrimento nello schedario specifico, rilasciasse il duplicato della carta d’identità, documento non smarrito dall’imputato ma consegnato volontariamente ad un altro soggetto. Per tali ragioni, la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 dicembre 2018 – 8 marzo 2019, n. 10309 Presidente Vessichelli - Relatore Borrelli Ritenuto in fatto 1. La sentenza all’odierno vaglio di questa Corte è stata emessa dalla Corte di appello di Trento il 14 luglio 2017 ed ha visto la riforma parziale - con restituzione al Comune di Trento della carta di identità confiscata - della condanna di G.S. per il reato di cui all’art. 483 c.p., integrato dalla falsa denunzia di smarrimento della propria carta di identità, al contrario consegnata ad un creditore a garanzia del pagamento di un debito. 2. La pronunzia è stata impugnata per cassazione dal difensore dell’imputato, il quale ha articolato un unico motivo di ricorso per violazione di legge e vizio di motivazione, tripartito in sezioni distinte. 2.1. Quanto all’elemento soggettivo, dopo una premessa giurisprudenziale e dopo aver delineato le caratteristiche soggettive e familiari dell’imputato, si sostiene la tesi della natura colposa della condotta o perché G. aveva effettivamente perso la sua carta di identità o perché aveva dimenticato di averla data a qualcuno. 2.2. Quanto al dato oggettivo, il ricorrente contesta la destinazione della falsa denunzia di smarrimento a provare la verità intrinseca delle affermazioni in essa contenute, quanto, piuttosto, la provenienza del documento e la circostanza dell’avvenuta denunzia di smarrimento. 2.3. In terzo luogo, il ricorrente lamenta la laconicità della motivazione oltre che la sua contraddittorietà in quanto la Corte territoriale sembrava avere avallato l’idea della presenza di un errore alla base della denunzia di smarrimento, salvo poi escluderlo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è complessivamente infondato e va, pertanto, rigettato. 2. Il motivo di ricorso concernente l’elemento soggettivo e, in particolare, l’errore in cui sarebbe incorso l’imputato, è del tutto inammissibile in quanto denso di considerazioni teoriche e scollegate dal provvedimento impugnato, oltre che portatore di una versione alternativa a quella accusatoria - la tesi dell’errore per la dipendenza da alcool e per la confusione generata dai nipotini - che la Corte di appello ha respinto con argomentazioni non specificamente avversate dal ricorrente breve lasso di tempo tra dazione in garanzia e denunzia, finalità di garanzia della dazione del documento, mancanza di riscontro rispetto alla natura patologica della alcoldipendenza ed alle dimensioni della confusione ambientale in cui l’imputato vivrebbe . 1.1. Quanto all’affermazione del ricorrente secondo cui l’atto incriminato non era destinato a provare i fatti in esso affermati, il motivo è infondato perché non fa i conti con la giurisprudenza di questa Corte - che il Collegio condivide -secondo cui è configurabile il reato di cui all’art. 483 c.p. nel caso di falsa denuncia di smarrimento di un documento quando la predetta denunzia sia presupposto necessario per il rilascio del duplicato e, quindi, l’atto abbia una sua specifica destinazione ed efficacia probatoria cfr., per la carta di identità, Sez. 5, n. 33848 del 19/04/2018 n. m. Sez. 5, n. 7995 del 15/11/2013, Facchinetti, Rv. 255216 - 01 Sez. 5, n. 45208 del 17/10/2001, Orrù Sez. 5, n. 8891 del 16/05/2000, Callegari F., Rv. 217208 - 01 per la patente di guida, cfr. Sez. 6, n. 17381 del 08/03/2016, Catalano, Rv. 266740 per il certificato di proprietà di un’autovettura, cfr. Sez. 5, n. 8058 del 26/01/2006, Corsaro, Rv. 233412 per il certificato d’uso di un motore marino, cfr. Sez. 5, n. 18587 del 04/03/2004, Piscioneri, Rv. 229117 . Come correttamente argomentato nei precedenti citati, infatti, la denunzia di smarrimento opera da presupposto essenziale nel procedimento amministrativo, per ottenere, attraverso l’annotazione dello smarrimento negli schedari del Comune, una nuova carta di identità sostitutiva di quella smarrita comprovando sia la provenienza della dichiarazione da persona legittimata ad ottenere il duplicato, sia il dato oggettivo della perdita del documento, giuridicamente rilevante ai fini amministrativi. 1.3. La terza articolazione del motivo di ricorso è inammissibile perché la contraddittorietà lamentata è frutto di una lettura palesemente errata della sentenza, laddove la Corte territoriale non ha mai avallato la tesi dell’errore dovuto alla dipendenza da alcool ed alla situazione familiare, ma ha semplicemente, alla pagina 4 evocata dal ricorrente, riportato la tesi dell’imputato confluita nei motivi di appello che ha poi, come già osservato, motivatamente disatteso. 2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.