Punito chi non fornisce documenti all’Ispettorato del lavoro solo se questo agisce come autorità di vigilanza amministrativa

L’art. 4, comma 7, l. n. 628/1961 punisce coloro che, chiamati dall’Ispettorato del lavoro alla fornitura di notizie, non le inviino o lo facciano in maniera errata o incompleta. Quando però l’Ispettorato agisce all’interno di un’indagine penale, in qualità di delegato della Procura, non si configura il reato di cui al suddetto art. 4.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 6913/19, depositata il 13 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello condannava l’imputata perché, nella qualità di committente di lavori edili affidati ad una ditta, non forniva nel termine stabilito le informazioni legalmente richieste dagli ispettori del lavoro. L’imputata ricorre così per cassazione della sentenza di secondo grado relativamente alla questione di richiesta di produzione documentale. Richiesta di documentazione. Occorre precisare che l’Ispettorato del lavoro, quando agisce in qualità di autorità di vigilanza amministrativa ha il potere di richiedere notizie e l’esibizione di documenti. Il problema, però, secondo la ricorrente è se si possa configurare il reato di cui all’art. 4 l. n. 628/1961 nell’ipotesi in cui l’Ispettorato del lavoro agisce non in qualità di autorità di vigilanza amministrativa ma in un’indagine penale, per delega della Procura. Al riguardo interviene la Suprema Corte enunciando il principio secondo cui, il reato di cui al predetto art. 4 ha come ratio il rafforzamento dei poteri di vigilanza dell’Ispettorato del lavoro in sede amministrativa, sia per quanto riguarda la richiesta di notizia sia per quanto riguarda l’omessa esibizione di documenti, mentre lo stesso reato non è configurabile nel caso in cui l’Ispettorato stesso agisce in indagini penali, come delegato della Procura della Repubblica, o autonomamente quale autorità di P.G Per tali ragioni, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio perché il fatto, nel caso in esame, non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 novembre 2018 – 13 febbraio 2019, n. 6913 Presidente Di Nicola – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Messina con sentenza del 10 febbraio 2017 ha confermato la decisione del Tribunale di Messina del 24 settembre 2015 che aveva condannato C.V. alla pena di mesi 1 di arresto e di Euro 300,00 di ammenda, relativamente al reato di cui alla L. n. 628 del 1961, art. 4, comma 7, perché, nella qualità di committente dei lavori edili affidati alla ditta P.R. nell’abitazione di proprietà sita in non forniva entro il termine stabilito, le informazioni legalmente richieste dagli ispettori del lavoro come si ricava dal verbale di diffida del 5 dicembre 2012, e successiva diffida del 10 aprile 2013, notificata il 29 ottobre 2012. Accertato il omissis . 2. L’imputata ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge relativamente al diritto di difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost. e all’assenza di un obbligo di consegna dei documenti L. n. 628 del 1961, ex art. 4, nell’ambito di un’indagine penale. La richiesta di produzione documentale, nel caso in odierno giudizio, non è stata effettuata per l’espletamento di indagini di polizia amministrativa, D.P.R. n. 520 del 1955, art. 8, e neanche per lo svolgimento di compiti di vigilanza o istituzionale dell’Ispettorato del lavoro, ma nell’ambito di procedimenti penali dopo l’infortunio mortale di Vicario Salvatore, che stava lavorando nell’immobile della ricorrente. C.V. , infatti, potrebbe essere indagata per il reato di omicidio colposo in concorso vedi Sez. 4, n. 34701/2015 . Nella diffida del 10 aprile 2013 espressamente si legge che l’Ispettore agiva su delega della Procura della Repubblica di Patti, in riferimento ai procedimenti penali n. 2327/2011 RGNR mod 21 e 626/2011 RG mod 21. Anche la sentenza di primo grado ha dato atto che l’Ispettore aveva agito su delega della Procura della Repubblica. Considerare la ricorrente obbligata a fornire la documentazione nell’ambito di un procedimento penale con effetti anche negativi per la sua posizione viola l’art. 24, Costituzione. Nessuno può essere, infatti, obbligato a produrre documenti contro la sua posizione processuale nell’ambito delle indagini penali. 2.2. Prescrizione del reato. Il reato si prescrive nel termine massimo di cinque anni, decorso proprio tra la data del dispositivo e il deposito della motivazione della sentenza impugnata, sentenza del 10 febbraio 2017, data commesso reato del OMISSIS con termine massimo della prescrizione al 29 ottobre 2012 la sentenza impugnata è stata depositata il 31 ottobre 2017 . Ha chiesto quindi l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta fondato relativamente al primo motivo assenza di un obbligo di consegna dei documenti nell’ambito di un’indagine penale . Relativamente all’eccepita prescrizione si deve rilevare che il reato non risultava prescritto alla data della decisione impugnata. Si tratta di un reato permanente, e la consumazione si protrae fino alla denuncia penale in danno del responsabile In tema di igiene e sicurezza del lavoro, la L. 22 luglio 1961, n. 628, art. 4, u.c. - che punisce con l’ammenda coloro i quali, legalmente richiesti dall’ispettorato del lavoro di fornire notizie sul processo produttivo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete - configura nella sua forma omissiva un reato permanente, la cui consumazione si protrae fino alla data della relativa denuncia penale in danno del responsabile Sez. 3, n. 4687 del 10/12/2002 - dep. 31/01/2003, Parmegiani, Rv. 22717501 . Comunque, Ai fini del computo della prescrizione rileva il momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna e non quello successivo del deposito della stessa. In applicazione del principio, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso che deduceva l’intervenuta estinzione del reato per decorso del termine della prescrizione, essendo il medesimo maturato dopo la pronuncia della sentenza, anche se prima della data di notificazione dell’estratto della decisione all’imputato contumace Sez. 1, n. 20432 del 27/01/2015 - dep. 18/05/2015, Lione, Rv. 26336501 . 4. Il reato previsto dall’art. 4, legge n. 628/1961 ha la sua ratio nel rafforzamento dei poteri di vigilanza dell’Ispettorato del lavoro in sede amministrativa, sia per la richiesta di notizie e sia per l’omessa esibizione di documenti. Il problema posto dalla ricorrente sia in appello e sia nel ricorso per cassazione riguarda la possibilità della configurazione del reato in oggetto anche quando l’Ispettorato del lavoro agisce non quale autorità di vigilanza, amministrativa, ma in una indagine penale, per delega della Procura o anche in via autonoma . L’art. 4, citato, espressamente prevede che Coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate ed incomplete, sono puniti . È la stessa norma, quindi, che limita la sua applicazione solo all’attività dell’Ispettorato relativa alla L. 22 luglio 1961, n. 628, artt. 4 e 8, e non anche all’attività di polizia giudiziaria svolta da appartenenti all’Ispettorato del lavoro. Del resto se la P.G. ad esempio Carabinieri o Polizia di Stato chiedesse documenti in sede di indagini penali a un indagato o possibile indagato non si configurerebbe certamente un reato, al rifiuto dell’esibizione. La P.G. ha poteri suoi propri già molto incisivi, infatti potrebbe sequestrare i documenti, se fosse necessario cosa che certamente in sede amministrativa non è consentito agli Ispettori del lavoro, con la stessa facilità e con gli stessi poteri della polizia giudiziaria in sede di indagine penale. Nel caso in giudizio, è documentalmente accertato che gli Ispettori del lavoro hanno richiesto la documentazione in oggetto quale attività di polizia giudiziaria nell’ambito del procedimento di indagine per la morte di V.S. , che stava lavorando nell’immobile di proprietà della ricorrente. L’Ispettore agiva in delega della Procura di Patti in riferimento ai procedimenti penali n. 2327/2011 e 626/2011 R.G. mod. 21. Conseguentemente il rifiuto alla consegna di documentazione nella specie contratto di appalto e lavori oggetto del contratto non può configurare il reato contestato. Deve però osservarsi, per completezza, che potrebbero configurarsi altri reati, relativamente alla particolarità del caso ad esempio il favoreggiamento , ma tale indagine non è stata compiuta dai giudici di merito e questa Corte non ha gli elementi di fatto per le valutazioni in diritto. Può conseguentemente esprimersi il seguente principio di diritto Il reato previsto dalla L. n. 628 del 1961, art. 4, ha la sua ratio nel rafforzamento dei poteri di vigilanza dell’Ispettorato del lavoro in sede amministrativa, sia per la richiesta di notizie e sia per l’omessa esibizione di documenti e, quindi, lo stesso non è configurabile quando l’Ispettorato del lavoro agisce quale delegato della Procura della Repubblica, o anche in via autonoma quale autorità di P.G. in indagini penali . La sentenza deve quindi annullarsi senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.