Valida la notifica del decreto di citazione a giudizio nelle mani della moglie dell’imputato

Sono sottratte alla valutazione del giudice di merito le attestazioni concernenti i fatti compiuti dall’ufficiale notificatore, potendo al più esserne dedotta la falsità attraverso la dimostrazione della sussistenza del delitto di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7806/19, depositata il 20 febbraio. Il fatto. La Corte d’Appello di Cagliari confermava la condanna di prime cure per il reato di violenza privata, minaccia e ingiuria. Avverso tale pronuncia propone ricorso la difesa deducendo che l’imputato aveva avuto conoscenza del procedimento solo a seguito di notifica del precetto relativo alla sentenza e che la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento della raccomandata con la notifica del decreto di citazione in primo grado era stata oggetto di querela di falso, regolarmente depositata in sede civile ma trascurata dalla Corte d’Appello. Tale circostanza avrebbe dovuto portare alla declaratoria di nullità della notifica dell’atto introduttivo del procedimento, nullità assoluta ed insanabile ex art. 179 c.p.p Notifica. Dalla ricostruzione della vicenda processuale, emerge che la sentenza impugnata aveva ritenuto infondata l’eccezione relativa al vizio della notifica in virtù della conoscenza effettiva del procedimento in capo al ricorrente, in quanto l’atto introduttivo era stato consegnato alla moglie, peraltro coimputata nel medesimo procedimento ed assolta. Sul tema la S.C. richiama il consolidato principio giurisprudenziale a mente del quale l’attestazione, da parte dell’ufficiale giudiziario, che la notifica è avvenuta a mani di persona convivente con il destinatario prevale sulle risultanze eventualmente discordanti delle certificazioni anagrafiche. Sottolinea inoltre il Collegio che la relativa eccezione di nullità fondata sull’inesistenza di un rapporto di convivenza deve essere assistita dalla rigorosa prova da parte dell’imputato, non essendo sufficiente l’allegazione della certificazione anagrafica di residenza in un luogo diverso. Sono, in conclusione, sottratte alla valutazione del giudice le attestazioni concernenti i fatti compiuti dall’ufficiale notificatore, potendo al più esserne dedotta la falsità attraverso la dimostrazione, a carico della parte che tale falsità invoca, della sussistenza del delitto di cui all’art. 479 c.p.p. Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici . Posto che nel caso di specie, il ricorrente nulla ha dedotto sotto tale profilo, la Cassazione, rilevando che il termine di prescrizione dopo la sentenza di primo grado è maturato, annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 dicembre 2018 – 20 febbraio 2019, n. 7806 Presidente Zaza – Relatore Calaselice Ritenuto in fatto 1. La sentenza impugnata ha confermato la pronuncia del Tribunale di Sassari, del 23 maggio 2014, con la quale T.W.A.G. era stato condannato, per i reati di cui all’art. 610 c.p., art. 612 c.p., comma 2, art. 594 c.p. di cui ai capi 1, 2 e 3 della rubrica, alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento del danno nei confronti della parte civile liquidato in Euro 700,00, fatti avvenuti in data 3 febbraio 2007. 2. Avverso la descritta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo, nei motivi di seguito riassunti, tre vizi, nonché chiedendo, preliminarmente la sospensione del procedimento, in attesa della definizione del processo civile, pendente dinanzi alla Corte di appello di Sassari, tra le stesse parti, deducendo, comunque, l’intervenuta prescrizione. 2.1. Con il primo motivo si denuncia vizio di motivazione, sotto il profilo della contraddittorietà e manifesta illogicità. Si deduce che il T. avrebbe appreso del procedimento di primo grado soltanto a seguito di notifica del precetto relativo alla sentenza n. 842 del 2014 e che l’autenticità della sottoscrizione, apposta sull’avviso di ricevimento della raccomandata inerente la notifica del decreto di citazione di primo grado, era stata contestata con apposita consulenza calligrafica, versata in atti, oltre ai documenti elencati a pag. 3, nonché mediante proposizione di querela di falso, depositata presso la sezione civile della Corte di appello di Sassari. Si tratta di circostanze trascurate della Corte territoriale che ha rigettato l’eccezione proposta con il gravame. 2.2. Con il secondo motivo si denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale e processuale, in relazione a norme poste a pena di nullità. L’omessa notifica dell’atto introduttivo del procedimento integra nullità assoluta insanabile, ai sensi dell’art. 179 c.p.p La Corte territoriale fonda il rigetto dell’eccezione sulla conoscenza effettiva del procedimento, in quanto l’atto introduttivo era stato consegnato al coniuge dell’imputato S.T. , coimputata nel medesimo procedimento ed assolta, mentre si assume che nemmeno la S. avesse mai avuto conoscenza del processo, anche se tale carenza non era mai stata dedotta, a fronte di una pronuncia assolutoria, per carenza di interesse all’eccezione. 2.3. Con il terzo motivo si denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale quanto all’intervenuta prescrizione non valutata dalla Corte territoriale che ha reputato che l’eccezione non potesse essere esaminata. Considerato in diritto 1. Il ricorso va accolto limitatamente al terzo motivo, tenuto conto della prescrizione di tutti i reati ascritti all’imputato, intervenuta prima della sentenza di appello. 2. Il primo motivo di ricorso deve essere rigettato in quanto infondato. È principio, pacificamente affermato da questa Corte regolatrice, quello secondo il quale in tema di notificazioni all’imputato, l’attestazione, compiuta dall’ufficiale giudiziario, che la notifica è avvenuta a mani di persona convivente con il destinatario prevale sulle risultanze, eventualmente discordanti, delle certificazioni anagrafiche. Si rileva, peraltro, che la relativa eccezione di nullità fondata sull’inesistenza del rapporto di convivenza, deve essere rigorosamente provata dall’imputato che la invoca, non essendo sufficiente a tal fine l’allegazione di certificazione anagrafica di residenza in un luogo diverso da quello in cui è avvenuta la notifica, tanto più se vi sia uno stretto vincolo familiare tra l’imputato ed il prenditore dell’atto indicato come soggetto convivente. Ne consegue che restano sottratte alla libera valutazione del giudice le attestazioni concernenti i fatti compiuti dall’ufficiale notificatore e quelli avvenuti a suo cospetto, dei quali la parte adduce la falsità delle modalità emergenti dalla relata, potendo essere questa provata soltanto attraverso la dimostrazione della sussistenza del delitto di cui all’art. 479 cod. pen. Sez. 3, n. 229 del 28/06/2017 - dep. 2018, Z., Rv. 272092 - 01 Sez. 5, n. 38578 del 04/06/2014, Salvatore, Rv. 262222 - 01 Sez. 6, n. 3714 del 09/01/2013, Schioppa, Rv. 254470 - 01 Sez. 2, n. 17737 del 08/04/2008, Priori, Rv. 239785 - 01 . Applicando, dunque, i descritti principi al caso di specie, si osserva che si tratta di notifica della quale il ricorrente contesta l’autenticità della sottoscrizione, senza fornire dimostrazione della sussistenza del delitto di cui all’art. 479 cod. pen. in capo all’agente postale che ha consegnato copia dell’atto né risulta adeguatamente dimostrata la falsità dell’attestazione contenuta nella relata di notifica del decreto di citazione. Peraltro si osserva, anche ai fini della invocata sospensione del procedimento penale, fino alla definizione di quello civile relativo alla querela di falso, depositata presso la sezione civile della Corte di appello di Sassari, che l’art. 168 c.p.p. relazione di notificazione non contiene più la previsione, contenuta nel previgente art. 176, comma 2, secondo cui la relazione di notifica fa fede sino ad impugnazione di falso, per quanto l’ufficiale che eseguì la notificazione attesta aver fatto o essere avvenuto in sua presenza. La mancata previsione comporta che, essendo stato eliminato il procedimento incidentale di falsità previsto dagli artt. 215 e sgg. del previgente codice di rito , resta riservata ad altra sede procedimentale l’apprezzamento della falsità o meno della relata, in sede cioè di accertamento delle eventuali responsabilità penalmente punite onde evitare fratture al corso del processo Sez. 2, n. 13748 del 10/03/2009, Scintu, Rv. 244056 - 01 Sez. 3, n. 44687 del 07/10/2004, Delle Coste, Rv. 230315 - 01 Sez. 6, n. 9759 del 15/06/1999, Piccione, Rv. 214321 - 01 . Peraltro è appena il caso di osserva che si tratta di richiesta, relativa alla sospensione del procedimento penale, in attesa della definizione di quello civile, posta per la prima volta in sede di legittimità e non devoluta al giudice del gravame, al quale era stata soltanto chiesta, con l’atto di appello, la comparazione della firma dell’appellante con quella apposta in calce alla relata in contestazione, onde apprezzarne l’evidente differenza. 2.1. Il secondo motivo è del pari infondato, per le medesime argomentazioni svolte sub 2., tenuto conto dei motivi sui quali la difesa fonda l’eccezione di nullità, negando autenticità alla sottoscrizione in calce alla relata del decreto di citazione a giudizio notificato all’imputato. 3. Il terzo motivo di ricorso deve essere accolto. Non rilevandosi l’inammissibilità dell’impugnazione, seppure limitatamente al primo motivo, va dichiarata l’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione. 3.1. È principio affermato reiteratamente da questa Corte regolatrice Sez. 5, n. 2334 del 18/11/2015, dep. 2016, Rodomonte, Rv. 266414, Sez. 2, n. 10515 del 12/12/2014, dep. 2015, Tiberi, Rv. 262568 Sez. 3, n. 43431 del 17/06/2014, Fonti, Rv. 260976 che va senz’altro condiviso, quello secondo il quale l’obbligo di dichiarazione immediata di una causa di non punibilità determina l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna, ove sia maturato il termine di prescrizione del reato, pur quando con il ricorso per cassazione siano state proposte plurime doglianze e risultino non inammissibili soltanto alcune di esse, anche inerenti al trattamento sanzionatorio. 3.2. I reati contestati, infatti, tenuto conto della pena edittale massima prevista, dell’esistenza di tempestiva causa interruttiva del corso della prescrizione sentenza di primo grado del 23 maggio 2014 , ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 157 e 160 cod. pen., si prescrivono in sei anni, aumentati ad anni sette e mesi sei dal 3 febbraio 2007, con termine finale al 3 agosto 2014. Tale termine, pur aggiungendo il periodo di sospensione della prescrizione, per rinvio del dibattimento di appello, dal dicembre 2017, al 30 gennaio 2018 per impedimento del difensore, risulta del pari spirato dopo l’accertamento della responsabilità dell’imputato, avvenuta in primo grado ma prima della sentenza di appello. 4. Pertanto, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. per una pronuncia più favorevole, nemmeno in relazione al reato di cui al capo 3, per essere la causa estintiva maturata prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, art. 1, la sentenza di condanna impugnata va annullata, agli effetti penali, senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. a , perché i reati sono estinti per prescrizione. 4.1. Risultando maturato il termine di prescrizione dopo la sentenza di primo grado, con la quale sono stati accertati i danni civilistici, quantificati definitivamente, secondo equità, dal giudice di merito, restano ferme le statuizioni emesse in sede penale sull’azione civile, tempestivamente e legittimamente esercitata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per essere i reati estinti per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.