Quando il custode è responsabile per il parziale deterioramento dei beni sequestrati

Su disposizione del custode, alcuni beni sottoposti a sequestro venivano collocati all'aperto ed esposti agli agenti atmosferici, subendo dunque un parziale deterioramento. Secondo gli Ermellini, affinché la condotta colposa del custode sia punibile ex art. 335 c.p. è necessario valutare se lo stato di abbandono dei beni abbia comportato una esclusione totale, definitiva e irreparabile della loro funzionalità.

Così il Supremo Collegio con l’ordinanza n. 9742/19, depositata il 5 marzo. I fatti. Nella specie dei beni sottoposti a sequestro nel corso di un procedimento penale, subivano un parziale deterioramento a seguito alla loro costante esposizione agli agenti atmosferici, collocazione che era stata decisa dal custode. La Corte del riesame di Bari, in riforma della decisione di primo grado, assolveva il custode per insussistenza del fatto. La Corte, in particolare, riteneva che la totale distruzione dei beni sequestrati non si fosse verificata, bensì, che questi si fossero solo deteriorati. Tale deterioramento, concludevano i Giudici, non configurava l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 335 c.p Il Procuratore generale ricorre in Cassazione lamentando che la Corte d’Appello non avrebbe considerato che la condotta colposa del custode avrebbe comunque rappresentato un’ipotesi di distruzione sotto il profilo dell’esclusione della funzionalità dei beni . La funzionalità dei beni. L’art. 335 c.p., punendo la distruzione, la dispersione, la sottrazione e la soppressione della cosa in sequestro , è volto a tutelare interessi esclusivamente pubblicistici e, dunque, il buon andamento della pubblica amministrazione. La norma è diretta a conservare l’integrità del vincolo cautelare che attraverso il sequestro penale viene apposto su detti beni. La S.C. ribadisce, inoltre, che tale norma è volta a reprimere le condotte che, distogliendo dal loro vincolo i beni sequestrati, violano l’interesse della pubblica amministrazione ad una loro gestione secondo la legge . Nella specie, gli Ermellini ribattono che la sentenza impugnata, nonostante sottolineava che l’art. 335 c.p. considera la distruzione e non il deterioramento del bene sequestro, aveva omesso ogni valutazione relativa l’eventuale sussistenza di una esclusione totale, definitiva e irreparabile della funzionalità dei beni sequestrati. Per tali ragioni, la S.C. accoglie il ricorso con rinvio affinché la Corte d’Appello di Bari valuti l’effettivo stato dei beni sequestrati a seguito della colposa violazione dei doveri gravanti sul custode.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 luglio 2018 – 5 marzo 2019, n. 9742 Presidente Mogini - Relatore Agliastro Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Bari con sentenza del 21/9/2017, in riforma della sentenza del 6/4/2016 del Tribunale del capoluogo, assolveva F.L.F. per insussistenza del fatto dal reato di cui all’art. 335 c.p., a lui contestato, perché quale custode dei beni sottoposti a sequestro di cui al procedimento n. 2680/07 R.G., cagionava per colpa la distruzione parziale dei beni sottoposti a vincolo. Il reato era consistito nella distruzione o dispersione di macchinari di un opificio industriale appartenente a tale N.M. . Il Collegio sottolineava che il termine distruzione parziale equivale a deterioramento . Si trattava di beni arrugginiti e non più utilizzabili al momento della restituzione all’avente diritto, poiché detti beni, affidati in custodia, erano rimasti esposti agli agenti atmosferici e privi di adeguata copertura. La Corte osservava che la condotta di deterioramento non è prevista dall’art. 335 c.p., bensì - a titolo di dolo - dalla fattispecie di cui all’art. 334 c.p. l’art. 335 c.p. prevede un reato proprio di danno e di evento, giacché si consuma quando si verifica l’evento dannoso. Poiché non risultava, nel caso di specie, che si fosse verificata una totale distruzione dei beni sottoposti a sequestro nel corso di un procedimento penale, ma solo un deterioramento, il giudice dell’appello non riteneva configurabile l’ipotesi delittuosa colposa oggetto di contestazione. Risulta dagli atti che il soggetto nominato custode, a fronte della necessità di spazio all’interno del capannone in cui aveva ospitato i beni in sequestro, li aveva spostati in una parte diversa rispetto a quella in cui erano stati collocati, senza adottare tutte le misure necessarie per la loro conservazione. Valutava il Collegio territoriale che l’art. 335 c.p. non punisce la condotta di deterioramento colposo. Sulla base di questo ragionamento, la Corte assolveva l’imputato con conseguente revoca delle statuizioni civili della sentenza di primo grado. 2. Ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bari, osservando che la decisione della Corte era fondata su una lettura incompleta delle risultanze probatorie, pervenendo ad una ricostruzione non esaustiva della vicenda in esame. La Corte di appello non si era avveduta del fatto che i beni sottoposti a sequestro e affidati in custodia giudiziaria, erano stati abbandonati alle intemperie, con la conseguenza che gli stessi ormai arrugginiti, erano diventati inutilizzabili, concretandosi una ipotesi di distruzione sotto il profilo dell’esclusione della funzionalità dei beni , aspetto che la Corte non aveva apprezzato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Vale rilevare preliminarmente che la condotta di cui all’art. 335 c.p. è stata consumata, alla stregua del capo di imputazione, il 14/03/2008, ma il difensore dell’imputato, prima dell’inizio dell’udienza nel giudizio d’appello, ha dichiarato di rinunciare alla prescrizione e di tale dichiarazione ha dato atto, così come della specifica legittimazione del difensore al riguardo, la Corte nella motivazione della sentenza. 3. Il reato previsto dall’art. 335 c.p., così come quello di cui all’art. 334 c.p., tutela esclusivamente interessi pubblicistici e, in particolare, il buon andamento della pubblica amministrazione. La norma incriminatrice è predisposta in funzione dell’interesse pubblico - e non privato - a conservare nella sua integrità il vincolo cautelare che, attraverso il sequestro penale, ovvero quello disposto dall’autorità amministrativa, viene apposto su determinati beni sul tema, Sez. 6, n. 6009 del 1/03/1977, Guarino, Rv. 135855 Sez. 6, n. 3020 del 12/01/1993, Giarolli, Rv. 193606 . Scopo del legislatore è quello di reprimere le condotte che, distogliendo dal loro vincolo i beni sequestrati, violano l’interesse della pubblica amministrazione ad una loro gestione secondo la legge. L’art. 335 c.p. punisce la distruzione, la dispersione, la sottrazione e la soppressione della cosa in sequestro così frustrando le finalità di rilievo pubblicistico sottese al vincolo di intangibilità ed inutilizzabilità gravante sul bene . Se è vero dunque, che la contestata fattispecie di cui all’art. 335 c.p. prevede tra le condotte integranti il reato, la distruzione della cosa sottoposta a sequestro e non anche il suo deterioramento Sez. 6, n. 7595 del 30/10/2014, PG in proc. Cantalupo, Rv. 262391 , la sentenza impugnata omette ogni valutazione circa l’effettivo stato dei beni sequestrati conseguente alla colposa violazione dei suoi doveri da parte del custode. In particolare, la sentenza omette ogni valutazione circa l’eventuale sussistenza prefigurata nel capo di imputazione di una esclusione totale, definitiva e irreparabile della funzionalità di quei beni, in ciò sostanziandosi la distruzione del bene richiesta dalla norma in esame. Sulla base delle indicate considerazioni, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Bari, perché proceda a nuovo giudizio sui punti e profili critici segnalati, colmando, nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito, le indicate lacune e discrasie della motivazione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Bari.