Revoca dell’affidamento in prova: calcolo della pena residua “senza automatismi”

In caso di revoca della misura dell’affidamento in prova, il giudice – lungi dall’operare tramite meri automatismi – deve individuare la durata della residua pena detentiva da scontare in base sia al periodo di prova trascorso dal condannato nell’osservanza delle prescrizioni imposte e del concreto carico di queste , sia alla gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla revoca.

Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7109, depositata in cancelleria il 14 febbraio 2019. Affidamento in prova revocato. Nel caso di specie un condannato ha visto revocata la misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova, con finalità terapeutica, che stava scontando siccome reo” – nell’opinione del Tribunale di sorveglianza – di aver violato, nell’ambito del programma di recupero, diverse prescrizione, perciò figurando come cattivo esempio”, nonché di aver intrattenuto una relazione sentimentale” con altro ospite della struttura. L’ordinanza negativa è stata sottoposta all’attenzione dei giudici di legittimità, interessati dalla difesa per l’annullamento e, dunque, per il ripristino della misura alternativa. Tra vari motivi di censura, la difesa ha rappresentato una certa incongruità tra il severo giudizio negativo del Tribunale e la relazione tecnica sullo stato dell’affidamento in prova che avrebbe – tutto all’opposto contrario – espresso un giudizio complessivamente” positivo sulla condotta del sottoposto. I giudici - qui il vero cuore della decisione in esame – hanno altresì affrontato altra questione più tecnica, e segnatamente la scelta della data da cui far decorrere gli effetti della revoca dell’affidamento in prova o, detta al contrario, la quantificazione del residuo di pena da scontare in conseguenza della revoca. I caratteri della misura alternativa alla detenzione. La violazione delle prescrizioni dell’affidamento in prova non implica l’integrazione del reato di cui all’art. 650, c.p. né la violazione delle prescrizioni o della legge fa scattare, in automatico, la revoca. Affinché possa attivarsi la revoca è invero necessario che il comportamento del soggetto dimostri una certa indisponibilità a proseguire il trattamento ovvero osti alla risocializzazione che ha di mira la misura. Tale valutazione – spiega la Corte – non è semplice, e – pur rappresentando una scelta discrezionale – va attentamente ponderata, pesando – in concreto – la rilevanza delle singole violazioni che talora, riguardano non già reati, ma il protocollo delle prescrizioni strumentali all’esecuzione della prova . Peraltro, laddove la prova ha finalità terapeutica, il vaglio sottostante alla revoca va operato anche in relazione alla tutela del bisogno di salute del sottoposto i.e. doppia valutazione, al contempo, della finalità rieducativa e della condizione di indipendenza . La determinazione della pena residua da espiare a seguito della revoca. La Cassazione ha altresì ricordato che in ipotesi di revoca dell’affidamento in prova per ragioni legate al comportamento del soggetto che viola disposizione di legge o prescrizioni specifiche che rendano la prosecuzione della misura incompatibile con la prova in essere, spetta al giudice di merito valutare la data di decorrenza della revoca. In effetti, proprio perché alternativa alla detenzione”, l’affidamento in prova implica contenuti limitativi della libertà del sottoposto e simmetrica componente di afflittività della detenzione. Ecco perché nella determinazione del quantum di pena da espiare in ipotesi di revoca della prova occorre valutare attentamente le limitazioni patite dal condannato” e il suo comportamento” nel periodo di affidamento in prova. La quantificazione va dunque calibrata – aggiunge la Cassazione – in relazione i alla durata delle limitazioni patite al condannato come ii del comportamento tenuto durante l’intero corso dell’esperimento. Tanto basta per dire il principio di diritto che la revoca non può implicare il ripristino – in integrum – dell’originario rapporto punitivo, poiché occorre tenere conto - sempre - del contenuto sanzionatorio delle prescrizioni e della valenza di afflittività ad essere afferente. In altri termini, il provvedimento di revoca richiede un apprezzamento specifico del comportamento e della violazione in relazione l’incisività delle regole imposte e infrante dal sottoposto, stabilendo – caso per caso - durata della residua pena, senza automatismo alcuno. Pena residua da ricalcolare. Ebbene, sul crinale delle considerazioni sopra sintetizzate i giudici del Palazzaccio – riscontrato un esatto automatismo del Tribunale di sorveglianza nella quantificazione della pena residua da espiare – ha annullato, in parte qua, la decisione gravata, per l’effetto confermando la revoca e tuttavia rinviando allo stesso giudice per una nuova valutazione sull’esatto quantum da espiare a seguito del ripristino della detenzione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 – 14 febbraio 2019, n. 7109 Presidente Di Tomassi - Relatore Cairo Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza con l’ordinanza in epigrafe revocava la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, con finalità terapeutica, nei confronti di B.A.E.G. , a far data dal 28/12/2017. Osservava che il comportamento tenuto si era sostanziato nella trasgressione delle prescrizioni imposte e in una influenza negativa sul percorso degli altri ospiti residenziali. Si contestava che il B. avesse intrattenuto una relazione clandestina con altra ospite della struttura, in violazione delle prescrizioni attinenti al programma. 2. Ricorre per cassazione B.A.E.G. e deduce quanto segue. 2.1. Con il primo motivo si lamenta dell’omessa motivazione sulla scelta della data da cui far decorrere gli effetti della revoca dell’affidamento terapeutico, nonché dell’omessa e illogica motivazione sul comportamento tenuto dal B. , durante l’affidamento terapeutico fino al omissis , motivazione che aveva inferito il comportamento negativo dal omissis , là dove la relazione richiamata risultava in realtà positiva. 2.2. Si duole, poi, il ricorrente della decisione del Tribunale di sorveglianza di procedere alla revoca dell’affidamento in prova terapeutico con decorrenza dal 28/12/2017, in luogo di altra data successiva. Solo dal 2/5/2018, invero, era stata revocata la disponibilità all’ospitalità presso la struttura residenziale. Osserva in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente alla data di decorrenza della disposta revoca dell’affidamento terapeutico D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per nuovo esame sul punto. La revoca dell’affidamento in prova costituisce, invero, uno degli epiloghi negativi che provocano l’interruzione della misura e del trattamento alternativo con essa avviato. 1.1. Nel caso in esame, il nucleo centrale della questione, rilevante ai fini del decidere, è quello relativo al valore da attribuire al periodo trascorso in affidamento in prova, all’esito dell’intervenuta revoca della misura alternativa alla detenzione. Dall’art. 98 reg. esec., u.c., D.P.R. 30 giugno 2000, n. 300 si ricava una prima indicazione sulla regola di utile espiazione della misura alternativa . Nonostante la rubrica della norma anzidetta faccia riferimento anche alla revoca della misura, l’esame del comma 8, in particolare, rivela che l’affermazione è circoscritta alla diversa ipotesi di annullamento, con o senza rinvio, da parte della Corte di cassazione dell’ordinanza del Tribunale di sorveglianza che abbia concesso la misura, ammettendo la deducibilità del periodo trascorso in affidamento. In generale si deve osservare che, in ipotesi di revoca dell’affidamento per ragioni legate al comportamento del soggetto che viola disposizioni di legge o prescrizioni specifiche che rendano la prosecuzione della misura incompatibile con la prova in essere L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, comma 11 , spetta al giudice di merito valutare la data di decorrenza della revoca disposta. Si è ritenuto che la mera e formale violazione degli obblighi non integri il reato di cui all’art. 650 c.p. Cass. 5/7/2006, Castellari Cass. 10/4/2008 Miccoli e che la violazione di specifiche prescrizioni o di disposizioni di legge non costituisce causa di revoca automatica della misura stessa. Occorre, piuttosto, che le condotte stesse siano sintomatiche della indisponibilità del condannato a proseguire il rapporto trattamentale in essere o che ostino alla sua risocializzazione cui la misura protende. Le violazioni in corso di misura producono un possibile effetto sanzionatorio-impeditivo, determinando la prosecuzione della prova attraverso la revoca della misura alternativa. Si tratta di conseguenze che non sono frutto di automatismo e che seguono a una specifica valutazione discrezionale che compete al Giudice di sorveglianza. È una valutazione complessa che deve tenere conto della gravità della violazione, della sua consistenza e degli scopi della misura, specie allorquando il comportamento posto in essere, dopo il riconoscimento della misura alternativa, non si sostanzi in un reato, ma si risolva nella inosservanza di una prescrizione che accede al protocollo di regole strumentali all’esecuzione della prova. Là dove si tratti, poi, di affidamento in prova D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 94, la verifica non può prescindere dalla finalità della misura stessa che è riconosciuta anche in funzione di garanzia e tutela del diritto alla salute del singolo sottoposto. Discende che, in ipotesi siffatte, si debba procedere alla duplice valutazione dello scopo rieducativo e della condizione di dipendenza che anche caratterizza il percorso del medesimo affidato, aspetti che devono costituire oggetto di paritaria valutazione prima di procedere alla revoca stessa. Al tema della sussistenza dei presupposti per la revoca della misura alternativa è strettamente collegato quello della decorrenza dei suoi effetti. La norma, infatti, non disciplina espressamente la materia e spetta al Tribunale il compito di determinare il quantum di pena residua da espiare. Ciò l’organo decidente deve fare considerando che l’affidamento in prova conserva la caratteristica di una misura alternativa alla detenzione e assume, nelle sue connotazioni obiettive e come forma di espiazione in concreto, le caratteristiche di una pena in senso materiale, con contenuti limitativi della libertà e con simmetrica componente di afflittività. Dette limitazioni sono in stretto rapporto funzionale con la finalità della misura stessa che, tendendo alla rieducazione attraverso forme alternative alla detenzione carceraria, ha lo scopo di sottrarre il singolo all’ambiente inframurario, non senza imporre una serie di regole comportamentali cui l’agire dell’affidato deve conformarsi, con le conseguenti limitazioni che caratterizzano l’esecuzione della misura alternativa, in funzione sostitutiva della pena inflitta. La stessa Corte costituzionale sentenza 87/343 ha affermato il principio secondo cui nella determinazione del quantum di pena da espiare in ipotesi di revoca dell’affidamento in prova occorre tenere conto delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il trascorso periodo di affidamento in prova . Tendenzialmente, pertanto, a fronte di periodi prolungati di affidamento o, comunque, di un arco temporale non marginale, durante il quale la misura alternativa abbia avuto esecuzione nel rispetto delle regole e delle prescrizioni imposte, l’afflittività che ne caratterizza il segmento d’espiazione non può essere vanificata in applicazione di automatismi revocatori che non diano conto delle ragioni per le quali essa afflittività sia superata dalla condotta di violazione riscontrata e posta a fondamento della revoca della misura. Ciò perché il principio da non tralasciare è quello di una utile espiazione a fronte delle limitazioni imposte alla libertà personale e subite in fase di esecuzione alternativa. Ciò posto il Tribunale di sorveglianza, una volta disposta la revoca della misura alternativa, deve procedere a determinare la residua pena detentiva ancora da espiare sulla scorta di una valutazione discrezionale, da condurre in considerazione della durata delle limitazioni patite dal condannato e del comportamento tenuto durante l’intero corso dell’esperimento. Pur a fronte di una funzione essenzialmente rieducativa, la revoca per il fallimento dell’esperimento non può automaticamente avere effetto retroattivo e determinare il ripristino in integrum dell’originario rapporto punitivo. Si deve contrariamente tenere conto del contenuto sanzionatorio delle prescrizioni e della valenza di afflittività ad esse afferente. In ragione della variabilità delle situazioni individuali di trasgressione delle norme di legge o delle prescrizioni inerenti la misura, nell’assenza di una definizione normativa di comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova , secondo la dizione letterale dell’art. 47 ord. pen., causa di revoca, il relativo provvedimento richiede un apprezzamento specifico del comportamento e della violazione in relazione all’incisività delle regole imposte ed infrante. In questa logica si giustifica la soluzione di affidare al giudizio del Tribunale di Sorveglianza il compito di stabilire, caso per caso, la durata della residua pena detentiva da scontare in ragione sia del periodo di prova trascorso dal condannato nell’osservanza delle prescrizioni imposte e del concreto carico di queste, sia della gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla revoca Corte cost. sent. n. 343 del 29/10/1987 ”. 1.2. Questa Corte riprendendo gli insegnamenti tracciati ha anche ribadito che Sez. 1, n. 490 del 03/11/2015 Cc. dep. 08/01/2016 , Perra, Rv. 265859 in tema di revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, ai fini della determinazione della pena residua da espiare, il Tribunale di sorveglianza deve procedere sulla scorta di una valutazione discrezionale, da condurre, caso per caso, considerando il periodo di prova trascorso dal condannato nell’osservanza delle prescrizioni imposte e il concreto carico di queste, nonché la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla revoca. 2. Nel caso in esame non ricorre una valutazione compiuta degli aspetti indicati e il tribunale di sorveglianza ha provveduto alla revoca automatica ex tunc della misura dell’affidamento richiamando genericamente la violazione della prescrizione accessoria alla misura stessa e la regola del divieto di intrattenere relazioni con altri appartenenti alla comunità residenziale. Contrariamente il giudice a quo avrebbe dovuto, scrutinando l’entità della violazione anzidetta e la sua gravità in concreto, verificare se e in che misura essa rendeva non computabile ai fini dell’espiazione la pena scontata in regime alternativo. Ciò anche alla luce della particolare tipologia di affidamento D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 94 e del periodo di esecuzione avviatosi con relativa limitazione delle facoltà personali e della afflittività che ne aveva, comunque, caratterizzato le modalità esecutive in un regime, tra l’altro, di tipo residenziale. Alla luce di quanto premesso l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente alla decorrenza della revoca dell’affidamento in prova con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per nuovo esame sul punto. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla decorrenza della revoca e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di sorveglianza di Roma.