Sanzione raddoppiata per il conducente ubriaco che esce di strada e urta il guard-rail

Rientrano nella nozione di incidente stradale sia l’uscita di strada del veicolo sia l’urto contro il guard-rail, dato che ciò può cagionare intralcio o disagio alla circolazione stradale.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 7659/19, depositata il 20 febbraio. La vicenda. La Corte d’Appello di Venezia confermava la decisione di primo grado che aveva condannato l’imputato alla pena di giustizia poiché ritenuto responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza. Tramite il suo difensore, l’imputato medesimo ricorre per la cassazione della pronuncia di secondo grado denunciando che l’aggravante di cui all’rt. 186, comma 2- bis , c.d.s. applicata al caso di specie non è configurabile in quanto la sua condotta si è risolta nel fatto che il veicolo da lui condotto usciva di strada e urtava il guard-rail. L’aggravante in caso di guida in stato di ebbrezza. Innanzitutto occorre ribadire che per incidente stradale si intende qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione stradale, possa provocare un pericolo alla collettività, senza essere di rilievo il coinvolgimento di terzi o di altri veicoli. Pertanto rientrano in questa nozione sia l’urto del veicolo contro un oggetto il guard-rail , sia l’uscita di strada del veicolo stesso. È perciò giusto configurare nel caso in esame l’aggravante sopra detta, posto che l’uscita del veicolo dalla strada comporti il rischio di successivi urti tra veicoli o comunque che il veicolo fuoriuscito possa cagionare intralcio o disagio alla circolazione stradale. Alla luce di dette considerazioni, gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 gennaio – 20 febbraio 2019, n. 7659 Presidente Dovere - Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. La Corte d’appello di Venezia, in data 29 gennaio 2018, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Verona, il 9 marzo 2015, aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, all’esito di giudizio abbreviato, C.G. , ritenuto responsabile del reato p. e p. dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. C e comma 2-bis, contestato come commesso in omissis . 2. Avverso la prefata sentenza ricorre il C. , con atto articolato in un unico motivo di lagnanza, nel quale si censurano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta circostanza dell’avere provocato un incidente stradale e, più in generale, al trattamento sanzionatorio. Quanto all’aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, il deducente contesta che essa sia configurabile nel caso di specie, in quanto la condotta dell’imputato così qualificata si è risolta nel fatto che la vettura condotta dal C. uscì di strada e urtò contro il guard rail sul punto la Corte di merito nulla ha argomentato in ordine all’assenza di danni a persone o ad altri veicoli, né ha chiarito per quale ragione vi sarebbe stata una turbativa al traffico. Quanto al trattamento sanzionatorio, il ricorrente osserva che non risponde a verità che la pena sia stata applicata nei minimi edittali, atteso che in primo grado la pena - confermata in appello - si era attestata in prossimità della fascia intermedia, e che di fatto a fronte di appello interposto esclusivamente dall’imputato vi fu reformatio in peius, in quanto, mentre la sentenza di primo grado aveva concesso al C. le circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sull’aggravante contestata, la sentenza impugnata disattende espressamente tale giudizio di prevalenza. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato. Quanto alla nozione di incidente stradale, ricavabile dalla Convenzione di Vienna del 1968 in tema di circolazione e segnaletica stradale, è ius receptum che essa si estende a qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione stradale, possa provocare pericolo alla collettività, senza che assuma rilevanza l’avvenuto coinvolgimento di terzi o di altri veicoli Sez. 4, n. 47276 del 06/11/2012, Marziano, Rv. 253921 di tal che nella nozione di incidente stradale sono da ricomprendersi sia l’urto del veicolo contro un ostacolo, sia la sua fuoriuscita dalla sede stradale, tant’è che detta nozione è stata ritenuta applicabile allo sbandamento di un auto e al conseguente urto contro il guard-rail cfr. Sez. 4, n. 42488 del 19/09/2012, Pititto, Rv. 253734 v. altresì Cass., Sez. 4, n. 6381/2011 . È perciò ex se evidente che l’aggravante dell’aver provocato un incidente stradale è stata correttamente ritenuta nella sentenza impugnata, non essendovi necessità alcuna di argomentare specificamente in ordine alla turbativa alla circolazione stradale che deriva dall’uscita di un veicolo dalla carreggiata con conseguente urto del guard raffi, essendo notorio che tale condotta comporta il rischio di successivi urti tra veicoli o, quanto meno, che il veicolo uscito di strada possa cagionare intralcio o disagio alla circolazione. Quanto alla dedotta violazione del divieto di reformatio in peius, sebbene sia vero che in primo grado il giudizio di bilanciamento fra circostanze si era concluso con la prevalenza delle attenuanti generiche, negata invece dalla Corte d’appello, resta tuttavia il fatto che la sentenza impugnata ha confermato quella di primo grado e, con essa, le statuizioni sanzionatorie di quest’ultima pronuncia. È stato recentemente ribadito, del resto, che non viola il divieto di reformatio in peius la sentenza d’appello nella quale il giudizio di bilanciamento delle circostanze risulti deteriore rispetto a quello formulato erroneamente dal giudice di prime cure, purché venga irrogata una pena non superiore a quella inflitta dal primo giudice cfr. Sez. 5, n. 29471 del 07/05/2018, Guglielmi, Rv. 273147 conforme Sez. 2, n. 43288 del 01/10/2015, Frezza, Rv. 264781 . Quanto, infine, alla ritenuta eccessività della pena, la giurisprudenza è costante nell’affermare che è necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale cfr. Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro e altro, Rv. 271243 , laddove peraltro la pena finale applicata al C. si colloca in realtà abbondantemente al disotto del valore medio edittale. 2. La manifesta infondatezza del ricorso priva di rilievo la questione della decorrenza del termine di prescrizione. 3. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.